Dichiarazione di contenimento del valore

Mauro Di Marzio
15 Dicembre 2020

La c.d. "clausola di contenimento": profili processuali ed effetti.
Inquadramento

L'art. 10 comma 1 c.p.c. pone la regola generale secondo cui il valore della causa, ai fini della determinazione della relativa competenza (e cioè, oggi, essenzialmente per i fini del riparto verticale tra giudice di pace e tribunale) si determina in base alla domanda come proposta, indipendentemente, cioè, dalla sua fondatezza e dall'oggetto dell'accertamento che il giudice deve compiere quale antecedente logico della decisione sul fondamento della domanda (Cass. civ., 14 maggio 2004, n. 9251; Cass. civ., 21 gennaio 2005, n. 1338).

In particolare, alla regola secondo cui la competenza si determina dalla domanda — regola che trova successiva specificazione negli artt. 11 e ss. c.p.c. — si attribuisce valenza generale, sia in dottrina (Gionfrida, 46; Levoni, 110; Segrè, 107) che in giurisprudenza (Cass. civ., 26 marzo 2014, n. 7182; Cass. civ., 17 maggio 2007, n. 11415; Cass. civ., 1 dicembre 2000, n. 15367) sicché essa è ritenuta applicabile anche agli altri criteri di individuazione della competenza.

Il comma 2 soggiunge poi che, nel computo del valore, occorre sommare le domande proposte nello stesso processo contro la medesima parte ed occorre altresì calcolare gli interessi, le spese e i danni già maturati.

L'attore, tuttavia, può, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza, impedire che il cumulo di domande faccia scattare l'incompetenza del giudice adito: ciò attraverso la c.d. riserva di contenimento, o clausola di contenimento, consistente nella espressa dichiarazione, inserita nell'atto introduttivo del giudizio, di volere contenere il petitum nei limiti di competenza del giudice adito. E cioè, il principio del cumulo di domande ex art. 10 c.p.c., non determina uno spostamento della competenza dal giudice adito al giudice superiore ove l'attore dichiari di voler contenere l'intero petitum nei limiti di competenza del giudice adito (tra le tante Cass. civ., 8 ottobre 1997, n. 9779; Cass. civ., 22 giugno 1996, n. 5785).

Il cumulo di domande

L'art. 10 comma 2 c.p.c., come accennato, regola il cumulo di domande, cumulo che ricorre se più domande sono proposte da una parte contro un'altra nel medesimo processo. Cumulo dei valori — precisa la dottrina, sulla stessa lunghezza d'onda della giurisprudenza — che non è escluso dalla diversità del titolo giuridico sul quale si fondano le diverse domande congiuntamente proposte (Gionfrida, 63; Cass. civ., 16 gennaio 1976, n. 151). Ad esempio, nel caso in cui, unitamente ad una domanda di valore determinato ed inferiore al limite della competenza del giudice adìto, venga proposta contro lo stesso convenuto una domanda di valore indeterminato, trova applicazione la disciplina del cumulo ex art. 10 comma 2 c.p.c., con conseguente spostamento della competenza al giudice superiore, salvo che l'attore abbia dichiarato, in modo inequivoco, di voler contenere il valore della seconda domanda entro detto limite (Cass. civ., 20 giugno 2019, n. 16635: concernente cumulo di una domanda volta alla consegna di quattro assegni circolari, di importo contenuto entro la competenza per valore del giudice di pace, ovvero al pagamento dell'equivalente monetario, e di una domanda di risarcimento del danno in misura da determinarsi).

Non dà luogo a cumulo, ai fini dell'applicazione dell'art. 10 c.p.c.:

i) il caso del litisconsorzio facoltativo determinato dalla connessione delle domande proposte contro più convenuti, ai sensi dell'art. 103 c.p.c.: è perciò da escludere, ad esempio, il cumulo tra la domanda di annullamento di una delibera assembleare (proposta contro il condominio) e quella di risarcimento dei danni proposta in proprio contro l'amministratore (Cass. civ., 20 luglio 1999, n. 7757);

ii) il caso, da ricondurre allo stesso art. 103 c.p.c., di più attori che propongano la medesima domanda nei confronti dell'unico convenuto (Cass. civ., 12 ottobre 1998, n. 10081; Cass. civ., 10 febbraio 1990, n. 974; in dottrina la soluzione è condivisa da Gionfrida, 63; Segrè, 150; contra D'Onofrio, Commento al codice di procedura civile, I, Torino, 1953, 61) sicché anche di recente è stato ribadito che il cumulo delle domande, stabilito agli effetti della competenza per valore dall'art. 10 comma 2 c.p.c. riguarda solo le domande proposte tra le stesse parti e non si riferisce all'ipotesi di domande proposte nei confronti dello stesso soggetto da diversi soggetti processuali, in ipotesi di litisconsorzio facoltativo disciplinato dall'art. 103 c.p.c., nel qual caso, non richiamando detta ultima norma l'art. 10 comma 2 c.p.c., la competenza si determina in base al valore di ogni singola domanda (Cass. civ., 6 febbraio 2017, n. 3107);

iii) il caso della riunione di cause (artt. 273 e 274 c.p.c.), poiché ciascuno dei singoli procedimenti mantiene la propria individualità nonostante l'intervenuta riunione e la competenza per valore deve essere stabilita verificando il valore di ciascuna domanda (Cass. civ., 6 aprile 2000, n. 4325; Cass. civ., 1 aprile 2003, n. 4960);

iv) il caso di pluralità di voci che configurino elementi e specificazioni della medesima domanda e, in particolare, delle varie componenti di una pretesa risarcitoria, quali, danno biologico, danno morale, danno da riduzione della capacità lavorativa specifica, danno da lucro cessante, nonché i relativi interessi e rivalutazione (Cass. civ., n. 1425/1999);

v) il caso di cumulo di domande alternativo o subordinato (la domanda alternativa o subordinata è condizionata al rigetto della principale) si considera solo la domanda di maggior valore (Cass. civ., 24 ottobre 1983, n. 6236; in dottrina Segrè, 147);

vi) il caso di più domande una delle quali devoluta alla competenza per materia del giudice adito; in particolare, qualora nei confronti della stessa parte siano proposte più domande, anche solo soggettivamente connesse, alcune rientranti nella competenza per valore del giudice di pace, altre in quella per materia del tribunale, l'organo giudiziario superiore è competente a conoscere dell'intera controversia, in applicazione degli artt. 10 comma 2 e 104 c.p.c., sempre che l'ufficio del giudice di pace competente per valore ricada nel circondario del tribunale del giudice dell'esecuzione (Cass. civ., 8 agosto 2014, n. 17843);

vii) il caso della proposizione della domanda riconvenzionale; in tal senso la dottrina (Gionfrida, 63; Segrè, 152) concorda con la giurisprudenza, la quale osserva che la regola del cumulo delle domande riguarda solo quelle proposte contro la stessa parte (Cass. civ., 5 settembre 2006, n. 19065).

La clausola di contenimento

L'attore, come accennato, può impedire di dar luogo all'incompetenza del giudice adito attraverso la c.d. riserva di contenimento, o clausola di contenimento, cioè dichiarando espressamente nell'atto introduttivo del giudizio, e cioè in modo non equivoco (Cass. civ., 29 maggio 1998, n. 5343), di volere contenere il petitum nei limiti di competenza del giudice adito.

In linea di principio detta clausola trova applicazione in ipotesi di cumulo di una domanda di valore determinato con una di valore indeterminato, ovvero di cumulo di due o più domande di valore indeterminato: viceversa non avrebbe evidentemente senso l'apposizione della clausola di contenimento in caso di proposizione di due o più domande di valore determinato le quali, sommate tra loro (si immagini il caso di una domanda rivolta al giudice di pace di pagamento somma di € 5000 cumulata ad una domanda di risarcimento danni di ulteriori € 5000), esorbitino dai limiti della competenza per valore del giudice adito.

Il principio opera anche in caso di cumulo di domande, come si suole dire nella pratica, di pagamento somma, sebbene l'art. 14 c.p.c. stabilisca che, in mancanza di determinazione del valore, la domanda si presume di competenza del giudice adito, i.e. si considera proposta per somma corrispondente al limite massimo della competenza per valore del giudice adito. Sicché, ove l'attore proponga davanti al giudice di pace più domande relative a somme di danaro senza indicarne il valore, non si ha superamento della competenza del giudice adito a norma dell'art. 14 comma 1 e 10 comma 2 c.p.c., quando la parte abbia dichiarato di volere contenere il complessivo valore della domanda nell'ambito della competenza di quel giudice (Cass. civ., 20 settembre 1995, n. 9945, riferita al conciliatore e al pretore).

La dichiarazione determina dunque la proporzionale riduzione dei petita riferiti alle domande di valore indeterminato, fino a che la loro somma non superi la differenza fra detto limite ed il quantum della domanda di valore determinato.

In evidenza

La parte, come può chiedere la condanna del debitore ad un dare o ad un facere o non facere minore di quanto sarebbe suo diritto esigere, quantificando esattamente la sua pretesa ridotta, così può contenere genericamente il petitum nel limite massimo della competenza per valore del giudice adito nel caso in cui abbia proposto una pluralità di domande che siano cumulabili fra loro ai fini della determinazione della competenza per valore, ben potendo esse trovare accoglimento nel limite della competenza del giudice adito mediante una proporzionale riduzione dei valori eccedenti tale limite (Cass. civ., 23 ottobre 1991, n. 11211).

Effetti della clausola di contenimento sul merito

In particolare, in caso di proposizione cumulativa di più domande, qualora l'attore abbia dichiarato di voler limitare complessivamente le domande nell'ambito della competenza per valore del giudice adito (cosiddetta «clausola di contenimento»), tale limitazione ha effetto non solo ai fini dell'individuazione del giudice competente per valore ma, nel caso del giudice di pace, anche in relazione alla scelta del criterio di decisione e, in ogni caso, anche in relazione al merito, con la conseguenza che è viziata da ultra-petizione la sentenza che, accogliendo la domanda, vada oltre il limite indicato con la clausola di contenimento (Cass. civ., 5 settembre 2011, n. 18100; Cass.civ., 11 dicembre 2003, n. 18942; per il cumulo della domanda di risarcimento dei danni e di quella di riconoscimento degli interessi e della rivalutazione monetaria v. Cass. civ., 8 marzo 1996, n. 1850).

Anche in tempi più recenti è stato ribadito che in caso di proposizione di domanda risarcitoria, qualora l'attore abbia introdotto l'azione dinanzi al pretore dichiarando di voler contenere la domanda nell'ambito della competenza per valore del giudice adito, tale limitazione ha effetto non solo ai fini dell'individuazione del giudice competente per valore ma anche in relazione al merito, sicché è viziata da ultra-petizione la sentenza che, accogliendo la domanda, vada oltre il limite indicato con la clausola di contenimento, a nulla rilevando la soppressione degli uffici pretorili intervenuta nel corso del giudizio (Cass. civ.,18 novembre 2015, n. 23640).

Formulazione della clausola

In caso di cumulo, perché la clausola di contenimento dispieghi i suoi effetti, occorre che essa sia riferita all'insieme delle domande cumulate. Diversamente, la clausola o riserva di contenimento riferita esclusivamente ad una sola delle domande proposte cumulativamente non vale ad evitare il superamento di competenza in questione, in quanto ciascuna di esse si presume, ai sensi dell'art. 14 c.p.c., di valore corrispondente al limite massimo della competenza del giudice adito, sicché il cumulo ne comporta necessariamente il superamento dei limiti di valore (Cass. civ., 10 dicembre 2001, n. 15571).

In tale prospettiva, nel caso di cumulo della domanda, proposta davanti all'allora pretore, di risarcimento del danno di cui non sia specificato l'ammontare, con altra domanda, in specie di negatoria servitutis, la dichiarazione dell'attore di voler contenere la sola domanda di danni nei limiti della competenza del giudice adito impedisce di ritenere operante la proporzionale riduzione della domanda risarcitoria nell'ambito della differenza del limite massimo della competenza del giudice adito e l'ammontare della domanda di valore determinato (Cass. civ., 18 agosto 1998, n. 8157).

Momento di apposizione della clausola

La clausola di contenimento di regola è apposta nell'atto introduttivo del giudizio. Secondo diverse pronunce, tuttavia, essa assume rilievo anche se apposta in corso di causa. E cioè, seppure la domanda, ai fini della competenza, deve essere valutata nel suo contenuto al momento in cui è proposta, ai sensi dell'art. 5 c.p.c., ciò va riferito solo al mutamento delle circostanze inerenti ai presupposti di fatto per la determinazione della competenza, quali le modifiche relative alla sussistenza dell'oggetto della controversia, ma non anche all'influenza che possono avere sulla competenza medesima la proposizione di eccezioni da parte del convenuto ovvero le modificazioni o le specificazioni da parte dell'attore, per le quali va ricondotta la precisazione espressa, fatta - come nella specie - nel corso del giudizio, che le domande originariamente formulate in maniera indeterminata si intendevano complessivamente contenute nei limiti di competenza del giudice adito (Cass. civ., 11 dicembre 1992, n. 13110; Cass. civ., 18 marzo 1981, n. 1608; Cass. civ., 13 dicembre 1983, n. 7346). In realtà — occorre precisare — quest'indirizzo giurisprudenziale ha ormai perso di rilievo, dacché l'art. 38 c.p.c. pone una barriera preclusiva al rilievo dell'incompetenza per valore fissata per il convenuto al deposito tempestivo della comparsa di costituzione e per il giudice all'udienza di cui all'art. 183 c.p.c.

Mancata riproposizione alla precisazione delle conclusioni

Pronunce giurisprudenziali di segno diverso si rinvengono riguardo alla questione della mancata riproposizione della clausola di contenimento al momento della precisazione delle conclusioni.

Secondo un datato indirizzo, se l'attore, nelle conclusioni finali, modifica la domanda originaria e, non riproducendo la formula di contenimento del petitum nei limiti della competenza del giudice adito, chiede la condanna del convenuto al pagamento di una somma, al risarcimento del danno da svalutazione monetaria e agli interessi legali, tal che l'importo complessivo, calcolato, a norma dell'art. 10 c.p.c., in base al deductum, superi la competenza per valore del giudice adito, quest'ultimo deve dichiarare la propria incompetenza, senza che l'originaria clausola di contenimento possa implicare rinuncia a successive pretese derivanti dallo stesso titolo (Cass. civ., 4 aprile 1987, n. 3274; Cass. civ., 19 giugno 1984, n. 3631; Cass. civ., 9 gennaio 1984, n. 144).

In effetti, però, la soluzione non si armonizza in pieno con un altro principio testé citato secondo cui la clausola di contenimento opera anche con riguardo alla pronuncia di merito.

In evidenza

In altre occasioni, è stato affermato che la clausola di contenimento non solo impedisce lo spostamento della competenza al giudice superiore, ma diviene vincolante anche agli effetti del merito, anche ove non reiterata in sede di precisazione delle conclusioni (Cass. civ., 6 luglio 2010, n. 15853).

Operatività della competenza per materia

La clausola di contenimento, naturalmente, in tanto può operare, in quanto si versi in ipotesi di competenza per valore, e non di competenza per materia.

Così, ad esempio, la competenza sulla domanda del proprietario del fondo servente per il pagamento del compenso dovuto dal proprietario del fondo dominante per le spese di amministrazione di una servitù di passaggio, anche se contenuta entro i limiti della competenza per valore del giudice di pace, non appartiene alla competenza di quest'ultimo, bensì del tribunale, qualora sia dal convenuto introdotta come oggetto del giudizio la questione dell'esistenza e validità dell'atto costitutivo della servitù che il suddetto compenso abbia stabilito. In tale caso, infatti, non si è in presenza di rapporti giuridici distinti ed eterogenei, bensì di un complesso rapporto unitario, nel quale il giudicato si forma su tutto ciò che ha costituito oggetto di decisione, ivi compreso l'antecedente logico che integra un presupposto essenziale della medesima (Cass. civ., 14 ottobre 2010, n. 21232).

Cumulo di domande di pagamento somma e di condanna ad un facere

Nel caso in cui vengano proposte, cumulativamente, dinanzi al giudice di pace una domanda di condanna al pagamento di una somma di denaro, inferiore al limite massimo di competenza per valore del giudice adito, ed una domanda di condanna ad un facere, per la quale non sia indicato alcun valore, quest'ultima deve ritenersi di valore corrispondente al suddetto limite massimo, sicché il cumulo delle due domande comporta il superamento della competenza per valore del giudice di pace (Cass. civ., 29 maggio 2015, n. 11287, pronunciata in un caso in cui l'attore aveva chiesto condanna del convenuto al pagamento di una somma indicata dal CTU in una precedente fase di accertamento tecnico preventivo, quantificata in € 2.500, nonché all'esecuzione delle opere di ripristino necessarie sul lastrico solare del suo immobile; Cass. civ., 15 giugno 2020, n. 11460, che, adita in sede di regolamento di competenza, ha affermato la competenza per valore del Tribunale, con riguardo alla causa in cui il cliente di una compagnia telefonica aveva chiesto la condanna di quest'ultima, da un lato, alla restituzione di una somma di denaro quale conseguenza della cessazione del rapporto, e dall'altro al facere consistente nel completamento della procedura di migrazione ad altro gestore; Cass. civ., 16 ottobre 2008, n. 25257, concernente la domanda volta a dichiarare l'illegittimità di un addebito operato da un gestore telefonico «nelle bollette emesse nei confronti dell'attore con la causale spese di “spedizione della fattura”» e, conseguentemente, la richiesta di condannare lo stesso gestore telefonico «al pagamento, in favore dell'istante, della somma di Euro 22,32 salva differente cifra che l'Ill.mo Sig. Giudicante riterrà di Giustizia o, in subordine, al pagamento della somma di euro 0,37 - di cui alla fattura allegata -, oltre interessi al saldo; la richiesta di condannare la medesima società a non reiterare ulteriormente la richiesta di tale addebito»).

Cumulo di domanda risarcitoria con domanda di interessi e rivalutazione

In generale, ove con la domanda di risarcimento del danno, di cui non sia specificato l'ammontare, si richieda anche la rivalutazione e gli interessi già maturati, il corrispondente importo va sommato a norma del secondo comma dell'art. 10 c.p.c. al valore del risarcimento, che deve ritenersi chiesto per il valore massimo di competenza del giudice adito (art. 14 comma 1 c.p.c.), con la conseguenza che la domanda, proposta al giudice inferiore senza una clausola che ne contenga l'importo complessivo nei limiti della sua competenza, deve essere considerata avente un valore che supera tale competenza e, pertanto, attribuita al giudice superiore (Cass. civ., 17 marzo 1990, n. 2227).

Tuttavia, ancora una volta, qualora l'attore proponga domanda di risarcimento dei danni, cumulandola con quella di riconoscimento degli interessi e della rivalutazione monetaria, non si determina lo spostamento della causa al giudice superiore qualora egli dichiari, in modo inequivoco, di voler contenere l'intero petitum nel limite della competenza del giudice adito, con la conseguenza che la clausola di contenimento entro il detto limite diviene vincolante anche agli effetti del merito, sebbene non reiterata in sede di precisazione delle conclusioni (Cass. civ., 6 luglio 2010, n. 15853).

Nel caso di proposizione al giudice di pace di una domanda spiegata per importo pari al limite massimo della sua competenza per valore, oltre gli interessi e la rivalutazione «dal dovuto al saldo», con la precisazione del contenimento della domanda entro i limiti della competenza dello stesso, la S.C. ha interpretato tale espressione nel senso che le voci accessorie dovessero decorrere dal tempo successivo alla proposizione della domanda, con la conseguenza che le stesse non dovessero sommarsi con la sorte capitale (Cass. civ., 6 aprile 2001, n. 5179).

Riferimenti
  • Gionfrida, Competenza in materia civile, in Enc. dir., VIII, Milano, 1961, 46;
  • Levoni, Competenza nel diritto processuale civile, in Dig. civ., III, Torino, 1988, 110;
  • Segrè, Della competenza per materia e valore, in Comm. c.p.c. Allorio, I, 1, Torino, 1973.

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