Il c.d. contributo perequativo in favore del genitore non collocatario del minore
16 Maggio 2017
Massima
In favore del genitore presso il quale il figlio non abbia il proprio domicilio prevalente può riconoscersi un contributo perequativo per il mantenimento del minore soltanto qualora il richiedente versi in condizioni di precarietà economica. Il caso
La sentenza in esame, dopo aver dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario celebrato tra le parti, approfondisce le condizioni di vita della figlia minore della coppia: tenuto conto dell'accordo sostanzialmente raggiunto tra i genitori nel corso del giudizio e soprattutto della volontà manifestata dalla ragazza (personalmente ascoltata dal giudice istruttore), il Tribunale dispone l'affidamento condiviso della figlia ad entrambi i genitori con prevalente collocazione presso il padre. In motivazione viene in particolare evidenziato che, «pur essendo entrambi i genitori legati affettivamente alla figlia», il padre «risulta avere maggiore disponibilità di tempo anche grazie all'organizzazione del proprio nucleo familiare», mentre la madre risulta molto gravata dai propri impegni lavorativi. Per quanto riguarda poi il mantenimento della ragazza, il Tribunale prende atto della disponibilità manifestata dal padre «a provvedere, quale collocatario, all'integrale mantenimento della minore, ovverosia comprensivo tanto delle spese ordinarie che di quelle straordinarie, senza richiesta di alcun contributo nei confronti» della madre. In tale contesto, peraltro, la madre «insiste nella richiesta di un assegno di mantenimento per la figlia stante le diverse condizioni finanziarie dei due genitori». Il Tribunale esamina tale domanda ricordando preliminarmente «che il collocamento prevalente della prole presso un genitore comporta nell'ambito del mantenimento diretto l'assunzione di una serie di spese che vanno ben oltre quelle di vitto ed alloggio comprendendo (..) la gestione completa delle esigenze quotidiane del figlio» ed una serie indefinita di «voci accessorie (…) che solo il genitore convivente è chiamato a soddisfare». Tenuto conto pertanto che il padre ha assunto a proprio carico qualsiasi spesa necessaria per la minore e che la madre non «versa in condizioni di precarietà economica, la quale soltanto le consentirebbe di richiedere, quale genitore non collocatario, un contributo perequativo al coniuge per il mantenimento della figlia», il Tribunale rigetta tale domanda. La questione
L'art. 337-ter, comma 4, c.c. prevede l'obbligo di entrambi i genitori di provvedere «al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito», eventualmente attraverso «la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità». Si discute se tale disposizione possa giustificare non soltanto la consueta previsione di un assegno in favore del c.d. genitore collocatario quale contributo al mantenimento del figlio, ma anche il riconoscimento di un assegno in favore del genitore non collocatario ed economicamente più debole, al fine di poter provvedere adeguatamente al minore nei periodi che trascorre con lui. Le soluzioni giuridiche
Secondo quanto previsto dalla disposizione sopra citata, «ove necessario» (ovvero qualora esigenze di equità e proporzionalità rendano non adeguato nel caso di specie il mantenimento diretto del figlio da parte di ciascun genitore), il Tribunale può prevedere un assegno quale contributo al mantenimento del figlio minore o maggiorenne ma non ancora autonomo, tenendo conto delle sue esigenze e del tenore di vita goduto «in costanza di convivenza con entrambi i genitori», oltre che dei «tempi di permanenza presso ciascun genitore» e delle risorse economiche di entrambi. L'esplicito riferimento ai “tempi di permanenza” giustifica evidentemente il riconoscimento di un assegno in favore del genitore presso cui il figlio ha il proprio prevalente domicilio, ovvero del genitore che, come efficacemente evidenziato nella pronuncia commento, si trova a sostenere una serie indefinita di oneri che vanno ben oltre il vitto e l'alloggio. In svariate occasioni, peraltro, il Tribunale di Milano (vedasi, in particolare, Trib. Milano, sent. 19 marzo 2014, Trib. Milano, decr. 3 novembre 2014, Trib. Milano, ord. 15 maggio 2015, e da ultimo Trib. Milano sent. 15 luglio 2015) ha piuttosto valorizzato il riferimento al principio di proporzionalità, al tenore di vita goduto dal figlio durante il matrimonio ed alle risorse economiche dei genitori, giungendo a riconoscere in favore del genitore non collocatario «un emolumento economico da destinare a quelle esigenze essenziali del figlio – in ragione del tenore di vita goduto – che, altrimenti, il genitore debole non potrebbe garantire» (si veda, in particolare, Trib. Milano, decr. 3 novembre 2014, in Il Caso.it). È stato in particolare ritenuto «lesivo del diritto alla bigenitorialità regolare i rapporti economici di modo che un bambino da un genitore possa godere di ogni utilità e benessere (…) e dall'altro non possa nemmeno avere utilità minime (es. la garanzia della casa)», tanto che il minore «sarebbe meno incoraggiato a frequentare il genitore debole e certamente identificherebbe il suo maggiore benessere allorché si trova con il genitore economicamente più forte» (ibidem). Il Tribunale di Milano ha ritenuto quindi di poter porre a carico del genitore collocatario, assegnatario dell'abitazione familiare e comunque economicamente più forte, un assegno da corrispondere in favore dell'altro genitore affinché quest'ultimo possa offrire al minore, nei periodi che trascorre con lui, un tenore di vita analogo a quello goduto quando si trova presso il collocatario. La sentenza del Trib. Milano, 22 gennaio 2016, invece, riporta in evidenza i particolari oneri che gravano sul genitore collocatario e che consentono di riconoscere un contributo in favore dell'altro genitore soltanto qualora quest'ultimo versi in condizioni economiche realmente disagiate, tali da rendergli difficile fronteggiare anche le primarie esigenze del figlio nei periodi che trascorre con lui. Osservazioni
L'orientamento emerso negli ultimi anni dal Tribunale di Milano, astrattamente condivisibile e sostanzialmente ratificato dalla stessa giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., sez I, sent. 2 agosto 2013, n.18538), desta perplessità quando giunge a riconoscere il c.d. contributo perequativo in situazioni non caratterizzate da particolari difficoltà economiche (almeno per quanto desumibile dalle motivazioni delle pronunce indicate) o addirittura in assenza di una reale disparità tra i genitori: nel caso oggetto di Trib. Milano, sent. 15 luglio 2015, ad esempio, viene rigettata la domanda avanzata dal genitore non collocatario al fine di ottenere un contributo per il proprio mantenimento, stante la sostanziale parità economica tra le parti, ma viene comunque riconosciuto un assegno c.d. perequativo, seppure nelle forme di un modesto contributo al pagamento del canone di locazione dell'abitazione in cui tale genitore accoglierà il figlio nei periodi di spettanza. Si rischia in tal modo di trasformare l'assegno perequativo, creato dalla giurisprudenza di merito nell'esclusivo interesse dei figli, in uno strumento volto di fatto a consentire ad uno dei genitori di continuare a fruire del tenore di vita già goduto in costanza di matrimonio, anche qualora non sussistano i presupposti per ottenere un contributo per il proprio mantenimento. Dev'essere quindi condivisa la scelta operata dal Tribunale di Roma di ritenere necessarie «condizioni di precarietà economica» perché possa essere riconosciuto il contributo perequativo: nel caso oggetto della sentenza, in particolare, il Collegio ha approfondito le reali condizioni economiche della resistente (proprietaria di almeno tre immobili, titolare di un centro estetico ed impegnata anche quale docente in una scuola di estetica) ed ha conclusivamente escluso che possano ravvisarsi i presupposti per il riconoscimento di un contributo perequativo. La pacifica disparità economica tra i genitori, del resto, risulta ampiamente compensata dal fatto che il padre ha assunto a proprio carico qualsiasi onere relativo alla figlia, senza richiedere alcun contributo da parte della madre neppure per quanto riguarda le spese straordinarie. |