Minore con doppia cittadinanza: la giurisdizione si determina in base alla residenza abituale

04 Luglio 2017

La Corte di Cassazione si occupa della questione riguardante l'individuazione del giudice avente giurisdizione sui provvedimenti inerenti il minore avente la doppia cittadinanza.
Massima

Nel caso di minore con doppia cittadinanza non può applicarsi l'art. 4 della Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, che stabilisce la prevalenza delle misure adottate dal giudice dello Stato di cui il minore è cittadino su quelle adottate nel luogo di residenza abituale; in tale ipotesi, deve ritenersi sussistere la giurisdizione dello Stato che presenti col minore il collegamento più stretto, che va individuato con lo Stato in cui il minore ha la residenza abituale.

Il caso

La Corte di appello di Firenze, in riforma della decisione del tribunale, ha affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano in ordine alla domanda di affidamento e mantenimento del figlio minore T. proposta dal coniuge della ricorrente nell'ambito del giudizio di separazione personale promosso dinanzi al Tribunale di Pisa.

La Corte di merito ha richiamato la Convenzione Internazionale dell'Aja del 1961 e il criterio di collegamento della residenza abituale del minore in luogo del Reg. CE n. 2201/2003 ritenuto applicabile dal tribunale.

Ha affermato che, in virtù dell'art. 5 c.p.c., richiamato dall'art. 8, l. n. 218/1995, la giurisdizione andava determinata con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, con irrilevanza dei mutamenti successivi.

Ha accertato che, alla data del 20 dicembre 2012, alla luce di sentenza pronunciata tra le parti (che aveva respinto la domanda della madre per il rientro in Brasile dell'altro figlio minore, E.D.), divenuta definitiva, risultava che il luogo di residenza abituale dell'intero nucleo familiare andava individuato in Pontedera. Pertanto, la circostanza che nel dicembre 2012 il minore T. si trovasse in Brasile doveva essere intesa nel senso che tale luogo costituiva quello dell'illecito trattenimento da parte della madre, come tale ininfluente ai fini della individuazione del giudice avente giurisdizione sui provvedimenti inerenti il minore medesimo.

Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta che sia stata attribuita efficacia di giudicato a sentenza che aveva pronunciato in relazione a figlio minore diverso da T., il quale si trovava in Brasile con la madre.

Con il secondo motivo, la ricorrente deduce che l'art. 1, Conv. Aja, 1961 deve essere letto unitamente agli artt. 3 e 4 della stessa Conv. che attribuiscono rilievo allo Stato di cui il minore è cittadino. Nel caso concreto T. ha la doppia cittadinanza e dovrebbe prevalere la cittadinanza effettiva, ossia quella brasiliana, visto che da quattro anni il minore vive in Brasile.

Con il terzo motivo, la parte ricorrente si duole che i giudici del merito non hanno tenuto conto del superiore interesse del minore omettendo di valutare il contesto di vita familiare e sociale nel quale è inserito il minore e il rapporto che lo stesso ha con la madre in Brasile. La necessità di tenere conto di tali esigenze imporrebbe di attribuire la competenza ai giudici del luogo nel quale il minore si trova.

La questione

La questione che la Suprema Corte si trova a dover risolvere attiene all'individuazione del giudice avente giurisdizione sui provvedimenti inerenti il minore avente la doppia cittadinanza.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso proposto dalla madre, afferma che ciò che rileva nella concreta fattispecie è unicamente l'art. 42, l. 31 maggio 1995, n. 218, che richiama la Convenzione Aja, 5 ottobre 1961, ratificata e resa esecutiva con la l., 24 ottobre 1980, n. 742, il cui art. 1 dispone che «Le autorità, sia giudiziarie che amministrative, dello Stato di residenza abituale di un minore sono competenti, salve le disposizioni degli artt. 3, 4 e 5, terzo capoverso, della presente Convenzione, ad adottare misure tendenti alla protezione della sua persona o dei suoi beni».

La Corte di merito, con accertamento in fatto adeguatamente motivato, ha individuato in Pontedera, quindi in Italia, la residenza abituale del minore al momento della domanda (art. 5 c.p.c. e 8 l. n. 218/1995) ed ha correttamente ritenuta sussistente la giurisdizione italiana.

Invero, la Corte d'appello ha fatto applicazione del principio per il quale, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo. Dunque, correttamente ha tenuto fermo l'accertamento operato tra le parti in altro giudizio, nel senso dell'effettivo radicamento del minore a Pontedera e «sulla mancanza di una decisione comune dei genitori in ordine al trasferimento del nucleo familiare in Brasile» (così sez. I, n. 16648/2014, che ha reso definitiva la decisione del Tribunale per i minorenni in relazione al rientro dell'altro figlio minore), ritenendo, per converso, illecito, ai sensi dell'art. 3 Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, il mancato rientro in Italia del minore T.

Il parametro della residenza abituale, posto a salvaguardia della continuità affettivo relazionale del minore, non è in contrasto ma, al contrario, valorizza la preminenza dell'interesse del minore. Il giudice del merito, nel privilegiarlo, ha escluso che sussistessero condizioni fattuali ostative alla scelta della conservazione del luogo ove si era svolta in passato la sua vita.

Osservazioni

Il provvedimento in commento segue l'orientamento già espresso dalle Sezioni Unite, sent. 9 gennaio 2001, n. 1, che, in una fattispecie analoga a quella in esame, ha ritenuto applicabile l'art. 42, l. 31 maggio 1995, n. 218, che, a sua volta, richiama la Conv. Aja, 5 ottobre 1961.

In quel precedente giurisprudenziale la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che, in caso di doppia cittadinanza del minore, non possono applicarsi le regole dettate dall'art. 4 della Convenzione, le quali stabiliscono la prevalenza delle misure adottate dalle autorità dello Stato di cui il minore è cittadino su quelle adottate dalle autorità dello Stato di residenza abituale. Neppure può farsi ricorso, in tal caso, alla regola generale dettata dall'art. 19, comma 2, l. 31 maggio 1995, n. 218, secondo cui, se la persona possiede più cittadinanze e tra queste vi è quella italiana, quest'ultima prevale. Tale disposizione, infatti, deve subire i necessari adattamenti derivanti dalle altre Convenzioni internazionali vigenti, in forza della regola dettata dall'art. 2 della stessa l. n. 218/1995. Occorre, infatti, considerare che la Convenzione in materia di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell'affidamento, firmata a Lussemburgo il 20 maggio 1980 e ratificata e resa esecutiva in Italia con la l. 15 gennaio 1994, n. 64, non pone alcuna regola di priorità circa le decisioni giurisdizionali assunte in diversi Stati firmatari, prevedendo una possibilità di reciproco riconoscimento delle decisioni stesse.

Vi è da aggiungere, inoltre, che, trattandosi di soggetti cittadini di Paesi membri dell'Unione Europea, l'applicazione al caso di specie della regola di priorità stabilita dal citato art. 19, comma 2, si tradurrebbe, inevitabilmente, in una discriminazione fondata sulla nazionalità, ora vietata dall'art. 10 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, norma considerata dalla costante giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee di diretta applicazione (si veda, in particolare, la sentenza 2 ottobre 2003, C-148/02, Garcia Avello).
Le Sezioni Unite, nella citata sentenza n. 1/2001, hanno, quindi, ritenuto che la giurisdizione appartenga allo Stato firmatario della Convenzione che abbia col minore un collegamento più stretto, nel cui territorio, cioè, il minore abbia la residenza abituale.

È, infatti, principio consolidato (in sintonia con quanto affermato dall'art. 8, Reg. CE n. 2201/2003 e dell'art. 8, Conv. Aja, 5 ottobre 1961) quello secondo cui, in relazione ai provvedimenti diretti ad intervenire sulla “potestà” genitoriale ex artt. 330 e 333 c.c. ed in tema di giurisdizione sui provvedimenti de potestate, rileva unicamente il criterio della residenza abituale del minore, quale determinata in base alla situazione di fatto esistente all'atto dell'introduzione del giudizio (per i primi, cfr. Cass.,ord. 31 gennaio 2006, n. 2171, in www.dirittoegiustizia.it, 2006, 9, 18, con nota di Zincone; Cass. 23 gennaio 2003, n. 1058, ord.; Cass., ord. 7 luglio 2001, n. 9266; per i secondi, v. Cass., S.U., 2 agosto 2011, n. 16864, in Fam. e dir., 2012, 29, con nota di Liuzzi). Per residenza abituale si intende il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale e non quello risultante da un calcolo puramente aritmetico del vissuto (Cass., S.U., 13 febbraio 2012, n. 1984); in altri termini, nella individuazione in concreto del luogo di abituale dimora non può farsi riferimento ad un dato meramente quantitativo, rappresentato dalla prossimità temporale del trasferimento di residenza o dalla maggiore durata del soggiorno, essendo invece necessaria una prognosi sulla probabilità che la "nuova" dimora diventi l'effettivo e stabile centro di interessi del minore (Cass. 19 luglio 2013,ord., n. 17746).

Guida all'approfondimento

M. Franchi, Protezione dei minori e diritto internazionale privato, Giuffrè, 1997;

E. Lamarque, Prima i bambini. Il principio dei best interests of the child nella prospettiva costituzionale, Milano, 2016

A. Salzano, Considerazioni sulla competenza giurisdizionale a disporre l'affidamento della prole e ad adottare misure provvisorie e urgenti di protezione di minorenni asseritamene sottratti nell'applicazione del Regolamento (CE) n. 2201/2003 e sulla individuazione della residenza abituale di neonati nella applicazione della Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, in Dir. Famiglia, 2011, 1, 225

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