L'impulsività del genitore è motivo per la concessione dell'affidamento esclusivo

02 Maggio 2017

È possibile derogare all'affidamento condiviso per un'incapacità di controllo dell'impulsività dell'agire di un genitore?
Massima

L'affidamento esclusivo di un figlio minore, può essere disposto anche nel caso di un'incapacità di controllo dell'impulsività dell'agire di uno dei genitori, anche se tale impulsività non sia riferibile direttamente ad una psicopatologia.

Il caso

Tizio con ricorso ha chiesto la pronuncia della separazione dalla coniuge Caia affermando che dalla loro unione è nata la figlia Sempronia. Il ricorrente ha chiesto che fosse dichiarato l'addebito della separazione alla moglie, allegando che il grave deterioramento dei rapporti tra i coniugi fosse imputabile alla condotta della resistente contraddistinta da sbalzi di umore e gravi crisi determinate da una presunta latente patologia, tali da provocare violenti attacchi nei confronti del ricorrente e atti di autolesionismo. Il marito ha riferito di essere stato costretto ad allontanarsi dalla casa familiare, di sua proprietà, proprio a causa delle condotte della moglie che nell'ultima parte del matrimonio avrebbero inciso gravemente sulla serenità della figlia minore.

Il ricorrente ha, così, chiesto l'affidamento esclusivo a sé della figlia minore.

Caia ha, a sua volta, chiesto che fosse pronunciata separazione con addebito alla controparte, poiché, dopo una serena vita familiare, nel corso della quale il marito aveva accolto con affetto i figli nati dal suo primo matrimonio, e questa aveva lasciato la propria attività imprenditoriale per seguire il marito pilota di linea, improvvisamente, a seguito di un ricovero ospedaliero della stessa, avrebbe mutato atteggiamento iniziando a coprirla di improperi e volgarità, anche di fronte a terzi, giungendo ad aggredirla scoprendo che tale improvviso mutamento di condotta sarebbe stato imputabile ad una relazione extraconiugale intrapresa dal marito con una ragazza americana assunta, poco tempo prima, alla pari per la cura della figlia minore.

In motivazione: «Alla regola dell'affidamento condiviso, prevista dall'art. 337-ter c.c. introdotto dal d.lgs. n. 154/2013, costituisce eccezione l'affidamento esclusivo, che può essere disposto solo nel caso in cui l'affidamento condiviso risulti “contrario all'interesse del minore” ai sensi dell'art. 337-quater c.c.».

Applicando tale principio al caso concreto, sulla base degli elementi acquisiti nel corso del procedimento, sono emersi profili di personalità della resistente tali da legittimare un affidamento esclusivo della minore al padre.

La questione

La questione in esame è la seguente: è possibile derogare all'affidamento condiviso per un'incapacità di controllo dell'impulsività dell'agire di un genitore?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione con la sent., 3 gennaio 2017, n. 27, ha sancito che l'affidamento del figlio minore a uno dei coniugi in via esclusiva deve essere motivato e comunque autorizzato nell'interesse esclusivo del minore.

Secondo la Cassazione l'affidamento condiviso dei figli minori a entrambi i genitori costituisce il regime ordinario di affidamento, tranne quando tale regime sia pregiudizievole per l'interesse dei figli, alterando e ponendo in serio pericolo il loro equilibrio e sviluppo psico-fisico. In tal caso la pronuncia di affidamento esclusivo deve essere sorretta da una puntuale motivazione in ordine non soltanto al pregiudizio potenzialmente arrecato ai bambini da un affidamento condiviso, ma anche all'idoneità del genitore affidatario e all'inidoneità educativa o alla manifesta carenza dell'altro genitore.

La disciplina relativa all'affidamento dei figli è prevista dall'art. 337-ter c.c. e stabilisce che il giudice deve prioritariamente valutare la possibilità che i figli restino affidati a entrambi i genitori e solo qualora ciò non sia possibile prende in considerazione l'affidamento monogenitoriale. L'affidamento condiviso è difatti la regola mentre quello esclusivo resta l'eccezione. L'art. 337-quater c.c. precisa, infatti, che il giudice può disporre l'affidamento dei figli a uno solo dei genitori solo qualora, come detto, ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore.

Il giudice può optare per l'affidamento esclusivo se così richiede la migliore realizzazione dell'interesse della prole. Tale opzione impone al giudice una doppia motivazione: in positivo, sulla idoneità del genitore affidatario; in negativo, sulla inidoneità educativa (Cass. n. 24841/2010; Cass. n. 24526/2010; Trib. Cagliari, 7 febbraio 2012), ovvero sulla manifesta carenza, dell'altro genitore (Cass. n. 17191/2011).

Nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto di affidare in via esclusiva la minore al padre per l'inidoneità della resistente a causa di un aspetto della sua personalità (l'impulsività), non riferibile ad una accertata psicopatologia. Tuttavia, i giudici hanno ritenuto di evidenziare nella motivazione la totale incapacità della madre a proteggere la figlia dal conflitto in essere con il padre, coinvolgendola in prima persona in situazioni che possono comprometterne l'equilibrio.

Il padre, pertanto, eserciterà in via esclusiva la responsabilità genitoriale e sarà tenuto a interessarsi di tutte le questioni di maggiore interesse attinenti al figlio minore, come quelle riguardanti le scelte scolastiche, mediche, ricreative, sportive e che potranno essere assunte unilateralmente dal genitore affidatario esclusivo senza il consenso dell'altro genitore.

Osservazioni

Nella pronuncia in commento il Tribunale di Roma ha deciso di concedere l'affidamento esclusivo del figlio minore al padre, a causa di un aspetto caratteriale della madre, l'impulsività, nel caso non riferibile a una psicopatologia. Per il Tribunale romano, dunque, è stato sufficiente per decidere a favore dell'affidamento monogenitoriale la manifesta carenza o inidoneità educativa legata all'incapacità di controllo nell'impulsività dell'agire da parte della madre.

Esaminando gli orientamenti giurisprudenziali si evince, tuttavia, come, ormai, l'affidamento condiviso rappresenti la regola (Cass. n. 19181/2014; Cass. n. 1777/2012; App. Roma n. 14/2007; Trib. Milano, 29 luglio 2016; Trib. Catania, 2 ottobre 2007; Trib. Napoli, 22 gennaio 2007; Trib. Firenze, 13 dicembre 2006; Trib. Bologna, 10 aprile 2006), e dunque non necessiti di particolari motivazioni per essere disposto, mentre sia diventato eccezionale l'affidamento ad un solo genitore (Cass. n. 1777/2012; App. Roma, 14 novembre 2007; App. Roma, 11 luglio 2007; App. Roma 9 maggio 2007), che può peraltro essere disposto (Cass. n. 19181/2014), ma solo con provvedimento motivato del giudice (Cass. n. 1777/2012; App. Roma, 11 luglio 2007; App. Roma, 9 maggio 2007).

In generale il giudice sceglie l'affidamento esclusivo se ricorrono due principali cause:

- quando l'affidamento condiviso risulterebbe oggettivamente pregiudizievole per il minore;

e

- quando un genitore sia manifestamente incapace e non idoneo ad assumere il compito di educare e curare il minore.

Recentemente la Cassazione (Cass. n. 27/2017), ha stabilito, peraltro, che l'affidamento condiviso non è impedito dalla conflittualità tra i genitori.

La sentenza del Tribunale di Roma in esame, proprio in tal senso, evidenzia aspetti d'interesse e di originalità. Il Tribunale capitolino, infatti, pur valutando che la rilevante impulsività della madre non esplichi i suoi effetti diretti nei confronti della figlia, tuttavia, ritiene, come sottolineato anche dalla CTU, che tale comportamento produca effetti negativi sulla minore, coinvolta in un pesante conflitto di lealtà nei confronti della madre e vittima dell'elevatissima conflittualità tra i genitori, imputabile essenzialmente ai profili della personalità della resistente.

Nel caso di specie, infatti, il Tribunale ritiene provata un'eccessiva impulsività della donna, con comportamenti tali da evidenziare l'impossibilità per la resistente di frenare gli impulsi.

Il Collegio evidenzia che il comportamento della donna si esprime particolarmente nel rapporto con il marito, rendendo, così, impossibile la gestione condivisa della genitorialità.

La sentenza in commento è rilevante perché per la prima volta aspetti della personalità di un coniuge, anche in assenza di una vera e propria psicopatologia, sono approfonditi dal punto di vista della funzionalità dell'esercizio della bi-genitorialità.

Il Tribunale ha tenuto a puntualizzare, che non basta che la donna abbia avuto due figli da una precedente unione, perché ciò non sarebbe elemento di per sé sufficiente per attestare le buone capacità genitoriali della stessa, dato che la sua impulsività, fuori dalla norma, sarebbe diretta principalmente verso il marito mentre non vi sarebbero elementi per valutare il rapporto della resistente con il padre degli altri due figli.

Tuttavia, affinché la prole possa essere affidata esclusivamente a uno dei genitori è necessario che risulti, con provvedimento motivato, in positivo l'idoneità del genitore affidatario e in negativo l'inidoneità dell'altro (Cass. n. 11068/2011).

La sentenza, a tal proposito, desta talune perplessità, per il fatto che i giudici romani hanno deciso di derogare all'affidamento condiviso sostenendo l'inidoneità della resistente e ciò solo a causa di un aspetto occasionale della sua personalità (l'impulsività), non riferibile direttamente, come del resto accertato, a una psicopatologia.

A fronte di ciò, il Tribunale avrebbe, invece, accertato l'idoneità del ricorrente per il sol fatto che non avrebbe direttamente coinvolto la ragazza in situazioni per la stessa potenzialmente dannose, così, secondo i giudici, manifestando maggiori competenze genitoriali.

Il Tribunale di Roma, però, con tale decisione sembra dare una rilevanza decisiva, penalizzante e forse eccessiva a un aspetto caratteriale, non volontario e occasionale come l'impulsività che, a parere del Collegio, nuocerebbe al miglior interesse del minore.

Tale provvedimento sembra ponga un evidente limite al miglior interesse del minore, che è quello di godere in modo pieno, per quanto possibile, del diritto alla bi-genitorialità e dunque, della ricchezza e bellezza della complementarietà sessuale e della differenza di ruoli che hanno un padre e una madre; l'esercizio di tale diritto, in questo caso, tuttavia, è sacrificato a causa di un elemento psicologico occasionale, a parere di chi scrive debole e che non ha una valenza di tipo strutturale nel rapporto madre-figlia.

La decisione, nel valutare il miglior interesse del minore appare, pertanto, severa nei confronti della resistente, se la si pone a confronto con le recenti aperture di quella giurisprudenza che ha constatato il best interest of the child anche in assenza della differenza e della complementarietà sessuale di coloro che hanno inteso proporsi come genitori di un minore.

Nel caso in esame, al contrario, è negato, invece, l'esercizio della bi-genitorialità, per un elemento psicologico occasionale e, a parere di chi scrive, debole, che non inficia direttamente le basi del rapporto madre-figlia.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.