Le nuove armi per la lotta al terrorismo. Luci ed ombre di un intervento comunque indispensabile

Angelo Valerio Lanna
09 Novembre 2016

Con la l. 28 luglio 2016, n. 153, pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 185 del 9 agosto 2016 ed entrata in vigore il 24 agosto 2016 il Legislatore ha evidentemente inteso ampliare lo spettro dell'intervento repressivo in materia di terrorismo. Si sono dunque introdotti quattro nuovi articoli, la cui collocazione sistematica rivela già la ratio e le finalità dell'intervento ...
Abstract

Con la l. 28 luglio 2016, n. 153, pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 185 del 9 agosto 2016 ed entrata in vigore il 24 agosto 2016 – significativamente intitolata Norme per il contrasto al terrorismo, nonché ratifica ed esecuzione: a) della Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; b) della Convenzione internazionale per la soppressione di atti di terrorismo nucleare, fatta a New York il 14 settembre 2005; c) del Protocollo di Emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, fatto a Strasburgo il 15 maggio 2003; d) della Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; e) del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatto a Riga il 22 ottobre 2015 – il Legislatore ha evidentemente inteso ampliare lo spettro dell'intervento repressivo in materia di terrorismo. Si sono dunque introdotti quattro nuovi articoli, la cui collocazione sistematica rivela già la ratio e le finalità dell'intervento. Trattasi infatti dei nuovi delitti ex art. 270-quinquies.1 c.p. e art. 270-quinquies.2 c.p., oltre che dell'art. 270-septies c.p. in tema di confisca (tutti collocati nel Capo I del Titolo I del Libro II del codice, titolo intitolato Dei delitti contro la personalità dello Stato, tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato, oltre che del nuovo art. 280-ter c.p., inserito invece nelCapo II del medesimo titolo, tra i delitti contro la personalità interna dello Stato.

Le linee guida dell'intervento legislativo

I modelli legali introdotti nell'ordinamento dalla l. 28 luglio 2016, n. 153 mirano a tutelare il bene giuridico della sicurezza dello Stato e dell'ordine pubblico. Si tratta di beni che naturalmentepotrebbero esser posti seriamente in pericolo da condotte connotate da una funzione anche meramente preparatoria, rispetto alla effettiva realizzazione di atti di natura terroristica. Vengono dunque ad ampio raggio colpite – mediante l'intervento legislativo in esame – attività che rivestono un carattere in qualche modo prodromico, che si situano cioè in un momento antecedente, rispetto al fatto terroristico propriamente detto.

Le nuove fattispecie di reato introdotte dalla l. 153/2016 si situano così nell'ampio alveo della normazione orientata alla lotta al terrorismo, in tutte le multiformi e mutevoli modalità di concretizzazione di tale fenomeno delinquenziale. Giova peraltro sottolineare come l'intera legislazione in tema sia indirizzata, in primo luogo, verso una azione mirata di prevenzione; sarebbe a dire che essa si basa sull'opera di acquisizione e condivisione di informazioni, finalizzata poi alla repressione del fenomeno sin da un momento di gran lunga precedente, rispetto al materiale compimento degli atti aggressivi.

È altresì utile precisare come la legge istitutiva delle nuove fattispecie incriminatrici contenga – in maniera davvero apprezzabile – una articolata e minuziosa descrizione delle definizioni adoperate dal legislatore. L'art. 3 l. 153/2016 descrive infatti in maniera particolareggiata cosa – ai fini della legge medesima – debba intendersi per materia radioattiva o per materie nucleari, o anche cosa significhino le espressioni impianto nucleare o ordigno nucleare. A tali doviziose definizioni può ora farsi mero rinvio, apparendo davvero superfluo riportare qui il mero dettato normativo.

Le nuove previsioni nel dettaglio

Verranno ora brevemente esaminate analiticamente le novità introdotte dalla legge sopra detta. Di ciascuno dei paradigmi normativi, si cercherà anche di inquadrare i principali connotati strutturali e l'ambito di operatività, evidenziando infine eventuali perplessità residue.

Art. 270-quinquies.1 c.p. Mediante tale fattispecie di reato, vengono represse attività che si risolvono essenzialmente in un incremento delle capacitàlogistiche, operative e finanziarie, possibilità che vengono messe a disposizione di possibili autori di fatti criminosi connotati dalla finalità terroristica; e che aumentano pertanto il pericolo che vengano effettivamente commessi atti di violenza o di sabotaggio. In questo senso, la nuova fattispecie si prefigge evidentemente il compito di reprimere condotte che spalleggino, fiancheggino, offrano comunque un sostegno finanziario al fenomeno terroristico (LANNA, in Codice Penale Commentato, 2016, AA.VV., diretto da BELTRANI).

La finalità della nuova figura delittuosa è dunque da ricercare nella volontà di apprestare una reazione pronta – ossia anticipata e di vasta portata - nei confronti di modalità di offesa particolarmente brutali; forme di aggressione che hanno ormai raggiunto un particolare livello di complessità, anche tecnologica e logistica, tanto da richiedere l'impiego di sempre maggiori risorse finanziarie. L'intenzione della legge è quindi palesemente quella di inibire l'accumulo delle risorse e delle possibilità economiche ed organizzative (la repressione viene quindi qui di molto arretrata, rispetto alla commissione di atti che siano genuinamente definibili di natura terroristica).

Rientra quindi sotto l'egida normativa della fattispecie in commento il fatto di chiunque, al di fuori dei casi di cui agli articoli 270-bis e 270-quater.1, raccoglie, eroga o mette a disposizione beni o denaro, in qualunque modo realizzati, destinati a essere in tutto o in parte utilizzati per il compimento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies [...], indipendentemente dall'effettivo utilizzo dei fondi per la commissione delle citate condotte.

Sotto il profilo strutturale, si tratta allora di un reato comune (appunto, in quanto perpetrabile ad opera di qualsivoglia soggetto); di una norma sussidiaria, ossia che opera solo in via residuale (testualmente,solo fuori dei casi in cui sussistano gli estremi del delitto di associazione con finalità di terrorismo ex art. 270-bis c.p. o di organizzazione di trasferimenti con finalità di terrorismo, di cui all'art. 270-quater c.p.); si tratta inoltre di una tipica figura a dolo specifico, visto che la condotta materiale deve essere sorretta da un coefficiente psicologico ben preciso (per cui: occorre quindi la consapevolezza e volontà di porre in essere condotte di raccolta, o di erogazione, o comunque di messa disposizione di terzi, con la conoscenza però del fine ultimo che deve poi sorreggere gli agenti, ibidem). Sono inoltre previste modalità realizzative tra loro alternative, rispetto all'archetipo normativo. La dizione di chiusura, secondo la quale il delitto resta integrato anche indipendentemente dall'effettivo utilizzo dei fondi per la commissione delle citate condotte collima poi con la natura di reato di pericolo della nuova figura (sembra in realtà una previsione addirittura pleonastica, stante la complessiva conformazione della norma). La condotta alternativamente descritta dalla parte precettiva incide su oggetti determinati; il legislatore postula infatti che l'azione abbia ad oggetto beni (sarebbe a dire, materiali, strumenti, attrezzature di qualsiasi genere) o denaro. Purché ovviamente tali cose siano astrattamente utilizzabili a fini terroristici (e quindi, per la commissione di condotte conformi alla previsione ex art. 270-sexies c.p.).

Art. 270-quinquies.2 c.p. È il fatto di chiunque sottrae, distrugge, disperde, sopprime o deteriora beni o denaro, sottoposti a sequestro per prevenire il finanziamento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies.

Per ciò che attiene al profilo strutturale, si tratta di un reato comune, come evincibile dalla previsione che dello stesso possa rendersi autore chiunque, oltre che a condotta vincolata, stante la dettagliata descrizione delle modalità esecutive dello stesso. Il richiamo al finanziamentodelle condotte con finalità di terrorismo è evidentemente riferito a qualunque forma di finanziamento, in ogni modo realizzata; sarebbe a dire, non soltanto al finanziamento atto a realizzare gli estremi del nuovo delitto ex art. 270-quinquies.1.

In ordine all'elemento soggettivo, la norma esige il solo dolo generico. Resta però necessaria la consapevolezza, da parte del soggetto agente, circa la specifica finalità ispiratrice del sequestro in esecuzione. In altri termini. Occorre a parere di chi scrive – incorrendosi in caso contrario in un errore sul fatto, rilevante ex art. 47 c.p. – che l'agente sia a conoscenza non solo della sussistenza del vincolo di indisponibilità sul bene o sul denaro, oggetto dell'azione, ma anche che abbia nozione della particolare specifica finalità preventiva, alla quale è improntato il provvedimento di sequestro. Rimane invece avulsa dalla figura tipica la condivisione – ad opera dell'autore del delitto in argomento – delle specifiche finalità terroristiche, che sono sottese alla misura di sicurezza reale imposta su beni o denaro.

Le perplessità che residuano concernono invece due profili, uno di natura strettamente processuale e l'altro di carattere più marcatamente operativo. E infatti: “ìStante la collocazione sistematica e vista la ratio della norma – evidentemente ispirata a potenziare gli strumenti di repressione dell'allarmante fenomeno criminale del terrorismo – desta infine qualche perplessità l'attribuzione della stessa alla competenza del giudice monocratico. Il reato in esame non rientra infatti nella competenza della Corte d'Assise ex art. 5 lett. d) c.p.p., in ragione della pena edittale massima prevista; non è nemmeno riconducibile nell'alveo delle fattispecie di competenza del Tribunale in composizione collegiale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 33 bis co. 1 lett. a) e 407 co. 2 n. 4 c.p.p., sempre in ragione della entità della pena prevista. Si tratta dunque di un delitto di competenza del giudice monocratico. Del resto, anche la impossibilità di disporre il fermo suscita qualche riserva. Infatti, tale fattispecie delittuosa non rientra sotto l'egida normativa dell'art. 384 c.p.p. quanto a limiti di pena (non è infatti prevista una pena superiore a sei anni di reclusione, bensì coincidente con tale limite massimo); trattandosi poi di figura tipica a dolo generico, manca anche la specifica finalità di terrorismo indicata nel dettato dell'art. 384 co. 1 ultimo periodo c.p.p.) (ibidem).

La mancata previsione della possibilità di disporre il fermo rischia infatti nella pratica – ad avviso dello scrivente – di depotenziare in maniera esiziale l'attività di repressione di alcune tipologie di condotte delittuose, che espletano una funzione di sostegno, di aiuto, di preparazione, nei confronti degli atti di vera e propria matrice terroristica. L'attribuzione alla competenza del giudice monocratico non è invece del tutto in linea con la collocazione sistematica del modello legale.

Art. 270-septies c.p. La disposizione codicistica in esame – la quale recepisce il dettato dell'art. 3 della Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005 –stabilisce allora un obbligo in capo al giudice, nel caso di conclusione del processo mediante sentenza di condanna o applicazione di pena ex art. 444 c.p.p., di disporre lamisura di sicurezza reale. Laddove non sia possibile procedere a tale confisca diretta, si dovrà invece dar luogo alla confisca per equivalente. Saranno quindi sottoposti a provvedimento di confisca obbligatoria determinati beni che rientrino nella sfera di disponibilità del reo e che presentino un valore alternativamente corrispondente al prezzo, al prodotto o al profitto del reato commesso con finalità di terrorismo.

È forse opportuno evidenziare come la disposizione in esame non si situi in contrasto con il disposto dell'art. 270-bis, comma 4, c.p.; questo delinea infatti esclusivamente un caso di confisca diretta obbligatoria, restando invece esclusa la possibilità di disporre la confisca per equivalente. L'interpretazione sistematica e logica delle due norme, al contrario, porta a ritenere che esse siano destinate ad incidere su ambiti differenti. La confisca solo diretta – quindi non di valore – ex art. 270-bis, comma 4,c.p. sarà infatti ancora applicabile in presenza di condotte di natura eversiva; al contrario, con riferimento alle condotte caratterizzate da un fine terroristico collimante con il paradigma normativo ex art. 270-sexies c.p., sarà possibile disporre sia la confisca diretta, sia la confisca per equivalente.

Art. 280-ter c.p. La nuova figura tipica, introdotta dall'art. 4comma 1 lett. c) l. 28 luglio 2016, n. 153, punisce anzitutto chiunque, con le finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies: 1) procura a se' o ad altri materia radioattiva; 2) crea un ordigno nucleare o ne viene altrimenti in possesso; il secondo comma della medesima disposizione normativa, inoltre, sanziona il fatto di chi – sempre muovendosi con le finalità di terrorismo conformi alla previsione ex art. 270-sexiesc.p. 1) utilizza materia radioattiva o un ordigno nucleare; 2) utilizza o danneggia un impianto nucleare in modo tale da rilasciare o con il concreto pericolo che rilasci materia radioattiva. L'ultimo comma contiene infine una clausola estensiva della punibilità, che consente di ricomprendere entro l'alveo previsionale della stessa fattispecie delittuosa le condotte combacianti con le descrizioni contenute nel primo e nel secondo comma, le quali abbiano ad oggetto materiali o aggressivi chimici o batteriologici.

Il modello legale che si trova nel primo comma, pertanto, postula che – in via alternativa – il soggetto agente procuri a sé o ad altri materia radioattiva, oppure crei un ordigno nucleare; o anche che l'agente venga altrimenti in possesso di un ordigno nucleare. Tali previsioni appaiono connotate da una marcata anticipazione della punibilità, rispetto alle condotte materialmente esecutive di fatti autenticamente definibili terroristici; si è quindi qui in presenza di una classica ipotesi di reato di pericolo.

Il secondo comma della disposizione normativa in esame, invece, si realizza per il tramite dell'effettivo utilizzo di materia radioattiva o di un ordigno nucleare, o anche mediante l'utilizzo o il danneggiamento di un impianto nucleare. Si richiede però, in tale ultima ipotesi, che praticamente venga rilasciata – o che perlomeno sorga il concreto pericolo di rilascio – di materia radioattiva. In questo caso quindi - con l'unica eccezione rappresentata dalla previsione del pericolo di rilascio di materia radioattiva - sembra invece tratteggiarsi una fattispecie di offesa.

In conclusione

L'intera legislazione concernente il terrorismo si muove – in maniera inevitabile – su una pericolosa linea di confine; questa è costituita dal punto di demarcazione esistente fra due spinte opposte, a volte fra loro inconciliabili. L'una è rappresentata dall'esigenza di efficacia e tempestività dell'attività repressiva del fenomeno criminale, l'altra è da ricercarsi nell'intangibilità dei principi costituzionalmente garantiti della offensività e della materialità del fatto. La costruzione di fattispecie incriminatrici anticipatorie, che portino a far coincidere la soglia della punibilità con la realizzazione di condotte prodromiche, preparatorie, rispetto al gesto terroristico in sé considerato è in effetti da sempre considerata una necessità irrinunciabile.

Ciò in quanto attendere la concretizzazione di condotte già in qualche modo esecutive – collimanti almeno con lo schema teorico del tentativo punibile – vanificherebbe le giuste aspettative di prevenzione e di repressione del crimine. In altri termini, risulterebbero sacrificate le esigenze (come noto, molto avvertite dall'opinione pubblica) di difesa sociale. D'altra parte, sbilanciare i modelli legali verso la ricerca della difesa sociale contiene i germi di una deriva sempre pericolosa. Conduce cioè immancabilmente ad alimentare la ricostruzione delle fattispecie in chiave meramente soggettiva; porta l'interprete ad affidarsi a percezioni o intuizioni. A dilatare cioè il valore dimostrativo delle ipotesi e delle deduzioni. E questa è ovviamente una china che non può che essere aborrita, da parte di tutti i giuristi che abbiano formato il proprio bagaglio culturale alimentandosi alla cd. fonte della materialità (sarebbe a dire, affidandosi sempre alla valutazione dei fatti oggettivamente considerati).

Le norme che tendono a reprimere il fenomeno terroristico scontano dunque questa sorta di equilibrismo concettuale. E tutte mostrano sempre una pericolosa tendenza all'oscillazione fra tali poli opposti.

Più in particolare, le norme ora introdotte dalla novella contengono sicuramente spunti estremamente pregevoli e sono sicuramente in linea con il mutevole, camaleontico atteggiarsi del mondo terroristico. È ad esempio utile sottrarre risorse economiche, strumenti, attrezzature a coloro che si accingano e rendersi protagonisti di condotte materialmente definibili come terroristiche (art. 270-quinquies.1 c.p.). Occorre però che si abbia sempre ben presente l'inciso secondo il quale debba trattarsi di denaro o di valori destinati a venir poi – anche parzialmente – adoperati per il compimento di atti terroristici. Occorrerà – nella pratica applicazione della norma – non affidarsi a ricostruzioni di tipo apodittico e tautologico, sul punto specifico. Verificare che tale destinazione esista – almeno potenzialmente – e non rivesta il mero carattere della ideazione astratta non tradotta in atti; essere insomma certi che tale destinazione abbia già raggiunto il necessario carattere della concretezza.

Forse minori difficoltà applicative porrà la previsione dell'art. 280-ter c.p.

Il mero fatto oggettivo, rappresentato dal possesso di materiale intrinsecamente connotato da una micidiale potenzialità distruttiva, infatti, potrebbe già orientare in maniera decisiva la valutazione del magistrato. Insomma, procurarsi materia radioattiva – o peggio, un ordigno nucleare – potrebbe infatti già prestarsi ad una interpretazione univoca; essere già vista alla stregua di una condotta in re ipsa evocativa, in ordine alla sussistenza di una determinata finalità di impiego successivo.

Eppure, non vi è chi non rilevi come anche tale norma postuli il dolo specifico, rappresentato appunto dalla finalità di terrorismo di cui all'articolo 270 sexies. Ci si chiede però – con un sincero sconcerto, in verità – quale possa mai essere, nella comune esperienza giudiziaria, la motivazione alternativa, rispetto ad esempio al fatto di venire in possesso di un ordigno nucleare. Immaginare insomma un impiego non terroristico – dunque lecito – in relazione alla creazione o al possesso di un strumento distruttivo di tal genere, risulta almeno teoricamente alquanto arduo. E il rischio sarà quindi rappresentato – sempre volendo pensare all'applicazione pratica delle norme – da una sostanziale vanificazione del coefficiente psicologico della norma. O addirittura – e sarebbe, questa, una deriva ancor più allarmante - dalla possibilità pratica di una sostanziale inversione dell'onere della prova.

Una difficoltà interpretativa ancor più impellente, del resto, emerge in relazione al dettato del secondo comma dell'art. 280-ter c.p. Desta infatti una profonda perplessità la previsione secondo la quale l'effettivo utilizzonon il mero possesso, come nella previsione di cui al n. 2) della medesima fattispecie – di un ordigno nucleare possa essere conforme all'archetipo normativo solo laddove tale condotta sia sostenuta dallo specifico fine terroristico. Per maggior chiarezza. Resta veramente problematico immaginare che si utilizzi un ordigno nucleare a fini diversi. Con la inevitabile conseguenza, anche qui, di uno svilimento del valore dell'elemento psicologico del reato; sostanzialmente, la preponderante importanza del fatto, nella sua oggettività, potrebbe finire per assorbire l'elemento soggettivo.

Si attendono, comunque, le prime applicazioni dei nuovi istituti; se ne potranno trarre ulteriori spunti di riflessione e certo saranno eliminati i (nemmeno molti, in effetti) dubbi lasciati sul campo dall'intervento legislativo.

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