Viene in rilievo, con riguardo a quanto previsto nell'ottavo comma dell'art. 545 c.p.c., una disposizione fortemente innovativa rispetto al previgente panorama normativo, con la quale si mira ad istituire una soglia di impignorabilità anche con riguardo alle giacenze presenti su conto corrente bancario o postale, ogni qual volta le stesse rinvengano dall'accredito di stipendi o pensioni.
Deve osservarsi, infatti, come anteriormente all'adozione di una tale disposizione fosse per lo più esclusa la possibilità di configurare una impignorabilità, sia pure parziale, del saldo del conto corrente sul quale confluissero tali emolumenti corrisposti a titolo di stipendio o pensione.
Prevaleva, infatti, l'orientamento secondo il quale i limiti alla pignorabilità degli stipendi e delle pensioni attenessero al credito, piuttosto che alle somme in sé, con l'effetto che tali limiti dovessero reputarsi del tutto inoperanti ogni volta che le somme spettanti a titolo di stipendio o di pensione fossero già state riscosse, entrando così a far parte del patrimonio del lavoratore o del pensionato (in tal senso si era espressa Cass. civ., 9 ottobre 2012 n. 17178).
Non mancavano, tuttavia, prese di posizione di diverso segno da parte della giurisprudenza di merito, le quali ammettevano la parziale impignorabilità delle somme presenti sui conti correnti, laddove fosse dimostrato, dal lavoratore o dal pensionato, che su tale rapporto confluissero unicamente somme derivanti da accredito di stipendi o pensioni.
Similmente, non mancavano alcune indicazioni normative, sia pure riferite a specifiche ipotesi di pignoramento, le quali aprivano uno spiraglio alla parziale impignorabilità dei saldi di conto corrente sui quali confluissero stipendi o pensioni (si pensi, così, al comma 2-bis dell'art. 72-ter del D.P.R. n. 602 del 1973, in tema di riscossione esattoriale, il quale prevede che nel caso di accredito su conto corrente delle somme correlate a crediti di lavoro o di pensione «gli obblighi del terzo pignorato non si estendono all'ultimo emolumento accreditato allo stesso titolo»).
Tuttavia, vi sono ulteriori due elementi, di recente profilatisi all'orizzonte della materia in esame, che sembrano avere inciso in maniera più diretta nella elaborazione del nuovo ottavo comma dell'art. 545 c.p.c.
Innanzi tutto, si fa riferimento all'entrata in vigore dell'art. 12, comma 2, del D.L. n. 201 del 2011, come convertito dalla Legge n. 214 del 2011, il quale ha imposto che il pagamento dei redditi da lavoro o da pensione superiori all'importo mensile di mille euro avvenga esclusivamente con accredito su conti correnti bancari o postali, su libretti di deposito, su carte prepagate, su carte istituzionali, eliminando radicalmente la possibilità di pagamento in contanti nelle mani dell'avente diritto.
Si tratta di una disposizione che precludendo, con riguardo ai redditi mensili superiori a mille euro, ogni possibilità di pagamento in contanti, tende ad escludere del tutto la possibilità per il pensionato di far salve le somme necessarie a garantire allo stesso i mezzi adeguati a far fronte alle esigenze minime di vita (ben potendo il creditore dello stesso, facendo applicazione della menzionata giurisprudenza di legittimità che riteneva non sussistenti limiti alla pignorabilità delle somme presenti su conti correnti sui quali venivano accreditati stipendi o pensioni, aggredire anziché il credito vantato dal pensionato nei confronti dell'ente previdenziale, il credito dallo stesso vantato nei confronti dell'istituto sul quale veniva ex lege accreditata la pensione).
Altra importante e recente novità, è costituita dalla sentenza n. 85 del 15.5.2015 della Corte Costituzionale, che, nel dichiarare inammissibile la questione di costituzionalità sollevata da un giudice di merito con riguardo al menzionato art. 12, comma 2, del D.L. n. 201 del 2011, come convertito dalla Legge n. 214 del 2011, ha tuttavia auspicato un intervento del legislatore allo scopo di superare la «incompletezza del sistema di tutela del pensionato» risultante dall'impianto normativo vigente al momento dell'adozione di tale pronuncia, facendo sì che l'ordinamento si doti «di un rimedio effettivo per assicurare condizioni di vita minime al pensionato».
È in tale contesto che è maturata l'elaborazione della nuova disposizione normativa rappresentata dal comma 8 dell'art. 545 c.p.c.
Tale disposizione, in particolare, si articola in due parti ben distinte: nella prima si fa riferimento ai limiti di pignorabilità del saldo presente sul conto bancario o postale al momento della notifica del pignoramento, mentre nella seconda si fa riferimento ai limiti alla pignorabilità delle somme che confluiscano sul conto nel corso della procedura esecutiva.
Quanto alle somme già presenti sul conto al momento in cui si perfeziona la notifica del pignoramento presso terzi, viene previsto che le stesse siano pignorabili ad eccezione di un importo pari al triplo dell'assegno sociale, importo quest'ultimo da ritenersi sottratto a pignoramento.
Non è invero del tutto agevole fornire una ricostruzione sul piano sistematico di una tale nuova ipotesi di impignorabilità, potendosi ipotizzare che la stessa sia finalizzata a conseguire l'effetto pratico di preservare dal pignoramento, che sia stato avviato ai danni di un percettore di pensione o di stipendio, una somma considerata sufficiente a consentire al debitore (sia esso pensionato o lavoratore dipendente) di far fronte alle minime esigenze di vita.
A riguardo, viene puntualizzato, nel comma 1 dell'art. 546 c.p.c. (anch'esso novellato dall'art. 13 del d.l. n. 83 del 2015), che con riguardo a tale importo (pari al triplo dell'assegno sociale) presente sul saldo del conto corrente al momento della notifica del pignoramento, non sorgono in capo all'istituto terzo pignorato gli obblighi di custodia, con l'effetto che, con riguardo a tali somme, il debitore esecutato conserva la piena disponibilità delle somme anche nel corso della procedura esecutiva (si tratta di disposizione di sicuro rilievo pratico, in quanto non è infrequente che l'istituto di credito, anche laddove la procedura esecutiva attinga somme all'evidenza impignorabili, apponga prudenzialmente sulle stesse un vincolo di indisponibilità, precludendo ogni movimentazione delle stesse da parte del correntista).
Quanto, poi, alla disposizione contenuta nella seconda parte del nuovo comma 8 dell'art. 545 c.p.c., mediante la stessa viene previsto che il pignoramento (qualora le somme, eccedenti il triplo dell'assegno sociale, rinvenute sul saldo del conto al momento dell'inizio dell'esecuzione, non superino l'importo previsto dall'art. 546, comma 1, c.p.c., pari al credito precettato aumentato della metà) estenda la sua efficacia anche alle ulteriori somme che vengano accreditate (a titolo di stipendio o di pensione) sul conto nel corso della procedura esecutiva, sia pure entro i limiti previsti dall'art. 545, commi 3, 4, 5 e 7. L'effetto è dunque che le somme accreditate in corso di procedura a titolo di stipendio saranno ordinariamente pignorabili nei limiti di un quinto e che le somme accreditate in corso di procedura a titolo di pensione saranno ordinariamente pignorabili nei limiti di un quinto, una volta dedotta la quota impignorabile pari all'assegno sociale aumentato della metà.
Viene in tal modo introdotta una espressa ipotesi di impignorabilità delle somme, accreditate sul conto successivamente alla notifica del pignoramento, rinvenienti da accredito di pensione o stipendio, prevedendo che tali somme siano assoggettabili a pignoramento nella stessa misura nella quale lo siano i corrispondenti crediti da lavoro o da pensione: si tratta di una previsione di non scarsa portata, dal momento che normalmente intercorre un consistente lasso temporale fra la notifica dell'atto di pignoramento e il provvedimento di assegnazione del credito, con l'effetto che è ben possibile che nel corso di tale periodo e, dunque, in pendenza di procedura, vengano accreditate sul conto corrente somme a titolo di stipendio o di pensione.
In ultimo, deve precisarsi come le disposizioni contenute nel nuovo comma 8 dell'art. 545 c.p.c. trovino applicazione, stando al contenuto della norma transitoria costituita dal già menzionato art. 23 del d.l. n. 83/15, solo con riferimento alle procedure esecutive iniziate successivamente all'entrata in vigore del d.l. n. 83/15.