Illecito registrare le telefonate tra genitore e figlio
18 Maggio 2016
Massima
Risponde del reato di cui all'art.617, 1 comma, c.p. il padre che registra clandestinamente le conversazioni telefoniche intervenute tra la moglie separata e i figli minori della coppia, i quali possono opporre ai genitori una propria sfera di riservatezza, non essendo idonea ad escludere la fraudolenza della condotta la circostanza che l'imputato avesse comunicato al coniuge l'intenzione di agire in tal senso, né potendosi invocare come causa di giustificazione il diritto/dovere del genitore di vigilare sulle comunicazioni effettuate o ricevute dai figli minori. Il caso
La Corte di Appello di Ancona confermava la condanna, inflitta dal Tribunale a Tizio, per il reato di cui all'art. 617 c.p. avendo egli registrato le telefonate intercorse tra i figli (di cui aveva l'affido esclusivo) e la moglie. Tali registrazioni erano state consigliate dagli operatori dei Servizi Sociali incaricati di monitorare la situazione dei figli minori ed i rapporti con il genitore non affidatario. Ricorreva Tizio in Cassazione lamentando: a) il difetto di tipicità del fatto per la mancanza di uno degli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 617 c.p., non essendo i figli terzi rispetto al genitore che esercita la responsabilità, non potendo gli stessi sottrarsi agli obblighi di vigilanza opponendo la riservatezza delle proprie comunicazioni; b) la mancanza del carattere fraudolento delle registrazioni, poiché anticipate alla moglie; c) la mancata “cognizione” delle registrazioni effettuate (primo motivo); d) il mancato riconoscimento della scriminante di cui all'art. 51 c.p. avendo Tizio agito nell'esercizio del diritto/dovere di controllare i figli minori, poiché preoccupato delle influenze negative della madre (motivo secondo); e) il mancato riconoscimento quantomeno dell'esercizio putativo della scriminante in oggetto e della circostanza che Tizio avrebbe agito con eccesso colposo tenendo conto del fatto che l'intercettazione era avvenuta su consiglio delle Assistenti Sociali (motivo terzo).
La Corte ha respinto tutti quanti i motivi. La questione
Nella argomentata motivazione la Corte affronta le cinque questioni sollevate dalla ricorrente e sintetizzate nei tre motivi di gravame consistenti:
a) nella mancanza dell'elemento costitutivo del reato di cui all'art. 617 c.p. perché i figli, in quanto minori, non sarebbero soggetti “terzi” rispetto a colui che registra la loro conversazione, poiché questi esercita su di loro un diritto dovere di controllo;
b) nella mancanza dell'elemento fraudolento del reato, perché Tizio avrebbe avvisato la moglie della sua intenzione di registrare le telefonate;
c) nella mancanza di un elemento costitutivo dell'art. 617 c.p., poiché Tizio non avrebbe preso contezza del contenuto delle registrazioni, ma si sarebbe limitato a consegnare il supporto su cui le aveva registrate alle Assistenti Sociali;
d) nel mancato riconoscimento della scriminante dell'esercizio di un diritto o adempimento di un dovere (art. 51 c.p.) perché Tizio avrebbe effettuato la registrazione per proteggere i minori dal negativo comportamento materno;
e) nel mancato riconoscimento della scriminante di cui sopra, almeno a titolo putativo poiché Tizio, per colpa, avrebbe attuato il comportamento incriminato indotto dalle Assistenti Sociali e, quindi, convinto di essere autorizzato a porlo in essere. Le soluzioni giuridiche
La Corte ha respinto tutti e tre i motivi e le relative argomentazioni precisando che:
a) Esiste la tipicità del fatto,giacchè «i figli sono soggetti altri rispetto al padre e tanto basta per ritenere integrata la tipicità del fatto»; in sostanza, il fatto che i figli siano minorenni non li rende soggetti privi del loro diritto alla riservatezza, ed i doveri di controllo non possono estendersi sino a limitarla;
b) Esiste il comportamento “fraudolento” poiché la “fraudolenza” non risiede nella circostanza che la persona le cui conversazioni vengano “carpite” sia a conoscenza della loro registrazione, ma nella modalità con cui essa viene operata, nel senso che la presa di cognizione punita dalla norma è «quella realizzata con mezzi che ne garantiscono sostanzialmente la clandestinità»;
c) Infondata è la questione circa la mancata “cognizione” delle conversazioni poiché Tizio avrebbe, come risulta dall'istruttoria di primo grado, consegnato il materiale registrato su CD alle assistenti sociali selezionando le conversazioni e, quindi ne avrebbe inevitabilmente preso conoscenza;
d) Non sussiste la scriminante di cui all'art. 51 c.p.La scriminante sussiste nel caso in cui un soggetto agisca per la necessità di esercitare un diritto o adempiere un dovere; in tal senso va osservato come «ai fini dell'applicazione della causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p., è necessario che l'attività posta in essere costituisca una corretta estrinsecazione delle facoltà inerenti alla situazione soggettiva che viene in considerazione» ; per la Corte, il diritto dovere derivante dalla responsabilità genitoriale non è sufficiente a giustificare la sussistenza della scriminante ma deve essere valutato sulla base del fatto concreto e del pregiudizio oggettivo che deriva al minore;
e) Non sussiste la scriminante di cui all'art. 51 c.p. quantomeno a titolo putativo ex art. 59 c.p.; ed infatti gli estremi della scriminante, seppur a titolo putativo, devono esistere oggettivamente e non solo nella mente dell'agente; la circostanza che la condotta fosse stata suggerita dagli Assistenti Sociali non può essere considerate idonea a giustificare la convinzione di agire per l'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere. Osservazioni
La sentenza in esame è di particolare interesse poiché enuncia alcuni principi specifici attinenti l'art. 617 c.p., già presenti in altre sentenze ma qui analizzati con particolare riferimento ai rapporti tra genitori separati e figli, con un occhio di riguardo alla tutela dei diritti dei minori così come riconosciuti dall'art. 16 della Convenzione sui diritti del fanciullo approvata New York il 20 novembre 1989 e ratificata dallo Stato italiano con la L. 27 maggio 1991, n. 176.
L'art. 617 c.p. punisce «chiunque fraudolentemente prende cognizione di una comunicazione o di una conversazione telefonica o telegrafica tra altre persone o comunque a lui non dirette». Orbene, nella sentenza citata, la Cassazione riafferma il principio per cui il comportamento illecito sussiste quando ad essere sottoposte a registrazione siano le conversazioni tra soggetti terzi, diversi da chi la effettua, e, quindi, non quelle tra l'interlocutore e altro o altri soggetti, ancorchè non avvisati della riproduzione in corso. In tal senso la Corte specifica, nel caso in esame che, seppur minorenni, i soggetti sono titolari di un diritto autonomo alla riservatezza e, quindi, devono essere considerati “altri” rispetto al genitore, seppur quest'ultimo abbia l'affido esclusivo (Cass. pen., sez. VI, 27 febbraio 2013, n. 15003 e Cass. pen., sez. V, 16 dicembre 2005, n. 4264).
Secondo principio rilevante è quello relativo al carattere “fraudolento” della registrazione. La Cassazione afferma il principio secondo il quale la “fraudolenza” attiene la modalità della registrazione, ovvero il mezzo utilizzato, non rilevando, invece la volontà del soggetto di porre in essere la condotta in modo o meno “clandestino”. In sostanza il fatto che la madre fosse, nella mente di Tizio, stata avvisata, non esclude la antigiuridicità del fatto.
Di particolare interesse è la quarta questione sollevata dalla Corte e, cioè quella relativa alla circostanza se un genitore sia legittimato, in virtù dell'affido a lui spettante, di “controllare “le comunicazioni tra i figli minori ed altri soggetti, sulla base della scriminante dell'avere adempiuto ad un diritto o esercitato un dovere. Qui la Corte afferma un principio molto importante, e tutela, in primo luogo, il diritto alla riservatezza del minore, richiamandosi alla Convenzione di New York il quale assume un rango di primo piano e, di conseguenza, la sua violazione diventa giustificata solo in presenza di una effettiva necessità, da valutare secondo le circostanze concrete, nell'ottica di una tutela del minore e non di quella del genitore. Di conseguenza la necessità, intesa come adempimento del dovere o esercizio di un diritto, derivante dalla responsabilità genitoriale, dovrà essere valutata sulla base della gravità oggettiva del comportamento posto in essere dal minore o a suo danno, che si vuole monitorare o impedire con la registrazione, e non sulla base del disvalore che ad esso attribuisca il genitore.
E' questa una sentenza utile per comprendere che un genitore, ancorché affidatario, non può intromettersi violando la riservatezza delle comunicazioni del figlio minorenne solo per apprendere il contenuto delle conversazioni con l'altro genitore o con gli amici, fatta salva la circostanza che vi sia un possibile pregiudizio per l'integrità psicofisica del minore stesso, pregiudizio che deve essere valutato sulla base di parametri oggettivi e non soggettivi del genitore che effettua l'indebita intrusione.
Su questa linea si pone, quindi, coerentemente, l'ultima osservazione della Corte laddove esclude la sussistenza della scriminante a titolo “putativo”, ancorchè al comportamento criminoso il soggetto fosse stato indotto dagli assistenti sociali. In questo caso la circostanza che il tribunale avesse autorizzato le comunicazioni telefoniche madre - figli esclude l'oggettività del pericolo e, dunque, la sussistenza della scriminante a titolo putativo |