Pignoramento del conto corrente

Giuseppe Lauropoli
04 Gennaio 2016

La recente riforma di alcuni istituti dell'esecuzione forzata varata con il d.l. n. 83/2015 (successivamente convertito in l. n. 132/2015) ha interessato, fra le altre, il tema del pignoramento del conto corrente, argomento in precedenza non espressamente disciplinato da una disposizione normativa di portata generale.Con il richiamato provvedimento normativo il legislatore è dunque nuovamente intervenuto sulla materia del pignoramento presso terzi; istituto, quest'ultimo, interessato nel corso degli ultimi anni da numerose riforme legislative finalizzate, a volte con maggiore e altre volte con minore successo, a conferire più efficacia e snellezza allo stesso.
Inquadramento

La recente riforma di alcuni istituti dell'esecuzione forzata varata con il

d.l. n. 83/2015

(successivamente convertito in

legge n. 132/2015

) ha interessato, fra le altre, il tema del pignoramento del conto corrente, argomento in precedenza non espressamente disciplinato da una disposizione normativa di portata generale.

Con il richiamato provvedimento normativo il legislatore è dunque nuovamente intervenuto sulla materia del pignoramento presso terzi; istituto, quest'ultimo, interessato nel corso degli ultimi anni da numerose riforme legislative finalizzate, a volte con maggiore e altre volte con minore successo, a conferire più efficacia e snellezza allo stesso.

Non è affatto infrequente che il creditore di una somma di denaro indirizzi l'azione esecutiva, in vista della soddisfazione del proprio credito, nei confronti del conto corrente bancario (o postale) intestato al proprio debitore.

In virtù di tale rapporto di conto corrente bancario (o postale), infatti, si configura certamente un rapporto di debito/credito fra l'istituto di credito e il correntista, tanto da imporre alla banca di rendere la propria dichiarazione di terzo, ai sensi dell'

art. 547 c.p.c.

, in presenza di un saldo positivo del conto corrente, mettendo le relative somme, nei limiti dell'importo pignorato, a disposizione della procedura esecutiva.

Come si accennava poc'anzi, il pignoramento presso terzi viene indirizzato molto frequentemente nei confronti del conto corrente intestato al proprio debitore: è quanto, ad esempio, viene addirittura imposto dalla legge nel caso di esecuzione forzata intrapresa nei confronti di enti locali (tale tematica è meritevole di una trattazione a sé e trova la sua fonte normativa di riferimento nell'

art. 159 d.lgs. n. 267/2000

, il quale impone che il pignoramento nei confronti degli enti locali sia effettuato individuando come terzo pignorato il tesoriere dell'ente); ma è anche quanto avviene comunemente con riguardo all'ipotesi in cui debitrice sia una società che operi mediante conto corrente bancario (ovvero mediante una pluralità di conti correnti), ovvero nel caso in cui debitore sia una persona fisica intestataria (o cointestataria) di uno o più rapporti di conto corrente.

Ordinariamente il pignoramento del conto corrente non pone particolari problemi (rispetto alla generalità delle ipotesi di pignoramento presso terzi), imponendo all'istituto di credito terzo pignorato di rendere la propria dichiarazione e di mantenere a disposizione della procedura le relative somme (se ed in quanto presenti sul conto corrente) nei limiti dell'importo pignorato.

Vi sono, tuttavia, dei casi nei quali un tale tipo di pignoramento pone alcuni problemi attuativi.

Uno di tali casi è costituito, come si accennava all'inizio di questo paragrafo, dall'ipotesi in cui sul conto corrente vengano canalizzati lo stipendio o la pensione del debitore, giacché in un tale caso si è posta la necessità di apportare alcuni «correttivi» alla indiscriminata possibilità di pignoramento delle somme giacenti sul conto, legati alla particolare natura delle somme confluite sullo stesso.

Proprio in relazione alla necessità di apportare tali «correttivi» va letta la riforma introdotta dal

d.l. n. 83/2015

(successivamente convertito in

legge n. 132/2015

), che ha introdotto il nuovo ottavo comma dell'

art. 545 c.p.c.

In evidenza

Si ha pignoramento del conto corrente quando il creditore, avvalendosi del pignoramento presso terzi, sottoponga a pignoramento il conto corrente intestato al proprio debitore, dal momento che da un tale rapporto di conto corrente bancario o postale scaturisce un rapporto di debito/credito fra l'istituto di credito e il correntista.

La disciplina generale applicabile nel caso di pignoramento del conto corrente

Come evidenziato, il pignoramento del conto corrente rientra nell'ambito del pignoramento presso terzi e non pone, ordinariamente, particolari problemi.

L'istituto di credito, infatti, in relazione al rapporto di conto corrente sussistente con il correntista, deve ritenersi debitore del correntista in relazione al saldo attivo giacente sul conto corrente al momento del pignoramento, dovendo dunque rendere in caso di notifica di atto di pignoramento presso terzi, dichiarazione positiva ai sensi dell'

art. 547 c.p.c.

e dovendo mantenere a disposizione della procedura esecutiva le somme eventualmente presenti sul conto, entro i limiti dell'importo pignorato.

Affermare che il pignoramento del conto corrente non pone, di regola, particolari problemi, costituisce, inevitabilmente, una semplificazione, giacché anche in ambito di pignoramento del conto corrente non mancano i casi particolari e neppure mancano questioni che finiscono per coinvolgere la stessa essenza del procedimento di espropriazione presso terzi, imponendo di affrontare problematiche essenziali quali quella della efficacia (istantanea, ovvero permanente) del pignoramento presso terzi.

Sotto quest'ultimo profilo, in particolare, possono svolgersi diverse considerazioni con riguardo al caso in cui, al momento della notifica del pignoramento, sul conto corrente non sia presente un saldo attivo, ovvero sia presente un saldo attivo inferiore all'importo pignorato.

Ci si chiede se in un tale caso l'istituto di credito sia tenuto, o meno, a tenere vincolate le somme che affluiscano sul conto successivamente alla notifica del pignoramento ed anteriormente alla estinzione della procedura esecutiva.

Si tratta, come si accennava poc'anzi, di questione che coinvolge la stessa essenza della procedura esecutiva di pignoramento presso terzi, imponendo all'interprete di interrogarsi sulla efficacia, sia essa istantanea ovvero permanente, del pignoramento presso terzi.

Nella presente sede basti ricordare, su tale complessa e generale questione, come la giurisprudenza di legittimità appaia orientata (fin da una ormai risalente pronuncia n. 13021/1992, successivamente confermata a più riprese da altre più recenti pronunce, quali Cass. civ., sez. III, 23 marzo 2011 n. 6666) nel senso di affermare che il credito, per poter essere assoggettato a pignoramento, non debba necessariamente essere già sorto al momento della notificazione dell'atto di pignoramento, ben potendo lo stesso venire in essere nel momento in cui il terzo renda la propria dichiarazione, ovvero nel successivo momento in cui venga accertato l'obbligo del terzo.

Tale posizione, per la verità, non sempre è stata condivisa dalla giurisprudenza di merito, anche se pare da ultimo trovare un riscontro anche normativo nella formulazione del nuovo ottavo comma dell'

art. 545 c.p.c.

, laddove lo stesso impone all'istituto di credito di sottoporre a vincolo una parte delle somme confluite sul conto corrente a titolo di stipendio o di pensione successivamente alla notifica dell'atto di pignoramento.

Conto cointestato, conto soggetto ad affidamento, pluralità di conti pignorati

Frequente è il caso in cui venga sottoposto a pignoramento un conto corrente cointestato a più soggetti, alcuni dei quali estranei all'esecuzione forzata.

Quanto al trattamento al quale assoggettare tali somme presenti sul conto cointestato, deve osservarsi come si tratti di questione molto dibattuta in dottrina e rispetto alla quale non sembra essere stata fornita una soluzione univoca in sede giurisprudenziale.

Appare ragionevole, nell'affrontare tale ipotesi di pignoramento, aderire alla tesi secondo la quale le somme presenti sul conto corrente cointestato debbano presumersi, salvo prova contraria, come appartenenti in egual misura a ciascuno dei cointestatari, essendo per l'effetto suscettibile di assegnazione soltanto la quota di saldo presente sul conto presuntivamente imputabile al cointestatario esecutato (è la soluzione che pare potersi ricavare, ad esempio, da

Cass.

civ., sez. III, 24 febbraio 2010 n. 4496

, laddove viene segnalato come i rapporti fra i diversi correntisti debbano ritenersi regolati sulla base dell'

art. 1298 c.c.

, con l'effetto che «le parti di ciascuno si presumono uguali se non risulta diversamente». A differenti conclusioni, invece, sembrerebbe condurre quanto affermato dalla Suprema Corte in altra più recente pronuncia – vedasi

Cass.

civ, sez. lav., 23 settembre 2015 n. 18777

).

Pertanto, vincolata l'intera somma da parte dell'istituto di credito, ove il cointestatario non debitore – che deve essere reso edotto della pendenza della procedura dal creditore che dovrà notificargliene avviso come accade nel caso di espropriazione dei beni indivisi (cfr.

Cass.

civ., sez. III, 9 ottobre 1998 n. 10028

) - non proponga opposizione ex

art. 619 c.p.c.

entro l'udienza di assegnazione delle somme pignorate, queste saranno assegnate al creditore nella misura del 50% sulla scorta della richiamata presunzione.

Conto affidato

Altro caso certamente frequente nella prassi è costituito dall'ipotesi di conto corrente soggetto ad affidamento.

A tal riguardo, la prevalente giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, afferma che oggetto del pignoramento può essere soltanto il saldo attivo del conto e non, invece, i singoli versamenti anche se effettuati successivamente alla notifica del pignoramento.

In proposito, è stato evidenziato, con riferimento alle rimesse in conto corrente con saldo passivo, che nel contratto bancario di apertura di credito, i versamenti effettuati dal titolare del conto corrente affidato per ridurre od estinguere il saldo debitore del conto medesimo hanno funzione semplicemente ripristinatoria della provvista, non rappresentando tali rimesse un obbligo restitutorio della banca verso il titolare del conto, con l'effetto che il creditore del correntista non potrà agire in esecutivamente, sottoponendo a pignoramento, con la procedura ex

artt. 543

e

ss. c.p.c.

, le somme oggetto di tali rimesse (si veda la recente pronuncia di legittimità

Cass. civ., sez. III, 30 marzo 2015

n. 6393

, stando alla quale «in ipotesi di contratto di conto corrente bancario affidato con saldo negativo, il creditore non può pignorare le singole rimesse che, affluite sul conto del debitore, hanno comportato la mera riduzione dello scoperto, ma eventualmente il solo saldo positivo, atteso che il contratto in questione dà luogo ad un rapporto giuridico unitario, composto da poste attive e passive, che non si risolve a seguito del pignoramento»).

Pignoramento di pluralità di conti

Pure ricorrente, nella pratica, è il caso in cui vengano con un medesimo atto di pignoramento presso terzi sottoposti a vincolo una pluralità di rapporti di conto corrente, presso differenti istituti di credito.

In questo caso resta intatta la possibilità, per il debitore, allorché siano state vincolate, presso i diversi istituti di credito terzi pignorati, somme eccedenti l'importo complessivamente pignorato, la possibilità di richiedere al giudice dell'esecuzione la riduzione del pignoramento ai sensi dell'

art. 496 c.p.c.

, potendosi quindi procedere, una volta sentito il creditore, allo svincolo delle somme eccedenti l'importo pignorato.

Il caso di pignoramento delle somme confluite sul conto corrente bancario a titolo di stipendio o pensione

Allorché debitore sia una persona fisica, può avvenire che venga sottoposto a pignoramento il conto corrente bancario sul quale confluiscono lo stipendio o la pensione dell'esecutato.

A riguardo, si era posto il problema, affrontato con diverse soluzioni dalla giurisprudenza di merito, della eventuale impignorabilità di parte delle somme confluite a tale titolo sul conto corrente bancario, in considerazione della origine (retributiva o pensionistica) di tali somme giacenti sul conto.

A riguardo, deve osservarsi, come con il

d.l. n. 83/2015

sia stata per la prima volta introdotta una disciplina, con portata generale (non riferita, cioè, a singole tipologie di crediti fatti valere in sede esecutiva), riguardante i limiti alla pignorabilità delle somme presenti sul conto corrente bancario o postale, ogni volta che sullo stesso confluiscano importi rinvenienti da accredito di stipendi o pensioni, in tal modo colmando una lacuna che, come accennato in precedenza, aveva condotto la giurisprudenza ad assumere posizioni non sempre univoche sul punto.

È stato così introdotto, ad opera del

d.l. n. 83/2015

, il nuovo comma 8 dell'

art. 545 c.p.c.

, del seguente tenore letterale: «le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge».

Viene in rilievo, nel caso di specie, una disposizione fortemente innovativa rispetto al previgente panorama normativo, con la quale si mira ad istituire una soglia di impignorabilità (alla stessa stregua di quanto previsto per le somme pignorate a titolo di stipendio o di pensione presso il datore di lavoro o presso l'ente previdenziale responsabile dell'erogazione del trattamento pensionistico) con riguardo alle giacenze presenti su conto corrente bancario o postale, ogni qual volta le stesse rinvengano dall'accredito di stipendi o pensioni.

Tale disposizione, in particolare, si articola in due parti ben distinte: nella prima si fa riferimento ai limiti di pignorabilità del saldo presente sul conto bancario o postale al momento della notifica del pignoramento, mentre nella seconda si fa riferimento ai limiti alla pignorabilità delle somme che confluiscano sul conto nel corso della procedura esecutiva.

Quanto alle somme già presenti sul conto al momento in cui si perfeziona la notifica del pignoramento presso terzi, viene previsto che le stesse siano pignorabili ad eccezione di un importo pari al triplo dell'assegno sociale, importo quest'ultimo da ritenersi sottratto a pignoramento.

Quanto, poi, alla disposizione contenuta nella seconda parte del nuovo comma 8 dell'

art. 545 c.p.c.

, mediante la stessa viene previsto che il pignoramento (qualora le somme, eccedenti il triplo dell'assegno sociale, rinvenute sul saldo del conto al momento dell'inizio dell'esecuzione, non superino l'importo previsto dall'

art. 546, comma 1, c.p.c.

, pari al credito precettato aumentato della metà) estenda la sua efficacia anche alle ulteriori somme che vengano accreditate (a titolo di stipendio o di pensione) sul conto nel corso della procedura esecutiva, sia pure entro i limiti previsti dall'

art. 545, commi 3, 4, 5 e 7 c.p.c.

(con l'effetto che le somme accreditate in corso di procedura a titolo di stipendio saranno ordinariamente pignorabili nei limiti di un quinto e che le somme accreditate in corso di procedura a titolo di pensione saranno ordinariamente pignorabili nei limiti di un quinto, una volta dedotta la quota impignorabile pari all'assegno sociale aumentato della metà).

Tale disposizione, così formulata, da un lato parrebbe prendere posizione sulla controversa questione concernente l'efficacia del pignoramento presso terzi (potendosi evincere da tale disposizione che il credito per poter essere assoggettato a pignoramento non è necessario che sia già sorto al momento della notificazione dell'atto di pignoramento, ben potendo lo stesso venire in essere al momento in cui il terzo renda la propria dichiarazione, ovvero nel successivo momento in cui venga accertato l'obbligo del terzo), dall'altro introduce una espressa ipotesi di impignorabilità delle somme, accreditate sul conto successivamente alla notifica del pignoramento, rinvenienti da accredito di pensione o stipendio, prevedendo che tali somme siano assoggettabili a pignoramento nella stessa misura nella quale lo siano i corrispondenti crediti da lavoro o da pensione.

Segue: Casistica

Casistica

Pignoramento del conto corrente bancario cointestato

Si presume che la giacenza presente sul conto corrente bancario sia imputabile in eguale misura ai differenti cointestatari, essendo per l'effetto suscettibile di assegnazione, in assenza di prova circa la riconducibilità delle somme ad uno soltanto dei cointestatari, soltanto una quota del saldo attivo presente sul conto corrispondente alla percentuale di spettanza del singolo cointestatario. (

Cass.

civ., 24 febbraio 2010

,

n. 4496

).

Conto corrente affidato con saldo negativo

È stato recentemente affermato dalla Cassazione che «in ipotesi di contratto di conto corrente bancario affidato con saldo negativo, il creditore non può pignorare le singole rimesse che, affluite sul conto del debitore, hanno comportato la mera riduzione dello scoperto, ma eventualmente il solo saldo positivo» (

Cass. civ., sez. III, 30 marzo 2015

,

n. 6393

).

Pignoramento di una pluralità di conti correnti presso diversi istituti di credito

È possibile richiedere la riduzione del pignoramento, ai sensi dell'

art. 496 c.p.c.

, laddove per effetto del pignoramento effettuato contestualmente presso diversi istituti di credito siano state sottoposte a vincolo somme eccedenti l'importo indicato dall'

art. 496 c.p.c.

Pignoramento del conto corrente bancario o postale sul quale confluiscano la pensione o lo stipendio dell'esecutato

Per effetto dell'

art. 545, comma 8, c.p.c.

(disposizione introdotta dal

d.l. n. 83/2015

) è stata introdotta una ipotesi di parziale impignorabilità delle somme confluite sul conto corrente a titolo di stipendio o di pensione, distinguendo, in particolare, fra somme presenti sul conto al momento della notifica del pignoramento e somme accreditate sul conto successivamente alla notifica dell'atto di pignoramento

Profili processuali

In ordine alla individuazione del giudice competente a decidere in merito alle procedure esecutive nelle quali risulti terzo pignorato un istituto di credito (avendo le stesse ad oggetto il pignoramento di somme confluite su conto corrente bancario) deve segnalarsi come una importante novità sia stata rappresentata dal

d.l. n. 132/2014

(convertito in

legge n. 162/2014

), mediante il quale è stato riformulato l'

art. 26 c.p.c.

ed è stato introdotto il nuovo

art. 26-

bis

c.p.c.

Come noto, stando all'

art. 26, comma 2, c.p.c.

nella formulazione vigente anteriormente all'entrata in vigore del menzionato

d.l. n. 132/2014

, veniva individuato come giudice territorialmente competente in relazione ai pignoramenti di crediti, il giudice del luogo ove risiedeva il terzo debitore.

La giurisprudenza aveva ulteriormente chiarito come, nel caso in cui terzo debitore risultasse un istituto di credito e il pignoramento avesse ad oggetto somme presenti su conto corrente bancario, la competenza territoriale potesse essere ordinariamente individuata, alternativamente, o con riferimento al luogo nel quale si trovava la sede dell'istituto di credito, ovvero con riferimento al luogo in cui si trovasse la filiale o succursale dell'istituto presso la quale fosse presente il conto da dichiarare (si vedano, fra le numerosissime pronunce,

Cass.

civ., 11 dicembre 2000,

n. 15579

e

Cass.

civ., 6 aprile 2006, n. 8112

. Ancor più ampia era la individuazione del giudice competente fornita da altro filone interpretativo della Suprema Corte, stando al quale poteva farsi riferimento, alternativamente, tanto al luogo in cui vi era la sede dell'istituto di credito, quanto al luogo nel quale fosse presente una qualsiasi filiale o succursale della banca – vedasi

Cass.

civ., 6 agosto 2002 n. 11758

).

Sempre con riguardo alla individuazione del giudice territorialmente competente in relazione ai pignoramenti di crediti effettuati anteriormente all'entrata in vigore del

d.l. n. 132/2014

(il quale ha introdotto il nuovo

art. 26-

bis

c.p.c.

), una posizione più articolata parrebbe essere stata espressa dalla Cassazione con riferimento all'ipotesi in cui esecutato sia un ente pubblico soggetto al regime di tesoreria unica, dal momento che in quel caso giudice territorialmente competente dovrebbe ritenersi unicamente quello del luogo nel quale si trova «la filiale dell'istituto, presso il quale è localizzato il rapporto di tesoreria, che sia dotata di autonomia, quale unica abilitata alle operazioni volte a vincolare il relativo ammontare» (in tal senso parrebbe deporre la recente

Cass.

civ., 9 luglio 2014 n. 15676

; in termini ancor più espliciti sembra esprimersi

Cass.

civ., 10 maggio 2011 n. 10198

), dovendo pertanto escludersi la concorrente ed alternativa competenza territoriale del giudice del luogo in cui si trova la sede dell'istituto tesoriere.

Come accennato in precedenza, per effetto dell'entrata in vigore del

d.l. n. 132/2014

è sensibilmente mutato il criterio di individuazione della competenza territoriale in materia di pignoramento presso terzi: l'

art. 26-

bis

c.p.c.

introdotto per effetto del citato decreto legge, dispone che in caso di pignoramento di crediti sia ordinariamente competente il giudice del luogo in cui «il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede», eccezion fatta per l'ipotesi in cui debitore sia «una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 413, quinto comma», nel qual caso, invece, la competenza territoriale in materia di pignoramento di crediti continua ad essere individuata con riferimento alla sede del terzo pignorato.

Non è questa la sede per approfondire la tematica concernente la non agevole interpretazione del comma 1 di tale

art. 26-

bis

c.p.c.

(laddove lo stesso fa riferimento alle pubbliche amministrazioni indicate dall'

art. 413, comma 5, c.p.c.

; problematicità interpretativa nascente dal fatto che un tale

art. 413, comma 5, c.p.c.

non contiene affatto una elencazione di pubbliche amministrazioni), essendo sufficiente limitarsi a segnalare come, per effetto del nuovo

art. 26-

bis

c.p.c.

(applicabile a tutte le procedure esecutive iniziate successivamente alla sua entrata in vigore) venga di fatto superato, quanto meno con riguardo alla quasi generalità dei casi di pignoramento del conto corrente, il previgente criterio interpretativo fondato sulla sede dell'istituto di credito (e, alternativamente, sulla sede della succursale o filiale presso la quale sia aperto il rapporto di conto corrente oggetto di dichiarazione), venendo la competenza in materia di pignoramento individuata con riferimento alla residenza o alla sede del debitore esecutato.

Riferimenti

Utili spunti sono rinvenibili, in un'ottica di inquadramento sistematico della materia in esame, in CASTORO, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Giuffrè, 2015, in SOLDI, Manuale dell'esecuzione forzata, Padova, 2015, e in CRIVELLI (a cura di), Esecuzione Forzata e Processo Esecutivo, Torino, 2012.

Sulla specifica problematica del pignoramento del conto bancario sul quale confluisca l'accredito dello stipendio, una utile rassegna delle principali questioni e degli approdi della giurisprudenza viene fornita in CARGNIEL e DE VELLIS, Contratti bancari e oggetto del pignoramento: il ruolo della banca terza pignorata, in Resp. Civ. e Prev., 2011, pag. 2374.

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