Esecuzione delle pronunce sullo scioglimento del vincolo matrimoniale (reg. ce n. 2201/2003)

Rosaria Giordano
25 Settembre 2017

Le decisioni relative alla responsabilità genitoriale su un minore, emesse ed esecutive in uno Stato membro, possono, almeno di norma, essere eseguite in un altro Stato membro solo dopo un apposito procedimento di esecutività.

Inquadramento

IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE

Le decisioni relative alla responsabilità genitoriale su un minore, emesse ed esecutive in uno Stato membro, possono, almeno di norma, essere eseguite in un altro Stato membro solo dopo un apposito procedimento di esecutività.

Attualmente è invero prevista l'esecuzione “diretta” in base al sistema della certificazione da parte dell'autorità giudirisdizionale dello Stato membro nel quale è stata emanata la decisione esclusivamente per le pronunce sul diritto di visita e sul ritorno del minore oggetto di sottrazione internazionale. Peraltro, la proposta di riforma del Reg. CE n. 2201/2003 depositata dalla Commissione europea in data 30 giugno 2016 prevede l'abolizione dell'exequatur per tutte le decisioni in tema di responsabilità genitoriale.

Pertanto, allo stato, sebbene operi anche per le pronunce in materia di responsabilità genitoriale il generale principio dell'immediata efficacia negli ordinamenti degli altri Stati Membri ai sensi dell'art. 21 del Regolamento in esame, tuttavia siffatte decisioni, a differenza di quelle in materia matrimoniale, di norma necessitano di un'attività concreta di esecuzione (Long, 1101).

Sulla questione la Suprema Corte ha evidenziato che, in tema di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di responsabilità genitoriale, nella disciplina del Regolamento CE del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201/2003, le decisioni sull'esercizio della responsabilità genitoriale, se non si sottraggono al principio generale dell'automatico riconoscimento (restando l'eventuale disconoscimento subordinato ad iniziativa di parte), non possono, solo perché riconosciute, essere poste in esecuzione, vale a dire non possono costituire titolo per un'attività modificativa della situazione in atto, all'uopo occorrendo, oltre alla previa notificazione, la apposita declaratoria di esecutività, su istanza dell'interessato, di cui all'art. 28 del citato Regolamento (Cass., Sez. Un., n. 27188/2006, la quale ha ritenuto che, di conseguenza, la decisione del giudice italiano, la quale modifichi una precedente scelta e sostituisca l'uno all'altro genitore nella qualità di affidatario del figlio minore, non autorizza il nuovo affidatario a prelevare ed a trasferire il minore stesso dallo Stato membro in cui risieda assieme al precedente affidatario, rendendosi a tal fine necessaria, la dichiarazione di esecutività).

Ai fini del riconoscimento, è in primo luogo necessario che la decisione sia esecutiva nello Stato d'origine, i.e. idonea a costituire titolo per dare corso all'esecuzione forzata, sebbene non passata in giudicato (Uccella,334).

L'esecuzione, che si caratterizza per rapidità e semplicità sul modello della Convenzione di Bruxelles, è essenzialmente suddivisa in tre fasi disciplinate dal Regolamento sia direttamente sia rinviando alle procedure previste all'interno dei singoli Stati membri (Baratta, 2004, 207 – 208).

La Corte di Giustizia ha recentemente chiarito che nell'ambito del Reg. (CE) n. 2201/2003 le decisioni straniere che comminano una penalità sono esecutive nello Stato membro richiesto solo se la misura di quest'ultima è stata definitivamente fissata dai giudici dello Stato membro d'origine (CGUE, sez. I, 9 settembre 2015, n. 4, in Ilfamiliarista.it, 6 marzo 2006, con nota di Fiengo).

Giudice competente

Il giudici competenti per la dichiarazione di esecutività delle decisioni in materia di responsabilità genitoriale sono individuati in conformità agli elenchi forniti da ciascuno Stato membro alla Commissione.

Nell'ordinamento italiano il giudice competente per l'exequatur è la Corte d'Appello.

Con riferimento alla competenza territoriale, la norma in esame indica quali criteri di collegamento principali la residenza abituale della parte contro la quale è richiesta l'esecuzione oppure quella del minore cui l'istanza si riferisce.

Soltanto in via residuale, ossia qualora tali luoghi non si trovino nel territorio dello Stato Membro richiesto dell'esecuzione, la competenza territoriale è determinata dal luogo dell'esecuzione.

Procedimento

Il procedimento di exequatur si apre con un'istanza di parte alla quale devono essere allegati una copia della decisione che presenti tutte le condizioni di autenticità ed un certificato dell'autorità competente relativo alle decisioni in materia matrimoniale e sulla responsabilità genitoriale redatti secondo i moduli uniformi allegati al Regolamento.

Nell'ipotesi in cui si chieda l'esecuzione di una decisione resa in contumacia della controparte, l'istante dovrà anche produrre l'originale o una copia autentica del documento comprovante la regolare notifica dell'atto introduttivo del procedimento al contumace ed un altro attestante l'accettazione della decisione da parte dello stesso convenuto. Si è quindi osservato che non potrà trovare applicazione il principio, sancito per la Convenzione di Bruxelles del 1968, secondo cui la parte istante può assolvere all'onere di allegazione producendo qualsiasi documento idoneo (Uccella, 334).

La mancata produzione dei documenti non è tuttavia, come si desume dall'art. 38 Reg. CE n. 2201/2003, motivo di rigetto dell'istanza: la norma invero stabilisce che in simili casi il giudice dell'esecuzione possa fissare un termine per la loro presentazione, accettare documenti equivalenti o disporne la dispensa (Baratta, 2004, 208).

La necessità di allegare i documenti comprovanti l'avvenuta notificazione della decisione alla controparte ovvero l'accettazione della stessa da parte del contumace possono giustificarsi con l'intento di cercare di favorire, comunque, un'esecuzione spontanea dei provvedimenti, limitando l'attivazione della procedura di exequatur alle ipotesi nelle quali la stessa è strettamente necessaria (Baratta, 2004,209).

La procedura per l'exequatur è di natura sommaria, poiché la relativa decisione è assunta dal giudice dello Stato membro richiesto senza la convocazione della parte resistente, di talché il contraddittorio è soltanto differito ed eventuale (Uccella,335; v. anche Commento sub art. 33):l'art. 28 del Regolamento stabilisce infatti che l'autorità giurisdizionale adita decida in questa prima fase “senza indugio” e senza che le altre parti interessate possano presentare osservazioni.

Tuttavia, la Corte di Giustizia ha precisato che nell'ambito di una procedura di non riconoscimento di un provvedimento di restituzione di un minore, l'art. 31, n. 1 del Regolamento (ai sensi del quale il giudice si pronuncia, nella fase iniziale, in assenza di contraddittorio) deve restare non applicato poiché l'oggetto di tale procedura mira ad un giudizio negativo che, per sua natura, esige il contraddittorio. Pertanto, la parte convenuta, la quale avrebbe potuto agire in giudizio presentando istanza per la dichiarazione di esecutività di detto provvedimento, non può essere privata della possibilità di presentare osservazioni (CGUE, sez. III, 11 luglio 2008, n. 195).

In questa fase il giudice adito per l'esecuzione può respingere l'istanza esclusivamente in presenza di uno dei motivi che, ai sensi degli artt. 22, 23 e 24 dello stesso Regolamento, ostano al riconoscimento delle decisioni pronunciate in un altro Stato membro.

Si precisa infine, in omaggio alla regola generale sancita dall'art. 24, par. 3, che in nessun caso la decisione può essere riesaminata nel merito.

Il provvedimento, sia esso positivo che negativo (Baratta, 2004,210), è portato senza indugio a conoscenza del richiedente, a cura del cancelliere, secondo le modalità previste dalla legge dello Stato richiesto.

Opposizione alla decisione sull'istanza di exequatur

La seconda fase del procedimento di exequatur, di carattere eventuale, si apre con l'opposizione proposta, a seconda dei casi, dal richiedente l'esecuzione o dal soggetto contro il quale l'esecuzione stessa è invocata (Baratta 2004,210). In ogni caso con l'opposizione si instaura un ordinario processo di cognizione, all'interno del quale opposto ed opponente, nelle rispettive posizioni sostanziali di attore e di convenuto, hanno la possibilità di modificare e precisare le originarie domande, eccezioni e conclusioni (Uccella, 335).

Nella giurisprudenza di legittimità, su un piano generale, si è evidenziato che, in tema di opposizione all'"exequatur" di sentenze straniere, l'attestazione del giudice straniero sulla regolarità della notificazione dell'atto introduttivo al convenuto contumace non preclude l'autonoma valutazione da parte del giudice nazionale, in quanto limitare la portata del potere di esame, di cui dispone il giudice dello Stato membro, per il fatto che è stato prodotto l'attestato significherebbe impedire la garanzia del contraddittorio ed il rispetto del diritto di difesa (Cass., sez. I, n. 4392/2014).

In primo luogo l'opposizione può essere proposta da colui che aveva richiesto l'esecuzione del provvedimento qualora la stessa sia stata negata dall'autorità giurisdizionale adita. La norma non prevede un termine per proporre tale opposizione: a riguardo si è osservato che ciò potrebbe dipendere dalla volontà del legislatore comunitario di favorire la circolazione e l'esecuzione dei provvedimenti all'interno dello spazio giudiziario europeo, consentendo al richiedente di ovviare a quelle deficienza che avevano impedito al concessione dell'exequatur (Baratta, 2004, 210).

Specularmente, nell'ipotesi in cui l'esecuzione sia stata concessa, la controparte, non convocata nella prima fase del procedimento, può proporre opposizione per far valere le ragioni eventualmente ostative all'exequatur. L'opposizione, in un ulteriore parallelismo con il procedimento per ingiunzione siccome disciplinato nel sistema italiano, deve essere proposta dinanzi al medesimo giudice che ha pronunciato il provvedimento opposto. L'opposizione deve essere proposta nel termine di un mese dalla notificazione del provvedimento ad opera della parte che ha ottenuto lo stesso.

L'art. 34 del Regolamento stabilisce che la decisione resa sull'opposizione può essere impugnata dinanzi alle autorità giurisdizionali di cui all'elenco che ciascuno Stato membro, ai sensi dell'art. 68, è tenuto a comunicare alla Commissione.

Nell'ordinamento italiano l'autorità dovrebbe essere la Corte di Cassazione (cfr. Baratta, 2004,211, il quale parla di “terza fase” del procedimento): ne deriva che il provvedimento reso all'esito dell'opposizione potrà essere impugnato dinanzi alla stessa soltanto per motivi di diritto.

Sospensione del procedimento a seguito dell'impugnazione della decisione

L'art. 35 del Regolamento CE n. 2201/2003 consente sia al giudice dinanzi al quale è proposta opposizione al provvedimento che concede l'exequatur sia a quella di fronte la quale è pendente l'impugnazione proposta avverso la decisione che ha confermato lo stesso in sede di opposizione di sospendere, su istanza della parte contro la quale l'esecuzione è richiesta, il procedimento qualora la decisione straniera, non ancora passata in giudicato, sia stata impugnata nello Stato di origine con un mezzo ordinario o non sia ancora scaduto il termine per proporre impugnazione.

La Corte di Giustizia ha da lungo tempo chiarito, a riguardo, che per impugnazione ordinaria deve intendersi “ogni mezzo di gravame che appartenga all'iter normale di un processo e che costituisca di per sé uno sviluppo processuale che ciascuna parte può ragionevolmente prevedere, con esclusione dei gravami che dipendono da avvenimenti imprevedibili alla data della decisione originaria e di quelli che dipendono dall'azione di persone estranee all'istanza” (CGCE 22 nov. 1977, Industrial Diamond Supplies, in Rev. Crit. DIP, 1979, 426, con nota di Gademet Tallon).

Nel nostro ordinamento interno, come noto, la distinzione tra strumenti ordinari e straordinari di impugnazione è tracciata dall'art. 324 c.p.c. ed è correlata al passaggio in giudicato della sentenza che avviene, invero, quando la stessa non è più suscettibile di essere impugnata mediante un mezzo ordinario di gravame (ossia l'appello, il regolamento di competenza, il ricorso ordinario per cassazione, la revocazione c.d. ordinaria di cui all'art. 395 n. 4-5 c.p.c.).

La sospensione segue ad un'istanza di parte e si correla ad un provvedimento discrezionale del giudice adito.

Oggetto di dibattito, anche in giurisprudenza, sono gli elementi dei quali il giudice deve tenere conto per decidere, proposta l'impugnazione ordinaria della pronuncia, di sospendere il riconoscimento.

Più in particolare, dalla richiamata sentenza resa dalla Corte di Giustizia nel caso Industrial Diamond Supplies c. Riva sembrerebbe derivare che il giudice debba all'uopo compiere una prognosi circa le possibilità di successo del gravame proposto. Tuttavia, in alcune decisioni successive la stessa Corte di Giustizia ha precisato che ciò non deve tuttavia tradursi in una violazione del principio che vieta al giudice richiesto del riconoscimento di riesaminare la controversia nel merito (CGCE 4 ott. 1991, C-183/90, van Dalfsen, Timmerman e Harmke c. van Loon e Berendsen, GC, 1993, I, 1977; v. art. 25).

Parte della dottrina ha peraltro evidenziato che non dovrebbe escludersi la possibilità per il giudice adito in sede di riconoscimento di effettuare una prognosi in ordine alle probabilità di successo della proposta impugnazione ove ciò non implichi un esame di circostanze già dedotte nel giudizio che ha portato all'emanazione della stessa sentenza. Consegue a tale impostazione che il giudice può sospendere il riconoscimento in base ad una prognosi positiva in ordine al successo del gravame basata sull'esame di fatti diversi da quelli in precedenza dedotti dalle parti ovvero di fatti estintivi sopravvenuti (De Cristofaro, 765 – 768).

Nella medesima prospettiva si è evidenziato, in giurisprudenza, che è necessario che l'opponente alleghi, ai fini della sospensione dell'esecuzione della decisione, motivi nuovi che non avrebbe potuto far valere dinanzi al giudice straniero (App. Parigi, 1° ch., 6 dicembre 2001, in Rev. Crit. DIP, 2002, n. 2, con nota di Pataut).

Non è prevista la possibilità di impugnare un siffatto provvedimento di sospensione (Baratta 2004,211 – 212; De Cristofaro,775).

Nell'ordinamento italiano potrebbe comunque porsi la questione dell'esperibilità del regolamento di competenza che è il mezzo per impugnare i provvedimenti che dispongono la sospensione del processo ai sensi dell'art. 295 c.p.c.

Si è evidenziato, sulla base della giurisprudenza interna in tema di regime del provvedimento che nega la sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c., che non è impugnabile il provvedimento di diniego della sospensione che ha carattere ordinatorio e non decisione, in quanto volto semplicemente a regolare il processo, senza alcuna pronuncia sulla pretesa dedotta in giudizio: ne consegue che è inammissibile il ricorso straordinario per cassazione teso a censurare la mancata sospensione del procedimento, anche qualora il diniego sia stato illegittimamente adottato (Uccella, 335).

Riferimenti
  • Biavatti, Il riconoscimento e il controllo delle decisioni europee in materia familiare, RTDPC, 2003, 1241;
  • Bruneau, La reconnaissance et l'exécution des décisions rendues dans l'Union européenne, La Semaine Juridique, 2001, 803;
  • De Cristofaro, Presupposti e rimedi per il provvedimento che “sospende” l'opposizione all'exequatur o il riconoscimento della sentenza comunitaria, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 1998, 746 ss.;
  • Long, Riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti stranieri de potestate alla luce del Regolamento (CE) n. 2201/2003 (con cenni al tema della validità dei divieti di espatrio e degli obblighi di soggiorno), in Nuova Giur. Civ. Comm., 2007, n. 9, 1097;
  • Picardi, Le matrici socioeconomiche del titolo esecutivo europeo, in Studi in onore di Romagnoli, Milano, 1997, 985;
  • Uccella, La prima pietra per la costruzione di un diritto europeo delle relazioni familiari: il regolamento n. 1347/2000 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi, GC, 2001, II, 313.

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