Percorso di sostegno alla genitorialità: la prescrizione del Tribunale non costituisce violazione della libertà personale

23 Settembre 2016

La prescrizione terapeutica di un percorso di sostegno costituisce l'unico strumento disponibile da parte del giudice per il superamento della conflittualità tra i due genitori.
Massima

La prescrizione terapeutica di un percorso di sostegno costituisce l'unico strumento disponibile da parte del giudice per il superamento della conflittualità tra i due genitori. Tale percorso non si traduce in una violazione della libertà personale delle parti, trattandosi di una facoltà prevista nell'interesse dello stesso soggetto onerato, priva di conseguenze sanzionatorie personali nel caso in cui rimanga inattuata.

Il caso

Tizio chiedeva al Tribunale che fosse pronunziata la separazione da Caia e che fosse disposto l'affidamento condiviso della figlia minore Sempronia. Caia si opponeva chiedendo che venisse disposto un affido monogenitoriale, in quanto la condotta di Tizio era ritenuta di ostacolo all'affido condiviso. All'udienza presidenziale veniva disposto l'affido condiviso.

Con la decisione in commento, il Tribunale ha pronunciato la separazione personale dei coniugi ed ha confermato l'affidamento condiviso della figlia minore, con collocazione presso la madre, onerando entrambe le parti – senza la preventiva acquisizione del loro consenso - di proseguire il percorso di sostegno della genitorialità già intrapreso sotto la direzione e il monitoraggio dei Servizi Sociali.

In motivazione

«E ciò sia perché trattasi di un onere, ovverosia di una facoltà che essendo condizionata ad un adempimento non è mai, essendo prevista nell'interesse dello stesso soggetto onerato, obbligatoria tanto è vero che è priva di conseguenze sanzionatorie personali nel caso in cui rimanga inattuata, ricadendone semmai gli effetti sul regime di affido applicabile, sia perché è insuscettibile di esecuzione coattiva trattandosi esclusivamente della condizione posta dal giudice per il raggiungimento della pienezza dei paritetici poteri genitoriali nei confronti dei figli introdotta dalla novella 54/2006, sia perché trattasi dello strumento attraverso il quale si pongono le condizioni per una crescita il più possibile equilibrata e serena della prole in ragione della tutela del superiore interesse del minore che il giudice della famiglia è chiamato in prima istanza a salvaguardare. E' proprio in ragione di tale immanente principio che il giudice, ove si consideri che la conflittualità genitoriale non può di per sé costituire ostacolo, secondo quanto ripetutamente affermato dalla Corte di Cassazione, all'adozione del modello prioritario di affido vuoi perché si svuoterebbe la previsione normativa del suo significato essendo il conflitto la ricorrente condizione della coppia richiedente in via giudiziaria il mutamento di status, vuoi perché l'esclusione della pari responsabilità genitoriale, in quanto finalizzata a tutelare il superiore interesse della prole, deve avere quale causa diretta una patologia nel rapporto tra il genitore escluso dall'affido ed il figlio, ovverosia l'incapacità del primo ad entrare in relazione
diretta con il minore, e non già all'interno della coppia, la prescrizione terapeutica si traduce necessariamente nell'unico strumento disponibile da parte del giudice per il superamento della
conflittualità tra i due genitori affinché possa essere garantita l'equilibrata crescita del minore, nel rispetto del concorrente diritto alla bi - genitorialità in capo a quest'ultimo. E dal momento che nel caso di specie non ha potuto trovare piena attuazione per le ragioni sopra esposte la prescrizione preventivamente impartita dal G.I., quale corretta condizione per il riconoscimento definitivo dell'affido condiviso inizialmente accordato, deve necessariamente concludersi per la sua riformulazione, intesa come prosecuzione della terapia già iniziata, nei confronti della coppia genitoriale nel verdetto finale».

La questione

La questione in esame è la seguente: il Giudice può imporre alle parti di seguire un percorso di sostegno alla genitorialità? Che cosa succede in caso di rifiuto delle parti?

Le soluzioni giuridiche

La risposta del Tribunale capitolino ai quesiti sopra riportati è nel senso che il Giudice può, a prescindere dalla volontà delle parti, prescrivere un percorso di sostegno alla genitorialità. Ciò non si traduce in una violazione della libertà personale, perché la misura disposta dal Giudice non è suscettibile di esecuzione coattiva. Il rifiuto delle parti ad ottemperare all'ordine giudiziale può avere ricadute sul regime di affido applicabile. Come è stato evidenziato dal Tribunale, la finalità del percorso di sostegno alla genitorialità è quella di porre le condizioni per una crescita più possibile equilibrata e serena della prole. Pertanto, in caso di mancata adesione delle parti alla prescrizione giudiziale, il Giudice della famiglia può trarre elementi per ridurre i tempi di permanenza del figlio con il genitore non collaborante o, addirittura, quando sia ravvisabile nella condotta dell'altro genitore il pericolo di un pregiudizio per la prole, può disporne l'affido esclusivo in favore di quello che ha seguito il percorso di sostegno genitoriale.

Tale soluzione contrasta con quella adottata dalla Corte di Cassazione nella sentenza Cass. civ., 1 luglio 2015, n. 13506, ove si è, invece, affermato che la prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e a un percorso di sostegno alla genitorialità è lesiva del diritto alla libertà personale costituzionalmente garantito e contrasta con la norma che vieta l'imposizione dei trattamenti sanitari, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge (art. 32, comma 2, Cost.). Inoltre, ad avviso della Corte, una siffatta prescrizione esula dai poteri del giudice investito della controversia sull'affidamento dei minori, anche se viene disposta con la finalità del superamento di una condizione di immaturità della coppia genitoriale.

Osservazioni

La soluzione preferibile appare quella seguita dal Tribunale nel provvedimento in rassegna.

La finalità del «percorso di sostegno alla genitorialità» è quella di mettere in atto un complesso di interventi intesi, appunto, a “sostenere” quelle coppie che, a causa del conflitto in atto, incontrano difficoltà nell'esercizio del ruolo genitoriale.

Questi interventi si protraggono, molto spesso, nell'arco di alcuni mesi e si articolano in diverse sedute, alcune delle quali sono effettuate con il singolo genitore, altre alla presenza di entrambi. Il più delle volte, gli incontri con gli operatori sociali mirano a favorire la ripresa della comunicazione e del dialogo tra i componenti della coppia parentale, la cui mancanza acuisce la litigiosità e crea notevoli ostacoli specialmente nell'esercizio del diritto di visita da parte del genitore non affidatario.

Essendo ispirato a finalità di tutela della prole, il «percorso di sostegno alla genitorialità» appare estraneo rispetto alla complessa tematica dei trattamenti sanitari, oggetto di una specifica disciplina all'art. 32, comma 2, Cost.

Ciò è tanto più vero se si tiene conto del fatto che, secondo la prevalente dottrina, la nozione di trattamento ex art. 32 comma 2 Cost., è comprensiva di ogni genere di attività dal carattere diagnostico e terapeutico volta a prevenire e curare le malattie, a nulla rilevando l'istantaneità, la durata, il grado di violenza esterna o la dolorosità della patologia.

Il «percorso di sostegno alla genitorialità» non sembra riconducibile nell'alveo dei trattamenti sanitari, in quanto non v'è alcuna malattia da prevenire o curare.

Ne deriva che la prescrizione giudiziale di un sostegno genitoriale esula dall'ambito di applicazione dell'art. art. 32, comma 2 Cost. e non richiede, perciò, alcun preventivo consenso delle parti.

Piuttosto, l'interesse pubblico alla tutela del minore giustifica l'esercizio dei poteri officiosi del Giudice, che può prescrivere il percorso di sostegno alla genitorialità, senza che occorra il preventivo consenso delle parti.

Proprio perché destinato ad avere ricadute sul benessere dei figli minori, tale intervento può, dunque, essere disposto ex officio dal Giudice, nell'esercizio dei poteri conferitigli dall'art. 337 ter c.c., in base al quale egli «adotta ogni altro provvedimento nell'interesse della prole».

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