Costituzione dell’attore

Mauro Di Marzio
31 Luglio 2017

L'attore deve costituirsi nel termine di dieci giorni dalla notificazione della citazione, ovvero nel termine di cinque giorni in caso di abbreviazione dei termini di comparizione disposta, su istanza dello stesso attore, a norma del comma 2 dell'art. 163-bisc.p.c.. Trattandosi di termine processuale, trova applicazione per il computo l'art. 155 c.p.c.: dunque il dies a quo (e cioè il giorno in cui la notificazione ha avuto luogo) non si computa, mentre si computa il dies ad quem ossia il giorno in cui la costituzione, mediante gli adempimenti previsti dall'art. 165 c.p.c., ha avuto luogo.
Inquadramento

Nel procedimento di cognizione ordinaria litispendenza e costituzione dell'attore si distinguono sia sul piano logico che su quello cronologico: l'una, la litispendenza, è data dalla notificazione della citazione, ai sensi dell'art. 39, u.c., c.p.c.; l'altra, attraverso cui l'attore si rende giuridicamente presente nel processo, rimanendo in caso contrario contumace, quantunque egli stesso lo abbia introdotto, ed investe il giudice della domanda proposta (Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino, 2002, 37), si realizza attraverso gli adempimenti, necessariamente successivi alla notificazione della citazione, contemplati dall'art. 165 c.p.c.: ossia attraverso il deposito in cancelleria della nota di iscrizione a ruolo e del fascicolo di parte con gli atti e documenti contemplati dalla norma. Diverso è il sistema vigente nel rito del lavoro, che si introduce (non con la notificazione della citazione, ma) a mezzo del deposito in cancelleria del ricorso, che verrà successivamente notificato alla controparte, dopo la fissazione dell'udienza di discussione di cui all'art. 420 c.p.c. ad opera del giudice, sistema in cui, pur ferma la distinzione logica tra litispendenza e costituzione, l'attore è necessariamente costituito in giudizio e la sua contumacia non è configurabile.

Se, da un lato, la costituzione dell'attore si distingue dalla litispendenza, che ne è logicamente presupposta, dall'altro lato si distingue, una volta che l'attore si sia costituito, dalla semplice comparizione in udienza, il cui difetto può dar luogo ad inattività (artt. 181, 309 c.p.c.) tale da determinare, a determinate condizioni, l'estinzione del giudizio ovvero l'improcedibilità del medesimo (art. 348 c.p.c.). È cioè ben possibile che l'attore costituito in giudizio ometta successivamente di comparire, rimanendo assente e disinteressandosi del processo, così come è d'altro canto possibile che la parte contumace compaia in udienza, come talora accade nel caso del deferimento al contumace dell'interrogatorio formale ovvero del giuramento.

Una volta effettuata, così, la costituzione mantiene i propri effetti, di regola, per tutto l'arco temporale di durata del grado, salvo il verificarsi di particolari situazioni (anzitutto l'interruzione del processo) che rendono necessaria una nuova costituzione, con la precisazione che, in caso di riassunzione del processo, la parte che si è assunto tale onere viene a trovarsi nella stessa posizione in cui, nella originaria vocatio in ius, si trovava l'attore o l'appellante; cosicché, se il processo sia stato riassunto dal convenuto o dall'appellato, i termini rispettivi da osservare per la costituzione delle parti si presentano invertiti e l'attore o l'appellante dovrà costituirsi nel termine stabilito dall'art. 166 c.p.c. (termine richiamato nell'invito a costituirsi di cui al n. 5 dell'art. 125 disp. att. c.p.c.) e non in quello previsto dall'art. 165 c.p.c. (Cass. 21 dicembre 1987, n. 9524; Cass. 7 maggio 1969, n. 1556), rimanendo altrimenti contumace.

I termini per la costituzione dell'attore

L'attore deve costituirsi nel termine di dieci giorni dalla notificazione della citazione, ovvero nel termine di cinque giorni in caso di abbreviazione dei termini di comparizione disposta, su istanza dello stesso attore, a norma del comma 2 dell'art. 163-bisc.p.c.. Trattandosi di termine processuale, trova applicazione per il computo l'art. 155 c.p.c.: dunque il dies a quo (e cioè il giorno in cui la notificazione ha avuto luogo) non si computa, mentre si computa il dies ad quem ossia il giorno in cui la costituzione, mediante gli adempimenti previsti dall'art. 165 c.p.c., ha avuto luogo. Il termine per la costituzione dell'attore, inoltre, attesa la sua natura di termine processuale, è sottoposto alla regola della sospensione feriale, nei limiti in cui essa è prevista dalla l. 7 ottobre 1969, n. 742: sicché, notificata ad esempio la citazione introduttiva il 31 luglio, il termine per la costituzione dell'attore va a scadere, salvo il caso dell'abbreviazione, il 10 settembre.

In tal senso, in mancanza di pronuncia di legittimità concernenti il primo grado, è stato affermato (in riferimento ad epoca in cui la sospensione feriale si protraeva per 46 giorni, fino al 15 settembre) che, qualora venga notificato un atto di appello durante la sospensione feriale dei termini processuali, il termine per la costituzione dell'appellante di cui all'art. 347 c.p.c. è anch'esso soggetto alla sospensione, ed inizia a decorrere dal 16 settembre dell'anno solare (Cass. 10 gennaio 2012, n. 134).

Un cenno va fatto alla costituzione dell'attore (in senso formale) nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo. L'art. 645 c.p.c. stabiliva che in seguito all'opposizione a decreto ingiuntivo il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito, ma i termini di comparizione sono ridotti a metà. Opinava in proposito la S.C. che la dimidiazione dei termini di comparizione non fosse automatica e generalizzata, ma avesse carattere facoltativo, e cioè che l'opponente a decreto ingiuntivo potesse scegliere di assegnare all'opposto un termine a comparire inferiore a quello altrimenti di norma previsto (ma non inferiore alla metà di esso), ma potesse anche assegnare il termine ordinario ovvero un termine anche superiore. Si aggiungeva, inoltre, che l'assegnazione di un termine inferiore a quello ordinario portasse automaticamente con sé la dimidiazione del termine per la costituzione dell'opponente: si affermava in altri termini che l'opponente, dopo essersi avvalso della facoltà concessa dall'art. 645, comma 2, c.p.c. di ridurre il termine di comparizione assegnato all'avversario (volontariamente o no non importa, e dunque anche nel caso di assegnazione di un termine di comparizione inferiore di un solo giorno a quello normale), dovesse costituirsi sempre e comunque nel termine non di 10, ma di 5 giorni (tra le tante Cass. 30 marzo 1998, n. 3316; Cass. 27 novembre 1998, n. 12044; Cass. 15 marzo 2001, n. 3752; Cass. 20 novembre 2002, n. 16632).

Come si sa, sulla materia è intervenuta una inattesa pronuncia delle Sezioni Unite secondo cui la riduzione alla metà dei termini di costituzione dell'opponente costituiva effetto automatico dell'opposizione a decreto ingiuntivo sia in caso di assegnazione di un termine a comparire inferiore a quello ordinario, sia pari o superiore ad esso (Cass., Sez. Un., 9 settembre 2010, n. 19246, in Giust. civ., 2011, I, 399, con nota di Cordopatri).

Per ovviare ai disastrosi effetti che l'applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite avrebbe prodotto (ossia la dichiarazione di improcedibilità della quasi totalità delle opposizioni a decreto ingiuntivo pendenti), è intervenuto il legislatore, sopprimendo, nel comma 2 dell'art. 645 c.p.c. l'inciso «ma i termini di comparizione sono ridotti a metà», ed aggiungendo che nei giudizi di opposizione già pendenti la riduzione del termine di costituzione dell'attore si applica solo quando l'opponente abbia assegnato all'opposto un termine di comparizione inferiore a quello stabilito dall'art. 163-bis c.p.c..

La nuova norma fa dunque discendere la riduzione del termine di costituzione dell'attore dal fatto stesso dell'assegnazione, da parte dell'opponente all'opposto, di un termine di comparizione inferiore a quello previsto dall'art. 163 bis, primo comma, c.p.c..

Non vi è viceversa alcun elemento letterale, tuttora, tale da indurre a credere, che il congegno di dimidiazione del termine per la costituzione dell'opponente debba essere ancorato ad una indagine in ordine alla d'altronde non verificabile, e comunque sempre opinabile, intenzione del difensore, che, nel provvedere a fissare con la citazione introduttiva del giudizio di opposizione l'udienza di comparizione davanti al giudice adito, abbia assegnato all'opposto un termine inferiore a quello altrimenti previsto. In tal senso la SC ha avuto modo di osservare che, «nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, per effetto dell'art. 2 della legge 29 dicembre 2011, n. 218, la riduzione alla metà del termine di costituzione dell'opponente si applica purché questi abbia assegnato all'opposto un termine di comparizione comunque inferiore a quello di cui all'articolo 163-bis, primo comma, c.p.c., e non soltanto in caso di dimezzamento dello stesso, perché altrimenti si dovrebbe indagare di volta in volta se la fissazione di un diverso termine per comparire abbreviato sia frutto di errore o di consapevole scelta dell'opponente, e ciò in contrasto con le esigenze di certezza dei rapporti proprie delle norme in materia di termini» (Cass. 20 marzo 2013, n. 6989).

La lettura dell'art. 2, legge 29 dicembre 2011, n. 218, nei termini prospettati, si raccorda dunque con l'interpretazione che la SC ha per decenni offerto dell'art. 645 c.p.c.. Ed invero, la disposizione di interpretazione autentica contenuta nel citato art. 2 altro non ha fatto, nel contraddire in parte il dictum di Cass., Sez. Un., 9 settembre 2010, n. 19246 (e cioè nella sola parte in cui aveva affermato, sia pure in obiter, che ladimidiazione dovesse trovare applicazione in ogni caso di opposizione a decreto ingiuntivo), se non ripristinare il pregresso indirizzo giurisprudenziale, consolidato per oltre mezzo secolo, secondo cui, nel quadro di applicazione dell'art. 645 c.p.c., nel testo allora vigente, il termine di costituzione andava dimidiato sol quando l'opponente avesse, anche inconsapevolmente, assegnato un termine a comparire inferiore al minimo legale di cui all'art. 163-bis c.p.c., avvalendosi di quanto previsto nella ultima frase dell'art. 645, comma 2, c.p.c., interpretata quale mera facoltà anziché cogente obbligo, come al contrario ritenuto dalle Sezioni Unite nella ricordata decisione.

Decorrenza dei termini per la costituzione dell'attore

I termini di cui all'art. 165 c.p.c. decorrono dalla notificazione della citazione.

A tal riguardo occorre stabilire se, considerato l'affermarsi del noto principio (oggi espressamente sancito dall'art. 149 c.p.c. con riguardo alla notificazione a mezzo posta) della scissione degli effetti della notificazione per notificante e notificato, gli uni ancorati al passaggio dell'atto da notificare all'ufficiale giudiziario e, in ogni caso, all'inizio del procedimento di notificazione, gli altri al suo finale perfezionamento, la disposizione debba essere intesa nel senso che l'attore deve costituirsi entro 10 giorni, ovvero entro 5 giorni nel caso di abbreviazione dei termini di comparizione, computati a far data dal passaggio dell'atto all'ufficiale giudiziario ovvero dal perfezionamento della notificazione.

La soluzione esatta è senz'altro la seconda: il termine per la costituzione inizia il suo corso dal perfezionamento della notificazione.

In proposito la SC ha affermato che la distinzione dei momenti di perfezionamento della notifica per il notificante e il destinatario dell'atto, risultante dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, trova applicazione solo quando dall'intempestivo esito del procedimento notificatorio, per la parte di questo sottratta alla disponibilità del notificante, potrebbero derivare conseguenze negative per il notificante, quale la decadenza conseguente al tardivo compimento di attività riferibile all'ufficiale giudiziario, non anche quando la norma preveda che un termine debba decorrere o un altro adempimento debba essere compiuto dal tempo dell'avvenuta notificazione, come per la costituzione dell'appellante o il deposito del ricorso per cassazione, dovendo essa in tal caso intendersi per entrambe le parti perfezionata, come si ricava dal tenore testuale degli artt. 165 e 369 c.p.c., al momento della ricezione dell'atto da parte del destinatario, contro cui l'impugnazione è rivolta (Cass. 11 maggio 2007, n. 10837, secondo cui il termine previsto dagli artt. 165 e 347 c.p.c. decorre dalla data di ricezione della notifica dell'atto di appello e non dalla data di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario; da ult., tra le molte conformi, sempre con riguardo all'applicazione dell'art. 165 c.p.c. alla costituzione dell'appellante ai sensi dell'art. 347 c.p.c., Cass. 29 gennaio 2016, n.1662).

Nello stesso senso è il tradizionale insegnamento della dottrina (Cerino Canova, 347; Ciaccia Cavallari, 466).

Una precisazione va fatta con riguardo alla notificazione effettuata alla persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti. La norma dell'art. 143 c.p.c., se favorisce i destinatari dell'atto da notificare, assicurando loro, tanto in ordine ai termini d'impugnazione che a quelli di integrazione del contraddittorio, una vacatio di venti giorni dal compimento delle prescritte formalità conseguenti alla notificazione, non incide tuttavia sulla durata dei termini perentori stabiliti dalla legge o dal giudice, sicché nei confronti della parte istante la notificazione si perfeziona con il compimento delle indicate formalità. Da ciò consegue che l'attore, notificata la citazione ex art. 143, deve costituirsi in giudizio entro dieci giorni dal compimento dei detti adempimenti (Cass. 16 luglio 1975, n. 2797; sul funzionamento così descritto dell'art. 143 c.p.c. v. anche Cass. 26 agosto 1971, n. 2581; Cass. 10 aprile 1970, n. 984).

La costituzione con «velina»

La regola stabilita dall'art. 165 c.p.c., secondo cui l'attore deve costituirsi in giudizio entro 10 giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, ovvero entro cinque giorni nel caso di abbreviazione dei termini a comparire, pone il quesito se sia valida una costituzione effettuata prima ancora che la notificazione dell'atto di citazione si sia perfezionata, il che rinvia alla collegata questione della c.d. costituzione con «velina».

La costituzione con il deposito di una «velina», in luogo dell'originale della citazione, cui si riferisce l'art. 165 c.p.c., è prassi affermatasi negli uffici giudiziari per ovviare ai casi in cui l'attore non abbia avuto restituito l'atto dall'ufficiale giudiziario: prassi progressivamente dilatatasi a seguito dell'affermazione del citato principio della scissione degli effetti della notificazione, il quale ha indotto i difensori scadenzare l'atto da compiere all'ultimo momento utile. La soluzione alla questione della validità della costituzione con «velina» possiede un rilievo pratico assai notevole, non solo in primo grado, giacché, secondo l'art. 171 c.p.c., la mancata costituzione dell'attore, se non si costituisce in termini il convenuto, conduce all'estinzione del processo, ma soprattutto in appello, poiché la tardiva (ed a maggior ragione la mancante) costituzione comporta l'improcedibilità dell'impugnazione ai sensi dell'art. 348, comma 1, c.p.c..

Ed in effetti, il dibattito giurisprudenziale sul tema si è svolto essenzialmente con riguardo all'appello. Secondo un indirizzo, il mancato deposito dell'originale notificato della citazione determina l'improcedibilità dell'appello, improcedibilità che si consoliderebbe allo spirare del termine per la costituzione o, in caso di appello indirizzato a più persone, allo spirare del 10º giorno dall'ultima notificazione, ai sensi dell'art. 165, comma 2, c.p.c. (Cass. 1° luglio 2008, n. 18009; Cass. 4 gennaio 2010, n. 10): la ratio di questa soluzione, in breve, è individuata nell'esigenza di verifica della tempestività della costituzione, in difetto della quale è data la sanzione di improcedibilità comminata dall'art. 348, comma 1, c.p.c., secondo cui: «L'appello è dichiarato improcedibile, anche d'ufficio, se l'appellante non si costituisce in termini». Altre decisioni sostengono invece la tesi opposta, secondo cui il deposito della copia dell'atto d'appello in luogo dell'originale notificato costituisce mera irregolarità, giungendo alla conclusione che l'originale notificato dell'atto d'appello possa essere prodotto fino alla prima udienza, che è quella in occasione della quale l'eventuale improcedibilità va in effetti scrutinata (Cass. 8 maggio 2012, n. 6912).

Quest'ultima soluzione è argomentata anche in riferimento all'affermazione delle Sezioni Unite — che ha elevato la prassi della «velina» a regola giuridica — secondo cui, ove entro il termine previsto dall'art. 165 c.p.c. l'attore non sia ancora rientrato in possesso dell'originale dell'atto notificato, può costituirsi depositandone in cancelleria una semplice copia, ossia la c.d. «velina» (Cass., Sez. Un., 18 maggio 2011, n. 10864).

In tale contesto la SC ha escluso che sia inesistente o inefficace un'iscrizione a ruolo eseguita dall'attore prima della notificazione della citazione introduttiva della lite e, conseguentemente, che sia affetta da nullità insanabile la costituzione dello stesso attore, perché, nonostante l'inversione dell'ordine temporale stabilito dalla legge per le due attività processuali, non viene meno la possibilità di collegarle e ricondurle entrambe al medesimo ed unico procedimento (Cass. 21 maggio 2012, n. 8003).

Soluzione, quest'ultima, che si accorda con le indicazioni della dottrina (Cerino Canova, 375 nt. 32).

Bisogna tuttavia prestare in proposito attenzione, dal momento che la costituzione con «velina» è pur sempre una costituzione zoppicante, fin tanto che l'originale notificato della citazione non venga prodotto. E lo sbarramento è costituito dalla prima udienza, come la SC ha definitivamente chiarito con riguardo al giudizio di appello.

Ed infatti, la tempestiva costituzione dell'appellante con la copia dell'atto di citazione (c.d. «velina») in luogo dell'originale non determina l'improcedibilità del gravame ai sensi dell'art. 348, comma 1, c.p.c., ma integra una nullità per inosservanza delle forme indicate dall'art. 165 c.p.c., sanabile, anche su rilievo del giudice, entro l'udienza di comparizione di cui all'art. 350, comma 2, c.p.c. mediante deposito dell'originale da parte dell'appellante, ovvero a seguito di costituzione dell'appellato che non contesti la conformità della copia all'originale (e sempreché dagli atti risulti il momento della notifica ai fini del rispetto del termine ex art. 347 c.p.c.), salva la possibilità per l'appellante di chiedere la remissione in termini ex art. 153 c.p.c. (o 184 bis c.p.c., ratione temporis applicabile) per la regolarizzazione della costituzione nulla, dovendosi ritenere, in mancanza, consolidato il vizio ed improcedibile l'appello (Cass., Sez.Un.,5 agosto 2016, n.16598).

La costituzione dell'attore in caso di pluralità di convenuti

Altra questione spinosa concernente la costituzione dell'attore è quello della decorrenza del termine a tal fine previsto nell'ipotesi di pluralità di convenuti. Il comma 2 dell'art. 165 c.p.c. stabilisce che «l'originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall'ultima notificazione». E, nella consolidata lettura della norma data dalla giurisprudenza, il precetto ha un significato diverso ed opposto da quello che ad una prima superficiale lettura, potrebbe apparire: e cioè, la norma non sta a significare che, in caso di pluralità di convenuti, l'attore possa costituirsi entro 10 giorni dall'ultima notificazione, bensì che, dovendosi costituire entro 10 giorni dalla prima notificazione, può provvedere al deposito dell'originale della citazione successivamente, entro 10 giorni dall'ultima notificazione.

Questa soluzione è condivisa da autorevole dottrina (Redenti, 166; Satta, 40; Andrioli, 19).

L'attore è dunque tenuto a costituirsi nei dieci giorni dalla prima notificazione, salva soltanto la possibilità di rinviare il deposito dell'originale. Tale soluzione, contrastata da una isolata decisione della SC, è stata difatti confermata da una già ricordata pronuncia delle sezioni unite, la quale ha ribadito che il termine per la costituzione dell'attore, nel caso in cui l'atto introduttivo del giudizio venga notificato a più persone, è di dieci giorni decorrenti dalla prima notificazione sia nel giudizio di primo grado che in quello d'appello (Cass., Sez. Un., 18 maggio 2011, n. 10864).

Formalità della costituzione

La costituzione dell'attore è attività spettante al difensore, al di fuori dei limitati casi in cui è ammessa la difesa personale. Tuttavia, trattandosi di attività meramente esecutiva, essa ben può essere affidata dal difensore ad altri, ad esempio a collaboratori di studio, rimanendo anche in tal caso riferibili al difensore. In tal senso la Suprema Corte ha affermato che la materiale attività del deposito (in cancelleria o direttamente in udienza) del fascicolo di parte contenente gli atti ed i documenti di cui agli artt. 165 e 166 c.p.c. (e, per chi si costituisce per primo, anche della nota d'iscrizione a ruolo) può essere eseguita anche a mezzo di un nuncius qualificato, collaboratore di studio o altro legale pur difettante dello ius postulandi, davanti al giudice della causa, trattandosi di formalità meramente esecutiva, priva di qualsiasi contenuto volitivo autonomo, che nulla toglie alla riferibilità immediata dell'atto al procuratore patrocinante (Cass. 23 marzo 1995, n. 3383; Cass. 1° giugno 2001, n. 7449; Cass. 30 maggio 2014, n. 12266).

L'attore deve costituirsi depositando in cancelleria oltre alla nota di iscrizione a ruolo, sempre che si costituisca per primo, potendo la causa essere iscritta a ruolo dal convenuto, il proprio fascicolo (v. bussola Fascicolo di parte), contenente l'originale dell'atto di citazione, di cui si è già detto, la procura se conferita con atto separato, e i documenti che offre in comunicazione. Ai sensi dell'art. 73 disp. att. c.p.c., deve inoltre consegnare al cancelliere le copie degli atti di parte che a norma dell'art. 168, comma 2, devono essere inserite nel fascicolo d'ufficio.

Per quanto attiene alla procura, occorre rammentare l'art. 125, comma 2, stabilisce che essa può essere rilasciata anche in data successiva alla notificazione dell'atto di citazione, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata: sicché all'atto della costituzione la procura deve essere stata ormai rilasciate.

In mancanza di una valida procura la costituzione è nulla, ma il giudice deve esercitare i poteri di cui all'art. 182 c.p.c. (Cerino Canova, 378), secondo cui, quando rileva un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa.

A tal riguardo la SC ha più volte ribadito che, in caso di omesso deposito della procura generale ad lites, che sia stata semplicemente enunciata e richiamata negli atti della parte, il giudice non può dichiarare l'invalidità della costituzione di questa senza aver prima provveduto - in adempimento del dovere impostogli dall'art. 182, comma 1, c.p.c.- a formulare l'invito a produrre il documento mancante (Cass. 11 aprile 2006, n. 8435; Cass. 25 febbraio 2009, n. 4485; Cass. 18 febbraio 2016, n. 3181). L'art. 182, comma 1, c.p.c., va cioè interpretato nel senso che il giudice che rilevi l'omesso deposito della procura speciale alle liti, di cui all'art. 83, comma 3, c.p.c., enunciata ma non rinvenuta negli atti della parte, è tenuto (per l'obbligatorietà di siffatto intervento v. Cass., Sez. Un., 19 aprile 2010, n. 9217) ad invitare quest'ultima a produrre l'atto mancante. Tale invito può essere fatto in qualsiasi momento, anche in sede di appello, e solo se infruttuoso il giudice deve dichiarare invalida la costituzione della parte in giudizio (Cass. 11 settembre 2014, n. 19169).

La sanatoria così descritta, stando al dato testuale dell'art. 182 c.p.c., opera in caso di «vizio» che importi la nullità della procura. Non ricorre invece, a rigore, un vizio della procura con conseguente nullità in caso di sua inesistenza giuridica ovvero di radicale mancanza di essa.

Né pare potersi sostenere un'interpretazione tutta incentrata sul riferimento della norma alla «rilascio della procura alle liti» (pur sostenuta da Balena, 765; Boccagna, 42; Ricci, 38; Turroni, 1575), giacché tale interpretazione condurrebbe per via interpretativa all'abrogazione tacita dell'art. 125 c.p.c., nella parte in cui dispone che la procura al difensore può essere conferita in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata. D'altronde tale inciso ben può essere inteso come riferito non già al rilascio ex novo della procura, bensì al suo rilascio in sanatoria della precedente procura invalida, come si desume anche dai lavori preparatori, poiché le relazioni illustrative al d.d.l. fanno riferimento solo alla rinnovazione della procura nulla (per la soluzione restrittiva v. Cecchella, 62; Briguglio, § 8; Negri, 1690; Bucci-Soldi, 99).

Non occorre che la procura sia depositata in originale (Cass. 5 febbraio 2008, n. 2744).

La verifica della regolarità della costituzione

Il cancelliere è tenuto a verificare la regolarità degli atti e dei documenti depositati all'atto della costituzione. In tal senso depone l'art. 74, u.c., disp. att. c.p.c., secondo cui «il cancelliere, dopo aver controllato la regolarità anche fiscale degli atti e dei documenti, sottoscrive l'indice del fascicolo ogni volta che viene inserito in esso un atto o un documento». Il controllo è tuttavia limitato alla verifica dell'esistenza degli atti menzionati dall'art. 165, esclusa ogni valutazione in ordine alla validità degli atti e dall'osservanza dei termini per la costituzione (Saletti, 3; in senso parzialmente diverso Cerino Canova, 379). Quanto ai provvedimenti da assumere dal cancelliere nel caso che la verifica abbia esito negativo, la Cassazione ha affermato, con riguardo all'eventuale mancato deposito della procura, che egli deve farne menzione nella nota e nell'indice del fascicolo d'ufficio (Cass. 4 gennaio 2000, n. 12; Cass. 28 febbraio 2006, n. 4507).

Secondo la dottrina viceversa (Cerino Canova, 380) il cancelliere dovrebbe rifiutarsi di ricevere la costituzione e contro detto rifiuto sarebbe ammesso ricorso ex art. 60 disp. att. c.p.c. al capo dell'ufficio giudiziario, il quale potrebbe fissare al cancelliere un termine entro cui ricevere la costituzione (Cerino Canova, 380).

Qualora, al contrario, il cancelliere abbia ricevuto la costituzione, senza avanzare riserve, essa si presume regolare, se il contrario non risulta dagli atti (tra le molte Cass. 18 giugno 2015, n. 12670; Cass. 5 maggio 2011, n. 9921; Cass. 26 settembre 2006, n. 20817).

Ovviamente il controllo sulla costituzione spetta poi al giudice. È stato tuttavia più volte affermato che tale controllo è limitato all'ambito del grado, sempre che il giudice di grado superiore non sia investito della questione per il tramite di un apposito motivo di impugnazione, sicché, ad esempio, è da ritenersi preclusa in sede di legittimità la questione concernente la regolarità della costituzione di una delle parti in primo grado, che non sia stata tempestivamente sollevata nei motivi d'appello (Cass. 7 maggio 1996, n. 4243; Cass. 18 settembre 2006, n. 20112, secondo cui l'irritualità della costituzione darebbe luogo ad una nullità relativa da eccepire nella prima difesa utile).

Riferimenti
  • Andrioli, Commento al codice di procedura civile, II, Napoli 1956; Balena, La nuova pseudo-riforma della giustizia civile (un primo commento della legge n. 18 giugno 2009, n. 69), in Giusto proc. civ., 2009;
  • Boccagna, Le modifiche al primo libro del c.p.c., in Auletta-Boccagna-Califano-Della Pietra-Olivieri-Rascio, Le norme sul processo civile nella legge per lo sviluppo economico, la semplificazione e la competitività, Jovene, Napoli, 2009;
  • Briguglio, Le novità sul processo ordinario di cognizione nell'ultima, ennesima riforma in materia di giustizia civile, in www.judicium.it;
  • Bucci-Soldi, Le nuove riforme del processo civile 2009. Commento alla l. 18 giugno 2009, n. 69, Padova, 2009, 99;
  • Cecchella, Il nuovo processo civile, Milano, 2009;
  • Cerino Canova, Dell'introduzione della causa, in Comm. c.p.c. diretto da Allorio, II, 1, Torino 1980;
  • Ciaccia Cavallari, Costituzione in giudizio, in Dig. disc. priv., Sez. civ., IV, Torino 1989;
  • Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino, 2002;
  • Negri, Sulla sanatoria del difetto di rappresentanza (e di procura ad litem), in Corr. giur., 2009, 1690;
  • Redenti, Diritto processuale civile, II, Milano 1953;
  • Ricci, La riforma del processo civile, Torino, 2009;
  • Saletti, Costituzione in giudizio, Enc. giur., X, Roma 1993;
  • Satta, Commentario al codice di procedura civile, II, 1, Milano 1960;
  • Turroni, Il nuovo art. 182, cpv., c.p.c.: sempre rimediabili i difetti di capacità processuale e di procura al difensore, in Giur. it., 2009, 1574 ss.
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