Costituzione del terzo

Giuseppe Buffone
07 Luglio 2023

Le modalità di accesso del terzo nel procedimento civile pendente tra altri sono disciplinate dagli artt. 267 e ss. c.p.c., come modificati dal d.lgs. n. 149/2022 (cd. Riforma Cartabia), che, come regola di diritto transitorio generale, prevede l'applicabilità ai procedimenti instaurati dalla data del 1° marzo 2023.
Inquadramento

Il procedimento civile è permeabile all'ingresso di terzi, quanto a dire alla estensione della lite a soggetti diversi dalle parti originarie (parte attrice e parte convenuta).

Una prima ipotesi di ampliamento del processo, in senso soggettivo, è quella dell'intervento volontario (art. 105 c.p.c.): ciascuno, infatti, può intervenire in un processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo.

È anche ammesso un intervento cd. ad adiuvandum, ossia per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando il terzo vi ha un proprio interesse.

Il codice di rito regola anche l'intervento su istanza di parte e quello per ordine del giudice: ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita (art. 106 c.p.c.). In ogni caso il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un terzo al quale la causa è comune, ne ordina l'intervento (art. 107 c.p.c.).

Nel giudizio d'appello è ammesso soltanto l'intervento dei terzi che potrebbero proporre opposizione a norma dell'art. 404 c.p.c. (v. art. 344 c.p.c.).

Le modalità di accesso del terzo nel procedimento civile pendente tra altri sono disciplinate dagli artt. 267 e ss c.p.c., come modificati dal d.lgs. n. 149/2022 (cd. Riforma Cartabia), che, come regola di diritto transitorio generale, prevede l'applicabilità ai procedimenti instaurati dalla data del 1° marzo 2023 (Art. 35, d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. n. 197/2022).

Costituzione del terzo chiamato

Il terzo, vocatus in iudicium, assume la medesima posizione, definita in dottrina di «convenuto in seconda battuta», di chi è stato già citato in giudizio. Da qui l'introduzione di una disciplina positiva per la costituzione in giudizio che ricalca le modalità previste per il convenuto.

La costituzione del terzo chiamato è regolata dall'art. 271 c.p.c., nella versione risultante dalla riscrittura ad opera della già ricordata Riforma Cartabia: in virtù di questa norma, al terzo si applicano, con riferimento all'udienza per la quale è citato, le disposizioni degli artt. 166, 167, primo comma e 171-ter c.p.c. le quali, rispettivamente, disciplinano le modalità di costituzione in giudizio del convenuto ed il contenuto della comparsa di risposta.

Non è invece richiamato il comma 2 del citato art. 167, ai sensi del quale il convenuto deve proporre a pena di decadenza le eventuali domande riconvenzionali. Questa omissione consentirebbe al terzo di poter proporre domande riconvenzionali anche costituendosi oltre i termini assegnatigli, potendo così ampliare il thema decidendum senza alcuna preclusione processuale, con vulnus al principio di immediatezza e concentrazione del processo.

Così, però, non è: la Corte Costituzionale ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 271 c.p.c., nella parte in cui non prevede per il terzo chiamato in causa l'applicazione dell'art. 167, comma 2, del medesimo codice (C. cost., 23 luglio 1997 n. 260) per la irragionevole disparità di trattamento che essa determina fra le parti chiamate in giudizio, in contrasto con lo spirito informatore delle nuove disposizioni processuali civili.

Per effetto dell'intervento della Consulta il terzo, a pena di decadenza, deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio entro il termine assegnatogli.

Se intende chiamare a sua volta in causa un terzo, deve farne dichiarazione a pena di decadenza nella comparsa di risposta ed essere poi autorizzato dal giudice ai sensi del comma 3 dell'art. 269 c.p.c.

Costituzione del terzo interventore

L'intervento spontaneo del terzo può aver luogo sino al momento in cui il giudice fissa l'udienza di rimessione della causa in decisione (art. 268 c.p.c.) ma il terzo «non può compiere atti che al momento dell'intervento non sono più consentiti ad alcuna altra parte, salvo che comparisca volontariamente per l'integrazione necessaria del contraddittorio».

Per intervenire nel processo a norma dell'art. 105 c.p.c., il terzo deve costituirsi depositando una comparsa formata a norma dell'art. 167 con i documenti e la procura (art. 267 c.p.c.). Non è più prevista l'ipotesi ammessa dalla precedente versione dell'art. 267 c.p.c. ossia la costituzione in udienza (ove il contradditorio era posticipato, nei confronti delle parti costituite, alla data della comunicazione effettuata dal cancelliere.

Se la parte è rimasta contumace, infine, la costituzione del contraddittorio si realizza all'atto della notifica della comparsa di intervento contenente la domanda ex art. 292 c.p.c. (Cass. civ., sez. I, 25 settembre 2014 n. 20297).

La giurisprudenza ha chiarito che la preclusione sancita dall'art. 268 c.p.c. non si estende all'attività assertiva del volontario interveniente, configurandosi solo l'obbligo, per l'interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie (Cass. civ., sez. I, 22 dicembre 2015 n. 25798).

In buona sostanza, l'art. 268, comma 2, c.p.c., obbliga il terzo che intervenga in un processo già iniziato a parteciparvi "rebus sic stantibus", senza poter incidere sullo sviluppo delle fasi processuali e ciò con una scelta del legislatore che la giurisprudenza reputa non costituisca ostacolo alla tutela effettiva del suo diritto, essendogli consentito di far valere le proprie ragioni, in condizione di piena eguaglianza con le altre parti, mediante la proposizione di un autonomo giudizio o dell'opposizione ex art. 404 c.p.c. (V. Cass. civ., 5 ottobre 2018 n. 24529 che giudica manifestamente infondata la proposta eccezione di incostituzionalità).

Applicazioni dell'istituto

In tema di intervento volontario, principale o litisconsortile, la preclusione per il terzo interveniente, di compiere atti che, al momento dell'intervento, non sono più consentiti ad alcuna parte, contenuta nell'art. 268, comma 2, c.p.c., opera esclusivamente sul piano istruttorio, non anche su quello assertivo, e deve ritenersi riferita sia alle prove costituende, sia alle prove documentali, valendo per entrambi tali tipi di prova le preclusioni istruttorie per le altre parti; di talché non è ammessa la tardiva produzione documentale volta a comprovare la legittimazione ad agire dell'interveniente, in quanto la controparte sarebbe privata della possibilità di fornire la relativa prova contraria (Cass. civ., 9 maggio 2023 n. 12463).

Preclusioni

Il terzo, che intende intervenire nel giudizio, deve costituirsi con la comparsa prevista dall'art. 267 c.p.c., che può presentare in udienza o depositare in cancelleria. Nella prima ipotesi il contraddittorio con le parti si instaura immediatamente nella stessa udienza di costituzione dell'interventore volontario; nella seconda, il momento della costituzione del contraddittorio è posticipato, nei confronti delle parti costituite, alla data della comunicazione effettuata dal cancelliere ai sensi del secondo comma dell'art. 267 sopracitato, ovvero, mancando tale comunicazione, nell'udienza già fissata; nei confronti delle parti contumaci, all'atto della notifica della comparsa d'intervento contenente la domanda contro la stessa proposta (Cass. civ., sez. I, 3 aprile 1995 n. 3905).

In caso di domanda proposta dall'interventore volontario, l'effetto interruttivo della prescrizione si verifica diversamente a seconda che la sua costituzione abbia luogo mediante la presentazione della relativa comparsa in udienza oppure con il deposito della stessa in cancelleria, atteso che, nel primo caso, il destinatario della domanda, che risulti costituito in giudizio, ne viene immediatamente a conoscenza, sicchè il contatto tra le parti si crea nella stessa udienza di costituzione, mentre nel secondo tale contatto è posticipato alla data della comunicazione effettuata dal cancelliere ai sensi dell'art. 267, comma 2, c.p.c., ovvero, in mancanza, all'udienza successiva, nella quale il destinatario ha conoscenza dell'intervento; qualora, poi, la parte sia rimasta contumace, infine, il predetto effetto si realizza all'atto della notifica della comparsa di intervento contenente la domanda (Cass. civ., sez. I, 25 settembre 2014 n. 20297).

Intervento del terzo e contraddittorio

Modalità della costituzione

In Dottrina non si registravano, in passato, uniformità di consensi sulle modalità di costituzione del terzo interventore (libertà di forme purché l'atto raggiunga il suo scopo v., Satta, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1966, 299 oppure necessità della forma prevista dall'art. 267 c.p.c. (Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, II, Il processo di cognizione, Torino, 2003, 136). Con la Riforma, alla luce della nuova struttura del rito e del maggiore vincolo al rispetto delle forme, deve ritenersi che il terzo, come il convenuto, sia tenuto al preciso rispetto delle prescrizioni previste espressamente per la costituzione, incluso, invero, il rispetto dei principi di chiarezza e sinteticità.

Costituzione del terzo ed interruzione della prescrizione

In caso di domanda proposta dall'interventore volontario, l'effetto interruttivo della prescrizione si verifica al momento in cui l'atto di intervento perviene a conoscenza, di fatto o legale, della controparte.

La disciplina della interruzione della prescrizione, nel vigore del vecchio rito, è stata, dunque, ricostruita, dalla giurisprudenza, analogamente alla determinazione dei tempi di instaurazione del contraddittorio (perché, come detto, era possibile costituirsi con comparsa prima dell'udienza ma anche direttamente in udienza) e quindi, in tempi diversi a seconda che la costituzione del terzo avesse luogo mediante la presentazione della relativa comparsa in udienza oppure con il deposito della stessa in cancelleria, atteso che, nel primo caso, il destinatario della domanda, che risultasse costituito in giudizio, ne veniva immediatamente a conoscenza, mentre nel secondo il medesimo destinatario ne veniva a conoscenza alla data della comunicazione effettuata dal cancelliere ai sensi dell'art. 267, comma 2, c.p.c., ovvero, in mancanza, all'udienza successiva.

Guardando allo status quo, non si potrà più verificare l'ipotesi legata alla costituzione del terzo in udienza.

È bene ricordare anche un precedente più risalente nel tempo, che, nel reputare idonea ad interrompere la prescrizione la domanda proposta con l'intervento volontario ai sensi degli artt. 105, 267 e 268 c.p.c., ha ritenuto non necessaria, a tal fine, l'effettiva conoscenza del contenuto dell'atto da parte del destinatario, osservando che il legislatore ha ricollegato all'adempimento delle formalità prescritte una presunzione juris et de jure che il predetto effetto sia stato raggiunto (cfr. Cass. civ., sez. III, 6 giugno 1967, n. 1253).

Un esame più attento di tale pronuncia consente tuttavia di escludere che la stessa si ponga in contrasto con quella più recente, avendo la Corte inteso non già escludere la necessità che la domanda proposta con l'atto d'intervento pervenga a conoscenza del destinatario, ma solo che tale conoscenza debba realizzarsi in modo tangibile, mediante la consegna materiale dell'atto, avendo ritenuto invece sufficiente la mera conoscenza legale, senza soffermarsi sulle formalità ritenute necessarie ai fini del conseguimento di tale obiettivo.

In evidenza

In caso di domanda proposta dall'interventore volontario, l'effetto interruttivo della prescrizione si verifica al momento in cui l'atto di intervento pervenga a conoscenza, di fatto o legale, della controparte, e quindi, in tempi diversi a seconda che la sua costituzione abbia luogo mediante la presentazione della relativa comparsa in udienza oppure con il deposito della stessa in cancelleria, atteso che, nel primo caso, il destinatario della domanda, che risulti costituito in giudizio, ne viene immediatamente a conoscenza, mentre nel secondo il medesimo destinatario ne viene a conoscenza alla data della comunicazione effettuata dal cancelliere ai sensi dell'art. 267, comma 2, c.p.c., ovvero, in mancanza, all'udienza successiva; qualora, poi, la parte sia rimasta contumace, il predetto effetto si realizza all'atto della notifica della comparsa di intervento contenente la domanda (Cass. civ., 14 marzo 2022, n. 8096).

Costituzione del terzo nel procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie

Il d.lgs. n. 149/2022 ha espressamente ammesso l'intervento del terzo anche nel procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie, oggi regolato dagli artt. 473-bis e ss c.p.c.

L'art. 473-bis.20 c.p.c., in particolare, prevede espressamente l'intervento volontario del terzo che avviene con le modalità previste per la costituzione del convenuto (dall'art. 473-bis.16).

Il terzo non può intervenire oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, salvo che compaia volontariamente per l'integrazione necessaria del contraddittorio.

Costituzione del terzo nel semplificato di cognizione

Il d.lgs. n. 149/2022 ha sostituito il rito sommario di cognizione con il rito semplificato di cognizione, oggi delineato negli artt. 281-decies e ss c.p.c. La costituzione del terzo deve avvenire nelle forme previste per la costituzione del convenuto, ai sensi dell'art. 281-undecies, terzo comma, c.p.c.

Riferimenti
  • AA.VV., Rivista di Diritto Processuale Civile, 2023, gennaio - marzo
  • Dalmotto, Lezioni sul nuovo processo civile. La Riforma Cartabia, Zanichelli, 2023
  • Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, II, Il processo di cognizione, Torino, 2003;
  • Satta, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1966, 299

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