La legge applicabile alla separazione e la ricerca del diritto straniero
21 Agosto 2017
Massima
Il diritto straniero, che il Giudice italiano è tenuto ad applicare (nella specie in ordine al mantenimento del coniuge, nell'ambito di un giudizio di separazione) non può essere considerato alla stregua dei fatti, da provarsi in giudizio a cura della parte. Il Giudice pertanto potrà utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione, ivi comprese le informazioni assunte attraverso la Rete Giudiziaria Europea (reperibili sul sito E. Justice) ed il sito istituzionale delle Autorità del Paese straniero. Il caso
Un cittadino italiano chiede al Tribunale di Roma la separazione giudiziale dalla moglie, di nazionalità straniera e da anni trasferitasi ad abitare all'estero. Costei formula domanda di addebito e di assegno di mantenimento. Il Tribunale, in presenza di elementi di internazionalità, pregiudizialmente individua a quale giudice spetti la competenza giurisdizionale a decidere sulla separazione e quale sia la legge applicabile; analoga indagine svolge in ordine all'assegno. Ritiene pertanto la propria competenza, l'applicazione della legge italiana (quanto alla separazione) e di quella straniera (sulla richiesta di mantenimento), rigetta la domanda di addebito e liquida un assegno in favore della moglie, dopo aver provveduto all'individuazione della specifica norma di riferimento dello Stato estero. La questione
La sentenza in esame affronta varie questioni di diritto internazionale, in presenza della crisi coniugale di due coniugi, privi di cittadinanza comune e residenti in Stati diversi. Tali questioni possono così sintetizzarsi: a) chi sia il giudice competente a pronunciare la separazione e a liquidare un assegno di mantenimento; b) una volta accertata la giurisdizione italiana a decidere su entrambe le domande, quale sia la legge applicabile e, in caso di legge straniera, come reperirla. Le soluzioni giuridiche
Sono sempre più frequenti i matrimoni con connotati di internazionalità, poiché gli sposi hanno cittadinanze diverse, ovvero risiedono in Paesi diversi rispetto a quelli di cui sono cittadini, anche perché separati di fatto (come nella specie) o di diritto. Le norme di diritto internazionale privato (l. n. 218/1995) sono ben poco appaganti ed esaustive nel disciplinare i vari profili della crisi coniugale: individuazione dell'autorità giudiziaria competente a decidere, della legge applicabile in ordine ai presupposti e, quindi agli istituti azionabili (pare utile rammentare come la separazione personale sia sconosciuta a molti ordinamenti, mentre altri la considerano solo eventuale, a fronte di una richiesta dei coniugi), ma altresì della legge applicabile ai singoli profili del regime successivo alla cessazione della convivenza (contributo al mantenimento del coniuge più debole); le questioni si complicano, come comprensibile, in presenza di figli. Proprio per questo motivo, occorre fare riferimento a fonti sovranazionali, che hanno cercato di risolvere in maniera uniforme i conflitti, cui danno luogo le previsione di diritto internazionale privato dei singoli Stati: Regolamenti della UE o Convenzioni internazionali. Il primo profilo, che il Giudice italiano deve accertare, attiene alla propria competenza giurisdizionale a conoscere della domanda di separazione o divorzio. Soccorre al riguardo il Reg. UE n. 2201/2003, quanto alla competenza e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale (oltre che di responsabilità genitoriale). L'art. 3, in particolare, individua sette criteri collegamento oggettivo, che radicano la giurisdizione in ragione della residenza abituale di uno o di entrambi i coniugi, ovvero della loro cittadinanza. Per dipanare possibili conflitti di giurisdizione in caso di litispendenza o connessione, soccorre poi l'art. 19 del predetto Regolamento: il Giudice successivamente adito sospende d'ufficio il procedimento fino a quando non sia stata accertata la competenza giurisdizionale dell'Autorità preventivamente adita. L'art. 16, a sua volta, specifica quando il Giudice si considera ritualmente adito ratione temporis. La previsione vale ove i procedimenti pendano davanti a Giudici dell'Unione; ha infatti precisato di recente la Corte di cassazione a Sezioni Unite (Cass., S.U., 18 marzo 2016, n. 5420), che quando lo stesso giudizio penda davanti a Giudice extraeuropeo, trova applicazione la disciplina dell'art. 7, l. n. 218/1995, che attribuisce al giudice italiano il potere di sospendere il procedimento, se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetto nel nostro ordinamento. Una volta accertata la competenza giurisdizionale del giudice italiano, non per questo si applicherà necessariamente la legge statale quanto ai presupposti della domanda di separazione (o divorzio). In altri termini, non vi è un automatismo tra forum e jus. L'art. 31, l. n. 218/1995 prevede che debba farsi riferimento alla legge nazionale dei coniugi al momento della domanda, ovvero, in mancanza, a quella dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata. La Suprema Corte ha precisato come detto ultimo criterio vada inteso in senso dinamico, quale centro principale degli interessi e degli affetti fra i coniugi, che non necessariamente coincide con la residenza formale familiare (Cass., 4 aprile 2011, n. 7599). Come è noto, nell'ambito di una cooperazione rafforzata in questa specifica materia, numerosi Stati (tra cui l'Italia) hanno adottato il Reg. UE n. 1259/2010, le cui previsioni trovano applicazione ai procedimenti avviati dopo il 21 giugno 2012. Il Regolamento ha carattere universale e, dunque, vincola l'Autorità giudiziaria dei Paesi aderenti, purchè dotata di giurisdizione, anche nelle controversie tra cittadini di Paesi terzi. L'art. 5 attribuisce alle parti il potere di predeterminare la legge applicabile alla futura separazione (o divorzio) nell'ambito di una serie di normative specificamente indicate in via alternativa, con riferimento alla residenza abituale, alla cittadinanza o al foro adito. In mancanza d'accordo, trova applicazione l'art. 8, che individua, con una tecnica “a cascata” quale sia la legge applicale secondo un ordine gerarchico: solo in difetto dei criteri indicati opererà quello residuale della legge del Giudice adito. Il Regolamento in esame ha di fatto abrogato l'art. 31, l. n. 218/1995, sostituendolo integralmente. Una volta ritenuta l'applicazione della legge italiana, sarà applicata la disciplina nazionale sulla separazione personale, ivi compreso l'addebito. Quanto alla domanda di mantenimento, occorre in via pregiudiziale, individuare a quale Giudice spetti la giurisdizione, che potrebbe non coincidere con quella dell'Autorità competente sullo status. Il riferimento normativo è al Reg. UE n. 4/2009 in materia di obbligazioni alimentari. Come aveva già avuto ad affermare la Cassazione, sulla scorta della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea la nozione di “alimenti” in sede comunitaria è più ampia di quella nazionale, comprendendovi sia le obbligazioni di mantenimento, sia quelle più strettamente alimentari (per tutte, Cass., S.U., 24 luglio 2003, n. 11526). Il predetto Regolamento, all'art. 3, attribuisce la competenza giurisdizionale in ragione della residenza del convenuto, ovvero del creditore, ma opera anche una attrazione della relativa domanda al giudice, investito di un procedimento sullo stato dei coniugi, come pure della responsabilità genitoriale. Ragioni di concentrazione dei giudizi determinano così l'attrazione della competenza. Una volta riconosciuta la competenza del Giudice italiano, si pone l'ultima questione, ossia quella relativa alla legge applicabile. L'art. 15, Reg. n. 4/2009 rimanda al Protocollo dell'Aja, 23 novembre 2007, il cui art. 3 dispone l'applicazione della legge dello Stato di residenza abituale del creditore; per le obbligazioni alimentari fra coniugi o ex coniugi, l'art. 5 preveda che la regola predetta non si applichi quando una delle parti si opponga e vi sia altra legge nazionale (in particolare quella dell'ultima residenza comune) che presenti un collegamento più stretto con il matrimonio. La sentenza in esame, preso atto che il marito nessuna opposizione aveva formulato quanto alla legge applicabile, liquida un contributo mensile al mantenimento della moglie, sulla base del diritto dello Stato del Lussemburgo, ove la creditrice aveva la residenza. Ciò dopo aver proceduto d'ufficio alla ricerca della specifica norma straniera applicabile nel caso di specie. Osservazioni
La sentenza in commento affronta con precisione le ordinarie questioni, che si presentano nei procedimenti della crisi coniugale, connotati da elementi di estraneità rispetto allo Stato italiano. Già si è visto come non vi sia necessariamente coincidenza tra forum e jus, onde il Giudice italiano, ove abbia giurisdizione, ben può essere tenuto ad applicare norme di diritto straniero, per quanto attiene i presupposti della domanda di separazione (o divorzio), ed il regime successivo con riferimento alla posizione dei coniugi o di eventuali figli (situazione quest'ultima non rilevante nella specie). Assai interessante la sentenza nella parte in cui, dopo aver individuato l'applicabilità del diritto lussemburghese in ordine alla domanda di assegno di mantenimento, affronta il tema della ricerca delle relative fonti. Come è noto, in base all'art. 14, l. n. 218/1995, l'accertamento della legge straniera è compiuto d'ufficio dal Giudice, il quale, oltre che degli strumenti previsti dalle Convenzioni internazionali, può acquisire informazioni per il tramite del Ministero della giustizia, ovvero esperti o istituzioni specializzate Da ciò deriva, come afferma il Tribunale che «il diritto straniero non può essere considerato alla stregua dei fatti, da provare in giudizio a cura della parte» (cfr. in termini Cass., 24 giugno 2009, n. 14777). Lo stesso Giudice, come ha precisato la Corte di cassazione, può ricorrere a qualsiasi mezzo, pure informale, valorizzando il ruolo attivo delle parti, come strumento utile per la relativa acquisizione (Cass., S.U., 7 giugno 2012, n. 9189). Nella specie, il Tribunale ha ricostruito lo stato del diritto lussemburghese della separazione personale, tramite informazioni assunte «attraverso la Rete Giudiziaria Europea e reperibili sul sito E. Justice, curato dalla Commissione dell'Unione Europea», nonché con accesso al sito istituzionale specifico dello Stato estero. Dunque, non si potrà addebitare alla parte la mancata prova dell'allegazione e della produzione della legge straniera di riferimento, valendo anche in questo caso il principio jura novit curia, per tutti i giudizi instaurati dopo l'entrata in vigore della l. n. 218/1995 (Cass., 4 aprile 2013, n. 8212). |