L'equo indennizzo erroneamente chiesto nel giudizio presupposto comporta la sua definitiva inaccoglibilità?

Redazione scientifica
13 Marzo 2017

In tema di equa riparazione la proponibilità della domanda di indennizzo è preclusa alla pendenza del giudizio presupposto. La Corte rileva qui la questione di legittimità relativa all'improponibilità della domanda di equo indennizzo in pendenza del giudizio presupposto ove comporti, però, anche la definitiva inaccoglibilità della richiesta di indennizzo.

Il caso. La Corte d'appello di Perugia dichiarava improponibile con decreto il ricorso con il quale l'opponente chiedeva la condanna del Ministero della Giustizia all'equa riparazione per l'irragionevole durata del procedimento civile di opposizione a decreto ingiuntivo svoltosi sia in primo grado, dinanzi al Giudice di Pace, che in appello, dinanzi al Tribunale allorquando il giudizio veniva cancellato dal ruolo contestualmente alla dichiarazione di estinzione.

Al contrario, l'opponente lamentava il fatto che il Tribunale avesse disposto solo la cancellazione della causa dal ruolo, e di conseguenza il termine semestrale per la proponibilità della domanda di equo indennizzo, non poteva decorrere dalla data della cancellazione, occorrendo altresì, ai fini dell'estinzione, il decorso del termine stabilito dall'art. 307 c.p.c. previsto per la riassunzione.

Per tale ragione la ricorrente propone ricorso per cassazione affidandosi ad un solo motivo relativo alla violazione e falsa applicazione del principio dell'apparenza e dell'affidamento, nonché della qualificazione del provvedimento del giudice.

L'incidenza della riforma del 2012 sulla Legge Pinto. La Corte di Cassazione rileva, innanzitutto, il tessuto normativo dell'art. 4 l. n. 89/2001 cd. Legge Pinto, come modificato dalla riforma del 2012, il quale sancisce che «la domanda di riparazione può essere proposta, a pena di decadenza, entro 6 mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva». Pur non escludendo espressamente la proponibilità della domanda di equa riparazione durante la pendenza del giudizio, la Corte esclude comunque tale possibilità sulla base di un'interpretazione fondata sul criterio sistematico e sull'intenzione del legislatore, laddove prevede una serie di ipotesi di esclusione del diritto all'indennizzo dipendenti dalla condotta processuale della parte e solamente all'esito del giudizio.

Pertanto, la Suprema Corte afferma che in tema di equa riparazione la proponibilità della domanda di indennizzo è preclusa alla pendenza del giudizio presupposto. Il dies a quo è individuato «nella definitività del provvedimento conclusivo del procedimento nell'ambito del quale la violazione si assume consumata, collocata al momento della scadenza del termine previsto per proporre l'impugnazione ordinaria ovvero al momento del deposito della decisione della Corte di Cassazione che rigetta o dichiara l'inammissibilità del ricorso, determinando così il passaggio in giudicato della sentenza». Tale affermazione è stata condivisa dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 30/2014.

Irrisolto il problema del differimento dell'esperibilità del ricorso alla definizione del procedimento presupposto. Il Collegio ritiene che, anche a seguito della l. n. 208/2015, il problema del differimento dell'esperibilità del ricorso alla definizione del procedimento presupposto non è stato risolto.

In particolare, afferma che l'improponibilità della domanda di equo indennizzo in pendenza del giudizio presupposto non può comportare anche la definitiva inaccoglibilità della richiesta di indennizzo. Più specificatamente, la previsione che la domanda di equo indennizzo possa proporsi solo dopo il passaggio in giudicato del provvedimento che ha definito il giudizio presupposto non può comportare, sul piano della legittimità costituzionale, la definitiva inammissibilità della domanda erroneamente proposta prima di tale passaggio in giudicato.

Nella fattispecie, la ricorrente ha proposto la domanda di equo indennizzo prima che passasse in giudicato il provvedimento che aveva definito il giudizio presupposto e di conseguenza si è vista precludere del tutto la possibilità di ottenere la tutela indennitaria. Risultano perciò consistente, a parere del Collegio, il vulnus costituzionale e rilevante la relativa questione di legittimità, che deve essere nuovamente sottoposta al giudice delle leggi.

Pertanto la Suprema Corte sospende il giudizio e trasmette immediatamente, relativamente alla questione appena sopra esposta, gli atti alla Corte Costituzionale.

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