Per alienare un bene costituito in fondo patrimoniale l’autorizzazione giudiziale è necessaria quando vi sono figli minori
19 Febbraio 2016
Massima
Lo scioglimento consensuale del fondo patrimoniale (anche sub specie di cd. svuotamento) non necessita di autorizzazione giudiziale in mancanza di figli; mentre deve ritenersi necessario lo scrutinio del giudice ove vi siano figli minori. In questo caso, l'intervento del giudice deve stimarsi necessario per valutare l'interesse dei figli ad interloquire sulle opzioni dei genitori, ad esempio mediante audizione ex art. 336 bis c.c. oppure mediante nomina di un curatore speciale. Atti che però non sono consequenziali tout court all'istanza dei genitori di disporre del fondo: la stessa Suprema Corte, infatti, discorre di “astratta configurabilità” di un interesse ad interloquire, così affidando al giudice il compito di verificare se tale “configurabilità”, nel caso sub iudice, sia anche “concreta”. Il caso
I coniugi titolari di un fondo patrimoniale modificano l'atto costitutivo del vincolo, prevedendo la facoltà di disporre liberamente dei beni anche in presenza di un figlio minorenne. Successivamente, decidono di vendere un appartamento compreso nel fondo e ricorrono al Tribunale per richiedere il rilascio dell'autorizzazione ex art. 169 c.c.. La questione
Il Tribunale di Milano affronta un problema dibattuto e rilevante nella prassi. Ci si chiede, infatti, se sia necessaria o meno l'autorizzazione giudiziale per la vendita di un bene incluso nel fondo in presenza di figli minori, anche nel caso in cui i coniugi abbiano stabilito nell'atto costitutivo del vincolo la libertà di disporre dei beni. A tal riguardo, l'art. 169 c.c. dispone che se non è espressamente consentito nell'atto di costituzione, non è possibile alienare beni compresi nel fondo se non con il consenso congiunto dei coniugi e, se vi sono figli minori, con l'autorizzazione concessa dal giudice nei soli casi di necessità o utilità evidente. L'inciso iniziale “Se non è stato espressamente consentito nell'atto di costituzione…” è certamente riferito alla prima parte del comma mentre è discusso che lo sia anche alla seconda. La questione al vaglio del Tribunale richiede, quindi, di chiarire, a fronte di un tenore letterale ambiguo della norma, se la volontà negoziale dei genitori possa derogare alla disciplina legale prevista a tutela della prole, la quale impone un controllo giudiziale volto ad accertare la corrispondenza fra l'atto dispositivo e l'interesse dei minori. Le soluzioni giuridiche
Il provvedimento in esame è significativo, in quanto adotta una soluzione che si discosta dall'orientamento del Tribunale di Milano consolidatosi in materia (cfr. Trib. Milano 17 gennaio 2006; Trib. Milano 23 febbraio 2000). Le precedenti pronunce dell'organo giudiziario, infatti, sostengono che l'autorizzazione giudiziale ex art. 169 c.c. possa essere esclusa, nonostante la presenza di minori, laddove vi sia l'accordo dei coniugi nell'atto costitutivo del fondo. Diversamente, il decreto in oggetto aderisce alla pronuncia della Suprema Corte (Cass, sez. I civ., 8 agosto 2014 n.17811) la quale enuncia i seguenti principi di diritto:
Tali principi, dettati in tema di scioglimento consensuale del fondo patrimoniale, sono applicabili, secondo il Tribunale, al caso di specie e vanno interpretati in modo conforme all'effettivo interesse dei figli minori coinvolti. Pertanto, analogamente alla fattispecie di scioglimento del fondo patrimoniale, nel caso di alienazione di un bene sottoposto al vincolo separativo, il controllo preventivo del giudice è necessario ove vi siano figli minori, in quanto volto a verificare che gli interessi dei medesimi non vengano compromessi dagli atti dispositivi compiuti dal genitore. Il Tribunale precisa, inoltre, che tale controllo giudiziale possa avvenire mediante l'ascolto del minore ex art. 336 bis c.c. (introdotto dal d.lgs.28 dicembre 2013 n. 154) oppure mediante la nomina di un curatore speciale ai sensi dell'art. 320 comma 6 c.c.. Tuttavia, secondo il giudice di prime cure, detti istituti, posti a protezione della prole, non devono applicarsi automaticamente ogniqualvolta i genitori richiedano l'autorizzazione per poter disporre del fondo. Ciò in quanto la valutazione dell'interesse del minore, in relazione alle scelte dei genitori riguardanti il fondo patrimoniale, compete al giudice, il quale ha il potere discrezionale di stabilire quali strumenti a tutela del minore debbano essere adottati. L'ascolto del minore e la nomina del curatore speciale sono quindi misure previste in astratto, ma spetta al giudice verificare se siano configurabili in concreto. Pertanto, muovendo da tale assunto il Tribunale analizza l'atto di alienazione che i coniugi intendono compiere, rilevando che:
Sulla base di tali elementi, l'operazione risponde, certamente, all'interesse dei minori; pertanto non si rende necessario il coinvolgimento della prole nella procedura giudiziale. Il giudice di primo grado afferma, peraltro, il seguente principio. Ove sussiste l'accordo dei genitori, l'intervento del giudice in merito alle decisioni prese dai medesimi deve essere solo residuale. Quindi, si tende a tutelare l'autodeterminazione genitoriale limitando l'ingerenza dell'organo giudiziario (conformemente, l'art. 337 ter c.c. dispone che il giudice «prende atto degli accordi intervenuti tra i genitori»). Inoltre, il controllo giudiziale deve avvenire non sulle scelte dei genitori bensì sull'interesse del figlio. Tale considerazione è avvalorata dal decreto legislativo sulla filiazione (d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154), il quale ha sostituito il concetto di potestà genitoriale con quello di responsabilità genitoriale, accezione quest'ultima che attribuisce maggior rilievo al fatto che i genitori siano “responsabili” dell'interesse dei minori. Pertanto, nel caso di specie, a giudizio del Tribunale non vi è neppure la necessità che la rappresentanza dei figli venga rafforzata con la nomina di un curatore speciale oltre a quella fisiologica genitoriale. Resta, in ogni caso, necessario per i genitori ricorrere al giudice per ottenere il provvedimento autorizzativo, che accerti l'interesse preminente di tutti componenti della famiglia in relazione all'atto dispositivo del fondo. Osservazioni
Il Tribunale di Milano compie un'inversione di rotta rispetto alle proprie precedenti pronunce e, allineandosi alla Cass., sez. I civ., 8 agosto 2014 n. 17811, adotta la soluzione che risponde maggiormente all'interesse del minore. Lo spunto offerto dalla sentenza di legittimità in tema di scioglimento consensuale del fondo patrimoniale consente al giudice di primo grado di estendere i medesimi principi al caso di alienazione di un bene soggetto al vincolo separativo. Va precisato, visto che il Tribunale non si sofferma su tale aspetto, che lo scioglimento consensuale del vincolo (anche parziale, qualora lo si ritenesse ammissibile) e l'alienazione di un bene del fondo sono istituti che devono essere mantenuti distinti, in quanto aventi caratteri diversi. Tuttavia, entrambi devono considerarsi atti dispositivi del fondo patrimoniale, che in presenza di figli minori incidono certamente sugli interessi di questi ultimi. La protezione del minore in entrambe le figure assume carattere dominate. Quindi, nell'ambito della disciplina in tema di amministrazione del fondo patrimoniale, è preminente l'interesse del minore e ciò consente di interpretare in modo sistematico l'art. 169 c.c., ritenendo la norma inderogabile nella parte in cui prevede la necessità dell'autorizzazione ove vi sia prole. In tal senso, i genitori non possono compiere un atto dispositivo del fondo senza il previo controllo giudiziale, ciò nonostante l'inserimento di una clausola di deroga nell'atto di costituzione del vincolo. Per converso, l'art. 169 c.c. deve ritenersi una norma dispositiva nella parte in cui, in assenza di figli, ammette la clausola pattizia, volta ad escludere la necessità del consenso congiunto dei coniugi per compiere l'atto di alienazione. |