Tabelle millesimali (profili processuali)
13 Settembre 2017
Inquadramento
Sul versante più strettamente processuale, ci è, innanzitutto, chiesti se il giudizio di revisione delle tabelle millesimali potesse svolgersi nella sede camerale propria del procedimento per volontaria giurisdizione. La risposta è stata negativa, in quanto l'azione con cui si chiede la determinazione giudiziale delle tabelle millesimali - perché l'assemblea non vi abbia provveduto in via convenzionale o si invochi la revisione ex art. 69 disp. att. c.c. - riveste natura contenziosa: invero, l'oggetto della controversia è appunto la definizione o la modifica, con efficacia di giudicato, dei diritti e degli obblighi dei condomini rispetto alla misura del concorso nelle spese comuni ed alla rappresentanza degli stessi in sede assembleare. In altri termini, la determinazione dei valori delle singole unità immobiliari ragguagliati in millesimi a quello dell'intero edificio, si riflette sulle cose comuni, costituendo essi il parametro su cui devono misurarsi il godimento delle cose stesse, la ripartizione delle spese, nonché l'entità della partecipazione e dell'espressione del voto dei condomini nella costituzione delle assemblee e nelle delibere da prendere in esse (in linea con tali rilievi, è stata dichiarata improponibile l'istanza avanzata da alcuni condomini, in sede di volontaria giurisdizione a norma dell'art. 1105, ultimo comma, c.c., poiché non attinente all'amministrazione della cosa comune, bensì rivolta ad ottenere l'approvazione e la declaratoria di validità di un regolamento condominiale con le relative tabelle millesimali, proponibile in sede contenziosa, v. Cass. civ., sez. II, 28 aprile 1994, n. 4038, che ha ritenuto l'inammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. del relativo provvedimento camerale). La natura contenziosa del procedimento
In pratica, trattandosi di valutazione tecnica, la determinazione delle tabelle dovrà essere fatta nei modi prescritti dalla legge, salvo il caso in cui tutti gli interessati decidano d'accordo di farla in modo diverso; se, però, anche un solo condomino rifiuta il suo consenso alla valutazione fatta dagli altri, il ricorso al magistrato diventa indispensabile, ma il giudice, in questo caso, non sostituisce un suo consenso a quello che uno o più partecipanti rifiutano di dare, ma si limiterà a determinare, con i mezzi che il processo gli consente - in generale, mediante CTU - l'ammontare della quota di ciascun partecipante, operando il calcolo proporzionale di valore indicato dalla legge; l'accertamento così determinato, in contraddittorio tra tutti gli interessati, contenuto in una sentenza invece che in una tabella da allegarsi al regolamento, diventerà obbligatorio per tutti e, in base ad esso, saranno regolati la vita ed il funzionamento del condominio. Si è, altresì, precisato che la domanda di determinazione con effetti di giudicato della tabella millesimale involge una pretesa concernente un bene immobile, il cui valore va determinato ai sensi dell'art. 14 c.p.c. (Cass. civ., sez. II, 27 ottobre 1972, n. 3308), e che, ai fini dell'individuazione del predetto valore, deve tenersi conto dell'intero immobile interessato dall'opera interessata, e non della sola frazione sulla quale essa materialmente insista, salvo che trattasi di porzione avente propria individualità e conseguente autonoma valutabilità (Cass. civ., sez. II, 4 ottobre 1978, n. 4392). La legittimazione attiva
La legittimazione attiva alla formazione/revisione delle tabelle millesimali non crea particolari problemi, spettando, ovviamente, ad ogni condomino. Il riferimento all'interesse «anche di un solo condomino» è disposto dal novellato art. 69, comma 1, disp. att. c.c. riguardo alla sola ipotesi della «modifica» e «rettifica» ad opera della maggioranza assembleare, nel senso che la sollecitazione di tale delibera può avvenire pure da parte del singolo che sia titolare di una ridotta caratura millesimale, restando inteso che il consenso favorevole dovrà raggiungere almeno la metà del valore dell'edificio. Se la domanda viene proposta come impugnazione della delibera che ha approvato, a mera maggioranza, le tabelle, laddove non sia consentito dalle ipotesi tassativamente indicate dall'art. 69, comma 1, nn. 1) e 2), disp. att. c.c., trattandosi di delibera nulla, in quanto si è in presenza di una materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea, legittimato dal lato attivo è ciascun condomino (Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 2000, n. 1520), ivi compreso quello che abbia espresso voto favorevole, non operando al riguardo la regola, propria della materia processuale (art. 157 c.p.c.), secondo cui la nullità non può essere fatta valere dalla parte che vi ha dato causa, purché abbia un interesse in concreto ad impugnare la delibera assembleare di modifica delle tabelle medesime (Cass. civ., sez. II, 1 dicembre 2000, n. 15377, che ha escluso l'interesse del condomino ad impugnare in base al rilievo che da tale modifica non derivava alcun pregiudizio al ricorrente) In proposito, una remota pronuncia (Cass. civ., sez. II, 26 febbraio 1976, n. 623) aveva ammesso la legittimazione attiva anche in capo all'amministratore - senza bisogno di preventiva autorizzazione da parte dell'assemblea - nel caso in cui, impugnata da un condomino la delibera assembleare di ripartizione delle spese di manutenzione dell'edificio condominiale, il regolamento di condominio non precisasse il valore proporzionale delle singole quote di proprietà esclusiva in base al quale farsi tale ripartizione.
La legittimazione passiva
Quanto al contraddittorio, nelle controversie attinenti alla revisione - come, del resto, anche per quelle concernenti la formazione ex novo - delle tabelle ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c., la giurisprudenza prevalente era concorde nel ritenere che trattavasi di questioni che esplicavano un'immediata incidenza sulle situazioni giuridiche soggettive facenti direttamente capo ai singoli comproprietari, per cui si doveva procedere alla citazione in giudizio di tutti i condomini, poiché la loro legittimazione risultava preordinata alla tutela del diritto di proprietà della porzione di edificio di cui si lamentasse l'illegittima determinazione del valore compiuta mediante un'inesatta valutazione in millesimi (tra le tante, Cass. n. 1846/1978, cit.; nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Roma 4 marzo 1997; Trib. Roma 11 aprile 1995). Qualche dubbio poteva sussistere in ordine alla legittimazione passiva dell'amministratore. In un primo momento, la stessa era stata affermata in aggiunta a quella dei singoli condomini, essendo la domanda preordinata anche alla tutela di cose ed interessi comuni, stante che la precisazione, nel regolamento condominiale, dei valori di piani o porzioni di piano, ragguagliati in millesimi a quello dell'intero edificio, si rifletteva sulle cose comuni, costituendo essi il parametro su cui dovevano commisurarsi il godimento delle cose stesse e dei servizi comuni, la partecipazione delle spese relative e l'entità della partecipazione, nonché l'espressione del voto dei condomini nella costituzione delle assemblee e nelle delibere da prendere in esame. In un secondo momento, al contrario, si era esclusa la legittimazione passiva dell'amministratore, poiché risultava sempre limitata alle sole azioni relative alle parti comuni dell'edificio, ossia ai rapporti giuridici scaturenti dall'esistenza delle medesime parti comuni, mentre, quando la domanda giudiziale di un condomino era volta all'accertamento dell'invalidità ed inefficacia della tabella millesimale, la relativa azione doveva essere necessariamente proposta esclusivamente nei confronti di tutti i condomini, in quanto si era presenza di questioni attinenti all'accertamento dei valori millesimali delle quote di proprietà singola, che incidono su obblighi esclusivi dei singoli condomini (tra le pronunce di merito, si segnalano: Trib. Milano 30 gennaio 1997; Trib. Sanremo 28 luglio 1993). Più di recente, i giudici di legittimità - v., tra le altre, Cass. civ., sez. II, 5 giugno 2008, n. 14951; Cass. civ., sez. II, 11 luglio 2012, n. 11757; Cass. civ., sez. II, 22 ottobre 2014, n. 22464 - sembrano aver recepito tali ultime considerazioni, in quanto hanno puntualizzato che occorre operare una distinzione tra impugnazione della delibera che, a maggioranza, approva/modifica le tabelle millesimali, ed impugnazioni delle tabelle medesime; in ordine alla prima, che costituisce un'azione di accertamento dell'impossibilità dell'oggetto per difetto di competenza dell'assemblea, è legittimato passivamente soltanto l'amministratore (inizialmente, la giurisprudenza aveva ritenuto, invece, che la domanda volta all'accertamento dell'invalidità della delibera doveva essere proposta nei confronti di coloro che avevano deliberato l'atto impugnato, e cioè nei confronti di tutti gli altri condomini dell'edificio, v. Cass. civ., sez. II, 10 aprile 1992, n. 4405; Cass. civ., sez. II, 11 settembre 1989, n. 3920; Cass. n. 1846/1978, cit.).
In ordine alla seconda - come in tutte le azioni dirette ad ottenere una modificazione in sede giudiziale delle tabelle - sono legittimati passivi tutti i condomini, stante la natura contrattuale dell'atto di approvazione delle tabelle millesimali (nella giurisprudenza di merito, si segnala Trib. Bergamo 25 giugno 1998). In sostanza, le tabelle de quibus possono essere impugnate quando ricorrono i presupposti di cui all'art. 69 disp. att. c.c., mentre, invece, l'impugnazione della delibera che ha modificato tali tabelle non trae fondamento dalle inesattezze originarie o sopravvenute delle stesse, ma dai vizi concernenti l'atto e la sua formazione; invero, la delibera implica la riunione in assemblea e l'osservanza delle disposizioni procedimentali, riassunte dal metodo collegiale e dal principio maggioritario, sicché la stessa può essere impugnata - oltre che per la violazione delle disposizioni di legge o del regolamento condominiale - anche per le nullità derivanti dai vizi di contenuto, concernenti (l'illiceità e) l'impossibilità dell'oggetto, tra i quali - per quel che qui interessa - rientra il difetto di competenza dell'assemblea, nel caso di materie non assegnate al collegio e riservate all'autonomia dei singoli partecipanti. Stando così le cose, e precisato che la domanda giudiziale diretta ad impugnare la tabella millesimale configura un'azione diversa rispetto alla domanda, concernente l'impugnazione della delibera condominiale, che modifica la tabella, ne consegue che deve essere diversa nelle due ipotesi anche la legittimazione passiva: la prima deve essere proposta nei confronti di tutti i condomini, posto che la determinazione dei valori millesimali viene ad incidere sui diritti e sugli obblighi dei singoli partecipanti al condominio, per contro l'amministratore è sempre legittimato a resistere contro le impugnazioni delle delibere assunte dall'assemblea, senza la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i condomini, in quanto l'impugnazione costituisce un'azione di accertamento dell'impossibilità dell'oggetto per difetto di competenza dell'assemblea, poiché rientra nell'àmbito dei poteri rappresentativi demandati all'amministratore la tutela del condominio in relazione alla difesa della legittimità di una delibera assembleare, qualunque ne sia il contenuto, restando inteso che la dichiarazione di invalidità della delibera emessa nei confronti dell'amministratore produrrà i suoi effetti direttamente in capo ad ogni singolo partecipante al condominio, determinando l'inapplicabilità delle tabelle approvate.
Secondo alcuni (Scarpa), questa conseguenza di natura processuale è apparsa coerente con la prescelta sistemazione dell'istituto, nel senso che, esclusa la normale natura contrattuale delle tabelle e negato, al contempo, il loro fondamento unanimistico e non assembleare, alcuna limitazione può del pari sussistere in relazione alla legittimazione dal lato passivo dell'amministratore per qualsiasi azione, ai sensi dell'art. 1131, comma 2, c.c., pure volta all'accertamento dell'invalidità o dell'inefficacia delle stesse tabelle, trattandosi comunque di controversia concernente gli interessi comuni dell'edificio e, quindi, rientrante nei poteri rappresentativi processuali dell'amministratore, la cui presenza in giudizio vale a smentire la necessità del litisconsorzio nei confronti di tutti i condomini. In altri termini, riconosciuta la competenza gestoria dell'assemblea circa l'approvazione delle tabelle, viene meno ogni resistenza a ravvisare la rappresentanza giudiziale dell'amministratore; l'approvazione delle tabelle, ove non rivesta eccezionalmente carattere contrattuale, rimane frutto di una delibera, fattispecie cui l'art. 1136 c.c. guarda come portato del principio maggioritario che, consentendo di superare i voti di dissenso, contraddice il principio di unanimità, coessenziale ai canoni dell'autonomia privata, laddove la regola della maggioranza, a base della vita dell'assemblea, è, per contro, ispirata dal bisogno di funzionalità nella gestione delle cose comuni; in sede assembleare, ai fini della predisposizione delle tabelle, le posizioni dei singoli condomini confliggono, e perciò, rispetto agli interessi di questi ultimi, l'amministratore rimane estraneo, in una condizione di imparzialità; una volta, invece, che le tabelle siano state approvate dall'assemblea con la necessaria maggioranza, l'amministratore dovrà darvi esecuzione, come ad ogni altra delibera, ed agirà quale rappresentante dei condomini, i quali sono ormai portatori di interessi convergenti verso l'unico scopo della gestione delle parti comuni: l'applicazione delle tabelle approvate rientrerebbe, dunque, nell'àmbito delle inderogabili attribuzioni dell'amministratore, alle quali si riconduce, altresì, quella della correlata rappresentanza processuale passiva. La posizione del conduttore
Un'ultima considerazione - per esigenze di completezza - merita la posizione del conduttore riguardo alla revisione delle tabelle millesimali. Sul punto, si è giustamente osservato che l'enorme recente incremento dei costi di gestione dei servizi condominiali e l'entrata in vigore della l.n. 392/1978, che, all'art. 9, ha posto a carico degli inquilini la quasi totalità delle spese ordinarie - ad esempio, per il servizio di portierato o di riscaldamento - hanno fatto sorgere un contenzioso tra locatori e conduttori incentrato non solo sulle formali contestazioni puramente contabili o sull'effettività della spesa, ma anche sulla validità ed esattezza delle tabelle millesimali allegate ai regolamenti, in base alle quali la ripartizione viene effettuata. Per quel che qui rileva, si tratta di verificare se il medesimo conduttore - il quale, nelle materie indicate nell'art. 10 della suddetta legge, ha il diritto di partecipare alle assemblee e di votare in luogo del proprietario - abbia o meno strumenti «diretti» a cui possa ricorrere ove si ritenga leso nell'attribuzione della quota per le spese comuni, dovendosi ovviamente escludere ogni forma di autotutela, quale la sospensione di rimborsi al proprietario, che lo esporrebbero ad un'azione di risoluzione per inadempimento. Si ritiene che il conduttore non sia legittimato ad impugnare le tabelle millesimali, non potendo ingerirsi nel diritto di proprietà del condomino-locatore: invero, anche dopo la c.d. legge sull'equo canone, il primo rimane estraneo al condominio, nel senso che è generalmente escluso qualsiasi rapporto diretto in ordine al pagamento degli oneri condominiali, come è preclusa, di regola, l'impugnabilità delle delibere assembleari da parte dell'inquilino, che può agire unicamente nei confronti del proprio locatore, opponendo, alle richieste di ripetizione da parte di questi, quelle eccezioni che avrebbero potuto essere dallo stesso sollevate nei confronti del condominio - al riguardo, v. Cass. civ., sez. II, 31 maggio 1988, n. 3701 - tra le quali la contestazione del criterio di suddivisione delle spese condominiali recepito nel regolamento nelle sole ipotesi di cui all'art. 69 disp. att. c.c., e non adducendo la mancata corrispondenza della ripartizione a criteri di proporzionalità, al fine di effettuare il rimborso nei limiti della tabella eventualmente corretta. Peraltro, il conduttore, nello stipulare il contratto di locazione, si è assunto (implicitamente) l'obbligo di rimborsare gli oneri accessori previsti dalla legge nella misura e nei limiti della quota millesimale attribuita alla specifica unità immobiliare concessagli in godimento, in ordine alla quale aveva un onere di preventivo accertamento. Tuttavia, qualora la tabella sia modificata «negozialmente» dopo il sorgere del rapporto locatizio con il consenso del locatore, può essere contestata (ai soli fini del rapporto inter partes) dall'inquilino, nel senso che, stante la facoltatività del predetto consenso da parte del locatore - che avrebbe potuto eccepire l'immutabilità dei valori per motivi diversi dal sopravvenuto cambiamento della situazione di fatto - l'obbligo contributivo del conduttore non dovrebbe essere maggiore quantomeno fino alla scadenza del contratto; diverso è, invece, il caso in cui la modifica in peius della posizione contributiva del conduttore sia stata causata da una revisione «giudiziale» delle tabelle - ad esempio, richiesta da altro condomino diverso dal proprietario dell'appartamento locatogli - perché, in tale ipotesi, il giudicato della relativa sentenza farà incontrovertibilmente stato nei confronti di tutti i partecipanti al condominio e, quindi, anche nei confronti del suddetto inquilino, che riveste al riguardo una situazione necessariamente derivata. Tale situazione non appare mutata a seguito della Riforma del 2013, anche se va registrato un maggiore coinvolgimento dell'inquilino nella vita condominiale rispetto al passato, anche alla luce del nuovo disposto dell'art. 1130-bis, comma 1, c.c., secondo il quale, non solo i condomini, ma anche «i titolari di diritti di godimento sulle unità immobiliari» e, dunque, i conduttori, possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copie a proprie spese. Casistica
Celeste - Scarpa, L'amministratore e l'assemblea, Milano, 2014, 159; De Renzis - Ferrari - Nicoletti - Redivo, Trattato del condominio, Padova, 2008, 913; De Tilla, Sull'impugnativa delle tabelle millesimali, in Arch. loc. e cond., 2000, 596; Branca, Millesimi e amministratore, legittimazione passiva, in Foro it., 1978, I, 1368; Salis, Impugnazione di tabella millesimale approvata a maggioranza, in Giust. civ., 1966, I, 1950. |