L’ordinanza resa in fase di reclamo possessorio non può mai essere oggetto di ricorso per cassazione

Redazione scientifica
17 Gennaio 2017

L'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 703, comma 3, c.p.c., in nessun caso può presentare i requisiti di definitività e decisorietà indispensabili affinché possa essere oggetto di ricorso per cassazione.

Il caso. La signora L.B., ai sensi degli artt. 703 c.p.c. e 1168 c.c., chiedeva al Tribunale la reintegrazione nel possesso dell'immobile di sua proprietà. L'azione, nel dettaglio, era rivolta alla società assegnataria del bene in oggetto nonché a V.D. che aveva acquistato l'immobile a seguito di compravendita.

La società resisteva in giudizio poiché era stata immessa nel possesso del bene all'esito di un processo esecutivo, mentre V.D. aveva acquistato il bene a seguito di regolare contratto di compravendita. Il Tribunale adito rigettava la domanda.

La soccombente proponeva allora reclamo, che però veniva rigettato.

La stessa proponeva, infine, ricorso in Cassazione.

«In via preliminare il ricorso va dichiarato inammissibile».

La disciplina applicabile. Invero, come stabilito da Cass. n. 3629/2014, il procedimento possessorio instaurato in data successiva al 2005, «è soggetto all'art. 703 c.p.c., così come modificato dal D.l. n. 35/2005, convertito in L. n. 80/2005». La nuova disciplina non presenta più una struttura obbligatoriamente bifasica, ma solo eventualmente: l'art. 703 c.p.c. «rimette all'iniziativa delle parti, entro il termine perentorio di 60 giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento che conclude la fase sommaria diretta all'emissione del provvedimento interinale, la prosecuzione del giudizio per il c.d. merito possessorio con le forme della cognizione piena».

Lo scenario che si prospetta con la “nuova” tutela possessoria è quindi alternativo: 1) può arrestarsi alla fase sommaria e all'ordinanza che la conclude; 2) può continuare fino alla sentenza di merito, soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione.

L'ordinanza resa in sede di reclamo possessorio non è ricorribile per cassazione. Alla luce della disciplina prospettata dal Legislatore del 2005, è chiaro che «l'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c., e art. 703, comma 3, c.p.c., in nessun caso può» presentare « i requisiti di definitività e decisorietà indispensabili affinché possa essere oggetto di ricorso per cassazione».

Le possibili interpretazioni. I Supremi Giudici ipotizzano, ove manchi la richiesta di prosecuzione del giudizio, due soluzioni, che comunque escludono la ricorribilità per cassazione dell'ordinanza che provvede sul reclamo:

  1. l'ordinanza raggiunge stabilità puramente endoprocessuale ed un'efficacia soltanto esecutiva, come avviene per le misure cautelari, applicando l'art. 669-octies, ultimo comma, c.p.c., e quindi è idonea al giudicato e dunque per definizione non decisoria;
  2. oppure, l'estinzione del giudizio possessorio per la mancata prosecuzione determina una preclusione pro iudicato, come avviene ex art. 653, comm 1 c.p.c. per decreto ingiuntivo e ordinanza ingiuntiva incidentale ex art. 186-ter c.p.c.. Quindi, la parte rinunciando alla possibilità di proseguire il giudizio ex art. 703, comma 4 c.p.c. pone in essere «una condotta acquiescente che rende irretrattabile l'ordinanza possessoria, munendola di stabilità esterna parificabile alla sentenza passata in giudicato».

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.