Il pignoramento del conto corrente secondo le disposizioni introdotte dal d.l. n. 83/15 (convertito in l. n. 132/2015)

Giuseppe Lauropoli
10 Giugno 2016

L'art. 13 del d.l. n. 83 del 27 giugno 2015 (convertito in l. n. 132 del 2015) ha per la prima volta positivamente disciplinato il trattamento, a seguito di pignoramento presso terzi, delle somme rinvenienti da crediti retributivi e pensionistici confluite su conti correnti bancari o postali, introducendo il nuovo comma 8 all'art. 545 c.p.c., che dispone una generale limitazione alla pignorabilità dei conti correnti bancari e postali sui quali confluiscano somme rinvenienti da crediti retributivi e pensionistici.
Il quadro normativo

Alcune importanti novità, in tema di pignoramento delle somme presenti sul conto corrente bancario o postale, sono state introdotte dall'art. 13 del d.l. n. 83 del 27 giugno 2015; provvedimento, quest'ultimo, convertito in l. n. 132 del 2015.

Sono stati aggiunti, ad opera del menzionato art. 13, tre nuovi commi all'art. 545 c.p.c.

In particolare, per quanto attiene al tema del pignoramento del conto corrente, è stato aggiunto l'ottavo comma dell'art. 545 c.p.c., il quale così dispone: «[VIII] Le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge».

È stato inoltre modificato, a corollario delle disposizioni contenute nel “nuovo” art. 545, il primo comma dell'art. 546 c.p.c.

Per effetto del citato comma 8 dell'art. 545 c.p.c., è stata per la prima volta introdotta una disciplina, con portata generale (non riferita, cioè, a singole tipologie di crediti fatti valere in sede esecutiva), riguardante i limiti alla pignorabilità delle somme presenti sul conto corrente bancario o postale, ogni volta che sullo stesso confluiscano importi rinvenienti da accredito di stipendi o pensioni.

Una tale novità normativa appare il frutto di un costruttivo “dialogo” con la Corte Costituzionale, dal momento che, soltanto poche settimane prima della adozione del d.l. n. 83 del 2015, il giudice delle leggi aveva espressamente auspicato un intervento legislativo sulla materia.

I limiti alla pignorabilità delle somme confluite sul conto corrente a titolo di stipendio o di pensione

Viene in rilievo, con riguardo a quanto previsto nell'ottavo comma dell'art. 545 c.p.c., una disposizione fortemente innovativa rispetto al previgente panorama normativo, con la quale si mira ad istituire una soglia di impignorabilità anche con riguardo alle giacenze presenti su conto corrente bancario o postale, ogni qual volta le stesse rinvengano dall'accredito di stipendi o pensioni.

Deve osservarsi, infatti, come anteriormente all'adozione di una tale disposizione fosse per lo più esclusa la possibilità di configurare una impignorabilità, sia pure parziale, del saldo del conto corrente sul quale confluissero tali emolumenti corrisposti a titolo di stipendio o pensione.

Prevaleva, infatti, l'orientamento secondo il quale i limiti alla pignorabilità degli stipendi e delle pensioni attenessero al credito, piuttosto che alle somme in sé, con l'effetto che tali limiti dovessero reputarsi del tutto inoperanti ogni volta che le somme spettanti a titolo di stipendio o di pensione fossero già state riscosse, entrando così a far parte del patrimonio del lavoratore o del pensionato (in tal senso si era espressa Cass. civ., 9 ottobre 2012 n. 17178).

Non mancavano, tuttavia, prese di posizione di diverso segno da parte della giurisprudenza di merito, le quali ammettevano la parziale impignorabilità delle somme presenti sui conti correnti, laddove fosse dimostrato, dal lavoratore o dal pensionato, che su tale rapporto confluissero unicamente somme derivanti da accredito di stipendi o pensioni.

Similmente, non mancavano alcune indicazioni normative, sia pure riferite a specifiche ipotesi di pignoramento, le quali aprivano uno spiraglio alla parziale impignorabilità dei saldi di conto corrente sui quali confluissero stipendi o pensioni (si pensi, così, al comma 2-bis dell'art. 72-ter del D.P.R. n. 602 del 1973, in tema di riscossione esattoriale, il quale prevede che nel caso di accredito su conto corrente delle somme correlate a crediti di lavoro o di pensione «gli obblighi del terzo pignorato non si estendono all'ultimo emolumento accreditato allo stesso titolo»).

Tuttavia, vi sono ulteriori due elementi, di recente profilatisi all'orizzonte della materia in esame, che sembrano avere inciso in maniera più diretta nella elaborazione del nuovo ottavo comma dell'art. 545 c.p.c.

Innanzi tutto, si fa riferimento all'entrata in vigore dell'art. 12, comma 2, del D.L. n. 201 del 2011, come convertito dalla Legge n. 214 del 2011, il quale ha imposto che il pagamento dei redditi da lavoro o da pensione superiori all'importo mensile di mille euro avvenga esclusivamente con accredito su conti correnti bancari o postali, su libretti di deposito, su carte prepagate, su carte istituzionali, eliminando radicalmente la possibilità di pagamento in contanti nelle mani dell'avente diritto.

Si tratta di una disposizione che precludendo, con riguardo ai redditi mensili superiori a mille euro, ogni possibilità di pagamento in contanti, tende ad escludere del tutto la possibilità per il pensionato di far salve le somme necessarie a garantire allo stesso i mezzi adeguati a far fronte alle esigenze minime di vita (ben potendo il creditore dello stesso, facendo applicazione della menzionata giurisprudenza di legittimità che riteneva non sussistenti limiti alla pignorabilità delle somme presenti su conti correnti sui quali venivano accreditati stipendi o pensioni, aggredire anziché il credito vantato dal pensionato nei confronti dell'ente previdenziale, il credito dallo stesso vantato nei confronti dell'istituto sul quale veniva ex lege accreditata la pensione).

Altra importante e recente novità, è costituita dalla sentenza n. 85 del 15.5.2015 della Corte Costituzionale, che, nel dichiarare inammissibile la questione di costituzionalità sollevata da un giudice di merito con riguardo al menzionato art. 12, comma 2, del D.L. n. 201 del 2011, come convertito dalla Legge n. 214 del 2011, ha tuttavia auspicato un intervento del legislatore allo scopo di superare la «incompletezza del sistema di tutela del pensionato» risultante dall'impianto normativo vigente al momento dell'adozione di tale pronuncia, facendo sì che l'ordinamento si doti «di un rimedio effettivo per assicurare condizioni di vita minime al pensionato».

È in tale contesto che è maturata l'elaborazione della nuova disposizione normativa rappresentata dal comma 8 dell'art. 545 c.p.c.

Tale disposizione, in particolare, si articola in due parti ben distinte: nella prima si fa riferimento ai limiti di pignorabilità del saldo presente sul conto bancario o postale al momento della notifica del pignoramento, mentre nella seconda si fa riferimento ai limiti alla pignorabilità delle somme che confluiscano sul conto nel corso della procedura esecutiva.

Quanto alle somme già presenti sul conto al momento in cui si perfeziona la notifica del pignoramento presso terzi, viene previsto che le stesse siano pignorabili ad eccezione di un importo pari al triplo dell'assegno sociale, importo quest'ultimo da ritenersi sottratto a pignoramento.

Non è invero del tutto agevole fornire una ricostruzione sul piano sistematico di una tale nuova ipotesi di impignorabilità, potendosi ipotizzare che la stessa sia finalizzata a conseguire l'effetto pratico di preservare dal pignoramento, che sia stato avviato ai danni di un percettore di pensione o di stipendio, una somma considerata sufficiente a consentire al debitore (sia esso pensionato o lavoratore dipendente) di far fronte alle minime esigenze di vita.

A riguardo, viene puntualizzato, nel comma 1 dell'art. 546 c.p.c. (anch'esso novellato dall'art. 13 del d.l. n. 83 del 2015), che con riguardo a tale importo (pari al triplo dell'assegno sociale) presente sul saldo del conto corrente al momento della notifica del pignoramento, non sorgono in capo all'istituto terzo pignorato gli obblighi di custodia, con l'effetto che, con riguardo a tali somme, il debitore esecutato conserva la piena disponibilità delle somme anche nel corso della procedura esecutiva (si tratta di disposizione di sicuro rilievo pratico, in quanto non è infrequente che l'istituto di credito, anche laddove la procedura esecutiva attinga somme all'evidenza impignorabili, apponga prudenzialmente sulle stesse un vincolo di indisponibilità, precludendo ogni movimentazione delle stesse da parte del correntista).

Quanto, poi, alla disposizione contenuta nella seconda parte del nuovo comma 8 dell'art. 545 c.p.c., mediante la stessa viene previsto che il pignoramento (qualora le somme, eccedenti il triplo dell'assegno sociale, rinvenute sul saldo del conto al momento dell'inizio dell'esecuzione, non superino l'importo previsto dall'art. 546, comma 1, c.p.c., pari al credito precettato aumentato della metà) estenda la sua efficacia anche alle ulteriori somme che vengano accreditate (a titolo di stipendio o di pensione) sul conto nel corso della procedura esecutiva, sia pure entro i limiti previsti dall'art. 545, commi 3, 4, 5 e 7. L'effetto è dunque che le somme accreditate in corso di procedura a titolo di stipendio saranno ordinariamente pignorabili nei limiti di un quinto e che le somme accreditate in corso di procedura a titolo di pensione saranno ordinariamente pignorabili nei limiti di un quinto, una volta dedotta la quota impignorabile pari all'assegno sociale aumentato della metà.

Viene in tal modo introdotta una espressa ipotesi di impignorabilità delle somme, accreditate sul conto successivamente alla notifica del pignoramento, rinvenienti da accredito di pensione o stipendio, prevedendo che tali somme siano assoggettabili a pignoramento nella stessa misura nella quale lo siano i corrispondenti crediti da lavoro o da pensione: si tratta di una previsione di non scarsa portata, dal momento che normalmente intercorre un consistente lasso temporale fra la notifica dell'atto di pignoramento e il provvedimento di assegnazione del credito, con l'effetto che è ben possibile che nel corso di tale periodo e, dunque, in pendenza di procedura, vengano accreditate sul conto corrente somme a titolo di stipendio o di pensione.

In ultimo, deve precisarsi come le disposizioni contenute nel nuovo comma 8 dell'art. 545 c.p.c. trovino applicazione, stando al contenuto della norma transitoria costituita dal già menzionato art. 23 del d.l. n. 83/15, solo con riferimento alle procedure esecutive iniziate successivamente all'entrata in vigore del d.l. n. 83/15.

In conclusione

Non mancano, per la verità, aspetti problematici nella disposizione di nuova introduzione, sia sotto il profilo dell'inquadramento sistematico delle nuove ipotesi di impignorabilità ivi previste, sia in termini più squisitamente pratici, che potranno essere chiariti nel corso del tempo dall'elaborazione dottrinale e dalla prassi giurisprudenziale.

Particolarmente delicato appare il trattamento da riservarsi alla ipotesi di contemporanea instaurazione di due distinte procedure esecutive di pignoramento presso terzi, una nei confronti del terzo datore di lavoro, e l'altra nei confronti dell'istituto di credito presso il quale viene accreditato lo stipendio. In particolare, sorge l'interrogativo se dette procedure debbano considerarsi distinte ai fini dell'individuazione del credito pignorabile in danno del lavoratore. A nostro parere, sembra doversi escludere, pur nel silenzio del legislatore sulla questione, la possibilità di assoggettare ad esecuzione il quinto dello stipendio (o della pensione) contemporaneamente sia presso il datore di lavoro (o ente previdenziale), sia presso l'istituto di credito ove venga accreditato lo stipendio o la pensione. Una tale conclusione porterebbe infatti ad assoggettare a prelievo un importo complessivamente superiore al quinto dello stipendio o della pensione.

Parimenti, non del tutto agevole appare l'applicazione della nuova disposizione concernente il pignoramento delle somme confluite sul conto corrente successivamente alla notifica dell'atto di pignoramento; certamente occorrerà distinguere fra somme accreditate (successivamente alla notifica dell'atto di pignoramento) a titolo di stipendio o pensione (le quali saranno pignorabili entro i limiti di cui ai commi terzo, quarto e quinto dell'art. 545 c.p.c.) e somme accreditate ad altro titolo.

In concreto, poi, la possibilità di assegnazione delle somme accreditate sul conto, a titolo di stipendio o pensione, in corso di procedura sarà subordinata alla eventuale produzione di una dichiarazione aggiornata (resa dunque successivamente al termine di dieci giorni, previsto dall'art. 543, comma 2, n. 4, c.p.c.) da parte del terzo pignorato in merito alle somme confluite sul conto a tale titolo successivamente alla notifica del pignoramento, salvo ipotizzare che la nuova previsione contenuta nell'art. 545, comma 8, c.p.c., vada interpretata nel senso che il provvedimento di assegnazione del giudice dell'esecuzione debba riferirsi - genericamente e alla stessa stregua di quanto avviene nel caso di pignoramento del quinto dello stipendio o della pensione presso il datore di lavoro o presso l'ente previdenziale - al quinto delle somme accreditate sul conto corrente a titolo di stipendio o di pensione successivamente alla notifica del pignoramento, fino alla concorrenza dell'importo precettato, aumentato degli interessi e delle spese di esecuzione.

Ad ogni modo, non può dubitarsi che le disposizioni di nuova introduzione siano nel loro complesso da salutare con favore, fornendo un meccanismo ben congegnato, finalizzato, da un lato, a dare risposta a chiare sollecitazioni provenienti tanto da sopravvenute novità legislative, quanto da ineludibili auspici di intervento proposti dalla Corte Costituzionale e, dall'altro, ad apprestare, in un momento storico nel quale è tutt'ora avvertita una profonda crisi economica, una efficace tutela (sia pure compatibilmente con il generale principio di responsabilità patrimoniale sancito dall'art. 2740 c.c.) a favore di soggetti (siano essi pensionati o percettori di reddito da lavoro subordinato) considerati dal legislatore come maggiormente esposti alle attuali criticità del contesto economico.

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