Il contenuto della relazione di stima dopo le riforme dell'espropriazione forzata

Pasqualina Farina
18 Gennaio 2017

Il ruolo ed i compiti dell'esperto stimatore sono stati riscritti dalle molteplici riforme apportate all'espropriazione forzata. A differenza del passato il contenuto della relazione non è più limitato alla mera stima del bene, dovendo veicolare ai potenziali offerenti tutte le informazioni necessarie a valutare la convenienza dell'acquisto.
La funzione della relazione di stima. Dalla determinazione del valore dell'immobile alla informazione degli interessati all'acquisto.

Nel sistema concepito dal legislatore del 1942, il ruolo dell'esperto stimatore nel processo di espropriazione forzata era decisamente contenuto. La nomina era eventuale, disposta in un momento avanzato della procedura ed imbrigliata forme rigorose. Solo dopo la soluzione delle eventuali problematiche, il giudice fissava un'udienza di comparizione delle parti, destinata alla nomina del consulente, assistita dalle formalità di pubblicità ed alla quale partecipavano il debitore, i creditori iscritti di cui all'art. 498 c.p.c., gli eventuali comproprietari ex art. 599 c.p.c. Seguiva l'udienza per il giuramento, quella per il deposito della relazione, nonché quella per l'esame della stessa. In definitiva il tempo impiegato per ottenere la relazione risultava decisamente elevato, come pure il numero di udienze che, seppure ravvicinate, appesantivano i ruoli dei giudici.

Le riforme apportate al libro terzo del codice di rito e alle disposizioni di attuazione hanno anticipato, ad un momento precedente all'udienza di autorizzazione a vendita, la nomina dell'esperto (che non avviene più in udienza) e il deposito della relazione. Ad un tempo hanno attribuito una funzione decisamente centrale alla relazione, non più limitata alla stima dell'immobile. Per la migliore fruttuosità della vendita e la massima soddisfazione dei creditori l'esperto non può più limitarsi ad una stima aderente ai valori di mercato, posto che l'attuale normativa gli affida una serie di accertamenti o valutazioni economiche e giuridiche destinate a confluire nel successivo decreto di trasferimento.

Da questa prospettiva emerge chiaramente il ruolo centrale svolto dalla relazione di stima, quale contenitore di tutte le informazioni indispensabili perché i potenziali offerenti valutino la convenienza dell'acquisto, nonché di tutti quegli accertamenti su formalità, vincoli ed oneri che incidono sulla vendita e/o commerciabilità del bene. A sottolineare l'importanza di tali elementi è appena il caso di segnalare che per il c.d. principio del consenso informato, il decreto di trasferimento non può essere opposto dall'aggiudicatario per i vizi dell'immobile noti o contenuti nella relazione e/o nel bando di vendita (nello stesso senso v. la recente Cass. 25 ottobre 2016, n. 21480 con nota L. Farina, La conoscibilità delle informazioni rilevanti per gli interessati all'acquisto in vendita forzata).

Sul punto va segnalato lo stretto collegamento con il comma 2 dell'art. 490 c.p.c. in forza del quale la relazione di stima va anche pubblicata on line, per divulgare in maniera circostanziata tutte le caratteristiche del bene. Scopo della norma è certamente quello di garantire la migliore informazione degli interessati, nonché quello di aumentare la c.d. stabilità della vendita forzata, precludendo eventuali contestazioni dell'acquirente, fondate sulla incompletezza dei dati riportati nell'avviso di vendita (nel vigore del vecchio regime Cass., 4 novembre 2005, n. 21384 aveva riconosciuto l'applicabilità della tutela di cui all'art. 1489 c.c. secondo le regole comuni, posto che l'art. 2922, primo comma c.c., esclude per la vendita forzata la sola garanzia per vizi. Nella specie la Suprema Corte ha riconosciuto all'aggiudicatario un'actio quanti minoris: l'immobile era stato venduto, difatti, senza che la relazione evidenziasse la sussistenza di un contratto di locazione opponibile alla procedura).

La determinazione del valore di mercato dell'immobile pignorato

Il prezzo base dell'immobile pignorato è stabilito dal giudice avuto riguardo al «valore di mercato» ed agli elementi forniti dalle parti e dall'esperto nominato ai sensi dell'art. 569, primo comma c.p.c.

Le modifiche apportate dal d.l. 27 giugno 2015, n. 83 all'art. 568 c.p.c. hanno, dunque, eliminato l'anacronistico richiamo al reddito dominicale ed alla rendita catastale dell'immobile per la determinazione del prezzo base. Per completezza va segnalato che già l'art. 173 bis disp. att., (che consente di qualificare la relazione di stima come una vera e propria consulenza tecnica d'ufficio), rimediava alla scarsa attendibilità dei criteri di cui al vecchio art. 568 c.p.c..

E' compito dell'esperto stabilire, dunque, il valore di mercato avvalendosi di diversi elementi - tutti necessari - quali la superficie dell'immobile (specificando quella commerciale), il valore per singolo metro quadro e quello complessivo. Tuttavia, l'importo così ottenuto deve essere ridotto in ragione della particolare natura della vendita forzata (si pensi all'art. 2922 c.c. che esclude la garanzia per i vizi del bene) e delle correzioni determinate dagli oneri di regolarizzazione urbanistica, dallo stato d'uso e di manutenzione, dagli oneri e dai vincoli, anche non apparenti, che gravano sul bene e che non possono essere eliminati dall'effetto purgativo della vendita forzata: è il caso dei diritti reali di terzi (come, ad es., una servitù di passaggio) che limitano il pieno godimento del bene, dei contratti di locazione opponibili alla procedura esecutiva ovvero dei provvedimenti di assegnazione al coniuge aventi data certa anteriore alla data di trascrizione del pignoramento o di altri vincoli di cui si dirà meglio infra.

È compito del giudice, anche in forza dei rilievi formulati dalle parti, verificare la corretta applicazione dei criteri di stima e, conseguentemente, individuare nell'ordinanza di vendita il prezzo base determinato a norma dell'articolo 568, come recita il comma 2, terzo periodo dell'art. 569 c.p.c..

Il giudice può sempre stabilire un importo maggiore o minore rispetto al valore suggerito dall'esperto, senza necessità di motivare le ragioni sottese ad una diversa determinazione. Analogamente, rientra nella discrezionalità del giudice disporre la rinnovazione della stima, se troppo risalente e palesemente inadeguata a rispecchiare il valore effettivo dell'immobile, il cui esercizio (o mancato esercizio) non è sindacabile sotto il profilo della violazione di legge (Cass., 30 giugno 2014, n. 14474).

In definitiva se si riconosce che, anche dopo le innovazione apportate all'art. 568 c.p.c., è compito del giudice stabilire il prezzo base, si deve pure ritenere che la determinazione di un importo inferiore al valore di mercato non determina l'invalidità dell'ordinanza di vendita, in quanto non pregiudica l'esito della vendita e la realizzazione del giusto prezzo attraverso la gara tra più offerenti (Cass. 10 febbraio 2015, n. 2474; Cass. 31 marzo 2008, n. 8304). A conferma della correttezza di tale assunto vanno altresì richiamati i novellati artt. 568 e 571 c.p.c. che incentivano una vendita forzata “sottocosto”, pur di pervenire alla definizione del processo esecutivo in tempi rapidi.

A differenza del passato quando la scelta di avvalersi dell'esperto presupponeva che il giudice avesse riscontrato sia l'effettiva utilità della relazione, sia la convenienza (intesa come rapporto tra i costi della stima ed il presumibile valore di realizzo del bene), oggi la nomina dell'esperto sembra costituire un vero e proprio obbligo per l'ufficio esecutivo, analogamente a quanto previsto dal nuovo primo comma dell'art. 107 l.fall. per le vendite fallimentari.

Pur in difetto di una esplicita norma, la necessità della nomina deriva direttamente dalla formulazione dell'art. 568 c.p.c., laddove stabilisce che il valore è determinato dal giudice tenuto conto degli elementi forniti dalle parti e dall'esperto; e, indirettamente, dal contenuto necessario e complesso della relazione di stima e dai compiti dell'esperto, ulteriormente ampliati dal legislatore del 2015 che ha arricchito l'art. 173 bis disp. att. con i nn. 7, 8, e 9, tutti di fondamentale importanza per la migliore fruttuosità dell'espropriazione forzata.

I compiti dell'esperto

Preliminarmente l'esperto verifica la completezza della documentazione ipocatastale, segnalando tempestivamente al giudice ed al creditore istante eventuali carenze; accerta, inoltre, la corrispondenza tra la descrizione attuale del bene (indirizzo, numero civico, piano, interno, confini ecc.) e quella contenuta nel pignoramento, specificando se i dati riportati in tale atto sono erronei, parziali o se consentono l'univoca identificazione del bene.

L'esperto provvede all'accatastamento dell'immobile (se non ancora accatastato) o esegue le variazioni necessarie per l'aggiornamento del catasto, accertando la corrispondenza tra la descrizione del cespite contenuta nel titolo di provenienza e quella della planimetria catastale, nonché tra questa e lo stato attuale dei luoghi; descrive il tipo e l'ubicazione di eventuali difformità, segnalando se l'identificativo catastale includa anche porzioni aliene, comuni o non pignorate e procede ai necessari frazionamenti.

Indica dettagliatamente i dati generali e l'ubicazione dell'immobile pignorato, le caratteristiche interne ed esterne, la superficie calpestabile e commerciale, i confini e dati catastali attuali, eventuali pertinenze, accessori, la caratura millesimale contenuta nel regolamento di condominio ove esistente, nonché lo stato attuale dell'impianto elettrico e termico.

Predispone la certificazione energetica degli edifici di cui all'art. 6 del d. l.vo 19 agosto 2005, n. 192 (come modificato dall'art. 13 del d. l.vo 3 marzo 2011, n. 28), salvo che l'immobile sia esente ex art. 9, ovvero ne sia già dotato.

Accerta se è possibile vendere il bene in uno o più lotti e, in tal caso, forma i singoli lotti dopo aver acquisito l'autorizzazione del giudice, determinando i nuovi confini e indicando il valore di ciascuno di essi. Analoga attività l'esperto compie se l'immobile è pignorato solo pro quota ed è divisibile in natura nel rispetto delle quote dei singoli comproprietari, anche prevedendo eventuali conguagli in denaro; in caso contrario, procede alla stima dell'intero, riconoscendo l'indivisibilità del bene ex artt. 577 ss. c.p.c., art. 846 c.c. e della L. 3 giugno 1940, n. 1078.

L'accesso ai luoghi e le verifiche sullo stato di possesso

La legge nulla dice sulla necessità che l'esperto effettui un sopralluogo.

Tuttavia proprio il contenuto analitico della relazione, unitamente al n. 3 dell'art. 173 bis disp. att., che gli impone di riferire sullo stato di possesso dell'immobile e sul titolo che fonda l'occupazione del terzo, inducono ad annoverare l'accesso ai luoghi tra i compiti necessari dell'esperto. L'accesso diretto, oltre a garantire una migliore qualità della relazione ed una verifica penetrante sull'effettivo stato di possesso dell'immobile, consente all'occupante di apprendere tempestivamente dell'inizio del subprocedimento di vendita.

Si aggiunga che solo l'accesso ai luoghi consente di verificare l'utilizzo effettivo dell'immobile, riducendo il rischio che un terzo occupante proponga opposizione ex art. 619 c.p.c., asserendo di aver usucapito l'immobile.

Qualora il debitore (o il terzo occupante) ostacoli o impedisca il sopralluogo, l'esperto deve informare al più presto il giudice, affinché ordini la sostituzione del debitore nella custodia del bene pignorato, a norma dell'art. 559 c.p.c. e disponga l'accesso forzoso, anche avvalendosi della forza pubblica (salva l'ipotesi che l'esperto non sia già stato preventivamente autorizzato in tal senso dal medesimo giudice).

In caso di immobile occupato dal locatario, l'esperto acquisisce i contratti di locazione e se questi ultimi risultano opponibili alla procedura indica la data di scadenza, quella fissata per il rilascio o la pendenza di eventuali giudizi, nonché l'inadeguatezza del canone ex art. 2923, comma 3 c.c.

È appena il caso di segnalare che l'art. 173 bis, comma 1, n. 3, disp att. contiene un esplicito riferimento “all'esistenza di contratti registrati in data antecedente al pignoramento”. Pur mancando una esplicita norma che sancisca l'irrilevanza delle locazioni stipulate dopo il pignoramento, il principio è comunque implicito nell'art. 2923 c.c. sugli effetti sostanziali della vendita, atteso che questi ultimi inevitabilmente originano dagli effetti sostanziali del pignoramento.

Quanto ai contratti di locazione stipulati prima del pignoramento va ricordato che:

  1. la registrazione conferisce al contratto la certezza della data e ne consente l'opponibilità all'aggiudicatario per tutta la sua durata se infranovennale;
  2. il contratto è opponibile nei limiti di un novennio se è di durata superiore anche se non è stato trascritto, ove sussista la prova della data certa o della detenzione anteriore al pignoramento ai sensi dell'art. 2923, comma 4, c.c.;
  3. l'aggiudicatario non è tenuto a rispettare la locazione a canone vile, inferiore di almeno un terzo rispetto al giusto canone di mercato, ex art. 2923, comma 3, c.c.

Rimane da chiarire con quale strumento processuale dedurre l'inopponibilità della c.d locazione a canone vile ex art. 2923 c.c. Se in passato si discuteva sull'ammissibilità della tutela di urgenza di cui all'art. 700 c.p.c., nel regime attuale sembra costituire compito del giudice dell'esecuzione accertare, all'esito di un'istruzione sommaria, l'inopponibilità del contratto nei confronti dell'aggiudicatario ed emettere direttamente l'ordine di liberazione da eseguirsi a cura del custode a norma dell'art. 560 c.p.c.

Laddove l'immobile sia occupato dal coniuge separato o dall'ex coniuge del debitore l'esperto ha il compito di acquisire il provvedimento di assegnazione della casa coniugale. Analogamente a quanto accade per le locazioni, l'assegnazione della casa coniugale risulta opponibile se trascritta in data anteriore alla trascrizione del pignoramento (e in questo caso il valore dell'immobile sarà pari alla nuda proprietà); opponibile nei limiti di nove anni dalla data del provvedimento di assegnazione se quest'ultimo pur non trascritto nei pubblici registri è anteriore alla data di trascrizione del pignoramento. Di contro è inopponibile alla procedura se disposta con provvedimento successivo alla data di trascrizione del pignoramento

I vincoli

La relazione tecnica deve riportare i vincoli, anche non apparenti, che incidono sul valore intrinseco del bene.

In particolare deve indicare se l'immobile pignorato è conforme alle autorizzazioni o concessioni amministrative e se sussiste la dichiarazione di agibilità.

Laddove la costruzione risulti realizzata o modificata in violazione della normativa urbanistico - edilizia, l'esperto descrive analiticamente la tipologia degli abusi riscontrati, precisando se l'illecito sia stato sanato o risulti sanabile per il combinato disposto dagli artt. 46, comma 5°, del D.P.R.6 giugno 2001, n. 380 e art. 40, comma 6° della L. 28 febbraio 1985, n. 47; al contempo specifica i costi e gli oneri per la sanatoria ovvero, in mancanza, quelli necessari all'eliminazione degli abusi.

L'esperto deve, altresì, segnalare l'esistenza di:

  1. vincoli paesaggistici, artistici, storici ed eventuali diritti di prelazione (si pensi alla necessaria «autorizzazione» da parte del Ministero ovvero alla «denuncia» del trasferimento della proprietà, da effettuare per consentire allo Stato di esercitare il diritto di prelazione nel rispetto del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, che ha introdotto il codice dei beni culturali; o al promissario acquirente che, ai sensi dell'art. 9 D.Lgs. n. 122 del 2005, ha un diritto di prelazione anche laddove non sia stato trascritto il preliminare di vendita);
  2. vincoli ed oneri di natura condominiale (si pensi alle limitazioni all'uso del bene previste nel regolamento condominiale 
c.d. contrattuale), incluse le spese non pagate nei due anni anteriori alla data della relazione e quelle straordinarie già deliberate, anche se il relativo debito non sia ancora scaduto (in caso di vendita volontaria cfr. Cass. 2 maggio 2013, n.10235);
  3. diritti demaniali (di superficie o servitù pubbliche), usi civici, livelli e censo, evidenziando eventuali oneri di affrancazione o riscatto.

La relazione di stima contiene, inoltre, una completa informativa non solo sulle domande giudiziali, ma anche sui procedimenti giudiziari relativi al bene pignorato (precisando se a carico dell'acquirente, ovvero non opponibili al medesimo). Tale assunto poggia per un verso sulle norme che regolano la trascrizione della domanda giudiziale, per altro verso sulla circostanza che la prosecuzione dell'azione esecutiva non è ostacolata dalla pendenza di altro giudizio, intrapreso prima del pignoramento. Rimane fermo che, in quest'ultimo caso, i creditori e l'aggiudicatario sono destinati a subire gli esiti del giudizio che ha ad oggetto la res pignorata. Per queste ragioni, l'esperto non può limitarsi ad indicare la sussistenza di una domanda giudiziale, peraltro già risultante dalla documentazione di cui all'art. 567 c.p.c., ma deve fornire le più ampie informazioni sullo stato del procedimento e sui futuri ed eventuali giudizi di impugnazione.

La nomina ed i tempi per l'invio della relazione

Per accelerare la procedura esecutiva il giudice nomina l'esperto nel termine di quindici giorni (in passato erano trenta giorni) dal deposito della documentazione ipocatastale, convocandolo (non più davanti a sé per la prestazione del giuramento, ma) direttamente in cancelleria per l'accettazione dell'incarico. Si tratta di un adempimento meramente formale che come lascia intendere il primo comma dell'art. 569 c.p.c. non richiede il rispetto del principio del contraddittorio, né la presenza del giudice dell'esecuzione.

Verificata la completezza della documentazione ipocatastale, l'esperto stabilisce data ed ora del sopralluogo, avvisando tempestivamente il creditore procedente, i creditori intervenuti e l'esecutato. Si tratta di un adempimento indispensabile che, se debitamente evaso, azzera i rischi di opposizione ex art. 617 c.p.c. fondata sulla nullità della relazione per mancanza del contraddittorio. A causa dell'esiguità dei tempi per la redazione della perizia, l'accesso ai luoghi va compiuto in tempi stretti specie ove si consideri che, dopo tale attività, potrebbe essere necessario acquisire ulteriore documentazione indispensabile ai sensi dell'art. 173 bis disp. att.

Il lasso di tempo a disposizione dell'esperto per l'invio della relazione a tutti i creditori ed al debitore è stato ridotto - dal penultimo comma dell'art. 173 bis disp. att. - a trenta giorni (in luogo degli originari quarantacinque) prima dell'udienza di comparizione. L'esperto, in un periodo abbastanza contenuto, deve oggi compiere tutte le attività necessarie a redigere una perizia completa ed analitica, fondata anche su dati e notizie provenienti da uffici amministrativi, non sempre celeri nel fornire la documentazione richiesta. Ed infatti, se si considera che l'esperto è nominato al momento della fissazione dell'udienza e che, in forza della modifica all'art. 569 c.p.c. tra la data del provvedimento e quella dell'udienza non possono decorrere più di 90 giorni, l'esperto deve svolgere il proprio mandato in soli 60 giorni. È rimasta, invece, invariata la facoltà delle parti di depositare direttamente in udienza eventuali note alla relazione, purché trasmesse in copia anche all'esperto almeno quindici giorni prima.

Il compenso

Per contenere valutazioni eccessivamente elevate, l'art. 161, ultimo comma, disp. att., stabilisce che il compenso dell'esperto non viene più calcolato sul valore di stima, ma sul prezzo di aggiudicazione. Questa norma prevede, inoltre, che prima della vendita possono essere liquidati acconti purché inferiori al 50% del compenso calcolato sul valore di stima.

Tale innovazione lascia perplessi, poiché finisce per ritardare e subordinare il pagamento del saldo - ad un professionista che svolge una funzione essenziale per l'efficienza del processo esecutivo – ad eventi che non sono nella disponibilità delle parti o del giudice. Basti pensare all'incongruenza della previsione normativa ogni volta che la procedura si estingua o si chiuda prima dell'aggiudicazione. In tal caso l'unico valore di riferimento al quale ancorare la liquidazione del saldo è il prezzo base contenuto nell'avviso di vendita; con la precisazione che si verifica un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto all'ipotesi in cui l'aggiudicazione avvenga per un prezzo inferiore o superiore a quello base.

Applicando dunque la nuova disciplina, l'esperto può depositare la richiesta di liquidazione di un acconto nella misura di cui all'art. 161 disp. att.; solo dopo l'aggiudicazione può chiedere la liquidazione del saldo del compenso per il lavoro svolto, saldo che sarà commisurato non più all'importo del prezzo base ma a quello di aggiudicazione.

Guida all'approfondimento
  • Bongiorno, Espropriazione immobiliare, in Digesto disc. priv. - sez. civ., Torino 1992, VIII, 45;
  • Ghirga, Determinazione del valore dell'immobile pignorato dopo il secondo incanto andato deserto, in Riv. es. forz., 2001, 62;
  • Recchioni, Appunti in tema di determinazione del valore dei beni espropriati da parte del notaio delegato nel processo di espropriazione immobiliare, in Riv. es. forz. 2002, 229.
  • Più di recente v. Miccolis, Trascrizione delle domande giudiziali e processo esecutivo, in Trattato della trascrizione, diretto da Gabrielli e Gazzoni, Torino 2014, II, 435, ss.;
  • Vanz, Commento sub artt. 568 c.p.c. e art. 178 bis disp. att., in Le nuove riforme dell'esecuzione forzata, Torino 2016, 237 ss., 388 ss.

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