Contestazione del diritto di divisione e di competenza in presenza di domande oggettivamente cumulate
16 Settembre 2016
Massima
Sono annoverabili tra le contestazioni sul diritto alla divisione: le contestazioni sull'an dividendum sit, tra cui l'eccezione, in senso stretto, astrattamente sollevabile da un'ipotetica parte convenuta, di prescrizione del diritto di parte attrice di accettazione dell'eredità; altre eccezioni in senso stretto; le contestazioni sull'opportunità di procedere alla divisione in un determinato momento anziché in un altro (contestazioni pure e semplici); le domande di parte attrice o riconvenzionali (e la stessa reconventio reconventionis) cumulate dirette a incidere sul quantum ossia sulla entità della massa da dividere poiché dirette ad includere ovvero ad escludere determinati beni (o in alcuni casi più precisamente il loro valore) dall'asse ereditario (nel caso della divisione della comunione incidentale tra coeredi) ovvero, in ogni caso, dalla massa da dividere. Quando una delle domande, principali o riconvenzionali, formulate investe la competenza collegiale per la fase decisoria, tale competenza si estende all'intero oggetto del giudizio e, pertanto, a tutte le altre domande, eccezioni e questioni. Il caso
In presenza di una comunione ereditaria, la moglie del defunto citava gli altri due coeredi, i nipoti, figli di fratelli del marito, per chiederne lo scioglimento. L'attrice lamentava la lesione della quota legittima a causa di due legati fatti dal marito a favore dei nipoti attraverso due testamenti successivi. Parte attrice affermava, inoltre, di aver versato ai nipoti una somma da decurtare dal valore del lascito ereditario a favore degli stessi. In conclusione, l'attrice chiedeva di sciogliere la comunione ereditaria, di ridurre le disposizioni testamentarie lesive della quota legittima a lei spettante in qualità di moglie del de cuius, sottraendo alle quote dei convenuti le somme già ricevute, ed, infine, di condannare i convenuti al pagamento della somma a lei dovuta a titolo di quota ereditaria. I convenuti si costituivano a loro volta chiedendo che venisse respinta la domanda della parte attrice. Affermavano, in primo luogo, che il patrimonio comune non era quello indicato dall'attrice: vi erano beni a lei pervenuti già durante la vita del marito, dei quali veniva chiesta la collazione. Sottolineavano, inoltre, la necessità di tener conto, al momento del computo del valore dell'immobile ad essi attribuito a titolo di legato, che detto stabile era abitato dall'attrice e, perciò, il loro diritto di proprietà era limitato dall'impossibilità di disporne liberamente. Negavano, infine, la sussistenza delle condizioni indicate dall'art. 564 c.c. per agire in riduzione, perché la zia non aveva accettato l'eredità con beneficio di inventario La questione
La pronuncia in esame è interessante sotto due profili. In primo luogo, essa chiarisce il significato dell'art. 785 c.p.c., specificando cosa si debba intendere per contestazione del diritto alla divisione. In secondo luogo, essa precisa quale debba essere considerato il giudice competente ove ci siano più domande cumulate con competenze diverse.
Le soluzioni giuridiche
Sotto il primo profilo il giudice chiarisce che le domande, accessorie alla domanda principale di scioglimento della comunione, rientrano nella nozione di contestazioni rilevanti a norma dell'art. 785 c.p.c., in presenza delle quali il giudice è chiamato a decidere mediante sentenza. A titolo esemplificativo sono enunciate: le contestazioni sull'an dividendum sit, tra cui l'eccezione, in senso stretto, astrattamente sollevabile da un'ipotetica parte convenuta, di prescrizione del diritto di parte attrice di accettazione dell'eredità; altre eccezioni in senso stretto; le contestazioni sull'opportunità di procedere alla divisione in un determinato momento anziché in un altro (contestazioni pure e semplici); le domande di parte attrice o riconvenzionali (e la stessa reconventio reconventionis) cumulate dirette a incidere sul quantum ossia sulla entità della massa da dividere poiché dirette ad includere ovvero ad escludere determinati beni (o in alcuni casi più precisamente il loro valore) dall'asse ereditario (nel caso della divisione della comunione incidentale tra coeredi) ovvero, in ogni caso, dalla massa da dividere ( tra di esse ci sono le azioni di simulazione di atti dispositivi compiuti dal de cuius, le azioni di riduzione di donazioni e di disposizioni testamentarie, le azioni dirette a far dichiarare l'intestazione fiduciaria di determinati beni, le impugnazioni di testamenti e le azioni di usucapione della proprietà esclusiva di interi beni da parte di un singolo compartecipante alla comunione ovvero, in ogni caso, da parte di una delle parti del giudizio). In presenza di queste domande ed eccezioni il giudice non può disporre che si proceda nelle operazioni divisorie con ordinanza ai sensi dell'art. 785 c.p.c., ma deve andare avanti con l'istruzione di esse e poi decidere con sentenza. Infatti, mediante tali domande, è contestata la consistenza della comunione, fondamento sostanziale del diritto alla divisione. Queste domande danno luogo a cumulo oggettivo ossia alla deduzione in giudizio di più situazioni giuridiche soggettive, tra le medesime parti, accessorie rispetto alla domanda principale che ha per oggetto lo scioglimento della comunione e la effettiva attuazione della divisione. La sentenza che decide su tali questioni viene definita dal tribunale sentenza parzialmente definitiva, perché decide definitivamente sulla fondatezza o meno delle domande, chiudendo la fase preliminare, ma è al contempo parziale, poiché non definisce l'intero oggetto del giudizio. La denominazione ambigua del provvedimento non consente prima facie di collocarlo tra le sentenze definitive piuttosto che tra le sentenze non definitive. In ciò tuttavia può essere utile l'insegnamento di Cassazione piuttosto risalente, secondo la quale ha natura non definitiva la sentenza che, intervenendo nel corso del giudizio divisorio, risolva tutte le contestazioni insorte fra i condividenti in ordine ai rispettivi diritti, nonché ai limiti ed alle particolari connotazioni di questi (nella specie, con riguardo alla validità del testamento olografo, con il quale si disponeva per la divisione dell'asse ereditario), rimettendo ad una successiva fase esclusivamente le operazioni relative alla concreta determinazione e all'attribuzione delle quote (Cass. civ., 10 novembre 1989, n. 4777, in NGCC 1990, I, 488, con nota di Giussani). Secondo il predetto principio, quindi, per tali sentenze può essere fatta riserva di impugnazione. Da considerarsi definitiva è, invece, la sentenza che neghi il diritto di divisione di una delle parti, chiudendo per essa il giudizio: contro di essa è dato solo appello immediato. Sulla seconda questione, la massima in epigrafe appare conforme al dettato dell'art. 281-nonies c.p.c., che regola la competenza in caso di connessione tra cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione monocratica e cause di competenza del tribunale in composizione collegiale. Tutte le domande debbono essere rimesse alla decisione del collegio. L'art. 50-bis, comma 1, stabilisce in quali casi il Tribunale giudica in composizione collegiale. Dalla inosservanza di questa disposizione in combinato disposto con l'art. 158 c.p.c. deriva la nullità della sentenza per un vizio relativo alla costituzione del giudice, che può essere fatto valere a norma dell'art. 161, comma 1, c.p.c., ovvero attraverso i mezzi di impugnazione ordinari. ALLORIO, Giudizio divisorio e sentenza con pluralità di parti, in Giur. it. 1946, II, 77 ss. ed in Problemi di Diritto, Milano 1957, I, 476 ss.; ANDOLINA, Note sull'oggetto del giudizio divisorio, in Riv. dir. civ. 1960, II, 580 ss.; CRISCUOLI, Il giudizio di divisione tra norme sostanziali e regole processuali, in Riv. esec. forzata 2010, 443 ss.; DI COLA, L'oggetto del giudizio di divisione, Milano 2011, 148 ss.; LOMBARDI, Contributo allo studio del giudizio divisorio. Provvedimenti e regime di impugnazione, Napoli 2009; REDENTI, Diritto processuale civile, vol. III, 3a ed., Milano 1999, 543; SATTA, Sulla natura giuridica del processo di divisione, in Foro it. 1947, I, 356 ss.; TRINCHI, Il giudizio di divisione, in C. Punzi, Il processo civile, sistema e problematiche, vol. IV, Le riforme del quadriennio 2010-2013, coordinato da G. Ruffini, Torino 2013, 221 ss.
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