Se il marito paga il mutuo della casa coniugale si può ridurre l'assegno di mantenimento

Patrizia Lissoni
11 Ottobre 2016

La Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla quantificazione dell'assegno di mantenimento in ragione non solo dei redditi dei coniugi ma altresì degli esborsi da questi subiti.
Massima

Nella valutazione delle capacità economiche dei coniugi - e in particolare di quelle del soggetto nei cui confronti è svolta domanda di mantenimento - ai fini dell'eventuale imposizione di un assegno ex art. 156 c.c., il Giudice della separazione deve tenere conto anche dell'incidenza degli assegni versati per il mantenimento dei figli nonché delle rate versate per il mutuo acceso per l'acquisto della casa coniugale assegnata all'altro coniuge, ancorché cointestata.

Il caso

Tizio, maresciallo della guardia di finanza, guadagna circa € 2.050,00 mentre la moglie ha un reddito inferiore pari circa a 1/3 rispetto a quello del marito, essendo la medesima operatrice di call center.

Tizio, oltre a versare l'importo di € 527,00 per il mantenimento dei figli, rimborsa le rate di mutuo contratto per l'acquisto della casa coniugale, pari ad € 628,00 che risulta peraltro essere cointestato con la moglie, e paga a quest'ultima un assegno di mantenimento di € 400,00 e € 140,00 per il pagamento di un altro finanziamento a carattere personale.

La Corte d'Appello di Roma respinge l'appello proposto da Tizio contro la sentenza del Tribunale che aveva pronunciato la separazione alle dette condizioni, sull'assunto che Tizio abitava presumibilmente nell'appartamento di proprietà di entrambi e per cui pagava il mutuo, nonostante l'appartamento fosse stato assegnato alla moglie in sede di separazione.

Tizio, presenta ricorso in Cassazione avverso la pronuncia con cui la Corte d'Appello confermava il suo obbligo – disposto dal Tribunale in sede di separazione a favore della moglie Caia – di versare in favore di quest'ultima un assegno di mantenimento.

Tizio in particolare si duole del fatto che la Corte non ha tenuto conto che, sebbene egli, a differenza di Caia, percepisca uno stipendio fisso mensile, lo stesso è tuttavia gravato da molteplici esborsi, tra cui l'assegno di mantenimento versato per i figli, il mutuo della casa coniugale (che si è totalmente accollato) ed altri costi fissi; cosicché decurtate tali spese, a Tizio rimane una cifra assai esigua, circa € 300,00, ed assolutamente insufficiente per far fronte ai propri bisogni quotidiani.

La questione

La Corte di Cassazione, attraverso l'ordinanza 8 aprile 2015, n. 7053, affronta il tema della quantificazione dell'assegno di mantenimento in ragione non solo dei redditi dei coniugi ma altresì degli esborsi da questi subiti con particolare riferimento al fatto che il marito si sia accollato o meno l'intero mutuo della casa in comproprietà.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione, ritenendo fondata la doglianza di Tizio in ordine all'errata valutazione della Corte d'Appello, cassa il provvedimento impugnato con rinvio, rilevando come in effetti la Corte d'Appello, nel porre a confronto le posizioni reddituali dei due coniugi, abbia totalmente omesso di valutare l'incidenza degli indicati esborsi sulla complessiva situazione economica del marito.

In particolare, la Corte sottolinea che risulta «omessa la doverosa valutazione dell'incidenza di tali esborsi – certamente non esegui rispetto allo stipendio percepito da D.G. – sulla complessiva situazione economica dei ricorrenti da porre a raffronto con quella di S., solo all'esito della quale potrà stabilirsi se, ed in quale misura, quest'ultima abbia diritto alla corresponsione dell'assegno di mantenimento». Discende da quanto precede che, ai fini della valutazione dell'assegno di mantenimento da corrispondersi a Caia, il Giudice debba effettuare una valutazione più obiettiva all'esito della quale sarà possibile stabilire se la moglie abbia diritto o meno all'assegno di mantenimento e rinvia alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione anche per le spese.

L'art. 143 c.c. disciplina i diritti e doveri reciproci dei coniugi che, come noto, non vengono meno a seguito dello scioglimento del vincolo matrimoniale, seppur si affievoliscono; in particolare l'art. 156 c.c. statuisce che, in presenza di determinati presupposti, nasce in capo ai coniugi un diverso dovere di mantenimento.

Ed invero, la norma in questione (art. 156 c.c.) stabilisce che il coniuge, a cui non sia addebitabile la separazione e che sia privo di redditi propri adeguati a consentirgli il medesimo tenore di vita avuto in costanza di matrimonio, ha diritto di ricevere dall'altro un assegno di mantenimento, se sussiste una reale disparità economica tra i medesimi.

Già in precedenti pronunce la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che il tenore di vita va identificato con «lo standard reso oggettivamente possibile dal complesso delle risorse economiche dei coniugi» (Cass. n. 20368/2004).

In ordine, invece, ai criteri di quantificazione dell'assegno di mantenimento, l'art. 156, comma 2, c.c. statuisce che la misura dell'assegno di mantenimento vada determinata in ragione delle circostanze e dei redditi dell'obbligato.

In particolare, la Giurisprudenza di merito ha chiarito che la quantificazione dell'assegno di mantenimento debba essere effettuata a seguito di un'indagine complessa e globale che deve operare un'equiparazione tra le situazioni economiche e patrimoniali dei due coniugi: il Giudice, seppur dotato di una certa discrezionalità, deve accertare se vi sia disparità di reddito tra i coniugi, quale sia stato il tenore di vita goduto dai medesimi in costanza di matrimonio e le circostanze che incidono sulle condizioni economiche attuali delle parti. Proprio effettuando tale ultima valutazione il Giudice dovrà tener conto di quegli elementi fattuali di ordine economico suscettibili di incidere sulle condizioni patrimoniali delle parti, quali a titolo esemplificativo l'assegnazione della casa coniugale, l'attitudine lavorativa del coniuge che richiede l'assegno, la durata del matrimonio, il pagamento di affitto per reperire una nuova casa da parte dell'obbligato, il pagamento del mutuo dell'obbligato della casa cointestata etc.

Ed invero già in precedenza la Corte aveva evidenziato che «ai fini dell'assegno di mantenimento dovuto da un coniuge all'altro, è legittimo avere riguardo al pagamento da parte del coniuge obbligato dell'intera rata di mutuo gravante sulla casa coniugale, acquistata in regime di comunione e, pur in assenza di figli adibita ad abitazione della moglie» (Cass.civ., sez I, 25 giugno 2010, n. 15333).

In particolare, la Corte di Cassazione già con la pronuncia n. 15333/2010 ha ritenuto equa la riduzione dell'assegno di mantenimento posto a carico del marito separato, perché lo stesso aveva anche l'onere di provvedere al pagamento dell'intera rata del mutuo gravante sulla casa coniugale – acquistata in regime di comunione dei beni - assegnata alla donna pur in assenza di figli.

Discende da quanto precede che la Corte, nel valutare il quantum dell'assegno di mantenimento dovuto al coniuge economicamente più debole, deve ricercare il giusto equilibrio tra le effettive capacità economiche dei coniugi ed il complesso degli elementi fattuali, che debbono essere dalla stessa valutati e che non necessariamente hanno natura reddituale, ma che comunque sono idonei ad incidere almeno approssimativamente sulle capacità economiche, in cui si concentrano le circostanze rilevanti ex art.156 comma 2 c.c.

Osservazioni

Ciò premesso, possiamo concludere, alla luce delle attuali pronunce giudiziali, che certamente la valutazione in ordine alle capacità economiche del coniuge obbligato ai fini del riconoscimento ed alla determinazione dell'assegno di mantenimento a favore dell'altro coniuge deve essere effettuata sul reddito netto ovvero il Giudice deve valutare il complesso degli elementi fattuali, non già solo il reddito lordo, poiché la famiglia in costanza di matrimonio fa affidamento sul reddito depurato da tutti i costi di spesa che sono capaci di incidere almeno in modo approssimativo sulle condizioni economiche e in dette spese rientra certamente il pagamento integrale del mutuo contratto per l'acquisto dell'appartamento in comproprietà fra i coniugi.

Tuttavia va evidenziato che qualche perplessità tale conclusione la solleva: infatti, o il pagamento dell'intero mutuo diventa una delle obbligazioni poste a carico del marito dalla sentenza oppure quest'ultimo, che paga senza espresso ordine, mantiene un diritto nei confronti della moglie di ripetere dalla stessa quanto pagato per suo conto.

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