Conversione del sequestro (in pignoramento)

Cesare Trapuzzano
23 Giugno 2020

Secondo l'art. 686, comma 1, c.p.c., il sequestro conservativo si converte in pignoramento al momento in cui il creditore sequestrante ottiene “sentenza di condanna esecutiva”. Pertanto, la conversione del sequestro conservativo in pignoramento opera ipso iure nel momento in cui è pronunciata, in favore del sequestrante, “sentenza di condanna esecutiva”, iniziando in quello stesso momento il processo esecutivo, di cui il sequestro stesso, una volta convertitosi in pignoramento, costituisce il primo atto.
Inquadramento

Secondo l'art. 686, comma 1, c.p.c., il sequestro conservativo si converte in pignoramento al momento in cui il creditore sequestrante ottiene “sentenza di condanna esecutiva”. Pertanto, la conversione del sequestro conservativo in pignoramento opera ipso iure nel momento in cui è pronunciata, in favore del sequestrante, “sentenza di condanna esecutiva”, iniziando in quello stesso momento il processo esecutivo, di cui il sequestro stesso, una volta convertitosi in pignoramento, costituisce il primo atto. Non vi è dunque necessità che siano poste in essere le attività preliminari all'esecuzione, rappresentate dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto. La norma si riferisce alla sola conversione del sequestro conservativo, in ragione della ratio che connota detta misura cautelare conservativa. Non ha, invece, senso per il sequestro giudiziario, atteso che, in tal caso, la sopravvenuta pronuncia di merito assorbe il provvedimento cautelare, i cui effetti cessano e sono sostituiti dagli effetti della pronuncia che accerta la titolarità del bene controverso, realizzando immediatamente l'interesse finale della parte istante. Pertanto, è direttamente la pronuncia di merito che dirime la controversia avente ad oggetto il diritto sul bene a legittimare la pretesa del suo titolare a richiederne la restituzione al custode nominato con l'ordinanza di sequestro.

Mentre, ai sensi dell'art. 2906, comma 1, c.c., il sequestro conservativo rende gli atti di disposizione sul bene sequestrato inopponibili al creditore sequestrante, il pignoramento rende inefficaci gli atti di disposizione del diritto sul bene pignorato. Pertanto, per effetto della conversione, il sequestro conservativo si tramuta da vincolo a porta chiusa in vincolo a porta aperta (Vellani, Conversione del sequestro conservativo in pignoramento e creditori intervenuti, in Riv. dir. proc., 1976, 76; Mandrioli, Diritto processuale civile, IV, 21ª ed., Torino, 2011, 305, nota 42, 307-308, nota 49).

Alla stregua degli effetti che discendono dalla conversione, è opportuno che il provvedimento cautelare assicurativo di sequestro indichi la somma fino alla concorrenza della quale la misura conservativa è destinata ad operare. In proposito, benché gli artt. 2901 c.c. e 671 c.p.c. non prescrivono che il provvedimento di sequestro conservativo debba contenere, tra l'altro, l'indicazione dell'ammontare del credito per il quale la misura cautelare viene autorizzata, un eccesso nella sua attuazione, da parte del creditore procedente, legittima la richiesta del debitore di un provvedimento di riduzione, in applicazione del disposto di cui all'art. 496 c.p.c. Viceversa, ove il provvedimento cautelare contenga tale indicazione, l'attuazione del sequestro non potrà avvenire sin dall'origine se non entro il limite indicatovi. Da tanto deriva che, laddove la condanna sia ottenuta per una somma superiore rispetto a quella per la quale il sequestro è stato disposto, in ogni caso, il tetto massimo del valore dei beni aggredibili per effetto della conversione è confinato al quantum nei limiti del quale la cautela è stata emessa. E allorché la pronuncia di condanna riporti un ammontare inferiore rispetto a quello fino a concorrenza del quale l'ordinanza cautelare è stata adottata, l'esecuzione dovrà essere contenuta entro la soglia della condanna, potendo, anche in questo caso, disporsi la riduzione del pignoramento a fronte dei beni sequestrati, il cui valore superi l'ammontare del credito riconosciuto (Cass. civ., 5 agosto 1997, n. 7218; Trib. Milano, sez. VI, 25 febbraio 2013). In termini opposti si è espresso un arresto di merito, ad avviso del quale, nel caso in cui il credito definitivamente accertato esorbiti dai limiti quantitativi entro i quali fu concessa la misura cautelare, in sede esecutiva il creditore ha diritto di essere soddisfatto con il ricavato della vendita dei beni oggetto del sequestro convertito in pignoramento per l'intero importo del credito, senza che l'efficacia della misura e del conseguente pignoramento possano essere circoscritti al valore del credito risultante dalla trascrizione del sequestro (Trib. Milano 22 febbraio 1973).

Il vincolo di indisponibilità del bene derivante dall'esecuzione, su di esso, di un sequestro conservativo opera con diverse scansioni temporali nei confronti dei possibili interessati, nel senso che, al momento dell'attuazione del provvedimento cautelare, l'operatività del vincolo è circoscritta in favore del solo creditore procedente, mentre, dal momento della conversione del sequestro in pignoramento, essa andrà ad estendersi anche agli altri creditori, intervenuti ed interveniendi, con la conseguenza che la disciplina degli effetti di una eventuale alienazione a terzi del bene de quo è, in relazione alle due ipotesi ora ricordate, da ritenersi, almeno in astratto, non omogenea, potendosi porre la questione della tutela dell'affidamento con riferimento alla posizione dell'acquirente del bene oggetto di sequestro (eventualmente autorizzato entro determinati limiti di somma), ma non anche di colui che tale acquisto abbia compiuto dopo la conversione in pignoramento della misura cautelare, poiché da quel momento il processo esecutivo proseguirà all'esclusivo scopo di soddisfare tutti i creditori, intervenuti o interveniendi (Cass. civ., 5 agosto 1997, n. 7218; Cass. civ., 23 gennaio 1970, n. 148). Sicché gli effetti prodotti dal sequestro conservativo nel periodo anteriore alla conversione in pignoramento, conseguente alla pronuncia di sentenza esecutiva di condanna in favore del creditore sequestrante, si conservano dopo tale momento. Pertanto, gli atti di disposizione del bene, posti in essere dal debitore, non sono opponibili al creditore, senza alcuna soluzione di continuità, anche dopo la conversione.

D'altronde, una volta richiesto dal creditore il sequestro conservativo di un bene del debitore, solo in seguito da costui alienato ad un terzo, sussistono le condizioni per l'applicazione dell'art. 2906 c.c., che di tale alienazione stabilisce l'inefficacia in pregiudizio del creditore sequestrante, mentre è inconferente l'art. 2905 c.c., che disciplina l'ipotesi della richiesta di sequestro nei confronti del terzo dopo l'alienazione del debitore, per garantire al creditore gli effetti dell'azione pauliana già esperita. In conseguenza, nell'ipotesi di cui all'art. 2906 c.c., il creditore - trascritto, anteriormente all'atto di alienazione, il provvedimento di sequestro e ottenuta la condanna al pagamento del credito tutelato - può procedere all'espropriazione del bene sequestrato anche nei confronti del terzo acquirente.

In evidenza

A fronte di una sentenza di condanna provvisoriamente esecutiva ai sensi dell'art. 282 c.p.c., emessa a conclusione del giudizio di primo grado, che determina automaticamente la conversione del sequestro in pignoramento, all'esito del giudizio d'appello potranno, in linea di massima, riscontrarsi due soluzioni: o la sentenza emessa in sede di gravame dichiarerà inesistente il diritto di credito a tutela del quale fu autorizzata la misura cautelare, ed allora, giusta la previsione di cui agli artt. 669-novies, comma 3, e 336, comma 2, c.p.c., il procedimento esecutivo che si è aperto, a seguito della conversione del sequestro in pignoramento, verrà travolto; oppure la pronuncia di secondo grado confermerà, anche parzialmente, la sentenza di primo grado ed il suddetto procedimento esecutivo proseguirà il suo corso, senza subire intralci di sorta.

Il pignoramento derivante dalla conversione di un sequestro conservativo non retroagisce, quanto ai suoi effetti, al momento della concessione della misura cautelare, sicché il creditore intervenuto nella successiva esecuzione - promossa dallo stesso sequestrante o da altri - non può opporre gli effetti del pignoramento, di cui agli artt. 2913 e ss. c.c., agli atti pregiudizievoli sui beni del debitore intervenuti tra la concessione del sequestro e il pignoramento, restando l'ipoteca iscritta sull'immobile dopo la trascrizione del sequestro conservativo inopponibile unicamente al creditore sequestrante e non anche ai creditori intervenuti nell'esecuzione (Cass. civ., 7 gennaio 2016, n. 54; Cass. civ., 26 agosto 1976, n. 3058). Nel caso di sequestro conservativo o di pignoramento di crediti, il terzo sequestratario o pignorato, costituito ex lege custode delle somme pignorate, è tenuto alla corresponsione degli interessi nella misura e con le decorrenze previste dal rapporto da cui origina il credito pignorato, accrescendosi gli interessi così maturati al compendio sequestrato o pignorato ai sensi dell'art. 2912 c.c. quali frutti civili (Cass. civ., 6 giugno 2019, n. 15308). Il vincolo di indisponibilità dei beni sequestrati, di cui all'art. 2906 c.c., persiste a carico del terzo, già autore della dichiarazione positiva resa ex art. 547 c.p.c., nonostante questi ne abbia disposto, adempiendo alla prestazione di restituzione di detti beni nei confronti del proprio creditore, successivamente esecutato, con ciò violando l'intimazione a non disporne senza ordine del giudice (Cass. civ., 7 febbraio 2012, n. 1689).

Il meccanismo della conversione automatica e la funzione dell'atto di impulso

In base al disposto dell'art. 156 disp. att. c.p.c., il sequestrante che abbia ottenuto la “sentenza di condanna esecutiva” di cu all'art. 686 c.p.c. deve depositarne copia nella cancelleria del giudice competente per l'esecuzione nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione, notificando ai creditori privilegiati l'avviso di cui all'art. 498 c.p.c., e - allorché oggetto del sequestro siano beni immobili - lo stesso sequestrante deve, inoltre, chiedere, nello stesso termine perentorio, l'annotazione della sentenza di condanna esecutiva in margine alla trascrizione del sequestro nei registri immobiliari. Senonché l'attività imposta al sequestrante dall'art. 156 disp. att. c.p.c. è attività di impulso processuale che il sequestrante, divenuto creditore pignorante, ha l'onere di compiere nel detto termine perentorio e la cui mancanza comporta l'inefficacia del pignoramento. Quest'ultima opera di diritto, ma deve essere eccepita dal debitore esecutato prima di ogni altra difesa nell'ambito del processo esecutivo promosso dal creditore procedente (Andrioli, Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli, 1964, 213; Pototschnig, Il sequestro conservativo, in Il nuovo processo cautelare, a cura di Tarzia, Padova, 1993, 59; Ferri, voce Sequestro, in Digesto civ., XVIII, Torino, 1998, 483; Cantillo-Santangeli, Il sequestro nel processo civile, Milano, 2003, 364). Sulla scorta di tali principi si deduce che un soggetto estraneo alla procedura esecutiva non ha, di regola, interesse a chiedere al giudice dell'esecuzione di dichiarare l'inefficacia del pignoramento derivata da quella del precedente sequestro, fatta salva l'ipotesi in cui il creditore procedente, avvalendosi della sentenza di condanna come titolo esecutivo, inizi un'azione esecutiva contro di lui oppure in una sede diversa come azione dichiarativa, poiché in questo caso egli avrebbe interesse ad un accertamento negativo della pretesa esecutiva.

Secondo un diverso orientamento, la conversione del sequestro in pignoramento non sarebbe un effetto automatico conseguente alla pronuncia di una “sentenza di condanna esecutiva”, ma, attesa la natura complementare dell'art. 156 disp. att. c.p.c. rispetto alla norma di cui al codice di rito, sarebbe la conseguenza di un atto di impulso rimesso al creditore, che appunto depositi copia della sentenza nella cancelleria del giudice dell'esecuzione competente e provveda a richiederne l'annotazione a margine della trascrizione del sequestro immobiliare. Ciò si giustificherebbe in una duplice logica: per un verso, impedire che, alla stregua del paventato automatismo, il creditore sia, senza avere alcuna possibilità di scelta in ordine ai tempi di attivazione della procedura esecutiva, soggetto alla possibile azione di responsabilità processuale aggravata di cui all'art. 96, comma 2, c.p.c., per l'avvio automatico dell'esecuzione, nel caso in cui successivamente la pronuncia definitiva dovesse accertare l'inesistenza del diritto a cautela del quale la misura assicurativa è stata adottata; per altro verso, consentire al creditore di attendere una pronuncia più favorevole, all'esito del gravame, qualora la sentenza di condanna esecutiva emessa in prime cure abbia accolto solo in parte la pretesa creditoria rivendicata, a cui è strumentale il sequestro ottenuto (Vellani, Mancato compimento delle formalità indicate nell'art. 156 disp. att. codice procedura civile, in Giur. it., 1957, 1, 2, 283; Luiso, Diritto processuale civile, IV, Milano, 2019, 210).

A fronte delle contrapposte opinioni, altro indirizzo afferma che la conversione opererebbe automaticamente, ma il difetto dell'atto di impulso costituirebbe una condizione risolutiva della conversione (Trib. Roma, sez. IV, 20 ottobre 2008, in Giur. mer., 2009, 1, 117).

Orientamenti a confronto

CONVERSIONE AUTOMATICA O PER EFFETTO DI ATTO DI IMPULSO

In conseguenza della pronuncia di una “sentenza di condanna esecutiva” il sequestro conservativo si converte automaticamente in pignoramento, avendo attinenza l'atto di impulso alla mera prosecuzione del processo esecutivo

  • La conversione del sequestro conservativo in pignoramento opera ipso iure nel momento in cui il sequestrante ottiene “sentenza di condanna esecutiva”, iniziando in quello stesso momento il processo esecutivo, di cui il sequestro stesso, una volta convertitosi in pignoramento, costituisce il primo atto, mentre l'attività imposta al sequestrante dall'art. 156 disp. att. c.p.c., da eseguirsi nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza di condanna esecutiva, è attività di impulso processuale che il sequestrante, divenuto creditore pignorante, ha l'onere di compiere nel detto termine perentorio e la cui mancanza comporta l'inefficacia del pignoramento (Cass. civ., 3 settembre 2007, n. 18536; Cass. civ., 29 aprile 2006, n. 10029; Cass. civ., 6 maggio 2004, n. 8615; Cass. civ., 15 marzo 1974, n. 747; Trib. Salerno 24 gennaio 2009).
  • La carenza dell'atto di impulso entro sessanta giorni dalla comunicazione della pronuncia, o la sua tardività, determinano l'estinzione del processo esecutivo, che deve essere fatta valere su eccezione di parte, e non la sopravvenuta inefficacia della misura cautelare (Cass. civ., 23 gennaio 2009, n. 1696; Trib. Trapani, 28 giugno 2007, in Giur. mer., 2007, 12, 3209; Trib. Perugia, 30 luglio 1998, in Rass. giur. umbra, 1999, 390; App. Milano, 5 dicembre 1989, in Giur. it., 1992, 1, 2, 296, con nota di Dalmotto; Trib. Pavia, 28 ottobre 1983, in Foro it., 1985, 1, 1228, con nota di Santulli).
  • In base ad un indirizzo minoritario, inattività implicherebbe l'inefficacia a monte del sequestro ai sensi dell'art. 669-novies c.p.c. (Pret. Roma, 20 febbraio 1997, in Lav. giur., 1997, 807, con nota di Collia).

La conversione del sequestro in pignoramento si realizza per effetto dell'atto di impulso rimesso al creditore, cosicché, in difetto di tale atto, il processo esecutivo non sarà avviato

  • La conversione del sequestro conservativo in pignoramento si determina, sul presupposto che il creditore abbia ottenuto una pronuncia di condanna esecutiva, nel momento in cui lo stesso sequestrante decide di avviare, sulla scorta del predetto titolo, la procedura esecutiva, depositando nella cancelleria del giudice dell'esecuzione competente copia della pronuncia munita della formula esecutiva e richiedendone l'annotazione a margine della nota di trascrizione del sequestro su immobili.
  • Nel caso in cui, all'esito della pronuncia provvisoriamente esecutiva, il creditore decida di non avviare la procedura esecutiva attraverso l'atto di impulso, non determinandosi così la conversione della misura cautelare, secondo alcuni, ne deriverebbe la definitiva perdita di efficacia del sequestro (Calvosa, Il processo cautelare, Torino, 1970, 705); secondo altri, l'efficacia della misura cautelare perdurerebbe, ma si perderebbe il beneficio costituito dalla possibilità di iniziare l'esecuzione senza la preventiva notifica di titolo e precetto (Satta, Commentario al codice di procedura civile, IV, Milano, 1968, 232); in base ad ulteriore tesi, da ciò discenderebbe la possibilità che la conversione si potrebbe attuare solo in virtù del diverso titolo costituito dalla sentenza di appello (Redenti, Diritto processuale civile, III, Milano, 1957, 120).

La conversione si determina in ragione di una fattispecie complessa a formazione progressiva: avviene con la pronuncia provvisoriamente esecutiva, ma il difetto dell'atto di impulso ne integra una condizione risolutiva

  • In ragione della pronuncia di condanna provvisoriamente esecutiva, si determina automaticamente l'effetto della conversione del sequestro conservativo in pignoramento, ma il difetto dell'atto di impulso nel termine perentorio prescritto determina la cessazione retroattiva degli effetti della conversione (Trib. Roma, sez. IV, 20 ottobre 2008, in Giur. mer., 2009, 1, 117).
La partecipazione alla distribuzione del creditore sequestrante

Alla stregua dell'indirizzo prevalente in dottrina, l'art. 686, comma 2, c.p.c. attribuisce al creditore che ha ottenuto il sequestro conservativo, che non si sia ancora convertito in pignoramento, non essendo stata ancora pronunciata una sentenza di condanna esecutiva in ordine al credito a cautela del quale la misura conservativa è stata emessa, di partecipare alla distribuzione della somma ricavata dall'esecuzione sui beni sequestrati promossa da altri creditori. Pertanto, poiché il sequestro conservativo ha la funzione e la struttura di un pignoramento condizionato al sopravvenire della sentenza esecutiva di condanna del debitore sequestrato - la quale ha gli effetti di rendere attuale quella funzione che era rimasta sospesa nel periodo anteriore alla sentenza stessa, operando automaticamente la conversione del sequestro in pignoramento - ne consegue che la disposizione contenuta nel capoverso dell'art. 686 c.p.c., secondo cui se i beni sequestrati sono stati oggetto di esecuzione da parte di altri creditori, il sequestrante partecipa con essi alla distribuzione della somma ricavata, va intesa nel senso che il sequestrante partecipa alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita coatta dei beni sequestrati eseguita nel processo esecutivo promosso da altro creditore anche se, non essendo intervenuta la sentenza di condanna esecutiva e non essendosi quindi il sequestro conservativo ancora convertito in pignoramento, il suo credito non ha ancora i requisiti della certezza e della liquidità. In tal caso si realizza la fattispecie prevista dall'art. 512 c.p.c. e il giudice dell'esecuzione può, alternativamente, o sospendere il processo esecutivo, o provvedere alla distribuzione parziale della somma ricavata, accantonando la parte che spetterebbe al sequestrante, in entrambi i casi fino al sopravvenire della sentenza di condanna esecutiva (Cass. civ., 25 giugno 1977, n. 2733).

In base ad un orientamento minoritario, per contro, l'art. 686, comma 2, dovrebbe essere letto in combinazione con il comma 1, sicché il diritto del creditore sequestratario di partecipare alla distribuzione nell'ambito del processo esecutivo promosso da altri creditori sui cespiti sequestrati sarebbe condizionato alla circostanza che il sequestro si sia convertito in pignoramento. Nei termini restrittivi anzidetti, la norma si limiterebbe a sancire il concorso paritario tra creditori chirografari e creditore sequestrante, consentendo a quest'ultimo di intervenire nel processo esecutivo tardivamente, ossia in fase distributiva, come se il suo credito fosse stato fatto valere tempestivamente (Capponi, Intervento del creditore sequestrante nel processo di espropriazione del bene successivamente pignorato, in Riv. dir. proc., 1987, 877).

Orientamenti a confronto nella giurisprudenza

PARTECIPAZIONE DEL CREDITORE SEQUESTRANTE ALLA FASE DISTRIBUTIVA: IN ATTESA O ALL'ESITO DELLA CONVERSIONE

Il creditore che abbia ottenuto il sequestro conservativo può, nelle more della pronuncia di condanna esecutiva, intervenire nella procedura esecutiva promossa da altri sui beni sequestrati, determinando l'instaurazione di controversia rientrante nella previsione dell'art. 512 c.p.c.

Cass. civ., 25 giugno 1977, n. 2733; Trib. Bologna, 16 gennaio 1989, in Giust. civ., 1989, 1, 2201.

Il sequestrante, il cui sequestro si sia convertito in pignoramento, partecipa alla esecuzione sui beni da esso sequestrati promossa da terzo creditore in condizione di parità con tale terzo creditore.

Trib. Bolzano, 28 agosto 1984, in Foro pad., 1985, 1, 92, e in Giur. mer., 1985, 1072, con nota di Frisina.

Il presupposto della sentenza di condanna esecutiva

L'art. 686, comma 1, c.p.c. subordina l'effetto della conversione automatica del sequestro in pignoramento alla sopravvenienza di una “sentenza di condanna esecutiva”. Certamente ricadono in tale locuzione le sentenze di condanna emesse a conclusione del giudizio di primo grado, che sono provvisoriamente esecutive ex lege, ai sensi dell'art. 282 c.p.c., siano esse conseguenti ad un processo di merito instaurato all'esito della misura cautelare ottenuta ante causam o ad un processo nel corso del quale la misura stessa è stata disposta. Non determina, per converso, l'effetto della conversione una mera condanna generica pronunciata ai sensi dell'art. 278, comma 1, c.p.c. Nelle more della pronuncia della condanna specifica la misura cautelare non perde comunque efficacia. Ove la condanna generica sia accompagnata da una provvisionale, ai sensi dell'art. 278, comma 2, c.p.c., sulla scorta di tale titolo può avvenire la conversione, ma anche in questa ipotesi il sequestro non perde efficacia per il residuo. In questo senso è orientata anche la Corte regolatrice, secondo cui, posto che il sequestro conservativo sui beni dell'imputato non perde automaticamente efficacia laddove il processo penale si concluda con una sentenza di condanna generica e con la rimessione delle parti davanti al giudice civile ai sensi dell'art. 539, comma 1, c.p.p., dovendo il giudizio ivi proseguire per la determinazione del quantum dell'importo dovuto alla parte civile, a maggior ragione esso non perde efficacia in caso di sentenza generica con riconoscimento di una provvisionale ai sensi del comma 2 dell'art. 539 c.p.p. In tale ipotesi, il sequestro si converte in pignoramento nei limiti della condanna provvisionale, ma conserva i suoi effetti per l'importo residuo (Cass. civ., 25 ottobre 2016, n. 21481).

Allorché si rinvengano provvedimenti giudiziali di condanna provvisoriamente esecutivi, che non abbiano la forma della sentenza, l'ostacolo prospettato dall'esegesi letterale dell'art. 686 c.p.c. è superabile osservando che, con il termine “sentenza di condanna esecutiva”, il legislatore ha inteso utilizzare una formula generica riferibile ai provvedimenti di condanna esecutivi non revocabili. E ciò perché scopo del legislatore è quello di stabilire la conversione, a favore del creditore sequestrante, che ottenga un provvedimento di condanna nel merito, di natura esecutiva. Ne discende che, poiché tutti i provvedimenti di condanna esecutivi possono essere adoperati per promuovere ab initio l'espropriazione forzata, la ratio della norma si traduce nella previsione in forza della quale, una volta ottenuto uno di questi provvedimenti, si può far valere, nella fase esecutiva, il vincolo di indisponibilità prodotto dal sequestro conservativo. All'esito, nessun dubbio ricorre sulla conversione automatica del sequestro in pignoramento per effetto di ordinanza di condanna provvisoriamente esecutiva emessa a conclusione di un procedimento sommario di cognizione. Allo stesso modo, la conversione del sequestro avverrà una volta che sia divenuto definitivo il decreto ingiuntivo che porta il credito a cautela del quale la misura assicurativa è stata adottata. Avendo riguardo alla condanna disposta per decreto ingiuntivo, si evidenzia che, nei casi in cui sussistano i presupposti previsti dalla legge, il creditore può avvalersi, in alternativa al processo ordinario, del processo speciale previsto dagli artt. 633 e segg. c.p.c., sicché sarebbe contraddittorio che, ove si avvalga di tale facoltà, in quanto ne ricorrano i presupposti, il titolo definitivo così ottenuto lo privi della possibilità di avviare l'azione esecutiva a completamento del sequestro conservativo ottenuto a garanzia del credito portato nel provvedimento monitorio. Ancora, in seguito alla mancata opposizione, la condanna per decreto ingiuntivo è idonea ad accertare l'esistenza del diritto di credito con effetti comparabili (seppur non identici) alla sentenza passata in giudicato. Sicché il creditore può richiedere un sequestro conservativo nelle more del decorso del termine di opposizione a decreto ingiuntivo e questo potrà rappresentare, una volta divenuto definitivamente esecutivo ai sensi dell'art. 647 c.p.c., il titolo esecutivo idoneo a consentire la conversione del sequestro in pignoramento. Cosicché, svincolata la misura del sequestro conservativo dal giudizio di convalida, non si pone alcuna differenza quoad effectum tra un decreto ingiuntivo ed una sentenza, tanto più che, come ritiene la maggior parte della dottrina e della giurisprudenza, il decreto ingiuntivo non opposto nel termine di legge acquista piena autorità di giudicato, estendendosi anche all'esistenza ed alla validità del rapporto giuridico presupposto del provvedimento d'ingiunzione ed impedendo che quest'ultimo possa essere rimesso in discussione in un successivo giudizio, salva la sopravvenienza di fatti e situazioni nuove, verificatesi dopo la formazione del giudicato. La conversione del sequestro conservativo, concesso nelle more della scadenza del termine per la proposizione dell'opposizione, si verifica nel momento stesso in cui, ai sensi dell'art. 647 c.p.c., il decreto è munito di esecutività. Ove l'ingiunto spieghi opposizione avverso il decreto monitorio e non si costituisca in termini, ai sensi dell'art. 647 c.p.c., si produrranno le medesime conseguenze della mancata opposizione. Allorquando, invece, l'intimato coltivi il giudizio di opposizione, troveranno applicazione le regole ordinarie: il sequestro si convertirà in pignoramento se l'opposizione verrà accolta solo in parte o respinta, mentre diverrà inefficace se l'opposizione troverà pieno accoglimento. Nel caso di rigetto integrale dell'opposizione, il titolo rimarrà il decreto ingiuntivo confermato, che acquisterà efficacia esecutiva ove non sia già munito della provvisoria esecuzione ex art. 653, comma 1, c.p.c. Laddove, per contro, l'opposizione sia accolta solo in parte, ai sensi dell'art. 653, comma 2, c.p.c., la pronuncia di condanna esecutiva che determina la conversione è rappresentata dalla sola pronuncia di accoglimento parziale. Anche ove il giudizio di opposizione si estingua per inattività delle parti, ai sensi dell'art. 653, comma 1, c.p.c., con l'ordinanza che dichiara l'estinzione del processo, il decreto ingiuntivo, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva - ed anche in tal caso si ha un'efficacia di giudicato del decreto -, sicché da tale momento si determina la conversione in pignoramento del sequestro.

A questo punto occorre chiedersi se la conversione del sequestro in pignoramento possa conseguire, oltre che al decreto ingiuntivo divenuto inoppugnabile, anche in ragione della provvisoria esecutività del provvedimento monitorio, come accade nel caso in cui il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo sia munito della provvisoria esecutività inaudita altera parte ai sensi dell'art. 642 c.p.c. oppure, a contraddittorio integro, la concessione della provvisoria esecuzione sia rilasciata ai sensi dell'art. 648 c.p.c. In base ad un primo indirizzo, anche in tali casi è possibile procedere esecutivamente sulla scorta del titolo provvisoriamente esecutivo, sicché non vi è alcuna valida giustificazione per non ritenere che da quello stesso momento il sequestro si converta in pignoramento: quoad effectum non vi sarebbe differenza tra una sentenza provvisoriamente esecutiva ed una provvisoria esecuzione del decreto non ancora opposto od opposto a processo ancora in corso. Anzi, mentre la sentenza è immediatamente impugnabile e l'appellante può richiedere la sospensione dell'efficacia esecutiva o della esecuzione ai sensi del combinato disposto degli artt. 283 e 351 c.p.c., analogo strumento non ha l'opponente a decreto ingiuntivo nei confronti dell'ordinanza ex art. 648 c.p.c. Per converso, la clausola di provvisoria esecuzione rilasciata ai sensi dell'art. 642 c.p.c. può essere sospesa ai sensi dell'art. 649 c.p.c. Cosicché un provvedimento interinale a cognizione sommaria finisce per avere sul piano esecutivo maggior resistenza di un provvedimento definitivo pronunciato a cognizione piena. Alla stregua di altro orientamento, invece, il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo non può essere equiparato ad una sentenza provvisoriamente esecutiva: e ciò perché, ove sia proposta opposizione, la provvisoria esecuzione concessa ab initio può essere sospesa ai sensi dell'art. 649 c.p.c. mentre la provvisoria esecuzione concessa all'esito dell'opposizione può essere travolta dalla pronuncia conclusiva del giudizio di opposizione che accolga l'opposizione alla stregua di una istruttoria piena. Sicché solo dalla definitività del decreto ingiuntivo può discendere l'effetto rappresentato dalla conversione.

La conversione del sequestro in pignoramento con la pronuncia di provvedimenti di condanna diversi dalla sentenza – o dall'ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione – desta alcune perplessità anche in merito alle ordinanze anticipatorie di condanna. Essendo revocabili nel corso del giudizio nel quale sono emesse, la conversione del sequestro in pignoramento può dar luogo a conseguenze non previste dall'ordinamento qualora, dopo la pronuncia dell'ordinanza provvisoriamente esecutiva e la conseguente conversione del sequestro, il provvedimento di condanna sia revocato ai sensi degli artt. 177 e 178 c.p.c. (come preve l'art. 186-bis, comma 3, c.p.c. e l'art. 423, comma 3, c.p.c. nonché l'art. 186-ter, comma 3, c.p.c.). Per questo motivo la prevalente dottrina ammette la conversione del sequestro in pignoramento solo qualora le ordinanze di condanna anticipatorie non siano più revocabili o modificabili, come accade allorché siano recepite dalla sentenza conclusiva del giudizio o si estingua il processo nel corso del quale le ordinanze di pagamento di somme non contestate e di ingiunzione siano emesse (Ferri, voce Sequestro, in Digesto civ., XVIII, Torino, 1998, 484; Montesano-Arieta, Trattato di diritto processuale civile, I/2, Padova, 2001, 1381; Cantillo-Santangeli, Il sequestro nel processo civile, Milano, 2003, 366). Altra parte della dottrina ritiene, invece, che non vi sia motivo di distinguere quoad effectum tra provvisoria esecuzione di una sentenza e provvisoria esecuzione di un provvedimento anticipatorio di condanna. E se tra gli effetti del provvedimento anticipatorio vi è quello di poter procedere ad esecuzione, non si vede perché non possa considerarsi anticipato anche l'effetto della conversione. È vero, infatti, che il tenore della legge sembra prevedere che il sequestro si converta in pignoramento soltanto con la sentenza esecutiva, tuttavia si osserva che argomentare diversamente, cioè ritenere che il provvedimento anticipatorio di condanna non possa portare alla conversione, costringerebbe il creditore sequestrante ad iniziare la procedura esecutiva sugli stessi beni già sequestrati, previa notifica del titolo e del precetto e ad intervenire in essa nella sua qualità di sequestrante, in applicazione del disposto dell'art. 686, comma 2 c.p.c., specialmente se vi fosse un unico cespite: il che sembra una complicazione inutile (Pototschnig, Il sequestro conservativo, in Il nuovo processo cautelare, a cura di Tarzia, Padova, 1993, 60; Conte, Il sequestro conservativo nel processo civile, Torino, 2000, 283; Conte, L'ordinanza di ingiunzione, Padova, 2003, 210; Mandrioli, Diritto processuale civile, IV, Torino, 2003, 246). Aderendo a quest'ultima ricostruzione, anche le ordinanze endoprocessuali di condanna ai sensi dell'art. 186-bisc.p.c. e art. 186-terc.p.c. e l'ordinanza post-istruttoria ex art. 186-quater c.p.c. possono comportare la conversione in pignoramento del sequestro conservativo autorizzato a garanzia dello stesso credito, a tutela del quale dette ordinanze sono state pronunciate, nell'ambito del relativo giudizio di merito. Né il fatto che il provvedimento provvisorio possa essere revocato muterebbe sostanzialmente il problema: e ciò perché anche la sentenza provvisoriamente esecutiva potrebbe essere oggetto di completa riforma in appello. Sotto questo profilo affermare che le ordinanze anticipatorie di condanna non siano provvedimenti pienamente decisori sarebbe opinabile, nonostante recenti orientamenti della Suprema Corte abbiano escluso l'idoneità dell'ordinanza ex art. 186-terc.p.c. a costituire un giudicato.

Orientamenti a confronto

CONVERSIONE PER EFFETTO DI DECRETO INGIUNTIVO O DI ORDINANZE ANTICIPATORIE

Anche il decreto ingiuntivo definitivo può determinare la conversione del sequestro in pignoramento, poiché la tutela cautelare è strumentale alla salvaguardia del diritto oggetto della controversia tra le parti. Sicché, pur essendo prospettata la strumentalità della cautela rispetto al giudizio di merito, ciò è dovuto al fatto che il giudizio di merito, di regola, è unico e, pertanto, è indifferente affermare la strumentalità rispetto al processo o rispetto al diritto cautelato (Dominici, Un caso (e una sentenza) peculiare in tema di conversione del sequestro conservativo in pignoramento, in Giur. it., 2013, 2, 409).

Il sequestro conservativo può essere autorizzato nella pendenza del termine per l'opposizione al decreto ingiuntivo e convertito in pignoramento una volta che il provvedimento monitorio sia divenuto definitivo (Trib. Bologna,sez. II, 20 giugno 2018).

Il decreto ingiuntivo non opposto può tenere luogo della sentenza, ai sensi e per gli effetti della conversione del sequestro in pignoramento e della relativa trascrizione (Trib. Roma, 31 gennaio 2006, in Dir. e giust., 2006, n. 11, 41, con nota di Di Marzio).

L'applicazione della norma si estende anche al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo o all'ordinanza di ingiunzione, la quale diventa definitivamente esecutiva dopo l'estinzione del processo o dopo la mancata costituzione del debitore contumace (Conte, L'ordinanza di ingiunzione nel processo civile, Padova, 2003, 210; Conte, Sulla conversione del sequestro in pignoramento a seguito di ordinanza ingiuntiva ex art. 186 ter c.p.c., in Giur. it., 1999, 2086).

L'applicabilità dell'art. 686 c.p.c. è circoscritta alla sola ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione che abbia acquisito gli effetti della sentenza impugnabile, cioè nel caso di estinzione del processo ovvero di rinuncia della parte intimata alla sentenza (Ferri, voce Sequestro, in Digesto civ., XVIII, Torino, 1998, 484; Cantillo-Santangeli, Il sequestro nel processo civile, Milano, 2003, 366, nota 18).

Il sequestro si converte in pignoramento con la pronuncia dell'ordinanza di ingiunzione provvisoriamente esecutiva, nonostante la successiva prosecuzione del giudizio di merito fino alla pronuncia della sentenza (Trib. Monza, 30 gennaio 2003, in Giur. it., 2003, 895; Pret. Milano, 18 maggio 1998, in Giur. it., 1999, 2086).

L'ordinanza ingiuntiva ex art. 186-ter c.p.c. può comportare la conversione del sequestro conservativo in pignoramento, come disciplinato dall'art. 686 c.p.c., soltanto nei limiti in cui il credito è legittimato con sentenza esecutiva, conservando, oltre quei limiti, l'efficacia del sequestro fino al giudizio del giudice di merito (Trib. Roma ord. 10 giugno 2003).

L'ordinanza ex art. 186-quater c.p.c., prima dell'acquisizione dell'efficacia di sentenza, non comporta la conversione del sequestro conservativo in pignoramento (Trib. Desio, ord.3 ottobre 2003).

L'opposizione proposta dal debitore per contestare che il sequestro conservativo si sia convertito in pignoramento, deducendo la carenza del requisito all'uopo fissato dall'art. 686 c.p.c., cioè la mancanza di una “sentenza di condanna esecutiva” in favore del creditore, integra una opposizione all'esecuzione, non agli atti esecutivi, in quanto pone in discussione l'esistenza del titolo esecutivo (Cass. civ., 24 maggio 1986, n. 3499). Viceversa, i vizi attinenti originariamente al sequestro si ripercuotono sul pignoramento in cui il sequestro si converte e sugli atti esecutivi successivi della procedura esecutiva, e così possono e devono essere fatti valere dinanzi al giudice dell'esecuzione con l'opposizione di cui all'art. 617 c.p.c., la quale è proponibile senza l'osservanza del termine di decadenza quando il vizio dedotto configura una nullità radicale del sequestro convertito in pignoramento (Cass. civ., 10 maggio 1982, n. 2890; Cass. civ., 25 febbraio 1964, n. 454).

In base ad un arresto criticato della Corte regolatrice, affinché il sequestro conservativo si converta in pignoramento è necessario che la condanna sia disposta con “sentenza esecutiva” pronunciata nel giudizio di merito. La disciplina della conversione del sequestro conservativo in pignoramento non si applicherebbe, invece, qualora, avendo il creditore sequestratario proposto ricorso ex artt. 633 c.p.c. nella pendenza del giudizio a cognizione piena avente ad oggetto il medesimo diritto di credito, la condanna al pagamento sia disposta con decreto ingiuntivo non opposto (Cass. civ., 28 giugno 2012, n. 10871). La controversia oggetto della sentenza di legittimità nasce dall'impugnazione del piano di riparto nel quale il giudice dell'esecuzione determinava la distribuzione del ricavato dall'espropriazione in relazione ai diritti di prelazione del creditore procedente e dei creditori intervenuti. Nel caso di specie, il creditore opponente osservava che la decisione del giudice avrebbe violato la disciplina della conversione del sequestro conservativo in pignoramento, poiché il piano di riparto aveva previsto la piena soddisfazione di un credito ipotecario, la cui garanzia era stata iscritta dopo la trascrizione del sequestro conservativo, mentre aveva disposto a favore del creditore sequestratario solo il pagamento delle spese processuali dovute per il giudizio di cognizione e per il processo esecutivo.

La possibile concorrenza del sequestro conservativo convertibile con l'azione revocatoria

Il creditore che abbia ottenuto la concessione di un sequestro conservativo su un bene immobile conserva l'interesse ad agire con azione revocatoria ex art. 2901 c.c., qualora il medesimo bene venga in seguito alienato dal debitore ad un terzo, atteso che tale azione consente di ottenere una tutela non equivalente e tendenzialmente più ampia rispetto a quella assicurata dal sequestro, in quanto ha ad oggetto l'intero immobile, senza soffrire dei limiti derivanti dall'importo fino a concorrenza del quale sia stata autorizzata la misura cautelare, esclude il concorso con gli altri creditori (che si realizza, invece, per effetto della conversione del sequestro in pignoramento), e non è condizionata dagli esiti del giudizio di merito sulla sussistenza del diritto cautelato (Cass. civ., 29 settembre 2017, n. 22835). D'altronde, la vendita da parte del debitore del bene immobile, assoggettato dal creditore a sequestro conservativo, è atto idoneo ad arrecare immediatamente pregiudizio alle ragioni di quest'ultimo, sotto il profilo del pericolo della impossibilità o della maggiore difficoltà della esazione coattiva del credito, se dovessero venir meno per una qualsiasi causa (anche se riconducibile all'errore o all'inerzia del creditore stesso) gli effetti conservativi della misura cautelare, e il creditore, pertanto, ove ne ricorrano gli altri requisiti, può utilmente agire con l'azione revocatoria ai sensi dell'art. 2901 c.c., perché sia dichiarato inefficace nei suoi confronti l'atto di disposizione patrimoniale del debitore (Cass. civ., 8 febbraio 1996, n. 997).

In senso contrario, altro orientamento ha ritenuto che, nell'ipotesi di cui all'art. 2906 c.c., il creditore - trascritto, anteriormente all'atto di alienazione, il provvedimento di sequestro e ottenuta la condanna al pagamento del credito tutelato - può procedere all'espropriazione del bene sequestrato anche nei confronti del terzo acquirente, difettando, quindi, l'interesse all'esperimento dell'azione revocatoria, volta ad assicuragli un risultato (impedire la fraudolenta diminuzione della garanzia patrimoniale generica), già assicurato dal sequestro (Cass. civ., 20 agosto 2013, n. 19216).

La caducazione dell'efficacia residua del sequestro all'esito della conversione per un credito minore riportato dal titolo

L'esigenza di tutelare il creditore sequestratario nella misura necessaria alla soddisfazione del proprio diritto di credito, senza pregiudicare oltre tale limite i creditori ipotecari e i terzi che abbiano iscritto la garanzia o trascritto l'acquisto del diritto sul bene immobile dopo la trascrizione del sequestro, fa sorgere il dubbio che sia necessario inserire nella nota per la trascrizione del sequestro l'ammontare del diritto di credito tutelato dalla misura cautelare.

Tanto premesso, occorre chiedersi se l'efficacia della misura cautelare conservativa persista anche dopo la conversione automatica per effetto di una pronuncia di condanna esecutiva che riconosca il credito del sequestrante in misura minore dell'importo a cautela del quale questi ha ottenuto il sequestro e, quindi, in misura non corrispondente all'oggetto della pretesa creditoria azionata nel giudizio di merito.

Ove la sentenza che costituisce titolo esecutivo sia definitiva, se il bene oggetto dal sequestro è uno solo, non si pone alcun problema: si procederà alla vendita ed il creditore potrà soddisfarsi fino alla concorrenza di quanto riconosciutogli dalla sentenza di condanna, mentre il residuo di quanto ricavato dalla vendita sarà restituito al debitore ai sensi dell'art. 510, comma 4, c.p.c. Se, invece, il sequestro fosse caduto su più beni, per un importo superiore a quello portato dalla sentenza di condanna definitiva, dovrebbe trovare applicazione il disposto dell'art. 496 c.p.c. e, pertanto, si dovrebbe dar luogo, su istanza del debitore o anche d'ufficio, alla riduzione del pignoramento. D'altronde, una volta operatasi l'automatica conversione dal sequestro conservativo in pignoramento, per effetto della pubblicazione della sentenza esecutiva di condanna, mentre è preclusa al creditore la possibilità di procedere alla espropriazione dei beni sequestrati oltre i limiti dei crediti accertati e riconosciuti dalla stessa sentenza, è però consentito al debitore ottenere dal giudice dell'esecuzione la riduzione del pignoramento, così da adeguare il valore dei beni sottoposti all'esecuzione all'importo effettivo dei crediti ex art. 496 c.p.c. (Cass. civ., 25 marzo 1988, n. 2589; Cass. civ., 30 maggio 1969, n. 1937).

La questione diventa più complessa allorché la sentenza di condanna ad un importo minore rispetto a quello per cui fu autorizzato ed eseguito il sequestro sia una sentenza provvisoriamente esecutiva, non ancora divenuta cosa giudicata. Secondo la giurisprudenza, il sequestro conservativo, a norma dell'art. 686 c.p.c., si converte automaticamente in pignoramento quando il creditore sequestrante ottenga “sentenza di condanna esecutiva”, ma solo nei limiti del credito per il quale è intervenuta la condanna e non anche per l'importo, eventualmente maggiore, fino a concorrenza del quale il sequestro è stato autorizzato, perché gli effetti che l'art. 2906 c.c. riconosce in favore del creditore sequestrante sono equiparati a quelli che lo stesso otterrebbe in caso di pignoramento. , per l'importo per il quale non è intervenuta condanna esecutiva, il sequestro può conservare efficacia, pur non ricorrendo alcuna delle ipotesi di cui all'art. 669-novies c.p.c., atteso che, in tema di conversione del sequestro in pignoramento, la norma di riferimento è esclusivamente l'art. 686 c.p.c. In applicazione di questo principio, la S.C. ha escluso l'opponibilità ad altro creditore, che aveva successivamente iscritto ipoteca sui medesimi beni, del sequestro ottenuto a tutela di un credito per un importo maggiore rispetto a quello successivamente oggetto di condanna, anche se accertato nella medesima sede come esistente nella misura più ampia, rilevando che, per questa parte, la sentenza non costituisce titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. (Cass. civ., 28 giugno 2012, n. 10871).

L'argomento è più dibattuto in dottrina, dove sono state espresse opinioni di segno contrario. In questa sede si afferma che il creditore sequestrante, per il fatto di aver ottenuto un provvedimento esecutivo non ancora passato in cosa giudicata, non può per ciò solo ritenersi privato della garanzia per il residuo suo (preteso) credito, peraltro già ritenuto meritevole di tutela cautelare: negare in questi casi al creditore ogni garanzia per l'ulteriore suo credito significherebbe imporgli la perdita di una cautela a suo tempo ottenuta per l'ipotesi che il titolo definitivo riconosca il suo credito anche per la parte rimanente. Sicché il sequestro si convertirebbe in pignoramento entro i limiti di valore portati dal provvedimento di condanna, rimanendo, peraltro, tuttora in vigore a tutela del residuo credito ancora sub indice.

Ne consegue che, se il sequestro conservativo sia caduto su un solo bene, la questione potrà essere risolta ritenendo che per il credito portato dalla sentenza di condanna non ancora passata in giudicato il sequestro si converte in pignoramento nei limiti sopra enunciati; lo stesso creditore, tuttavia, per evitare che, qualora il processo esecutivo finisca prima della definizione del giudizio di merito, al debitore sia restituito parte di quanto ricavato in sede di vendita e che supera l'importo della sentenza di condanna non definitiva, non resterebbe che intervenire nel processo esecutivo ai sensi dell'art. 686, comma 2, c.p.c., chiedendo l'accantonamento della somma ai sensi dell'art. 510, comma 3, c.p.c. Se, invece, i beni oggetto del sequestro sono più di uno, con la conversione parziale occorrerà determinare su quali beni procedere esecutivamente e per quali attendere gli ulteriori sviluppi del giudizio di merito tuttora in corso. Sicché non resterà che applicare al caso il disposto dell'art. 483 c.p.c.: il creditore potrà scegliere i beni da vendere o, in mancanza di una sua decisione, potrà provvedere il giudice dell'esecuzione, fermo restando che sugli altri beni resterà il vincolo del sequestro conservativo in attesa della definizione del giudizio con sentenza inoppugnabile.

Orientamenti a confronto

INEFFICACIA RESIDUA O CONSERVAZIONE DEL SEQUESTRO NEL CASO DI CONDANNA PER UNA SOMMA MINORE

Il sequestro conservativo, a norma dell'art. 686 c.p.c., si converte automaticamente in pignoramento quando il creditore sequestrante ottenga “sentenza di condanna esecutiva”, ma solo nei limiti del credito per il quale è intervenuta la condanna e non anche per l'importo, eventualmente maggiore, fino a concorrenza del quale il sequestro è stato autorizzato, perché gli effetti che l'art. 2906 c.c. riconosce in favore del creditore sequestrante sono equiparati a quelli che lo stesso otterrebbe in caso di pignoramento.

Per l'importo per il quale non è intervenuta condanna esecutiva il sequestro non può conservare efficacia (Cass. civ., 28 giugno 2012, n. 10871).

Il sequestro si converte in pignoramento entro i limiti di valore portati dal provvedimento di condanna, rimanendo, peraltro, tuttora in vigore a tutela del residuo credito ancora sub indice.

Il sequestro rimane efficace sino al momento in cui non si sia formato il titolo definitivo, a garanzia del credito residuo non riconosciuto dalla pronuncia provvisoriamente esecutiva (Conte, Sulla conversione del sequestro in pignoramento a seguito di ordinanza ingiuntiva ex art. 186 ter c.p.c., in Giur. it., 1999, 2086).

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