Adozione all’estero: attesa la decisione della Cassazione sul riconoscimento ad una coppia omosessuale
13 Maggio 2016
Il Tribunale per i minorenni di Campobasso respingeva la domanda proposta da J.E.M. di riconoscimento, in Italia, dell'adozione di K.E.S.M., nato negli Stati Uniti, in quanto era avvenuta in favore di una coppia di persone dello stesso sesso e, pertanto, risultava essere «contraria all'ordine pubblico, e ai principi dell'ordinamento italiano in materia di diritto di famiglia e dei minori». L'art. 6 l. n. 184/1983 prevede, infatti, che l'adozione legittimante è consentita solo in favore di coniugi che hanno contratto matrimonio da almeno tre anni, e che non siano separati neppure di fatto all'atto della domanda di adozione.
J.E.M interponeva appello, rilevando che la distinzione tra effetti legittimanti e non legittimanti della adozione, in sede di riconoscimento in Italia di adozione di minore avvenuta all'estero, non è coerente con l'ordinamento in quanto la l. n. 219/2012 ha riconosciuto l'unicità dello status del figlio. L'appellate, inoltre, aggiunge che la convenzione de l'Aja in materia di adozione applicabile a questo caso «non contiene alcuna disposizione ostativa all'adozione piena da parte di un singolo e il giudice italiano è tenuto a valutare la conformità alla Convenzione dell'adozione pronunciata in un paese aderente alla Convenzione come gli U. S. A., e non la conformità alla normativa interna».
L'appellante chiedeva di sollevare questione di legittimità costituzionale per violazione dell'art 3 Cost., dell'art 36 della l. n. 184/1983 nella parte in cui può essere trascritta solamente l'adozione con effetti legittimanti, violando così il principio d'uguaglianza di tutti i figli sancito dagli artt. 74, 315 c.c., e in subordine per violazione dell'art. 3 Cost. e dell'art. 74 c.c. «nella parte in cui, residuando una diversità di status dei figli adottivi, ex art. 44 della l. n. 184/1983, pone in essere una discriminazione a carico dei figli».
La Corte distrettuale respingeva l'appello motivando che per il riconoscimento, nello Stato, di un provvedimento di adozione di minore, pronunciato all'estero, bisogna riferirsi agli artt. 35 e 36 dell' l. n. 184 /1983 e in particolare al comma 4 dell'art. 36 che, non presentando alcun profilo di incostituzionalità, impone sì il riconoscimento in Italia dell'adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di cittadini italiani, purché tuttavia sia conforme ai principi della Convenzione dell'Aja. Pertanto, tale riconoscimento può essere rifiutato in quanto all'art. 24 della Convenzione è prevista la possibilità del diniego se l'adozione è contraria all'ordine pubblico, tenuto conto dell'interesse del minore. Spetta così solo al Tribunale per i minorenni «accertare che l'adozione non sia contraria ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al superiore interesse del minori» (Cass. civ. n. 5372/2011).
Le adozioni internazionali che, quindi, possono essere riconosciute nel nostro ordinamento devono possedere gli stessi presupposti dell'adozione nazionale, legittimante o quella nei casi particolari. Secondo la Corte d'Appello, quindi, non è ammissibile il riconoscimento di una adozione pronunciata in favore di una coppia omossessuale, né tantomeno, nel caso in esame, l'adozione da parte di persona singola perché non è ravvisabile una «sufficiente garanzia di stabilità», e non è tollerabile la mancanza di una delle due figure genitoriali «sotto il profilo affettivo ed educativo».
J.E.M ricorre quindi in Cassazione per violazione o falsa applicazione dell'art 36, ultimo comma, della l. n. 184/1983 e dell'art 8 CEDU. La Corte di legittimità, volendo acquisire le conclusioni sul ricorso del PG, rinvia la causa all'udienza pubblica del 12 ottobre 2016. Sarà pertanto assai interessante verificare quale orientamento assumeranno i giudici di legittimità. |