Verificazione di scrittura privataFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 214
04 Maggio 2016
Inquadramento
La verificazione costituisce un onere gravante sulla parte che voglia avvalersi della scrittura privata disconosciuta. Colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla onde inficiarne la valenza probatoria, è difatti tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione. Gli eredi o gli aventi causa possono, invece, limitarsi a dichiarare di non conoscere la scrittura o la sottoscrizione per evitare che la stessa acquisisca piena prova in ordine alla sua provenienza. Una volta intervenuto il disconoscimento, la parte che voglia utilizzare la predetta scrittura deve addossarsi l'onere probatorio chiedendo la verificazione della scrittura o della sottoscrizione.
L'istanza di verificazione, oltre che in via incidentale, può anche proporsi mediante autonomo giudizio, qualora la parte dimostri di avere un interesse a servirsi del documento come prova legale in un diverso processo, ovvero ad ottenere un titolo negoziale idoneo alla trascrizione od all'iscrizione ipotecaria ai sensi degli artt. 2657, 2835 c.c. (Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 1988, n. 5910). L'onere del disconoscimento e l'istanza di verificazione non possono avere ad oggetto le scritture private non munite di sottoscrizione, che sono rimesse al libero apprezzamento del giudice (Cass. civ., sez. VI, 14 febbraio 2013, n. 3730). La mancata proposizione dell'istanza di verificazione di scrittura privata disconosciuta equivale a dichiarazione di non volersi avvalere, come mezzo di prova, della medesima scrittura, con la duplice conseguenza che il giudice non deve tenerne conto e la parte, che ha operato il disconoscimento, non può trarre elementi di prova a sé favorevoli dalla mancata presentazione dell'istanza anzidetta (Cass. civ., sez. III, 16 febbraio 2012, n. 2220).
Disconoscimento della scrittura privata
Il disconoscimento della scrittura privata, agli effetti dell'art. 215 c.p.c., deve avvenire «nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione», termini non rimessi alla volontà della parte onerata dell'atto, ma operanti nel senso che il sopraggiungere del primo termine preclude di disconoscere nel termine successivo (Cass. civ., sez. II, 28 novembre 2013, n. 26641). In caso di mancato assolvimento di tale onere la conseguenza è il riconoscimento tacito. Il riconoscimento tacito si verifica anche nel caso in cui è contumace la parte alla quale la scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta, purché gli sia stata notificata copia del verbale di produzione in giudizio della scrittura stessa non indicata in atti notificati in precedenza (Corte cost., 6 giugno 1989, n. 317). Quanto alle modalità del disconoscimento, l'art. 214 c.p.c. impone alla parte contro la quale il documento è prodotto di negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione: ciò deve avvenire, secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, in modo formale e inequivoco, risultando inidonea a tal fine una contestazione generica oppure implicita, perché frammista ad altre difese o meramente sottintesa in una diversa versione dei fatti (Cass. civ., sez. III, 19 luglio 2012, n. 12448). Il disconoscimento, infatti, pur non richiedendo formule sacramentali o vincolate, deve comunque rivestire i caratteri della specificità e della determinatezza e non risolversi in espressioni di stile (Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2011 n. 24456). La valutazione dell'idoneità delle espressioni utilizzate dalla parte a configurare un valido disconoscimento di una scrittura privata prodotta contro di essa costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato (Cass. civ., sez. lav., 20 agosto 2014, n. 18042). Qualora la sottoscrizione di una scrittura privata non venga tempestivamente disconosciuta dalla parte interessata, quel documento farà prova fino a querela di falso della provenienza di esso dalla parte che ne risulta formalmente sottoscrittrice, con la conseguenza che, ove la suddetta querela di falso non venga proposta, il giudice non può sindacarne ex officio l'autenticità (Cass. civ., sez. III, 19 luglio 2012, n. 12448). Occorre tuttavia rimarcare che il valore di presunzione assoluta derivante dal riconoscimento tacito del documento limita i suoi effetti, sul piano probatorio, al solo procedimento nel quale la presunzione stessa è destinata ad operare e ne esclude la pretesa operatività ultrattiva con efficacia erga omnes (Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2007, n. 11460).
L'istanza di verificazione va proposta entro il termine perentorio previsto per le deduzioni istruttorie delle parti (Cass. civ., sez. II, 2 agosto 2011, n. 16915). Nel vigore dell'art. 345 nuovo testo c.p.c., non è possibile proporre istanza di verificazione ex art. 216 c.p.c. per la prima volta in appello con riferimento ad una scrittura privata prodotta in primo grado e in quella sede disconosciuta ai sensi dell'art. 214 stesso codice (Cass. civ., sez. III, 5 settembre 2006, n. 19067). Ad avviso della giurisprudenza il procedimento incidentale di verificazione della scrittura privata disconosciuta ha funzione strumentale e finalità istruttorie, inquadrandosi nell'ambito dell'attività probatoria delle parti, in quanto esso non risulta fine a sé stesso, bensì preordinato all'utilizzazione, nel processo, della prova documentale (Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2005, n. 2411). Per la sua proposizione non sono necessarie formule sacramentali, risultando talvolta sufficiente anche l'articolazione della semplice prova testimoniale, senza che si esiga l'apertura di un formale procedimento quando vi siano già elementi sufficienti per una pronuncia al riguardo e quando l'istanza risulti, comunque, in modo non equivoco (Cass. civ., sez. II, 24 maggio 2012, n. 8272). Peraltro, la formulazione in corso di causa dell'istanza di verificazione della scrittura privata non consente al giudice di merito, che ritenga il documento rilevante per la decisione della controversia, di non dare corso al relativo subprocedimento, ritenendo desumibile l'esito aliunde sulla base di altre prove, non essendo permessa l'aprioristica opzione preferenziale di emergenze probatorie che, prima della verificazione, ed a prescindere da essa, assegnino o neghino alla scrittura il valore di atto autografo della parte contro cui è prodotta (Cass. civ., sez. II, 9 maggio 2011, n. 10147). La S.C. ha altresì ritenuto che la proposizione dell'istanza di verificazione non è compatibile con la volontà di far valere la decadenza della controparte dalla facoltà di disconoscere la scrittura privata che ne forma l'oggetto, sicché, una volta formulata la suddetta istanza, si verifica la rinuncia tacita all'eccezione di decadenza, rinuncia che non può essere revocata (Cass. civ., sez. III, 2 marzo 2012, n. 3241).
Le scritture di comparazione
Poiché l'istanza di verificazione mira a ribadire l'autenticità della scrittura, l'accertamento non può che riguardare documenti originali che, in quanto tali, devono necessariamente essere prodotti in giudizio da parte del soggetto che intende avvalersi della scrittura (Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2014, n. 9971). Il giudice istruttore deve disporre le cautele opportune per la custodia del documento oggetto della verificazione ed il suo deposito in cancelleria. Detti adempimenti non sono, peraltro, richiesti a pena di nullità né di improcedibilità dell'istanza di verificazione, poiché l'organo giudicante - compiendo la propria valutazione discrezionale - può anche ritenere di non disporre in tal senso La parte, che intende valersi di una scrittura privata disconosciuta, nel chiederne la verificazione, deve proporre i mezzi di prova ritenuti utili e produrre o indicare le scritture di comparazione, senza che tale imprescindibile onere possa ritenersi assolto mediante la loro allegazione ad una perizia di parte, che attiene all'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio, ossia ad una fase eventuale ed in ogni caso successiva alla proposizione dell'istanza di verificazione (Cass. civ., sez. II, 17 ottobre 2014, n. 22078). Ciò nondimeno va chiarito che l'onere di produzione delle scritture private di comparazione che incombe sul richiedente non è assoluto, ma subordinato alla circostanza che le predette scritture esistano e siano in suo possesso: in mancanza, la comparazione può essere affidata a scritture provenienti da altre parti del processo, purché ne sia certa l'autenticità e la riferibilità al disconoscente (Cass. civ., sez. III, 12 settembre 2014, n. 19279). Il giudice istruttore è discrezionalmente libero nella scelta delle scritture di comparazione. Tuttavia, in mancanza di accordo delle parti, egli risulta vincolato a ritenere idonee alla comparazione soltanto scritture la cui autenticità sia stata previamente riconosciuta in via giudiziale o per autenticazione stragiudiziale, ovvero ancora per riconoscimento espresso, o tacito nel caso in cui non ne sia mai stata contesta l'autenticità. La S.C. ha, peraltro, chiarito che la nullità della consulenza tecnica d'ufficio derivante dal fatto che il consulente si sia avvalso di scritture di comparazione non preventivamente indicate dal giudice (in mancanza di accordo delle parti), a norma dell'art. 217, comma 2, c.p.c., resta sanata, ai sensi dell'art. 157 c.p.c. se non dedotta dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva al deposito della consulenza stessa (Cass. civ., sez. II, 15 novembre 2011, n. 23851). Il giudice può, inoltre, ordinare alla parte di scrivere sotto dettatura, ai sensi dell'art. 219 c.p.c., anche qualora sia avvenuta l'acquisizione di scritture di comparazione. La giurisprudenza non ritiene indispensabile o comunque necessaria all'espletamento di tale attività la presenza del consulente tecnico (Cass. civ., sez. III, 15 marzo 2004, n. 5237). Se la parte invitata a comparire, mediante ordinanza che non deve esserle notificata personalmente (Cass. civ., sez. I, 7 settembre 1988, n. 5068) non compaia ovvero, pur comparendo, si rifiuti di scrivere, gli effetti di tale comportamento saranno diversi, a seconda che il giudice lo ritenga o meno giustificato da un legittimo impedimento. Nel caso in cui la mancata comparizione od il rifiuto di ottemperare all'ordine di scrivere risultino giustificati, il giudice fisserà la nuova udienza di comparizione per i medesimi incombenti (Cass. civ., sez. I, 8 novembre 1984, n. 5648). Se la parte invitata a comparire personalmente non si presenta o rifiuta di scrivere senza giustificato motivo, il giudice può ritenere la scrittura riconosciuta (art. 219, comma 2, c.p.c.). La CTU grafologica
Allorché sia proposta istanza di verificazione della scrittura privata il giudice non è tenuto a disporre necessariamente una consulenza tecnica grafologica per accertare l'autenticità della scrittura qualora possa desumere la veridicità del documento attraverso la comparazione di esso con altre scritture incontestabilmente provenienti dalla medesima parte e ritualmente acquisite al processo, mentre resta escluso che la questione in esame possa essere risolta attraverso il ricorso ad elementi estranei al procedimento di verificazione, quali ad esempio la condotta delle parti (Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2008, n. 12695). Peraltro, nel procedimento di verificazione della scrittura privata, il giudice di merito, ancorché abbia disposto una consulenza grafica, ha il potere-dovere di formare il proprio convincimento sulla base di ogni elemento istruttorio obiettivamente conferente, comprese le risultanze della prova testimoniale e la valutazione del complessivo comportamento tenuto dalla parte cui la sottoscrizione sia attribuita, senza essere vincolato ad alcuna graduatoria fra le varie fonti di accertamento della verità (Cass. civ., sez. lav., 2 febbraio 2009, n. 2579). Invero, la consulenza tecnica sull'autografia di una scrittura privata disconosciuta, da un lato, non costituisce un mezzo imprescindibile per la verifica dell'autenticità della sottoscrizione, come si desume dalla formulazione dell'art. 217 c.p.c., mentre, dall'altro, non è suscettibile di conclusioni obiettivamente certe, tenuto conto del carattere irripetibile della forma della scrittura umana (Cass. civ., sez. I, 27 luglio 2015, n. 15686). La decisione
Costituisce principio pacifico che il giudice della causa, in cui sia stata prodotta una scrittura privata disconosciuta dall'interessato, è funzionalmente competente per il procedimento conseguente all'istanza, proposta in via incidentale, di verificazione della stessa scrittura, non rilevando in senso contrario la disposizione di cui all'art. 220, comma 1, c.p.c., che, in quanto compresa nella disciplina del procedimento davanti al tribunale in sede collegiale, quando impone la decisione del collegio vuole solo stabilire che si applica la regola comune a quel procedimento per i poteri decisori, che è quella della sua spettanza non all'istruttore, ma al collegio (Cass. civ., sez. VI, 16 ottobre 2013, n. 23433). La sentenza del procedimento che si concluda con esito positivo, e quindi accerti l'autenticità della scrittura o della sottoscrizione, attribuisce al documento l'efficacia probatoria privilegiata di cui all'art. 2702 c.c. In questo caso, il giudice avrà la facoltà di condannare alla pena pecuniaria di cui al secondo comma dell'art. 220 c.p.c. la parte che, disconoscendo la propria scrittura o sottoscrizione, abbia negato l'autenticità del documento medesimo. La giurisprudenza ritiene, altresì, ammissibile una condanna per lite temeraria ai sensi dell'art. 96 c.p.c. Ciò in quanto, poiché il disconoscimento dell'autenticità della propria sottoscrizione, poi dichiarata vera, è comportamento che il codice di rito considera in sé suscettibile di sanzione trattandosi del comportamento che dalla legge è considerato realizzare un abuso nell'esercizio dei mezzi di difesa, la resistenza in giudizio affidata a tale comportamento è oggettivamente suscettibile d'essere considerata come volta unicamente a conseguire il differimento del riconoscimento dell'altrui diritto e può dunque il giudice del merito porla a base d'una valutazione del comportamento processuale del convenuto come tenuto in mala fede o colpa grave (Cass. civ., sez. III, 16 gennaio 1989, n. 163). Casistica
|