La “depenalizzazione / trasmigrazione” del reato in illecito civile: dubbi dogmatici ed incertezze applicative

Paolo Pittaro
09 Febbraio 2016

La "trasmigrazione" della fattispecie di cui all'originario illecito penale in un nuovo illecito civile, e con la relativa sanzione pecuniaria, costituisce un novum nell'ordinamento giuridico, ove la presenza di una sanzione “punitiva” civile pone problemi di non poco conto sia sul piano meramente dogmatico, sia su quello della sua pratica applicazione.
Abstract

A seguito della legge delega 28 aprile 2014, n. 67, è stato emanato il d.lgs. 15 gennaio 2015, n. 7, recante Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, che si pone accanto al d.lgs. 8, di pari data, che ha effettuato la classica depenalizzazione, ossia la derubricazione di reati in illeciti amministrativi. Invece, la trasmigrazione della fattispecie di cui all'originario illecito penale in un nuovo illecito civile, e con la relativa sanzione pecuniaria, costituisce un novum nell'ordinamento giuridico, ove la presenza di una sanzione “punitiva” civile pone problemi di non poco conto sia sul piano meramente dogmatico, sia su quello della sua pratica applicazione.

Vedi gli altri focus sulle Depenalizzazioni

I decreti di depenalizzazione

A seguito dell'art. 2 (Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria) della legge 28 aprile 2014, n. 67, sono stati emanati i d.lgs. 15 gennaio 2016, nn. 7 ed 8 (in Gazz. uff., 22 gennaio 2016, n. 17), subito definiti dai media (ed anche dagli addetti ai lavori) come i due decreti di depenalizzazione.

Invero solo il secondo (il n. 8) dispone la depenalizzazione in senso tradizionale, ossia la derubricazione dell'illecito penale in illecito amministrativo, come peraltro affermato nella sua stessa intitolazione (Disposizioni in tema di depenalizzazione). Su tale normativa cfr. il Focus di LEOPIZZI, Depenalizzazioni: i reati trasformati in illeciti amministrativi (d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8).

Il decreto n. 7 (non a caso rubricato Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma dell'art. 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67), non tratta della depenalizzazione tradizionale, bensì della introduzione nell'ordinamento giuridico di illeciti civili, con sanzioni pecuniarie civili, derivanti dalla abrogazione di alcune fattispecie penali, alcune delle quali, anche diversamente descritte, entrano nel corpus degli illeciti civili.

Pertanto, più che di depenalizzazione vera e propria potremmo riferirci ad una trasmigrazione di certe fattispecie dall'illecito penale all'illecito civile con le nuove sanzioni pecuniarie civili.

L'abrogazione dei reati

Il Capo I del d.lgs. 7, è dedicato alla Abrogazione di reati e modifiche al codice penale.

Pertanto, l'art. 1 dispone l'abrogazione dei seguenti reati previsti dal codice penale:

  • art. 485 c.p. (Falsità in scrittura privata);
  • art. 486 c.p. (Falsità in foglio firmato in bianco);
  • art. 594 c.p. (Ingiuria);
  • art. 627 c.p. (Sottrazione di cose comuni);
  • art. 647 c.p. (Appropriazione di cose smarrite, del tesoro e di cose avute per errore o caso fortuito).

Alcune di queste fattispecie vengono modificate ed risistemate in altre disposizioni del codice penale (art. 2 del d.lgs. 7), che, pertanto, vengono riscritte. Trattasi dei reati di falso (artt. 488, 489, 490, 491, 491-bis, 493-bis c.p.), di danneggiamento (artt. 635, 635-bis, 635-ter, 635-quater c.p.) e di alcune norme residuali nei delitti contro l'onore (artt. 597 e 599 c.p.).

Si può, pertanto, sin d'ora concludere nel senso che la normativa in oggetto ha rimodulato i reati di falso, di danneggiamento e quelli contro la persona
I nuovi illeciti civili

Il Capo II del d.lgs. 7/2016 viene a disciplinare gli Illeciti sottoposti a sanzioni pecuniarie civili.

L'art. 3 dispone che i nuovi illeciti civili:

  • sono rilevanti solamente se dolosi, con esclusione, pertanto, sia della colpa che della colpa grave;
  • mantengono comunque l'obbligo alle restituzioni ed al risarcimento del danno;
  • prevedono anche la sanzione del pagamento della sanzione pecuniaria civile ivi stabilita;
  • sono disciplinati comunque dall'art. 2947, comma 1, del codice civile, che fissa la prescrizione in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato.

L'art. 4 del d.lgs. 7/2016 delinea le nuove fattispecie degli illeciti civili sottoposti a sanzioni pecuniarie civili. Ed esattamente:

1. soggiace alla sanzione pecuniaria civile da euro 100 a euro 8.000:

  1. chi offende l'onore ed il decoro di una persona presente, ovvero mediante comunicazione telegrafica, telefonica, informatica o telematica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa. Peraltro, se le offese sono reciproche, il giudice può non applicare la sanzione pecuniaria civile ad uno o ad entrambi gli offensori, mentre non è sanzionabile chi ha commesso il fatto nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui. Se, poi, l'offesa consista nell'attribuzione di un fatto determinato o sia commessa in presenza di più persone è prevista la sanzione pecuniaria civile da euro 200 a euro 12.000;
  2. il comproprietario, socio o coerede che, per procurare a sé o ad altri un profitto, s'impossessa della cosa comune, sottraendola a chi la detiene, salvo che il fatto sia commesso su cose fungibili e il valore di esse non ecceda la quota spettante al suo autore;
  3. chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui, al di fuori dei casi previsti dagli articoli 635, 635-bis, 635-ter, 635-quater (di nuovo conio, come espresso supra) e 635-quiquies del codice penale;
  4. chi, avendo trovato denaro o cose da altri smarrite, se ne appropria, senza osservare le prescrizioni della legge civile sull'acquisto della proprietà di cose trovate;
  5. chi, avendo trovato un tesoro, si appropria, in tutto o in parte, della quota dovuta al proprietario del fondo;
  6. chi si appropria di cose delle quali sia venuto in possesso per errore altrui o per caso fortuito.

2. Soggiace alla pena pecuniaria civile da euro 200 a euro 12.000:

  1. chi, facendo uso o lasciando che altri faccia uso di una scrittura privata da lui falsamente formata o da lui alterata, arreca ad altri un danno. Si considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte a una scrittura vera, dopo che questa fu definitivamente formata;
  2. chi, abusando di un foglio firmato in bianco, del quale abbia il possesso per un titolo che importi l'obbligo o la facoltà di riempirlo, vi scrive o fa scrivere un atto privato riduttivo di effetti giuridici, diverso da quello a cui era obbligato o autorizzato, se dal fatto di farne uso o di lasciare che se ne faccia uso, deriva un danno ad altri;
  3. chi, limitatamente alle scritture private, commettendo falsità su un foglio firmato in bianco diverse da quelle appena enunciate, arreca ad altri un danno;
  4. chi, senza essere concorso nella falsità, facendo uso di una scrittura privata falsa, arreca ad altri un danno;
  5. chi, distruggendo, sopprimendo od occultando in tutto o in parte una scrittura privata vera, arreca ad altri un danno.

Peraltro, la stessa disposizione viene a specificare che:

  • quanto previsto si applica anche nel caso in cui le falsità riguardino un documento informatico privato avente efficacia probatoria;
  • nella denominazione di scritture private sono compresi gli atti originarli e le copie autentiche di essi, quando a norma di legge tengano luogo degli originali mancanti;
  • si considera firmato in bianco il foglio in cui il sottoscrittore abbia lasciato in bianco un qualsiasi spazio destinato ad essere riempito.
La disciplina delle sanzioni pecuniarie civili

I criteri di commisurazione. L'art. 5 del d.lgs. 7 stabilisce i criteri di commisurazione delle sanzioni pecuniarie che il giudice civile è tenuto ad osservare e precisamente:

a) gravità della violazione;

b) reiterazione dell'illecito;

c) arricchimento del soggetto responsabile;

d) opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze dell'illecito;

e) personalità dell'agente;

f) condizioni economiche dell'agente.

La disposizione richiama quanto previsto, in ordine alla commisurazione della pena criminale, dall'art. 133 c.p.

I parametri sembrano essere tutti oggettivi, con esclusione dell'elemento soggettivo dell'illecito. Tuttavia, si potrebbe sostenere che, ricalcando la gravità della violazione sub a) la gravità del reato di cui al primo comma dell'art. 133 c.p., e posto che, in questa disposizione, al n. 3, sono previsti l'intensità del dolo ed il grado della colpa, anche in questa ipotesi normativa possa aver rilievo l'intensità del momento volitivo dell'agente.

Qualche perplessità possono sorgere in relazione al parametro sub c), scilicet se esso debba intendersi in senso assoluto ovvero relativo: in altri termini se il quantum dell'arricchimento debba considerarsi nella sua entità valoriale di per sé, ovvero in proporzione alle sostanze (esili ovvero cospicue) del soggetto. La prima soluzione sembra la più plausibile.

Non dissimile problema sorge in riferimento al parametro sub f), ossia in che modo possano rilevare le condizioni economiche dell'agente. Posto che l'elemento attiene alla commisurazione della sanzione, sembra più credibile ritenere che debba valutarsi il quantum di afflittività della sanzione pecuniaria civile messa in relazione alle condizioni economiche dell'agente. Come dire che quanto più queste sono elevate, tanto maggiore deve essere la sanzione dell'ambito del suo range edittale.

Il concetto sub e) presenta una forte indeterminatezza. Di poco ausilio può essere il richiamo al meccanismo presente nel sistema penale, posto che l'unica perizia ammessa è quella tesa a stabilire l'imputabilità, ossia la capacità di intendere e volere del soggetto (art. 85 c.p.), con il divieto della perizia criminologica, volta proprio a definire la personalità dell'imputato (art. 220, comma 2, c.p.p.), e che il richiamo di cui all'art. 133, comma 2, c.p., ed ai vari parametri ivi previsti, attiene alla capacità a delinquere del colpevole, ossia alla possibilità che questi, nel futuro, possa compiere ulteriori reati, così come la pericolosità sociale, di cui all'art. 203 c.p., è la probabilità (ossia: una rilevante possibilità) che il reo possa commettere, nel futuro, ulteriore reati: tutti concetti, insomma, ben diversi dalla personalità dell'agente prevista dalla norma in esame.

La reiterazione dell'illecito. L'art. 5 del d.lgs. 7 disciplina, invece, nel dettaglio la reiterazione dell'illecito, di cui alla lettera b), ritenendola nel caso in cui l'illecito sottoposto a sanzione pecuniaria civile sia compiuto entro 4 anni dalla commissione, da parte dello stesso soggetto, di un'altra violazione sottoposta a sanzione pecuniaria civile, che sia della stessa indole e che sia stata accertata con provvedimento esecutivo.

A tale proposito, ai sensi del comma 2 della medesima disposizione, si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni.

Quanto disposto richiama la definizione penalistica della recidiva, di cui all'art. 99 c.p., ma con lo stretto limite temporale dei quattro anni, mentre il concetto delle violazioni della stessa indole ricalca esattamente quanto stabilito dall'art. 101 c.p., con la precisazione che le modalità della condotta sostituiscono, ed in più ampio senso, i motivi che determinarono i fatti in oggetto (di cui all'art. 101 c.p.), mentre la sostanziale omogeneità dei fatti viene ad aggiungersi ai loro caratteri fondamentali comuni (previsti sia dalla disposizione civile sia da quella penale): in definitiva, uno spettro più ampio.

Siffatta disposizione, peraltro, ricalca esattamente quanto disposto dall'art. 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, recante Modifiche al sistema penale, che costituisce, com'è noto, il testo base dell'iter di penalizzazione.

In ogni caso, proprio ai fini di ritenere la reiterazione dell'illecito, l'art. 11 del d.lgs. 7 dispone che con apposito decreto del Ministro della giustizia sono adottate le disposizioni relative alla tenuta di un registro, in forma automatizzata, in cui sono iscritti i provvedimenti di applicazione delle sanzioni pecuniarie civili.

Il concorso di persone. La disciplina del concorso di persone è del tutto analoga a quella prevista dall'art. 110 c.p. Infatti, l'art. 7 del d.lgs. 7/ dispone che quando più persone concorrono in un illecito previsto dal capo II della normativa, ciascuna di esse soggiace alla sanzione pecuniaria civile per esso stabilita.

Non trattasi, pertanto, di una obbligazione civile che deve essere prestata nei confronti dell'insieme dei concorrenti, ove il primo che abbia pagato possa richiedere agli altri di versagli la loro parte, bensì di una sanzione individuale rivolta a ciascuno di essi, il che rafforza il concetto di trovarsi di fronte ad una sanzione punitiva.

Il procedimento. L'art. 8 del d.lgs. 7 dispone che le sanzioni civili sono applicate dal giudice competente a conoscere dell'azione di risarcimento del danno, il quale decide sull'applicazione di tali sanzioni al termine del giudizio, qualora accolga la domanda di risarcimento proposta dalla persona offesa.

Nell'ipotesi di soggetto irreperibile e non vi sia il procuratore cui sia stato conferito il potere di stare in giudizio, la sanzione pecuniaria civile non può essere applicata quando l'atto introduttivo del giudizio è stato notificato nelle forme dell'art. 143 c.p.c., ovverossia mediante deposito di copia dell'atto nella casa comunale dell'ultima residenza o, se questa è ignota, in quella del luogo di nascita del destinatario, ovvero ancora, se non sono noti né il luogo dell'ultima residenza né quello di nascita, mediante consegna dell'atto al pubblico ministero, salvo che la controparte si sia costituita in giudizio o risulti con certezza che abbia avuto comunque conoscenza del processo.

Al processo, anche ai fini dell'irrogazione della sanzione pecuniaria civile, si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili.

Il pagamento della sanzione. L'art. 9 del d.lgs. 7 dispone che con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro il termine di sei mesi dall'entrata di vigore del decreto stesso, ossia a decorrere dal 6 febbraio 2016, sono stabiliti termini e modalità per il pagamento della sanzione pecuniaria civile, nonché le forme per la riscossione del'importo dovuto.

Seguendo lo schema già previsto dall'art. 133-ter c.p. per il pagamento della multa e dell'ammenda, si prevede che il giudice può disporre, in relazione alle condizioni economiche del condannato, che il pagamento della sanzione pecuniaria civile sia effettuato in rate mensili da due a otto, ove ciascuna rata non può esse inferiore a euro 50. Decorso inutilmente, anche per una sola rata, il termine fissato per il pagamento, l'ammontare residuo della sanzione è dovuto in un'unica soluzione. Ovviamente, il condannato può estinguere la sanzione pecuniaria civile in ogni momento mediante un unico pagamento.

Particolarmente significativo quanto disposto negli ultimi commi della disposizione, in forza dei quali:

  • per il pagamento della sanzione pecuniaria civile non è ammessa alcuna forma di copertura assicurativa;
  • l'obbligo della sanzione pecuniaria non si trasmette agli eredi.

Il che sta a sottolineare, come già rilevato in riferimento di quanto disposto per il concorso di persone, la natura personale e punitiva della sanzione civile pecuniaria.

Infine, l'art. 10 del d.lgs. 7 dispone che il provento della sanzione pecuniaria civile è devoluto in favore della Cassa delle ammende.

Tale decisione si presenta alquanto significativa, in quanto in precedenza era stata adombrata la possibilità che anche la sanzione pecuniaria civile andasse alla persona destinataria della restituzione e del risarcimento del danno ovvero venisse devoluta in parte al soggetto privato ed in parte allo Stato.

Disposizioni transitorie

Secondo quanto disposto dall'art. 10 del d.lgs. 7, le sanzioni pecuniarie civili si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto (6 febbraio 2016), salvo sentenza o decreto penali oramai irrevocabili.

In tale caso, tuttavia, il giudice della esecuzione revoca il provvedimento penale, dichiarando che il fatto con è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti, osservando quanto disposto dall'art. 667, comma 4, del codice di procedura penale.

In conclusione

Quanto evidenziato porta a concludere che la sanzione pecuniaria civile è una vera e propria sanzione punitiva civile,che viene a costituire un novum di rilievo nel nostro ordinamento giuridico.

Invero, da tempo, si era discusso sulla possibilità di introdurre la pena civilistica, specie in relazione ad esperienze in tal senso di altri ordinamenti, quali, soprattutto, i punitive damages dell'ordinamento anglosassone e, più specificamente, nordamericano, ove tale sanzione, previa decisione della giuria, viene ad aggiungersi al risarcimento del danno, in ipotesi di particolare rimproverabilità del comportamento.

Istituto, peraltro, per quanto discusso dalla dottrina civilistica, che la Cassazione ha sempre rifiutato di introdurre nel nostro ordinamento tramite riconoscimento della sentenza straniera, in quanto contrastante con l'ordine pubblico interno: cfr. Cass. civ., Sez. III, 19 gennaio 2007, n. 1183, e Cass. civ., Sez. I, 8 febbraio 2012, n. 1781.

Forti, in ogni caso, le perplessità espresse nel settore penalistico già a seguito dell'approvazione della legge-delega 67 del 2014. Trascurando i profili di ordine processuale e dell'esecuzione (individuazione del giudice competente, delle norme che avrebbero dovuto reggere tale rito, del destinatario del provento della sanzione e via dicendo), solo parzialmente superati dalla specifica normativa del decreto delegato, l'ibridismo dei due concetti di pena e sanzione civile, è apparso subito difficilmente superabile.

Se il rito assume le forme del processo civile, è ovvio che esso è connotato dall'assenza della figura del pubblico ministero, essendo il procedimento imperniato sul concetto di lite fra attore e convenuto. Il che implica, da un lato, che la prova dell'illecito deve essere portata dall'attore e, quindi, ricercata magari tramite un'investigazione, ovviamente a sue spese, posto che non può di certo avvalersi delle dovute indagini della polizia giudiziaria, e, dall'altro lato, che, non trattandosi di un'azione penale costituzionalmente obbligatoria (magari condizionata alla presentazione della querela), il procedimento dovrà venir istaurato mediante le classiche forme processual-civilistiche, ovverosia tramite la necessaria assistenza del difensore.

In altre parole, procedimento e ricerca della prova hanno un costo, a volte anche cospicuo, che può riverberarsi negativamente sul soggetto passivo della condotta a suo tempo penalisticamente rilevante ed ora mero illecito civile, con violazione sostanziale del suo diritto di difesa e pur anche di azione a tutela dei suoi diritti, posto che, a fronte dei non sopportabili costi previsti e/o prevedibili, il soggetto può anche rinunciare ad attivarsi.

Si pensi, ad esempio, al soggetto che abbia offeso l'onore ed il decoro di una persona presente (la vecchia ingiuria penalistica) e che, pertanto, rischia una sanzione punitiva pecuniaria da 100 ad 8.000 euro: la vittima dell'illecito dovrà sopportare le spese del procedimento (prova dell'illecito compresa), mentre l'autore, specie se abbiente, troverà affatto risibile la sanzione, con la possibilità che persegua pure nel suo comportamento antigiuridico. In tal caso la sproporzione fra le risorse economiche dei due soggetti potrebbero mettere in discussione il rispetto del principio costituzionale d'eguaglianza e la stessa deterrenza propria ex se di ogni sanzione punitiva.

Deve, inoltre, tenersi presente che secondo la giurisprudenza consolidata della Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte Edu) i princìpi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), e in specie quelli espressi negli artt. 5, 6 e 7, devono essere letti nel senso sostanziale e non formale della loro proposizione: come dire che il carattere punitivo di una misura prescinde dalla sua rubricazione, con la conseguenza che non solo le sanzioni marcatamente penali, ma anche le misure punitive di diritto amministrativo (e le stesse misure di sicurezza) rientrano in tale previsione. C'è, dunque, da chiedersi se anche le pene pecuniarie civili (peraltro non a caso rubricate proprio come “pene”) siano a loro volta contemplate nel dettato europeo (Cedu), con l'ovvia conseguenza della loro irretroattività, della riserva di legge, del diritto di difesa e via dicendo. Con risultati, almeno allo stato, forse neanche ipotizzabili e sempre tenendo conto che la presunta violazione delle norme della Convenzione può essere oggetto di eccezione di legittimità costituzionale dinanzi alla Consulta, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione.

Si è, così, giunti ad un discorso di “sistema”. Da tempo si andava profilando la concezione di un illecito punitivo di diritto pubblico, regolamentato dall'art. 25 della Costituzione, ove la parola “punito” può ricomprendere non solo la sanzione penale, ma anche quella amministrativa dell'illecito depenalizzato, ora propria del diritto amministrativo. E di tale sistema punitivo, allora, farebbero parte sia il diritto punitivo amministrativo (originale ovvero a seguito di depenalizzazione dei relativi illeciti) disciplinato dagli istituti para-penali della legge n. 689 del 1981, sia il diritto penale vero e proprio.

Lecito, dunque, chiedersi se e quale spazio possa avere, in tale sistema, la sanzione punitiva civile, che chiaramente non apparterrebbe al diritto pubblico, ma con caratteristiche proprie di una sanzione penale (disciplina del concorso di persone, non trasmissibilità agli eredi e via dicendo). Un tertium genus? In ultima istanza: una questione dogmatica di non poco conto, affatto aperta e di non semplice soluzione.

Invero, a fronte di tutti questi problemi, parte della dottrina e dei commentatori della l. 67 del 2014, avendo espresso nettamente le loro perplessità, auspicando che il Governo lasciasse spirare i termini della delegazione, senza dar vita al decreto delegato tale da introdurre, nel nostro ordinamento giuridico, la sanzione pecuniaria “punitiva” civile.

Ma così non è stato, e tutte le perplessità ed i problemi inevasi rimangono sul tappeto.

Guida all'approfondimento

In dottrina sulle c.d. pene private v. BUSNELLI - SCALFI (a cura di), Le pene private, Milano, 1985; PONZANELLI, Pena privata, in Enc. giur. Treccani, vol. XXII, Roma, 1990; Patti, Pena privata, in Dig. disc. civ., sez. civ., vol. XIII, Torino, 1995, p. 358 ss.; CICERO, Pena privata, in Dig. disc. civ., sez. civ., Agg., vol. VIII, Torino, 2013, p. 488 ss.; SPILLARE, I danni punitivi: mito o realtà?, in Studium iuris, 2014, p. 1407 ss.

La sentenza Cass. civ., Sez. III, 19 gennaio 2007, n. 1183, è pubblicata in Foro it., 2007, I, c. 1461 ss., con nota di PONZANELLI, Danni punitivi: no grazie; ed in Nuova giur. civ. comm., 2007, p. 981 ss., con nota di SPOTO, I punitive damages al vaglio della giurisprudenza italiana.

La sentenza Cass. civ., Sez. I, 8 febbraio 2012, n. 1781, è pubblicata in Danno e resp., 2012, p. 609 ss., con nota di PONZANELLI, La Cassazione bloccata dalla paura di un risarcimento non riparatorio; ed in Corr. giur., 2012, p. 1068 ss., con nota di PONZANELLI, La Cassazione, i danni punitivi e la natura polifunzionale della responsabilità civile: il triangolo no!.

Di recente, la Cass. civ., Sez. I, 15 aprile 2015, n. 7613, ha ammesso il riconoscimento, nel nostro ordinamento, in quanto non incompatibile con l'ordine pubblico italiano, di una sentenza belga contemplante i c.d. astreinte, ossia delle misure volte ad attuare, con una somma crescente ed il protrarsi dell'inadempimento, una coercizione per propiziare l'adempimento di obblighi non coercibili in forma specifica. Su tale pronuncia v. il commento di SCIARRATTA, La Cassazione su astreinte, danni punitivi e (funzione della) responsabilità civile, in Dir. civ. cont., 7 luglio 2015.

Sulla giurisprudenza della Corte Edu, secondo la quale tutte quelle misure che, indipendentemente dalla definizione loro data dall'ordinamento nazionale, devono definirsi sostanzialmente come penali in relazione alla natura dell'illecito ed alla natura e alla gravità (afflittività) della sanzione, v., per tutte, Corte Edu, Engel e altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976.

Sulle perplessità avanzate dalla dottrina in ordine all'introduzione delle sanzioni pecuniarie (punitive) civili da parte della legge-delega n. 67 del 2014, cfr. MASIERI,Decriminalizzazione e ricorso alla “sanzione pecuniaria civile”, in Dir. pen. cont., e, soprattutto, per la sua autorevolezza (trattasi del Presidente della Commissione istituita con Decreto del Ministro della Giustizia del 10 giugno 2013 per elaborare proposte di interventi in tema di sistema sanzionatorio penale), PALAZZO, Nel dedalo delle riforme recenti e prossime venture. (A proposito della legge n. 67/ 2014), in Riv. it. dir. proc. pen., 2014, p. 1693 ss. e spec. p. 1718 ss.

Sul “sistema punitivo di diritto pubblico”, costituito dal diritto penale sostanziale, dal diritto amministrativo punitivo e dall'illecito depenalizzato cfr. il fondamentale apporto di SINISCALCO, Depenalizzazione e garanzia, 2a ed., Bologna, 1995, cui adde, volendo, PITTARO, Sub art. 25, commi 2 e 3, in Bartole-Bin (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, 2a ed., Padova, 2008, p. 265 ss.

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