Alcune riflessioni sulla sospensione ‘condizionale' della confisca ai sensi del comma 2 dell'art. 12-bis, d. lgs. 74/2000

Loretta Loretti
05 Maggio 2017

In questo breve lavoro, si affronta la portata della norma di cui al comma 2 dell'art. 12-bis, d.lgs. 74/2000. Con tale precetto, il Legislatore ha inteso sospendere l'apprensione definitiva al patrimonio dello Stato dei beni confiscati nel caso in cui il contribuente abbia aderito formalmente a taluna delle procedure finalizzate a consentirgli il pagamento del debito erariale. In caso di estinzione, totale o parziale, del debito erariale la non operatività della confisca diviene, in tutto o in parte, definitiva.
Abstract

In questo breve lavoro, affronteremo, la portata della norma di cui al comma 2 dell'art. 12-bis, d.lgs. 74/2000 (per approfondire le questione relative al comma 1 dell'art. 12-bis d.lgs. 74/2000, si veda MAZZANTI – LORETTI, Confisca diretta e di valore e sequestro preventivo nella disciplina dell'art. 12-bis, comma 1, d.lgs. 74/2000).

Con tale precetto, il Legislatore ha inteso sospendere l'apprensione definitiva al patrimonio dello Stato dei beni confiscati nel caso in cui il contribuente abbia aderito formalmente a taluna delle procedure finalizzate a consentirgli il pagamento del debito erariale.

In caso di estinzione, totale o parziale, del debito erariale la non operatività della confisca diviene, in tutto o in parte, definitiva.

La norma, seppur aspramente criticata da alcuni autori per la sua formulazione letterale, offre, come vedremo nel seguito, interessanti spunti applicativi, utili, nella pratica, a conseguire una mitigazione, in relazione ai reati tributari, del rigore giustizialista che, a seguito delle sentenze Gubert e Lucci, dovrebbe assistere l'applicazione della confisca.

Alcune riflessioni circa la non operatività della confisca a fronte dell'impegno del contribuente a regolarizzare il debito erariale

La norma di cui all'art. 12-bis, comma 2, d.lgs. 74/2000, prevede un'ipotesi di esclusione dell'operatività della confisca « per la parte [N.d.A., di profitto o di prezzo di ciascuno dei reati previsti e puniti dal d.lgs. 74/2000] che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato pagamento la confisca è sempre disposta ».

Tale precetto costituisce la cristallizzazione in chiave evolutiva dell'orientamento giurisprudenziale che riteneva illegittimo il sequestro preventivo e la misura ablatoria definitiva con riguardo a quegli importi che il contribuente – indagato o impuntato – avesse provveduto, nel corso del procedimento, a versare all'erario.

Parte della giurisprudenza, di merito e di legittimità, formatasi anteriormente alla novella del 2015 aveva, infatti, riconosciuto la necessità di revocare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca – sia diretta che per equivalente – con riguardo agli importi che il contribuente avesse dimostrato di avere già versato all'erario, sulla base di accordi intervenuti con l'Amministrazione Finanziaria.

Sul punto: « la natura prevalentemente sanzionatoria riconosciuta alla confisca per equivalente non deve portare ad un indiscriminato automatismo nella sua applicazione, senza tenere conto che con l'adempimento, sia pur tardivo, dell'obbligazione tributaria viene meno quel profitto del reato che la misura ablatoria è destinata ad aggredire » (cfr., Cass. pen., Sez. III, 10 ottobre 2013, n. 45189).

Sotto il profilo semantico, il Legislatore ha utilizzato la locuzione non opera per inibire all'A.G. il potere di confiscare il profitto o il prezzo del reato tributario per l'intero quando il contribuente si sia impegnato a pagare il proprio debito verso il fisco.

L'impiego del verbo operare è stato da alcuni autori censurato in quanto l'ampiezza del suo significato non consentirebbe di delimitarne esattamente la portata (cfr., MANCINI).

D'altro canto, l'utilizzo del lemma consente di espandere l'applicabilità della norma non solo alla fase procedimentale di cognizione ma anche a quella dell'esecuzione della sentenza che disponga la confisca.

Infatti, se la confisca « non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario », ciò significa che, anche in fase di esecuzione della condanna, il contribuente che abbia acceduto ad una delle procedure adesive o conciliative previste dall'ordinamento tributario, possa, attraverso lo strumento dell'incidente di esecuzione di cui agli art. 665 e ss. c.p.p., ottenere che l'esecuzione della confisca rimanga sospesa in attesa che si perfezioni il pagamento del debito erariale.

Il P.M. presso il giudice dell'esecuzione (art. 655 c.p.p.) dovrà, perciò, soprassedere a curare l'esecuzione del provvedimento ablatorio in attesa di verificare se l'impegno del contribuente a definire le pendenze tributarie oggetto del procedimento penale sia stato o meno rispettato.

La Corte di legittimità ha affermato come l'impegno del contribuente avente efficacia sospensiva sia costituito dalla formale adesione ad una delle procedure previste dall'ordinamento tributario per l'adempimento dell'obbligo erariale (e, quindi, anche la c.d. Rottamazione delle cartelle).

In questo senso, ad esempio, Cass. pen., Sez. III, n. 28225 del 9 febbraio 2016, che ha specificato come tali procedure siano, all'attualità, « l'accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, transazione fiscale, attivazione di procedure di rateizzazione automatica o a domanda ».

La formulazione del precetto fornisce una gamma di possibilità difensive in precedenza senz'altro precluse al contribuente attinto da condanna per reati tributari in forza della quale sia stata disposta la confisca – diretta o per equivalente.

Tale aspetto costituisce un argine alle derive giustizialiste delle già citate sentenze GUBERT e LUCCI.

Infatti, se, da un lato, con tali pronunce, le Sezioni unite si sono spinte ad affermare che la confisca di somme di denaro sia sempre diretta ed abbia natura di misura di sicurezza patrimoniale, nonché a legittimare la confisca del profitto e del prezzo del reato (tributario e non) pur in assenza di una sentenza di condanna definitiva, dall'altro, il tanto criticato Legislatore, con la norma di cui all'art. 12-bis, comma 2, d.lgs. 74/2000, ha fornito al contribuente un valido strumento finalizzato a mitigare la portata della misura ablativa, consentendogli anche in fase esecutiva di congelarne l'operatività.

Anche la Suprema Corte pare avallare tali conclusioni.

Ed infatti, secondo il Supremo Collegio: « la confisca ‘non operativa', dunque, sarebbe una confisca applicata ma non eseguibile perché non (ancora) produttiva di effetti, la cui produzione sarebbe subordinata (condizionata) al verificarsi di un evento futuro ed incerto, costituito dal mancato pagamento del debito, fermo restando che essa dovrà, comunque, essere disposta, o meglio diventare efficace, allorché l'impegno non sia stato rispettato ed il versamento promesso non si sia verificato. Ne deriva che, anche in presenza di un piano rateale di versamento, la confisca potrà essere consentita, sia pure per gli importi non ancora corrisposti così continuando ad essere possibile anche il sequestro ad essa finalizzato; sequestro che, ai sensi dell'art. 323, comma 3, c.p.p., manterrà i suoi effetti in caso di pronuncia di una sentenza di condanna, allorché sia stata disposta la confisca benché condizionata delle cose sequestrate» (cfr., Cass. pen. Sez. III, 12 luglio 2016, n. 42087).

Circa la sospendibilità della confisca del profitto e circa la non sospendibilità della confisca del prezzo del reato

Occorre rilevare come, nonostante la norma in commento non faccia distinzioni circa la non operatività della confisca in relazione all'oggetto della medesima, sia evidente che la sospensione della misura ablatoria possa concernere solo il profitto del reato tributario e non anche il prezzo.

Nei reati tributari, il profitto è costituito dal mancato versamento dell'imposta, interessi e sanzioni, conseguente alla commissione dell'illecito; solo esso può essere fatto oggetto di impegno alla restituzione all'erario da parte del contribuente.

Chi percepisca un prezzo per la commissione del reato di cui all'art. 8 o del reato di cui all'art. 10 d.lgs. 74/2000, ovvero per concorrere in uno dei reati propri del contribuente di cui al decreto, non è assoggettato all'obbligazione contributiva gravante sull'autore proprio e, pertanto, non è definibile come contribuente ai sensi dell'art. 12-bis, comma 2.

Rimane da domandarsi, attesa l'incertezza circa il limiti della confisca del profitto del reato in caso di delitti plurisoggettivi (incertezza che abbiamo evidenziato in …), se della non operatività della misura ablatoria possa beneficiare solo il contribuente quale autore proprio del reato tributario ovvero se essa si estenda anche i concorrenti.

Se è vero, come è vero, che nell'attuale evoluzione giurisprudenziale in subiecta materia sia stato espresso il principio secondo cui il valore dei beni confiscati a ciascuno dei correi non possa eccedere il profitto del reato loro imputato soggettivamente, deve ritenersi altrettanto vero che nel caso in cui l'autore proprio (e cioè il contribuente) si sia impegnato fruttuosamente ad estinguere il proprio debito fiscale di ciò debbano beneficiare anche i correi.

Sospensione “condizionale” della confisca e tutela dei diritti dello Stato e dei terzi: alcune considerazioni

Il precetto di cui all'art. 12-bis, comma 2, d.lgs. 74/2000, dispone che la confisca resti sospesa nel caso in cui il contribuente si impegni a soddisfare il debito erariale.

Nel caso in cui il debito erariale venga estinto, in tutto o in parte, il contribuente dovrà essere reimmesso nella disponibilità, totale o parziale, dei propri averi.

Durante la fase di sospensione dell'operatività della confisca, tuttavia, potrebbero verificarsi eventi pregiudizievoli per le ragioni dello Stato.

Fondamentalmente, possono darsi i seguenti casi pratici:

  1. durante il procedimento, il patrimonio del reo viene assoggettato a sequestro ai fini di confisca che viene disposta e, poi, sospesa con la sentenza definitiva di condanna;
  2. durante il procedimento, non viene disposto il sequestro preventivo del patrimonio del reo e solo con la sentenza di condanna – non definitiva ovvero definitiva ovvero in fase esecutiva –venga applicata la confisca con contestuale sospensione.

Sotto il profilo pratico, l'oggetto della confisca può essere costituito da: a) beni immobili, mobili registrati, o altri beni mobili per i quali sia prevista per legge una particolare forma di pubblicità (ad esempio, partecipazioni societarie necessitanti dell'iscrizione nel registro delle imprese); b) beni mobili non registrati.

Nel caso di beni mobili non assoggettati a registrazione ovvero in relazione ai quali non debbano essere pubblicizzati eventi pregiudizievoli, occorre domandarsi se prevalga la ragione statuale alla concreta apprensione dei beni ovvero quella dei terzi di buona fede cui tali beni siano pervenuti a seguito di atto dispositivo patrimoniale.

Laddove sia stata disposta la misura cautelare del sequestro preventivo di tali beni, il problema non si pone, atteso che il custode nominato dall'A.G. penale è l'unico soggetto che, previa autorizzazione dell'A.G. stessa, può determinare atti di disposizione patrimoniale con riguardo ad essi beni.

Infatti, ai sensi dell'art. 323, comma 3, c.p.p., « se è pronunciata sentenza di condanna, gli effetti del sequestro permangono quando è stata disposta la confisca delle cose sequestrate ».

Parimenti, nulla quaestio per i beni immobili, mobili registrati, o per altri beni mobili per cui sia necessaria una forma di pubblicità, per i quali i terzi sono, per il solo fatto dell'esistenza di pubblici registri (nei quali ovviamente è iscritta/trascritta la misura ablativa, cautelare o definitiva), ampiamente tutelati.

Assai più critica è la questione relativa alla tutela delle ragioni dello Stato e dei terzi quando la confisca sospesa non sia stata preceduta dal sequestro preventivo.

Il proprietario potrebbe, infatti, nelle more tra l'emissione del dispositivo della sentenza che preveda la confisca e la fase di esecuzione della misura, disporre del proprio patrimonio.

Per ciò che concerne i beni immobili, i beni mobili registrati nonché gli altri beni di cui debba essere data pubblicità, vale quanto già evidenziato supra, atteso che del provvedimento di condanna o della pronuncia ad esso equiparata che disponga sulla confisca dovrà essere data opportuna pubblicità.

Nel diverso caso in cui la definitiva misura ablativa patrimoniale – sospesa - abbia invece ad oggetto beni mobili in relazione ai quali non intervenga alcuna forma di pubblicità, sarebbe opportuno che, all'atto dell'emissione della sentenza, ovvero in fase di esecuzione, l'A.G. funzionalmente competente provveda a nominare un custode dei beni confiscati al fine di scongiurare rischi di dispersione del bene.

Peraltro, dal punto di vista sistematico, deve ritenersi assolutamente legittima la nomina del custode dei beni assoggettati a confisca sospesa, anche qualora essi non siano stati in precedenza attinti da misura cautelare, atteso che il disposto di cui all'art. 18-bis d.lgs. 74/2000 prevede la custodia giudiziale addirittura dei beni sequestrati.

Infine, qualora l'atto dispositivo intervenga prima che sia data formale pubblicità al provvedimento che dispone la confisca sospesa ovvero prima che il custode nominato sia immesso nella materiale disponibilità dei beni mobili – e salve le responsabilità penali del disponente –, occorre domandarsi se prevalgano le esigenze del percipiente di buona fede o quelle Statali all'apprensione del bene.

A nostro avviso, devono prevalere le ragioni del terzo in buona fede, in conformità ai principi civilistici in materia.

In conclusione

Con la novella di cui al d.lgs. 158/2015, recante Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23, che ha profondamente inciso sul diritto penale tributario, il Legislatore ha perseguito:

a) finalità criminal-preventive attraverso l'inasprimento delle sanzioni di alcuni reati (artt. 5, 10, 10-quater);

b) finalità deflattive del carico di lavoro degli Uffici Giudiziari, innalzando le soglie di punibilità dei reati di omesso versamento nonché dei reati dichiarativi di cui agli artt. 3, 4 e 5;

c) l'obiettivo di monetizzare la responsabilità penale tributaria, subordinando l'operatività delle cause di non punibilità e delle diminuenti (di cui agli artt. 13 e 13-bis del decreto) al pagamento del debito tributario ed inibendo, alla medesima condizione, l'operatività della confisca di cui al primo comma dell'art. 12-bis.

Di poco anteriori alla novella sono le sentenze GUBERT e LUCCI: con la prima pronuncia le Sezioni unite hanno affermato che la confisca di somme di denaro abbia sempre natura di confisca diretta; con la seconda pronuncia le Sezioni unite hanno invece legittimato la confisca del profitto e del prezzo del reato (anche non tributario) pur in assenza di una sentenza di condanna definitiva.

La norma di cui all'art. 12-bis, comma 2, del decreto sancisce positivamente il principio secondo cui il contribuente evasore che provveda al pagamento del proprio debito nei confronti dell'erario, anche attraverso procedure conciliative o adesive, eviti l'apprensione dei propri beni da parte dello Stato.

Il che, in considerazione delle tendenze giustizialiste manifestate nelle sopra ricordate pronunce, non avrebbe costituito certo un approdo scontato dell'evoluzione giurisprudenziale.

In conclusione

MANCINI, Il nuovo diritto penale tributario, Roma, 2016, pg. 315

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario