Rosaria Giordano
30 Gennaio 2018

L'attuale disciplina della competenza in materia cautelare si colloca coerentemente nel disegno normativo attuato dalla l. 26 novembre 1990, n. 353, il cui art. 74 ha introdotto nel codice di procedura civile il procedimento cautelare uniforme nell'intento precipuo di superare le previgenti regole di carattere estremamente frammentario.
Inquadramento

L'attuale disciplina della competenza in materia cautelare si colloca coerentemente nel disegno normativo attuato dalla l. 26 novembre 1990, n. 353, il cui art. 74 ha introdotto nel codice di procedura civile il procedimento cautelare uniforme nell'intento precipuo di superare le previgenti regole di carattere estremamente frammentario.

La direttiva principale nella disciplina della competenza cautelare è stata quella della tendenziale coincidenza tra giudice della cautela e giudice del merito (Carpi, 1258). Tale regola è espressione della concezione per la quale il nesso di strumentalità tra cautela e merito deve intendersi anche nella prospettiva strutturale della sussistenza di raccordi procedimentali tra giudizio cautelare e giudizio di merito.

Ricorso cautelare ante litem

In applicazione della regola generale, ai sensi dell'art. 669-ter c.p.c. la domanda cautelare ante causam si propone al giudice competente a conoscere della causa nel merito.

Derivano da tale principio alcune questioni problematiche.

In primo luogo, in presenza di fori alternativi ai sensi degli artt. 18-20 c.p.c., è discusso se la scelta di un determinato giudice ai fini della proposizione della domanda cautelare spieghi effetti anche in ordine al successivo giudizio di merito, nel senso che lo stesso dovrà essere instaurato necessariamente dinanzi allo stesso giudice. Se tale è, infatti, in accordo con un primo orientamento, la conseguenza che dovrebbe essere riconnessa alla scelta di un determinato giudice della cautela in presenza di fori alternativi (Verde, 436), secondo una diversa posizione, stante la volontà legislativa di dettare regole uniformi in tema di competenza cautelare e non anche di stabilire un'ontologica coincidenza tra giudice della cautela, alla scelta tra i fori concorrenti compiuta in sede di cautela non possono attribuirsi effetti vincolanti per il giudizio di merito (Merlin, 394).

Nel primo senso sembra orientata la giurisprudenza per la quale il lavoratore che abbia proposto ricorso d'urgenza dinanzi ad uno dei tre fori alternativamente previsti dall'art. 669-ter c.p.c., attraverso il richiamo al giudice competente a conoscere del merito, in occasione della successiva proposizione del giudizio di merito è necessariamente condizionato, nell'individuazione del giudice, alla scelta effettuata nella fase d'urgenza (Trib. Milano, ord., 7 settembre 1999, in D.L. Riv. critica dir. lav., 2000, 257).

Distinta questione problematica è quella che attiene alla valenza, ai fini della competenza cautelare ante causam, di una clausola di deroga convenzionale della competenza territoriale ex artt. 28-29 c.p.c., in quanto l'art. 669-ter c.p.c. non precisa se per giudice compente a conoscere del merito – cui va indirizzata anche l'istanza cautelare – debba intendersi quello in astratto competente a decidere del merito ovvero quello a ciò deputato in concreto, magari a seguito di un accordo delle parti volto a derogare alla competenza territoriale.

In particolare, si è osservato, in senso contrario all'operatività della clausola di deroga convenzionale della competenza in materia cautelare, che:

  • stante il principio di inderogabilità convenzionale della competenza sancito dall'art. 6 c.p.c. devono considerarsi eccezionali i casi nei quali è possibile una deroga della stessa in forza di un accordo tra le parti (Montesano – Arieta, 124);
  • l'art. 28 c.p.c. nella parte in cui pone il divieto di deroga della competenza per territorio in materia di procedimenti cautelari è ancora vigente, in quanto non può considerarsi implicitamente abrogato a seguito dell'introduzione del procedimento cautelare uniforme dal momento che nelle ipotesi in cui il legislatore ha manifestato la volontà di abrogare disposizioni in materia cautelare l'ha fatto espressamente (Simonelli, 1487 ss.);
  • in ogni caso attribuire la competenza cautelare anteriormente all'instaurazione del giudizio di merito al giudice scelto convenzionalmente dalle parti per siffatto giudizio amplia indebitamente l'oggetto della convenzione tra le stesse che ha invece riguardo soltanto alla deroga della competenza territoriale per la causa di merito (Simonelli, 1487 ss).

Per altri, invece, avrebbe rilevanza la deroga pattizia della competenza per territorio (Capponi, 201 ss.), in quanto:

  • in omaggio alla ratio alla base delle disposizioni del procedimento cautelare uniforme, introdotte dalla l. n. 353/1990, deve sempre essere privilegiata l'interpretazione che favorisca un costante raccordo tra procedimento cautelare e procedimento di merito, ovvero, nella fattispecie in discussione, una coincidenza tra giudice della cautela e giudice del merito (Guarnieri, 299);
  • una problematica analoga si era già posta prima della novella del 1990 per i sequestri e sussiste ancora oggi per i provvedimenti di istruzione preventiva e la giurisprudenza è incline a considerare validi, ai fini della proposizione dei ricorsi cautelari ante causam, gli accordi di deroga della competenza territoriale (Cecchella, in Vaccarella – Capponi, 355).

I fautori della tesi dominante favorevole all'operare della deroga pattizia alla competenza per territorio anche ai fini dell'individuazione del giudice competente a conoscere delle istanze cautelari proposte ante causam giustificano, poi, con diverse argomentazioni l'apparente contrasto di tale opzione interpretativa con l'inderogabilità della competenza territoriale in tema di procedimenti cautelarisancita dall'art. 28 c.p.c.. In particolare, se alcuni non esitano a ritenere che tale regola è stata implicitamente abrogata a seguito dell'introduzione del procedimento cautelare uniforme (Olivieri, 699 ss.), altri sottolineano che, a prescindere dalla questione dell'abrogazione, attualmente l'unica regola di competenza per territorio avente carattere funzionale e quindi inderogabile è proprio quella sancita dall'art. 669-ter, comma 1, c.p.c., la quale individua per relationem, anche nelle ipotesi di deroga pattizia della stessa, la competenza cautelare rispetto a quella per il giudizio di merito (Merlin, 394).

Competenza cautelare in corso di causa

Ai sensi dell'art. 669-quater, comma 1, c.p.c. quando già pende la causa di merito la domanda cautelare deve essere proposta al giudice della stessa.

A tal fine è importante individuare il momento in cui può considerarsi pendente la causa di merito: pertanto, per il processo ordinario di cognizione occorre aver riguardo alla notifica dell'atto di citazione ovvero, per i riti speciali da ricorso, a quello del deposito dello stesso presso la cancelleria del giudice competente.

In linea di principio in corso di causa la competenza a decidere sull'istanza cautelare spetta ad un giudice monocratico, anche nell'ipotesi di controversia riservata alla decisione del collegio ex art. 50-bis c.p.c. e nonostante in concreto la causa sia stata già rimessa in decisione (App. Milano 29 giugno 2004, in Giur. Merito, 2006, n. 2, 352).

Tale orientamento si giustifica non solo perché coerente con le esigenze di speditezza processuali proprie dei procedimenti cautelari ma anche per l'espresso riferimento della lettera dell'art. 669-quater, comma 1, c.p.c., al “giudice” della causa di merito (Merlin, 395).

La regola della monocraticità del giudice deputato a trattare e decidere i ricorsi cautelari è derogata soltanto nei due casi in cui ciò avviene anche con riferimento alle domande cautelari proposte ante litem, ovvero nell'ipotesi di istanza proposta dinanzi alla Corte d'appello ed allo stesso giudice di primo grado tutte le volte che anche per il giudizio di fronte allo stesso la legge preveda una trattazione collegiale (Dalmotto, 1104 ss.).

Tuttavia la portata del primo comma dell'art. 669-quater c.p.c. non è del tutto cristallina, in quanto la disposizione lascia irrisolta una problematica interpretativa tradizionalmente di difficile risoluzione (ampiamente, Iannicelli, 745 ss.): è discusso, infatti, se il giudice dinanzi al quale pende la causa di merito è per ciò solo competente per il procedimento cautelare, sebbene incompetente in concreto nel merito ovvero se debba essere verificata la concreta competenza per il giudizio di merito.

Secondo una parte della dottrina il giudice istruttore sarebbe infatti privo di tale potere: talché, se la causa di merito pende dinanzi ad un giudice incompetente, allo stesso spetta ugualmente la competenza cautelare, la quale sarebbe radicata dalla disposizione in commento in relazione al semplice dato di fatto della pendenza della causa davanti ad un certo giudice (Consolo (- Luiso – Sassani) 1996, 592). Volendo ragionare diversamente, infatti, si finirebbe con l'attribuire al resistente un potente strumento per paralizzare per un periodo di tempo anche lungo, necessario a decidere funditus della questione di competenza, la pronuncia sull'istanza cautelare rischiando così di rendere del tutto vana la proposizione della stessa (Merlin 1996, 398 ss.). Principali corollari di tale orientamento sono: a) la competenza cautelare non può essere negata nell'ipotesi di incompetenza per il merito non più rilevabile; b) soprattutto, la competenza cautelare non può essere negata, e quindi la misura cautelare andrà concessa comunque in presenza dei relativi presupposti, anche nell'ipotesi di incompetenza ancora rilevabile (Consolo (- Luiso – Sassani) 1996, 592).

Altri autori hanno invece evidenziato che tale soluzione, da un lato, non è in linea con la lettera dell'art. 669-quater c.p.c., che fa riferimento al giudice della causa di merito e non allo stesso giudice già investito del merito, e, da un altro, consente alla parte di scegliersi, per il provvedimento cautelare, il giudice che più le aggrada, semplicemente mettendo in conto di pagare alla controparte le spese conseguenti alla dichiarazione di incompetenza (Luiso, 2015, IV, 167). Ne deriva che il giudice istruttore a seguito della proposizione dell'istanza cautelare dovrà accertare, sebbene in via di cognizione sommaria, la sussistenza della propria competenza, salva una diversa determinazione con la sentenza che definisce il giudizio nel merito (Guaglione 2006, 61).

Ricorso proposto durante il giudizio di impugnazione

L'art. 669-quater c.p.c. rimane invece silente in ordine al giudice deputato a conoscere delle istanze cautelari proposte nell'ambito dei giudizi di impugnazione.

Viene innanzitutto in rilievo l'ipotesi in cui il ricorso cautelare sia stato proposto nel corso del giudizio di appello, dinanzi al tribunale ovvero alla Corte d'appello. Nel primo caso, la permanente competenza del giudice monocratico ai fini della decisione nel merito dell'appello avverso le sentenze del giudice di pace induce a ritenere che anche del ricorso cautelare proposto in sede di gravame debba decidere un giudice monocratico. Nella diversa situazione nella quale il giudizio sia stato proposto dinanzi alla Corte d'appello, stante il disposto dell'art. 350 c.p.c., è consolidato l'orientamento secondo cui la competenza ad emanare le misure cautelari spetta al collegio e non al giudice singolo (cfr., tra le altre, App. Milano 19 gennaio 1995, in Foro it., 1995, I, 2254; analogamente, in dottrina, Recchioni 390).

In una prospettiva differente, autorevole dottrina ritiene, invece, che la lacuna normativa in tema di individuazione del giudice competente sull'istanza cautelare in sede di appello dovrebbe essere colmata applicando analogicamente l'ultimo comma dell'art. 351 c.p.c., conferendo al Presidente la facoltà di emanare provvedimenti inaudita altera parte soggetti a conferma, modifica o revoca da parte del collegio dopo l'udienza in camera di consiglio (Proto Pisani, 17).

Occorre per altro verso individuare il giudice competente a provvedere sulle istanza di tutela cautelare proposte nel corso del giudizio di cassazione.

É bene premettere che la circostanza per la quale esigenze di tutela cautelare possano sorgere anche nel corso del giudizio di legittimità è stata implicitamente confermata dalla Corte costituzionale, la quale ha dichiaratomanifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 383, 669-ter, quater, quinquies, c.p.c. nella parte in cui non consentirebbero di individuare il giudice competente a conoscere delle richieste cautelari durante la pendenza del giudizio di cassazione, evidenziando che tale individuazione è demandata ai giudici di merito, i quali possono effettuarla facendo ricorso agli ordinari strumenti ermeneutici. In concreto, tuttavia, la proposizione di domande cautelari nel corso del giudizio di legittimità è una circostanza difficilmente configurabile in quanto la relativa istanza, formulata dal soccombente in appello, dovrebbe avere ad oggetto i motivi che inficiano la legittimità della decisione ovvero, per il caso di istanza del vincitore, dovrebbe ipotizzarsi l'insorgere di un nuovo periculum in mora correlato alla illegittima sospensione della decisione di merito (Consolo (- Luiso – Sassani) 1996, 598).

Peraltro, appare prevalente l'orientamento volto a negare che la Corte di cassazione disponga di poteri cautelari, in quanto si tratta di un organo istituzionalmente preposto soprattutto allo svolgimento della propria funzione nomofilattica e per questo strutturalmente inidoneo allo svolgimento di ogni attività istruttoria e, più in generale, deputata all'accertamento dei fatti (Attardi 1991, 234). Di conseguenza, anche in armonia con quanto previsto dall'art. 373 c.p.c. per le inibitorie (Merlin 1996, 397), si può affermare che le domande cautelari vanno proposte, nel corso del giudizio di legittimità, al giudice che ha emanato la sentenza impugnata (App. Genova 11 luglio 1997, in Giur. Merito, 1998, 8).

Competenza sul merito del giudice di pace

La regola generale della coincidenza tra giudice della cautela e giudice del merito ha alcune significative eccezioni, talvolta sancite dallo stesso art. 669-ter c.p.c., talaltra desumibili da diverse disposizioni normative.

In primo luogo, a norma del secondo comma dell'art. 669-ter c.p.c., quando competente per il merito è il giudice di pace, la domanda cautelare, sia ante causam sia in corso di causa, si propone al tribunale del luogo nel quale ha sede il giudice di pace che dovrà essere adito per il merito.

Tale regola dipende dall'assenza nel nostro sistema processuale di una potestà giurisdizionale cautelare in capo ai giudici di pace, e più in generale ai giudici onorari, correlata alla sfiducia nutrita dal legislatore verso i giudici non togati soprattutto per le minori garanzie di indipendenza che gli stessi possono assicurare (sulla legittimità di tale scelta del legislatore ordinario, Corte cost., 14 marzo 1997, n. 63, in Giur. Cost., 1997, 662).

Secondo alcuni, i giudici di pace, sebbene privi del potere di concedere misure cautelari, possano comunque revocare e/o modificare le stesse o dichiararne l'inefficacia: tale interpretazione, invero, renderebbe del tutto irrazionale l'assenza di una competenza cautelare in capo al giudice di pace, il quale sarebbe comunque munito di poteri cautelari.

Competenza sul merito del giudice straniero

Specifiche regole sono poi dettate anche per la competenza cautelare, sia ante causam che in corso di causa, quando competente per il merito è un giudice straniero: in tal caso, la domanda cautelare va proposta al giudice competente per materia o valore del luogo nel quale deve essere eseguito il provvedimento cautelare. Tale criterio appare condivisibile, poiché il collegamento con il luogo di esecuzione della misura cautelare consente di evitare i problemi pratici che potrebbero sorgere, nell'ipotesi considerata, ove si volessero applicare le regole poste dagli artt. 18 ss. c.p.c. (cfr. Raiti, 768 ss.).

Atteso ciò sotto un profilo generale, sorgono nondimeno talune problematiche interpretative con riferimento al criterio di collegamento della competenza cautelare per le ipotesi in cui la giurisdizione nel merito appartenga ad un giudice straniero.

Con riferimento alla competenza cautelare ante causam si è osservato, infatti, che non è sufficiente per il ricorrente affermare che sussiste la giurisdizione del giudice straniero piuttosto che quella del giudice italiano e che quindi l'istanza è proposta dinanzi al giudice del luogo di esecuzione della misura: occorrerà infatti una verifica da parte del giudice adito in ordine alla sussistenza in astratto della giurisdizione cautelare italiana (cfr. Merlin, 400, la quale sottolinea che tale esigenza nuova legge perché prima l. n. 218/1995 più agevolmente la giurisdizione del giudice straniero era ancorata al criterio della nazionalità del convenuto).

Competenza cautelare ed arbitrato

Ai sensi dell'art. 669-quinquies c.p.c. se la controversia è oggetto di clausola compromissoria o è compromessa in arbitri, anche non rituali, o se è pendente il giudizio arbitrale, la domanda si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito.

La disposizione si ricollega al divieto per gli arbitri di emanare provvedimenti cautelari, sancito dall'art. 818 c.p.c.: tale regola, in quanto espressione di una risalente concezione tendente a negare a soggetti diversi dai giudici togati il potere di emanare provvedimenti suscettibili di immediata attuazione coattiva, è stata aspramente criticata da una parte della dottrina (Carpi 1990, 1259).

É discusso se l'indicazione nella clausola compromissoria di una sede dell'arbitrato diversa da quella del foro del giudice che sarebbe stato competente in mancanza della stessa a conoscere della controversia costituisca una convenzione di deroga alla competenza territoriale ai sensi dell'art. 28 c.p.c..

La tesi sfavorevole ad attribuire la valenza di accordo di deroga della competenza territoriale alla sede dell'arbitrato, è stata avallata anche dalla giurisprudenza di merito all'interno della quale si è affermato che la previsione nella clausola compromissoria che l'arbitrato avrà sede in un determinato luogo non configura un accordo sulla competenza territoriale ex art. 28 c.p.c. e pertanto, poiché - come indicato dall'art. 669-quinquies c.p.c. - occorre fare astrazione dalla clausola compromissoria il giudice competente per i fini cautelari deve essere determinato come se tale clausola non fosse stata apposta e non sussiste la competenza cautelare del giudice indicata al solo fine dello svolgimento dell'arbitrato (Trib. Napoli, 5 maggio 2001, in Dir. industriale, 2002, 31, con note di Peroni e Giunchino; contra, prima dell'emanazione della l. n. 353/1990, Trib. Milano, 13 giugno 1988, in Nuova giur. civ. comm., 1988, 575).

L'art. 669-quinquies c.p.c. tace in ordine alla questione del giudice competente a conoscere dell'istanza cautelare proposta in pendenza dei termini per impugnare il lodo arbitrale.

La possibilità di domandare tutela cautelare al giudice competente per il merito una volta stipulata una clausola compromissoria per arbitrato irrituale ovvero nel corso di tale procedimento, è stata invece riconosciuta expressis verbis dal legislatore soltanto in sede di modifica del testo dell'art. 669-quinquies con la l. 14 maggio 2005, n. 80.

La riforma, peraltro, lascia aperti alcuni problemi interpretativi derivanti dalla necessità di coordinare il principio della compatibilità tra arbitrato irrituale e tutela cautelare con la natura strumentale, anche sotto il profilo strutturale, dei provvedimenti cautelari di carattere conservativo. In effetti, già prima del richiamato intervento del legislatore sull'art. 669-quinquies c.p.c., la dottrina che propendeva per la compatibilità tra arbitrato libero e tutela cautelare si era domandata anche come assicurare in questi casi il rispetto della regola, posta dall'art. 669-octies, per la quale, concessa una misura cautelare ante litem va poi dato inizio, a pena di inefficacia della stessa, al giudizio di merito entro un determinato termine.

Le soluzioni erano state articolate. In particolare, in accordo con un primo orientamento, la concessione della tutela cautelare avrebbe travolto il patto compromissorio, con la conseguente necessità di instaurare la causa dinanzi al giudice ordinario (Arieta, 744 ss.). Per la dottrina dominante, nel termine previsto per l'instaurazione del giudizio di merito a pena di inefficacia della misura cautelare le parti sarebbero state onerate di proporre la domanda di arbitrato irrituale (Sassani 710 ss.).

Più complesso è il problema del coordinamento dell'odierno art. 669-quinquies c.p.c., nella parte in cui riconosce la possibilità di domandare tutela cautelare anche nell'ipotesi di sottoscrizione di un patto compromissorio per arbitrato irrituale, con l'art. 669-novies, comma 4, c.p.c.,il quale equipara la sentenza al lodo arbitrale, nell'ipotesi di conclusione dell'arbitrato irrituale con una pronuncia favorevole alla parte che aveva ottenuto la cautela poiché il lodo irrituale ha valore di determinazione negoziale di per sé insuscettibile di exequatur (Saletti, 62).Secondo alcuni deve ritenersi che la misura cautelare sopravviva al lodo, fermo restando che, qualora si tratti di misura conservativa e quindi a strumentalità forte, nel termine di sessanta giorni di cui all'art. 669-octies, comma 1, la parte beneficiaria della stessa sarebbe onerata di agire in sede giudiziale per l'adempimento (v. già Trib. Civitavecchia 11 marzo 2005, in Corr. Merito, 2005, 514).

Riferimenti
  • Attardi, Le nuove disposizioni sul processo civile, Padova 1991;
  • Capponi, Note in tema di rapporti tra competenza e merito, Torino 1997;
  • Carpi, I procedimenti cautelari e l'esecuzione forzata nel disegno di legge per la riforma urgente del c.p.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 1990, 1255 ss;
  • Vaccarella – Capponi – Cecchella, Il processo civile dopo le riforme, Torino 1992;
  • Consolo – Luiso – Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Milano 1996;
  • Dalmotto, Eccezioni alla monocraticità cautelare del tribunale e competenza per il reclamo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1997, 1104 ss;
  • Guaglione, Il processo cautelare, Napoli 2006;
  • Iannicelli, Domanda cautelare in corso di causa ed incompetenza del giudice del merito, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, n. 3, 745;
  • Luiso, Diritto processuale civile, IV, Milano 2015;
  • Merlin, Procedimenti cautelari ed urgenti in generale, in Dig., disc. priv., sez. civ., 1996, 402;
  • Montesano – Arieta, Il nuovo processo civile, Torino1991;
  • Olivieri, I provvedimenti cautelari nel nuovo processo civile, in Riv. dir. proc., 1991, 688;
  • Proto Pisani, Procedimenti cautelari, E.G.I., XXIV, Roma, 1991, 23;
  • Raiti, Competenza cautelare italiana e giudizio civile straniero dopo la legge 353/90, in Riv. dir. proc., 1993, 768 ss;
  • Simonelli, Inderogabilità convenzionale della competenza territoriale nei procedimenti cautelari ante causam, in Giust. Civ., 1996, n. 5, 1487;
  • Verde, Appunti sul procedimento cautelare, in Foro it., 1992, V, 438.