Separazione e divorzio dinnanzi all’ufficiale di stato civile

Cesare Trapuzzano
04 Maggio 2016

Semplificazione dei procedimenti di separazione e divorzio mediante accordo raggiunto direttamente dalle parti, senza la prescrizione dell'obbligatorietà dell'assistenza degli avvocati.
Inquadramento

L'

art. 12 d.l.

n. 132 del 2014

contempla un'ulteriore possibilità di comporre la crisi familiare in via stragiudiziale, senza ricorso diretto all'autorità giudiziaria che si svolge secondo una procedura ancora più agile e semplificata della disciplina prevista dall'art. 6, con riguardo alla negoziazione assistita. Si tratta dell'accordo raggiunto direttamente dalle parti, senza la prescrizione dell'obbligatorietà dell'assistenza degli avvocati, non già della rappresentanza, il cui coinvolgimento - a cura delle parti - è meramente facoltativo. Dell'assistenza giustappunto facoltativa, l'ufficiale di stato civile deve dare conto nell'atto che deve redigere, a norma della circolare del Ministero dell'Interno 28 novembre 2014, n. 19. Le concordi dichiarazioni delle parti devono essere ricevute innanzi al sindaco, quale ufficiale dello stato civile a norma dell'

art. 1, d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396

, recante il regolamento sull'ordinamento dello stato civile. Si è fatto all'uopo espresso riferimento ad un trionfo di quella prospettiva di privatizzazione delle dinamiche familiari, che trova la sua apoteosi nella spesso evocata contrattualizzazione del matrimonio, indubbiamente destinata a trovare il suo culmine nella previsione legislativa che ricollega al semplice accordo delle parti, con un intervento dell'ufficiale di stato civile limitato alla raccolta delle loro dichiarazioni, anche la definitiva modificazione del loro stato. In questo modello di accordo l'intervento dell'autorità giudiziaria è del tutto assente, anche in termini di mero riscontro formale a cura dell'organo requirente. In conseguenza la fattispecie è assimilata ad un procedimento amministrativo, in ragione della totale mancanza di un controllo giudiziale, equiparandolo, in senso critico, alla procedura volta ad ottenere un mero cambio di residenza anagrafica. Sicché l'introduzione dell'art. 12 avrebbe comportato la positivizzazione di un vero e proprio “diritto a separarsi o, decorso il termine di legge, a divorziare, senza necessità di alcun rito giudiziale”. Nondimeno, la crisi familiare che permette l'accesso a tale forma di accordo paritetico tra le parti deve riguardare fattispecie ben più ristrette di quelle che giustificano il ricorso alla negoziazione assistita.

In evidenza

Pur trattandosi, comunque, di vicende che legittimano la separazione personale dei coniugi, la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario o lo scioglimento del matrimonio civile per il solo caso regolato dall'art. 3, comma 1, n. 2, lett. b, della l. divorzio, ossia il decorso di un tempo determinato dalla separazione, ovvero, in ultimo, la modifica delle condizioni di separazione o divorzio, la facoltà di pervenire ad un accordo diretto tra le parti su queste vicende è preclusa quando: a. vi siano figli minorenni, maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave o maggiorenni economicamente non autosufficienti; b. siano introdotti nell'accordo patti in ordine a trasferimenti patrimoniali.

Assenza di prole

Questa condizione sembra realizzare il concetto espresso dallo studioso statunitense Krause, Marriage for the New Millenium: Heterosexual, Same Sex - Or not at All?, in Family Law Quarterfly, 34, 2000, 271, secondo cui “marriage is not really the important issue, children are”.

Il fatto che la circolare ministeriale del 28 novembre 2014, n. 19 richieda l'acquisizione da ciascuno dei coniugi di adeguata dichiarazione sostitutiva che certifichi, ai sensi dell'

art. 46, d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445

, l'assenza di figli minori ovvero di figli maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti, anche di una sola parte, non deve trarre in inganno, in quanto successivamente la disposizione aggiunge, in modo significativo, che tali figli non devono ricadere nelle condizioni presentate all'ufficiale di stato civile. Il che comporta che, in presenza di figli di uno solo dei coniugi, l'accordo diretto può ben essere ammesso, purché non contenga la previsione di condizioni sul loro mantenimento. E diversamente non potrebbe essere, atteso che gli obblighi verso i figli ricadono sui genitori, non già sui coniugi di persone che in precedenza hanno avuto prole con soggetti terzi, quando non vi sia riconoscimento o adozione. Ed infatti, sul piano prettamente giuridico, ciascun coniuge mantiene la relazione di filiazione con la prole avuta in un precedente matrimonio, senza condividere tali figli con il coniuge sopravvenuto. Siffatta interpretazione è stata definitivamente chiarita e recepita dalla circolare del

Ministero dell'Interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali - Direzione centrale per i servizi demografici, 24 aprile 2015, n. 6. Essa ha testualmente affermato che

la disposizione di cui all'

art. 12,

comma 2

, d.l. n. 132/2014

, in forza della quale è escluso il ricorso all'istituto in presenza di figli minori, di figli maggiorenni

incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell'

art. 3,

comma 3

, l. 5

febbraio 1992, n. 104

, ovvero economicamente non autosufficienti, va intesa nel senso

che è possibile accedere al procedimento di cui al citato articolo 12 in tutti i casi in cui i

coniugi che chiedono all'ufficiale dello stato civile la separazione o il divorzio nonché la

modifica delle condizioni di separazione o di divorzio già intervenuti, non abbiano figli in comune che si trovino nelle condizioni richiamate nell'articolo.

Non osta, invece, l'eventuale presenza di figli

minori, portatori di handicap grave, maggiorenni incapaci o economicamente non autosufficienti, non comuni ma di uno soltanto dei coniugi richiedenti. Ne consegue che il termine «figlio», ove ricorra nelle formule approvate con decreto

del Ministero dell'Interno del 9 dicembre 2014, deve essere riferito ai

figli comuni dei coniugi richiedenti

.

È consentita la disposizione di idonei controlli a cura dell'ufficiale di stato civile, anche a campione, in tutti i casi in cui sorgano fondati dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive rese, mediante consultazione diretta degli archivi dell'amministrazione certificante ovvero mediante richiesta rivolta alla medesima, anche attraverso strumenti informatici o telematici, di conferma per iscritto della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri da questa custoditi.

Assenza di patti di trasferimento patrimoniale

È necessario chiarire il significato dell'espressione utilizzata dall'art. 12, secondo cui sono vietati i patti di trasferimento patrimoniale. Qualora la formula sia intesa in senso restrittivo, essa dovrebbe inglobare i soli atti di trasferimento di natura immobiliare, ma non anche la previsione di obbligazioni di natura economica, tra le quali il contributo di mantenimento in favore dell'altro coniuge o l'assegno divorzile. Quindi, potrebbero essere previsti nell'accordo l'attribuzione di un assegno di mantenimento o di divorzio, l'abdicazione o cessazione di tali contributi, la loro riduzione o il loro aumento. In questa prospettiva, più dibattuta è l'assimilazione della corresponsione di una certa somma di denaro una tantum, in funzione surrogatoria della debenza dell'assegno di divorzio, ad un trasferimento patrimoniale ovvero ad una mera misura economica, posto che tale previsione sarebbe svincolata dalla verifica di congruità da parte del tribunale. Secondo un'impostazione più estensiva, invece, anche la previsione di misure di mantenimento o di assistenza nel divorzio ricadrebbe nel concetto di trasferimento patrimoniale, poiché anche i passaggi di denaro incidono sul patrimonio, inteso come complesso di valori economicamente rilevanti di cui gode il soggetto giuridico.

Sul punto, è intervenuta in prima battuta la circolare del Ministero dell'Interno, datata 28 novembre 2014, n. 19, indirizzata ai prefetti, cui compete il controllo degli atti di stato civile, con la quale sono state diramate alcune istruzioni operative supplementari rispetto alla circolare 1 ottobre 2014, n. 16. Detta circolare ha precisato che l'esclusione dall'accordo diretto dei patti di trasferimento patrimoniale deve essere interpretata in modo rigoroso dagli ufficiali dello stato civile, in modo da escludere qualunque valutazione economica e finanziaria nella redazione dell'atto di competenza dell'ufficiale dello stato civile.

La lettura fornita dalla circolare ministeriale - per un verso - si scontrava con la lettera della norma, che espressamente evoca le «condizioni concordate» della separazione o del divorzio, così alludendo ad un accordo che può contemplare, oltre alla mera modifica di status, anche prescrizioni di natura obbligatoria, e - per altro verso - si prestava a favorire la stipula di patti a latere, aventi ad oggetto specificamente la regolamentazione delle questioni economiche, eventualmente condizionati alla conclusione del procedimento davanti all'ufficiale di stato civile. Tuttavia, recependo le critiche della dottrina, tale lettura estensiva è stata opportunamente rivisitata dalla circolare del

Ministero dell'Interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali - Direzione centrale per i servizi demografici, 24 aprile 2015 n. 6

, la quale ha puntualizzato che l

a disposizione di cui all'

art. 12, comma

3

, d.l. n. 132/2014

, nella parte in cui vieta espressamente che l'accordo possa contenere «patti di trasferimento patrimoniale», deve intendersi riferita esclusivamente agli accordi produttivi di effetti traslativi di diritti reali.

Non rientra, invece, nel divieto sancito dalla norma la previsione, all'interno dell'accordo concluso davanti all'ufficiale dello stato civile, che contenga un

obbligo di pagamento

di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, sia nel caso di separazione consensuale (c.d. assegno di mantenimento), sia nel caso di richiesta congiunta di cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio (c.d. assegno divorzile). Secondo la medesima circolare, n

on può, per converso, costituire oggetto di accordo la previsione della corresponsione, in unica soluzione, dell'assegno periodico di divorzio (c.d. liquidazione una tantum), in quanto si tratta di attribuzione patrimoniale (mobiliare o immobiliare).

Sicché, alla luce di tale revisione, le parti possono richiedere, sempre congiuntamente, in sede di accordo diretto innanzi all'ufficiale dello stato civile, la modifica delle precedenti condizioni di separazione o di divorzio già stabilite ed in particolare possono chiedere l'attribuzione di un assegno periodico (di separazione o di divorzio) o la sua revoca o ancora la sua revisione quantitativa (in aumento o in riduzione). Si tratta, infatti, di disposizioni negoziali che determinano tra i coniugi l'insorgenza di un

rapporto obbligatorio

che

non produce

effetti traslativi

su un bene determinato, preclusi dalla norma. Al riguardo, come in precedenza è stato specificato, l'ufficiale dello stato civile è tenuto a recepire quanto concordato dalle parti in tema di condizioni economiche che non determinino effetti traslativi di diritti, senza entrare nel merito della somma consensualmente decisa, né in ordine alla congruità della stessa.

Competenza

In ordine alla competenza, l'art. 12 stabilisce che le relative dichiarazioni devono essere rese congiuntamente dalle parti davanti all'ufficiale dello stato civile del comune di residenza di uno dei coniugi ovvero del comune presso cui è iscritto o trascritto l'atto di matrimonio. Si tratta di criteri di competenza tra loro concorrenti. Conseguentemente possono fare ricorso all'accordo disciplinato dalla norma anche i coniugi ch

e non siano cittadini italiani, quando almeno uno di essi sia residente in Italia, ovvero i coniugi che non siano residenti in Italia, quando l'atto di matrimonio che li riguarda sia stato iscritto o trascritto in Italia perché quivi celebrato.

Con riferimento al soggetto deputato a ricevere l'accordo ed a formalizzare il procedimento si prevede che questi debba essere, in linea di principio, il sindaco ovvero un suo delegato. È possibile che il sindaco sia sostituito da un suo delegato, che ne faccia le veci, allo scopo di raccogliere tali dichiarazioni. Del resto, il richiamo all'

art. 1 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396

suffraga l'ammissibilità della delega, posto che il terzo comma di tale art. espressamente prevede che le funzioni di ufficiale dello stato civile possono essere delegate ai dipendenti a tempo indeterminato e, in caso di esigenze straordinarie e temporalmente limitate, a tempo determinato del comune, previo superamento di apposito corso, o al presidente della circoscrizione ovvero a un consigliere comunale che esercita le funzioni nei quartieri o nelle frazioni, o al segretario comunale. L'ammissibilità della delega delle funzioni è altresì contemplata dalla circolare del Ministero dell'Interno 28 novembre 2014, n. 19, che evoca la figura del sindaco quale ufficiale di stato civile. Quindi, le parti interessate potranno eventualmente consegnare all'ufficiale dello stato civile una dichiarazione scritta congiunta, già redatta, che recepisce l'accordo raggiunto, indicando le condizioni della separazione, del divorzio o della modifica. Al momento del ricevimento, davanti all'ufficiale dello stato civile, le parti personalmente comparse - con l'assistenza meramente facoltativa degli avvocati incaricati, che possono accompagnare ciascuna parte, entrambe le parti o una sola parte - provvederanno a sottoscrivere tale dichiarazione, dopo che l'ufficiale dello stato civile ne abbia dato lettura.

Nonostante la formula equivoca della norma, non è necessario che ognuna delle parti consegni una separata dichiarazione avente il medesimo contenuto di quella consegnata dall'altra. Basta anche una dichiarazione congiunta, redatta e imputabile ad entrambe. E tanto perché l'art. 12, comma 3, si riferisce all'ipotesi in cui le parti, non avendo già impostato alcuna dichiarazione scritta congiunta, davanti all'ufficiale dello stato civile dichiarino verbalmente di avere raggiunto l'accordo sulle condizioni che preciseranno.

Nel caso di accordo orale, ciascuna parte dovrà rendere dichiarazioni dello stesso tenore. Tali dichiarazioni dovranno essere verbalizzate e l'accordo così compilato su un unico atto sarà all'esito sottoscritto da entrambe le parti. Le formule da utilizzare per la redazione degli atti dello stato civile, alla luce dei nuovi accordi previsti dall'art. 12 in commento, sono previste dal d.m. Interno 9 dicembre 2014, allegato A, che ha aggiornato il precedente d.m. 5 aprile 2002 e successive modificazioni. Il d.m. citato è stato pubblicizzato con la circolare 10 dicembre 2014, n. 21, adottata e diramata dal Ministero dell'Interno. Il ricevimento delle dichiarazioni esige la presenza personale delle parti e la relativa espressione di volontà non può essere delegata ad un procuratore speciale. E tanto perché l'opera professionale eventualmente prestata dall'avvocato nominato dalle parti non è qualificata dalla norma in termini di rappresentanza. Per il ricevimento di detto accordo deve essere esatto il diritto fisso massimo di 16,00 euro. Il fatto che le dichiarazioni debbano essere ricevute dal sindaco o da suo delegato rende evidente il ruolo attivo che l'ufficiale dello stato civile svolge in tale procedura stragiudiziale. Infatti, gli effetti della separazione e del divorzio sono subordinati alla formalizzazione dell'accordo avanti allo stesso. Resta da chiedersi quali siano le forme di controllo che spettano al sindaco o al suo delegato. In sostanza le opzioni in campo sono le seguenti.

Orientamenti a confronto

IL CONTROLLO DELL'UFFICIALE DI STATO CIVILE: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Spettanza di meri compiti notarili

Il sindaco avrebbe mere funzioni notarili di raccoglimento della volontà comune delle parti, cosicché la sua verifica dovrà limitarsi ad un mero riscontro formale circa la convergenza di tali dichiarazioni verso un esito unanimemente voluto nonché circa l'apparente condizione di libertà, spontaneità e capacità di intendere e di volere in cui versano le parti nel momento in cui rendono davanti a lui le dichiarazioni medesime. Al contempo, il sindaco o il suo delegato, previa constatazione della loro competenza territoriale, dovranno sincerarsi del fatto che sussistano i requisiti prescritti dalla legge affinché possa addivenirsi alla forma semplificata cui le parti hanno fatto ricorso e ciò, non già sulla scorta di una verifica effettuata aliunde, ma sulla sola base dell'estrinseco dell'accordo

Spettanza di un sindacato sostanziale

Secondo altra impostazione, più sostanzialistica, il controllo rimesso all'ufficiale dello stato civile sarebbe ben più penetrante e addirittura propulsivo, potendo l'ufficiale dello stato civile sindacare alcuna delle condizioni concordate o suggerire altre soluzioni più confacenti agli interessi delle parti e alla distribuzione equitativa o alla proporzionalità o alla congruità delle relative disposizioni, anche con eventuali poteri di conciliazione o di invito alla desistenza o di persuasione per il ricorso allo strumento della mediazione familiare

Nondimeno, appare più appropriata l'attribuzione di una mera funzione notarile, atteso che, per un verso, la norma che disciplina la fattispecie non contempla alcun potere sostanziale del sindaco o del suo delegato e, per altro verso, le sue funzioni non possono comunque essere assimilate a quelle che, con riguardo alle stesse materie, spettano all'autorità giudiziaria. Pertanto, il sindaco si limiterà a rilevare: che le parti comparse corrispondano a quelle effettivamente interessate dall'accordo, dietro apposita identificazione personale; che non emergano palesi condizioni di incapacità di intendere e di volere; che risulti la spontaneità del loro intervento e della loro volontà, senza che sia dato percepire ictu oculi stati di violenza o costrizione; che le dichiarazioni recepite non prevedano disposizioni a tutela di figli minorenni, maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, maggiorenni economicamente non autosufficienti; che la fattispecie di divorzio a cui i coniugi hanno fatto riferimento sia quella contemplata dall'art. 3, comma 1, n. 2, lett. b, l. divorzio; che ricorrano sul piano descrittivo le condizioni prescritte per addivenire a tale ipotesi di divorzio; che l'accordo non contenga patti inerenti a trasferimenti patrimoniali. È escluso alcun potere di conciliazione in capo al sindaco.

Conferma della volontà delle parti

Quando si tratti di separazione o divorzio, l'ufficiale dello stato civile, dopo avere raccolto le dichiarazioni e disposto, immediatamente dopo, la relativa sottoscrizione delle parti, le convoca per un'ulteriore seduta,

non prima di trenta giorni

, rivolgendo loro apposito invito a comparire nuovamente per la data che indicherà

. In tale ulteriore seduta, le parti personalmente comparse dovranno confermare l'accordo già ricevuto, apponendo altra apposita sottoscrizione davanti all'ufficiale dello stato civile in ordine alla dichiarazione di conferma. Si ricade, pertanto, in una fattispecie a formazione progressiva, che esige non solo la dichiarazione congiunta delle parti, ma anche la successiva conferma delle dichiarazioni pregresse. Siffatta prescrizione sulla necessità della conferma, a distanza di non meno di 30 giorni dalla ricezione dell'accordo, a pena di inefficacia dell'accordo stesso, costituisce un mezzo per assicurarsi che la volontà delle parti di ottenere la separazione o il divorzio sia convinta e non frutto di una decisione estemporanea. Oltre a garantire il c.d. diritto di ripensamento, tale intervallo temporale consente altresì all'ufficiale di stato civile di effettuare i necessari controlli sull'effettiva assenza di figli minori ovvero di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti. Tanto più che le parti possono giovarsi della facoltà all'uopo concessa dalla legge senza la necessità di un filtro degli avvocati, filtro che, ove prescritto obbligatoriamente, sarebbe stato funzionale anche alla garanzia di previa valutazione circa la sufficiente meditazione dei coniugi sugli effetti inerenti alla vita personale che derivano dall'accordo diretto.

La condizione di efficacia non opera, invece, per le mere modifiche delle statuizioni sulla separazione o sul divorzio, che saranno immediatamente efficaci all'esito della dichiarazione congiunta resa davanti all'ufficiale dello stato civile, senza bisogno di una conferma posticipata. Tanto perché le modifiche non incidono sullo status di separato o di divorziato, che è stato già acquisito con precedente provvedimento.

Nel caso di separazione o divorzio, la mancata comparizione dei coniugi alla seduta fissata per la conferma implica la rinuncia al procedimento. La fissazione della seduta può essere comunque oggetto di proroga su istanza delle parti o di nuova determinazione da parte dell'ufficiale di stato civile, anche perché la novella, pur indicando il termine minimo della fissazione, non individua un termine massimo. Ovviamente basta che uno solo dei coniugi non si presenti affinché ne scaturisca l'effetto legale dell'abdicazione all'accordo. Pertanto, la conferma si pone quale condizione di efficacia dell'accordo sottoscritto nella prima seduta. In ogni caso, anche quando non vi sia la conferma, l'ufficiale di stato civile procede all'iscrizione dell'atto in precedenza redatto nei registri dello stato civile, dando conto della mancata conferma degli interessati. E ciò costituisce comunque un precedente risultante agli atti dell'esito negativo della procedura avviata. Tale atto non è chiaramente suscettibile di annotazione. Nelle more comunque l'accordo sottoscritto produrrà degli effetti temporanei, destinati a cessare retroattivamente nel caso di espressa revoca o di mancata conferma per contegno concludente di almeno una delle parti. La conferma rilasciata dalle parti prima della scadenza dei 30 giorni dalla sottoscrizione dell'accordo, per effetto di un mero errore di convocazione dell'ufficiale di stato civile competente, integra una mera irregolarità che non compromette la validità ed efficacia dell'accordo. Può altresì accadere che, nella seduta fissata per la conferma dell'accordo, le parti indichino alcune rettifiche all'accordo originario, che chiaramente non possono che attenere alle statuizioni accessorie alla separazione o al divorzio (quomodo), non già alla volontà di separarsi o di divorziare (an), poiché altrimenti non di conferma si tratterebbe ma di radicale revoca. In questa eventualità non è necessaria un'ulteriore convocazione per la conferma delle modifiche apportate a fronte delle condizioni originariamente dettate, poiché la necessità della conferma è prevista per le sole dichiarazioni di volontà indirizzate ad ottenere la separazione o il divorzio.

Efficacia dell'accordo

Una volta che l'accordo sia ricevuto dall'ufficiale dello stato civile, ed eventualmente confermato nei casi in cui è richiesta la conferma, le statuizioni ivi contenute ricevono lo stesso trattamento delle disposizioni contenute nei corrispondenti provvedimenti giudiziali. Al raggiungimento dell'accordo davanti all'ufficiale di stato civile non si frappone la pendenza di un procedimento giudiziale sullo stesso oggetto, che non costituisce pertanto condizione di inammissibilità dell'accordo, posto che è obbligo delle parti dichiarare l'esistenza di tali pendenze, cosicché l'ufficiale dello stato civile avanti al quale l'accordo si sia perfezionato deve comunicare all'autorità giudiziaria presso cui pende il procedimento l'avvenuta annotazione dell'accordo ed, all'esito, il procedimento giudiziale dovrà essere oggetto di una specifica declaratoria di cessazione della materia del contendere.

Qualora la ricezione delle dichiarazioni sia avvenuta oltre i casi ammessi dalla legge, l'accordo potrà essere impugnato davanti al tribunale con l'actio nullitatis. Nondimeno, in applicazione del principio di conservazione degli atti nulli, il vizio da cui è affetto l'accordo non inficerà l'intero atto, ma solo la clausola colpita da nullità, secondo il brocardo latino vitiatur sed non vitiat. Sicché, quando l'accordo contempli disposizioni relative alla prole o contenga patti di trasferimento patrimoniale, e ciononostante il sindaco o il suo delegato abbiano ricevuto le rispettive dichiarazioni di volontà delle parti, nonché la relativa conferma, saranno nulle le sole clausole interessate dai vizi indicati e non le previsioni sulla separazione o sul divorzio. Pertanto, resta acquisito lo stato di coniuge separato o di divorziato per effetto della ricezione dell'accordo davanti all'ufficiale di stato civile. Quanto alle clausole nulle, la rinnovata regolamentazione dei rapporti relativi alla prole o alle questioni patrimoniali potrà essere rimessa, o alla procedura di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte, o al procedimento giudiziale di modifica delle condizioni di separazione o divorzio. Qualora, a tali fini, sia adito il tribunale competente ai sensi dell'

art. 710 c.p.c.

ovvero dell'art. 9 della legge sul divorzio, lo stesso giudice adito potrà dichiarare la nullità delle corrispondenti clausole contenute nell'accordo ricevuto dall'ufficiale di stato civile, senza che sia necessario adire separatamente il tribunale per ottenere la declaratoria di nullità, con un'inutile duplicazione di azioni. L'accordo, al pari di un contratto di diritto sostanziale, potrà essere altresì impugnato con l'azione di annullamento per vizi del consenso ovvero con l'azione di simulazione. In tal caso, la disciplina applicabile sarà quella relativa all'annullamento e alla simulazione del contratto, in quanto vi sia compatibilità con la specifica regolamentazione dell'art. 12. Qualora sopravvengano circostanze rilevanti, gli accordi raggiunti davanti all'ufficiale di stato civile potranno essere rivisti con la medesima procedura, in quanto ne ricorrano i presupposti, ovvero con la procedura della negoziazione assistita o, ancora, con la procedura giudiziale di modifica di cui agli

artt. 710 c.p.c.

o art. 9 l. divorzio. In ragione del perfezionamento dell'accordo davanti all'ufficiale di stato civile, dovranno essere curate, direttamente dalle parti, nel caso in cui esse non si siano avvalse dell'assistenza facoltativa degli avvocati o di un avvocato, le formalità pubblicitarie di registrazione e annotazione dell'accordo stesso nell'atto di matrimonio. E ciò qualora il comune in cui il matrimonio è stato iscritto o trascritto sia diverso da quello in cui è stato raccolto l'accordo. Ove, invece, vi sia corrispondenza, tali incombenze sono curate ex officio dall'ufficiale di stato civile che ha ricevuto l'accordo. Sul punto si applicano, in quanto compatibili, le prescrizioni di cui all'art. 6, terzo comma, ultimo periodo, in materia di negoziazione assistita volta a comporre la crisi familiare. Le disposizioni in ordine alla semplificazione della procedura stragiudiziale mediante accordo ricevuto dall'ufficiale di stato civile, di cui all'art. 12 d.l. degiurisdizionalizzazione, si applicano a decorrere dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione, rectius dall'11 dicembre 2014, ai sensi del comma 7 dell'art. 12.

Riferimenti

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Casaburi

, Separazione e divorzio innanzi al sindaco: ricadute sostanziali e processuali, V, in Degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell'arretrato, Aa.Vv., Torino, 2015, 70;

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, I nuovi accordi di separazione e divorzio, in www.giustiziacivile.com, 22 aprile 2015;

Quadri

, Procedure consensuali di separazione personale e divorzio: un decreto-legge da rimeditare, in www.giustiziacivile.com, 6 ottobre 2014.

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