L'ordine di pagamento diretto dopo l'intervento della L. n. 219/2012.

10 Aprile 2015

Anche dopo l'intervento della L. n. 219/2012, l'ordine di pagamento diretto, ex art 156, comma 6, c.c. è applicabile a garanzia dell'assegno di mantenimento per i figli di genitori separati
Massima

Anche dopo l'intervento della L. n. 219/2012, l'ordine di pagamento diretto, ex art 156, comma 6, c.c. è applicabile a garanzia dell'assegno di mantenimento per i figli di genitori separati, non trovando immediata applicazione il diverso strumento della richiesta di pagamento diretto di cui all'art. 8 L. n. 898/1970, attivabile invece a tutela dell'assegno di mantenimento per i figli di genitori non coniugati.

Il caso

Nell'ambito di un giudizio di separazione personale, la moglie titolare di un assegno di mantenimento per sé e per la figlia in forza di precedente provvedimento presidenziale, considerato l'inadempimento dell'obbligato, ha chiesto al Giudice Istruttore di ordinare alla società - di cui il marito era amministratore - di versarle direttamente gli importi dovuti, distraendoli da quelli che la società era tenuta a versare a qualsiasi titolo al marito inadempiente.

Costituitosi in giudizio, il marito, pur non contestando l'inadempimento, ha eccepito:

a) l'inapplicabilità dell'art. 156, comma 6, c.c., all'assegno dovuto per il mantenimento della figlia minore, dovendosi, invero, alla luce della novella del 2012, applicare il regime della richiesta di pagamento diretto ex art. 8 della L. n. 898/1970;

b) la messa in liquidazione della Società e, dunque, la cessazione della carica di amministratore, con la conseguente insussistenza di alcun suo credito nei confronti del terzo.

A scioglimento delle riserva assunta, il Giudice Istruttore ha respinto la richiesta ex art. 156, comma 6, c.c.:

a) sostenendo l'ammissibilità dell'ordine di pagamento diretto richiesto a garanzia dell'assegno di mantenimento per i figli di genitori separati;

b) rilevando che dalla documentazione prodotta dal resistente era emerso che il terzo indicato dalla ricorrente in realtà non potesse ritenersi debitore dell'obbligato al mantenimento, essendo da tempo cessato il rapporto tra i due.

La questione

Il Tribunale è stato chiamato a decidere se, dopo l'intervento della L. n. 219/2012, il pagamento dell'assegno di mantenimento per i figli di genitori separati sia ancora assistito dall'ordine di pagamento diretto ex art. 156, comma 6, c.c. oppure se, per tali crediti, dovesse invece applicarsi il diverso strumento della richiesta di pagamento diretto ex art. 8 della L. n. 898/1970 oppure, ancora, quello di cui all'art. 3, L. n. 219/2012.

Le soluzioni giuridiche

Com'è noto, esistono due strumenti differenti a garanzia dell'assegno di mantenimento per i figli:

a) l'ordine di pagamento diretto, ex art. 156, comma 6, c.c., che presuppone l'intervento giudiziale e permette all'avente diritto all'assegno di percepire l'intera somma stabilita a suo favore, tramite distrazione dagli importi dovuti dal terzo al debitor debitoris. Tale strumento si può utilizzare anche qualora l'assegno sia superiore alla metà delle somme dovute dal terzo al debitore principale;

b) la richiesta di pagamento diretto, ex art. 8, L. n. 898/1970, che, invece, prescinde dalla pronuncia del Tribunale e che non può avere mai a oggetto importi superiori al 50% delle somme dovute dal terzo al debitor debitoris.

Entrambi gli strumenti - inizialmente applicabili solo per gli assegni di separazione e divorzio - sono stati poi applicati anche a tutela degli importi dovuti a titolo di mantenimento per i figli “matrimoniali” e per quelli non “matrimoniali” (C. Cost., 18 aprile 1997, n. 99).

L'art. 3 della L. n. 219/2012 ha complicato il quadro normativo, stabilendo che il Giudice, a garanzia degli assegni di mantenimento per la prole, possa ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all'obbligato, di versare le somme dovute direttamente agli aventi diritto «secondo quanto previsto dall'art. 8 della L. n. 898/1970».

La confusione è subita parsa evidente agli occhi dei commentatori, giacché il legislatore ha richiamato una norma (art. 8 L. n. 898/1970) che prescinde dall'intervento del Giudice, innestandola però in un procedimento (quello dell'ordine di pagamento) che invece lo presuppone.

Al fine di chiarire le questioni si sono contrapposte alcune differenti soluzioni interpretative:

a) l'ordine di pagamento diretto convive con la richiesta di pagamento diretto di cui alla legge divorzile (F. Tommaseo, La nuova legge sulla filiazione: i profili processuali Famiglia e Diritto, 3/2013, 251, 2013);

b) l'intervento del Giudice previsto dalla L. n. 219/2012 sostituisce l'invio della raccomandata previsto dall'art. 8 della L. n. 898/1970 (B. De Filippis, La nuova legge sulla filiazione: una prima lettura, Famiglia e Diritto, 3/2013, 299, 2013);

c) per i figli non matrimoniali l'unico strumento attivabile è quello dell'art. 8 della L. n. 898/1970, con la conseguenza che eventuali richieste al Giudice per l'emissione di ordini di pagamento devono essere ritenute inammissibili (Trib. Milano, sez. IX, decr., 24 aprile 2013).

A fronte del precedente di cui alla lett. c), il Tribunale è stato chiamato a dirimere la questione in merito a quale sia lo strumento applicabile per garantire il pagamento dell'assegno di mantenimento a favore di figli di genitori tra loro coniugati: ordine di pagamento diretto ex art. 156, comma 6, c.c. oppure richiesta di pagamento diretto ex art 8 L. n. 898/1970, giusta il richiamo di cui all'art. 3 L. n. 219/2012?

Il Tribunale, nella decisione in esame, ha optato per la seconda soluzione, stabilendo, dunque, che:

a) a fronte dell'inadempimento all'obbligo di pagamento dell'assegno per i figli non matrimoniali è attivabile il solo strumento di cui all'art. 8, L. n. 898/1970, rimanendo inammissibile il ricorso al Giudice;

b) in caso di mancato pagamento dell'assegno di mantenimento per i figli di genitori separati, è, invece, necessario rivolgersi al Giudice, secondo la procedura dell'art. 156, comma 6, c.c..

Secondo la pronuncia in commento, la diversità di disciplina si giustifica «nella diversità di situazioni processuali in cui gli istituti di garanzia si inseriscono, dal momento che nel caso di coppia coniugata si procede al giudizio di separazione, seguito poi se del caso dal giudizio di divorzio che definisce gli obblighi di mantenimento tra i coniugi e tra i genitori e figli, salva la possibilità di modifica per eventi sopravvenuti, là dove la situazione delle coppie non coniugate vede nel giudizio avanti al Tribunale con le forme di cui all'art. 737 c.p.c l'unica fase decisoria conclusiva dei rapporti obbligatori di mantenimento tra genitori e figli, salva anche qui la possibilità di interventi modificativi nel caso di sopravvenienze, con la conseguenza che il richiamo operato dall'art. 38, comma 2, disp. att. c.c, come modificato dalla L. n. 219/2012, ai meccanismi diretti previsti dalla legge sul divorzio nel caso dei provvedimenti patrimoniali relativi ai figli di genitori non coniugati trova la sua ragione d'essere, a giudizio di chi scrive, proprio nel carattere conclusivo di tali decisioni rispetto al diverso giudizio di separazione che continuerà, salvi ulteriori interventi normativi, a trovare la propria disciplina nella disposizione di cui all'art. 156 comma 6 c.c.»

Osservazioni

La soluzione proposta dal Tribunale con la sentenza in commento pur appagante dal punto di vista della logicità della motivazione, potrebbe porsi, però, in contrasto con la finalità della L. n. 219/2012 di eliminare di ogni forma di diversità e/o discriminazione tra i figli.

Ciò premesso – e partendo dall' osservazione di chi (G. Servetti Le garanzie patrimoniali della famiglia, Giuffré, 2013, p.122) ha ritenuto che l'inciso di cui all'art. 3 della L. n. 219/2012 «il giudice può ordinare» sia solo frutto di una svista del Legislatore - si dovrebbe però concludere per un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma, affermandosi invero che le nuove norme hanno introdotto un sistema unitario e parificato di garanzie per gli assegni di mantenimento della prole, indipendentemente dallo status dei figli e dai rapporti tra i genitori e non anche due strumenti tra di loro differenziati (art. 8 L. n. 898/1970 per i figli non matrimoniali; art. 156, comma 6, c.c. per i figli matrimoniali).

In quest'ottica, lo strumento di cui all'art. 156, comma 6, c.c. dovrebbe rientrare nel proprio alveo originale e cioè garantire solo l'assegno di mantenimento del coniuge, essendo venute meno le ragioni (assenza di garanzia specifica) per cui lo strumento dell'ordine di pagamento diretto era stato esteso a garanzia degli assegni per la prole.

La creazione di un sistema duale non sembra trovare, peraltro, una sua giustificazione nella diversità di trattamento processuale esistente tra procedimenti riguardanti i figli “matrimoniali” e procedimenti riguardanti i figli “non matrimoniali”. Tale disparità non può, infatti, determinare il proliferare di ulteriori differenze di trattamento tra i figli, anche sotto il profilo del sistema delle garanzie.

La collocazione sistematica dell'art. 3 della L. n. 219/2012, poi, non solo non è di ostacolo alla soluzione sopra proposta ma, semmai, la conforta. Ed infatti, la rubrica dell'articolo recita «Modifica dell'articolo 38 disp. att. c.c. e disposizioni a garanzia dei diritti dei figli agli alimenti e al mantenimento». Si tratta, dunque, di un unico articolo che però disciplina due aspetti differenti, come dimostra l'utilizzo della congiunzione «e»:

  • al comma 1, con la modifica dell'art. 38 disp. att. c.c., introduce una differente disciplina tra procedimenti per figli “matrimoniali” e quelli per figli “non matrimoniali” innestandosi nel codice civile;
  • al comma 2, invece, introduce un sistema unitario di garanzie per il mantenimento dei figli, indipendentemente dal fatto che i genitori siano o meno legati da vincolo di coniugio o che sia tra di loro in corso un giudizio di separazione.

Da quanto sopra, consegue che, una volta stabilita l'inammissibilità dell'ordine di pagamento diretto ex art 156, comma 6, c.c. per i figli non matrimoniali, tale inammissibilità dovrebbe colpire anche le richieste fatte a garanzia dell'assegno dei figli matrimoniali, non essendo la differente disciplina processuali tale da giustificare una disparità di trattamento anche sostanziale; e ciò a prescindere dal modello che si ritiene di dover applicare al mantenimento della prole: ordine giudiziale di pagamento della legge sulla separazione; richiesta di pagamento diretto ai sensi della legge divorzile o modello autonomo ai sensi dell'art. 3, L. n. 219/2012 (Trib. Roma, 7 gennaio 2015).

Guida all'approfondimento

- A. Graziosi, Una buona novella di fine legislatura: tutti i “figli” hanno eguali diritti, dinanzi al tribunale ordinario, Famiglia e Diritto, 3/2013, 263, 2013;

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