Opposizione di terzo all'esecuzione e azione revocatoria
07 Febbraio 2017
Premessa
Il creditore pignorante, qualora il terzo abbia proposto opposizione ex art. 619 c.p.c. non ha interesse a proporre azione revocatoria ordinaria ai sensi dell'art. 2901 c.c.. Infatti, qualora il terzo veda accogliere la sua azione ex art. 619 c.p.c., per avere egli un diritto reale sul bene oggetto di esecuzione, il creditore, anche nel caso in cui riesca ad ottenere la dichiarazione di inefficacia ex art. 2901 c.c. dell'atto di disposizione in capo al terzo, potrà conseguire solo la possibilità di procedere esecutivamente nei confronti del terzo acquirente del bene ormai revocato ai sensi dell'art. 2901 c.c., ma non potrà continuare a procedere in base all'esecuzione opposta che aveva intentato contro il debitore. Il creditore, infatti, potrà solo iniziare una nuova esecuzione contro la parte acquirente il cui atto è stato revocato, ma non potrà, comunque, continuare l'esecuzione già iniziata contro la parte alienante. Il caso
In sintesi, per chiarezza espositiva, il fatto può riassumersi come segue. Con atto di citazione M.C. proponeva opposizione di terzo all'esecuzione promossa dalla società Alfa, nei confronti di M.D., assumendo che parte dei beni assoggettati a pignoramento dal creditore procedente erano invece di sua proprietà, in virtù di atto di compravendita trascritto anteriormente allo stesso pignoramento. All'udienza di comparizione si costituiva il creditore procedente, società Alfa, la quale resisteva all'opposizione e instava, comunque, per l'accoglimento della propria contestuale domanda riconvenzionale, affinché fosse dichiarata la revocatoria della vendita, ai sensi dell'art. 2901 c.c.. Il tribunale, in prime cure, accoglieva la domanda riconvenzionale di revocatoria e condannava M.C. e M.D., in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite in favore della società opposta. Avverso tale sentenza presentava appello, mediante atto di citazione, M.C.. La Corte di Appello competente rigettava l'appello, confermando la sentenza di primo grado con conseguente ulteriore condanna alle spese. Approdati in Cassazione, la decisione viene ribaltata e le doglianze della parte ricorrente, M.C., vengono ritenute fondate. Il caso in questione offre la possibilità, attraverso il percorso argomentativo del giudice di legittimità, di indagare quale sia l'incidenza dell'azione revocatoria nell'ambito della procedura esecutiva. Come è noto, l'azione revocatoria tende a rendere non invalido, ma inefficace, o meglio inopponibile, l'atto dispositivo effettuato dal debitore sul presupposto che lo stesso abbia avuto come unico scopo la sottrazione del bene alle ragioni del creditore. L'accoglimento dell'azione revocatoria, pertanto, comporta l'inefficacia, nei confronti del creditore, dell'atto traslativo, solitamente della proprietà, e quindi il diritto di procedere esecutivamente sui beni trasferiti. Di conseguenza qualora l'azione esecutiva sia proposta sui beni oggetto di trasferimento prima del vittorioso esperimento dell'azione revocatoria, l'esecuzione potrà validamente essere opposta dal terzo acquirente. Solo a seguito dell'esperimento, vittorioso, dell'azione revocatoria il creditore potrà, a ragione, sottoporre ad esecuzione i beni acquistati dal terzo e revocati. Per meglio chiarire, la dichiarazione di revocazione ha efficacia doppiamente relativa: perché l'inefficacia vale a rendere inopponibili gli effetti della disposizione compiuta dal debitore nei soli confronti del creditore agente in revocatoria; nonché in quanto non viene paralizzata l'idoneità dell'atto a produrre gli effetti che gli sono propri, ma più limitatamente a ristabilire la garanzia patrimoniale rappresentata dai beni del debitore nello status quo ante, senza però il ritorno, né provvisorio né definitivo dei beni o diritti nel patrimonio del debitore, bensì semplicemente rendendo possibile l'eventuale soddisfazione coattiva dei creditori contro il terzo acquirente. Come conseguenza si può affermare che:
Quanto affermato sopra si desume chiaramente dall'analisi della natura e della funzione dell'azione revocatoria. Infatti, dal contenuto degli artt. 2901 e 2902 c.c. si evince che l'azione revocatoria ha finalità cautelare e conservativa del diritto di credito e consiste nel potere attribuito al creditore di far dichiarare inefficaci, nei suoi confronti, determinati atti di disposizione sul patrimonio del debitore, che rechino pregiudizio alle sue ragioni; il bene colpito da revocatoria non torna nel patrimonio del debitore, l'atto revocato infatti, mantiene la sua validità erga omnes, ma resta soggetto all'aggressione del solo creditore istante. Quindi l'inefficacia dell'atto revocato si ha solamente nei confronti del creditore che esperisce l'azione revocatoria, dandogli la possibilità di soddisfarsi su quel bene uscito dal patrimonio del debitore. La particolare caratteristica dell'azione revocatoria porta a chiedersi se, nella procedura esecutiva instaurata a seguito del vittorioso esperimento dell'azione revocatoria stessa, siano possibili interventi di terzi creditori dell'alienante che non abbiano esperito l'azione o creditori dell'acquirente soggetto all'azione. E' questo il problema dell'intervento dei creditori nell'ipotesi di espropriazione contro il terzo proprietario (fattispecie che si presenta, fra l'altro, nel caso di vittorioso esperimento dell'azione revocatoria). Infatti, pur essendo l'espropriazione promossa da un creditore non del terzo ma del debitore alienante, soggetto passivo dell'espropriazione sarà il terzo (art. 602 c.p.c.), sicché potranno intervenirvi anche i creditori personali dello stesso terzo giovandosi di un'azione che lo ha colpito (anche se, per così dire, quale responsabile non debitore) ma non i creditori del debitore alienante che non abbiano agito in revocatoria. Dato che, poi, l'art. 602 c.p.c. richiama le norme in materia di esecuzione, va da sé che i creditori personali del terzo che intervengano in una esecuzione promossa contro il loro debitore ma non fondata su di un titolo esecutivo contro di lui, non potranno proseguire nel processo surrogandosi al creditore procedente nel caso in cui quest'ultimo venga soddisfatto al di fuori del processo, ma dovranno, eventualmente, iniziare una nuova procedura esecutiva. Potrà succedere anche che l'espropriazione venga promossa da un creditore personale del terzo e vi intervenga successivamente il creditore del soggetto alienante che abbia vittoriosamente agito in revocatoria. Stante il carattere relativo dell'azione revocatoria, il terzo, soggetto passivo dell'espropriazione, si vedrà riconoscere l'eventuale eccedenza del ricavo della vendita del bene oggetto di revocatoria e, per tale motivo, soggetto ad espropriazione. In conclusione
Possiamo affermare che il creditore pignorante, di fronte ad una opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. , non potrà proseguire nell'esecuzione, iniziata nei confronti del debitore, esperendo in via riconvenzionale o in separato giudizio l'azione revocatoria ex art. 2901 e ss. c.p.c. in quanto, qualora detto terzo veda accogliere la sua azione ex art. 619 c.p.c. , anche in caso di vittoria del creditore in revocatoria, l'esecuzione si dovrà arrestare. Il creditore, allora, potrà solamente, a seguito del vittorioso esperimento dell'azione revocatoria, intentare un'altra esecuzione nei confronti del terzo acquirente, ma si vedrà comunque preclusa la possibilità di continuare a procedere contro il debitore esecutato (alienante). In altri termini, potrà solo iniziare una nuova esecuzione contro la parte acquirente, ma non potrà comunque continuare (con riferimento a detti beni) l'esecuzione già iniziata contro la parte alienante (Cass. civ., Sez. III, 30 luglio 2004, n. 14625). Quanto all'intervento di altri soggetti nella procedura espropriativa, pur essendo l'espropriazione promossa da un creditore non del terzo ma del debitore, soggetto passivo dell'espropriazione sarà il terzo come tale, sicché potranno intervenirvi anche i creditori personali del terzo giovandosi di un'azione che lo ha colpito. Si consideri, sul punto, che il legislatore con il nuovo art. 2929-bis c.c. ha inteso rafforzare la posizione del creditore di fronte ad atti pregiudizievoli compiuti nei suoi confronti che, fino alla introduzione di questa norma, dovevano scontare il preventivo esperimento vittorioso dell'azione revocatoria. Il legislatore ha voluto evitare che, in alcune situazioni particolarmente “sospette”, il creditore dovesse passare attraverso l'esperimento dell'azione revocatoria, addossando al terzo o al debitore originario l'onere di opporsi ad una esecuzione diretta sul bene oggetto di alienazione. La disciplina che ne scaturisce, anche in ordine all'intervento di soggetti terzi nella procedura esecutiva così instaurata, è di una certa complessità, tale da non poter essere trattata in questa sede. Valga solo una considerazione: si tratta di una norma, a parere di chi scrive, del tutto “esagerata”; si vuole approntare una tutela al creditore tanto più necessaria quanto più ci si trovi immersi nella oramai dilagante disfunzionalità del processo civile. Orbene non sembra metodologicamente corretto introdurre una norma con l'evidente e principale scopo di arginare la lentezza della giustizia civile.
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