Il concetto di induzione nel delitto di prostituzione minorile
11 Aprile 2016
Abstract
La sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione del 19 dicembre 2013 (dep. 14 aprile 2014), n. 16207, risolve un contrasto di orientamenti interpretativi affiorato soprattutto nella giurisprudenza di legittimità, affrontando con approccio sistematico ed evolutivo la questione inerente l'esatta applicazione del delitto di induzione alla prostituzione minorile disciplinato dall'art. 600-bis, comma 1, c.p. Il contrasto giurisprudenziale verteva sulla definizione del concetto di induzione alla prostituzione e sul diverso trattamento sanzionatorio previsto nel comma secondo della indicata disposizione di legge, per la sola attività di fruizione di rapporti sessuali con soggetti minori di età. Tale contrasto è stato risolto attraverso una sistematica operazione ermeneutica assiologicamente e teleologicamente orientata. La Sezione terza della Corte di cassazione, con ordinanza di rimessione dell'11 giugno 2013 aveva sottoposto alla Sezioni unite i seguenti quesiti: Se il concetto di induzione alla prostituzione minorile sia integrato dalla sola condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità posta in essere nei confronti di persona minore di età convinta così a compiere una o più volte atti sessuali esclusivamente col soggetto agente; se il soggetto attivo del reato previsto dall'art. [600-bis] comma 1, cod. pen. possa essere colui che si limita a compiere atti sessuali col minore". Nel caso di specie, la Sezione terza della Corte di cassazione era chiamata a giudicare sul ricorso proposto dal difensore dell'imputato, condannato ai sensi dell'art 600-bis c.p. a pena di giustizia per aver indotto dei minorenni con modestie regalie a compiere atti sessuali. I ragazzi prossimi ai diciotto anni avevano accettato tali relazioni sessuali senza essere oggetto di minacce o particolari condizionamenti. A fronte di orientamenti contrapposti i giudici di legittimità hanno affermato il seguente principio: La condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona minore di età a intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui al comma secondo e non al comma primo dell'art. 600-bis del codice penale. Occorre altresì sottolineare il seguente passaggio della citata sentenza: anche la condotta di induzione alla prostituzione minorile (...), per essere penalmente rilevante, deve essere sganciata dall'occasione nella quale l'agente è parte del rapporto sessuale e oggettivamente rivolta ad operare sulla prostituzione esercitata nei confronti di terzi. L'induzione del minore alla prostituzione prescinde dall'effettuazione diretta dell'atto sessuale con l'induttore e può riguardare soltanto chi determina, persuade o convince il soggetto passivo a concedere il proprio corpo per pratiche sessuali da tenere non esclusivamente con il persuasore ma con terzi, che possono consistere anche in una sola persona, a condizione però che questa non si identifichi nell'induttore. Le Sezioni unite della Corte di cassazione, dunque, pur ribadendo la necessità di una tutela maggiormente pregnante e rigorosa per ciò che concerne i fanciulli, privi di una piena maturità psico-fisica e pertanto maggiormente condizionabili, chiariscono l'ambito di applicazione delle fattispecie incriminatrici previste e disciplinate dall'art 600-bis c.p. Se, infatti, l'art 600-bis c.p. al secondo comma sanziona penalmente la condotta di chi intrattiene, anche solo potenzialmente, relazioni sessuali con minori agendo dal punto di vista della domanda, il primo comma contempla esclusivamente quelle attività volte a vincere le resistenze del minore (e ciò indipendentemente dal fatto che sia già dedito al mercimonio) sganciandole dal rapporto sessuale con l'agente, dovendo avere riguardo alla prostituzione esercitata nei confronti di terzi, anche identificabili in un solo soggetto purché diverso dall'induttore. In estrema sintesi la suprema Corte ha concluso nel senso che il c.d. fatto del cliente, cioè il mero compimento di atti sessuali a pagamento con il minore, rientra esclusivamente nella fattispecie meno grave di cui al comma secondo del delitto di cui all'art. 600-bis c.p. e non integra un'ipotesi di induzione descritta al comma 1 della medesima norma penale, oggetto di una cornice edittale più severa. L'art 600-bis c.p. rappresenta indubbiamente una novità del nostro sistema penale. Tale norma, introdotta dalla legge 269 del 1998, (modificata dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38 e in ultimo dalla legge 1° ottobre 2012, n. 172) ha allineato il sistema giuridico italiano agli standard internazionali per ciò che concerne la tutela dello sviluppo psico-fisico del minore. In effetti, il legislatore a seguito della ratifica della Convenzione di New York del 1989, mediante la legge 176 del 27 maggio 1991 e della Conferenza mondiale di Stoccolma, adottata il 31 agosto del 1996, ha inserito nel Capo III del codice penale, dedicato ai delitti contro la libertà individuale, una serie di fattispecie finalisticamente orientate alla salvaguardia della libertà sessuale di soggetti che per loro natura sono in uno stato di soggezione psichica e fisica e, pertanto, maggiormente manipolabili da parte di individui dotati di maggior esperienza. Giova inoltre rilevare che tale intervento legislativo ha comportato un fenomeno di successione delle leggi nel tempo. Infatti, se antecedentemente l'avvento della novella, i rapporti sessuali intrattenuti con soggetti minori di età rappresentavano una mera circostanza aggravante ai sensi dell'art. 4, n. 2 della legge 75 del 1958 ora, tale condotta, rappresenta un'ipotesi autonoma di reato. Continuerà ad applicarsi, invece, l'art. 3 della legge 75/1958, quando il soggetto passivo abbia un'età compresa tra i diciotto e ventuno anni. La diversità tra l'art.600-bis c.p. e la legge 75/1958 (legge Merlin) è proprio rappresentato dalla punizione di qualsiasi comportamento di natura sessuale, tale da pregiudicare l'integrità psico-fisica del minore e ciò indipendentemente dall'abitualità della condotta e dalla consapevolezza del soggetto passivo. Inoltre, ed è ciò che è più rilevante, l'art 600-bis c.p. sanziona penalmente anche il fatto del cliente agendo quindi anche sulla domanda e non solo sull'offerta. La norma incriminatrice prevede, quindi, due distinte ipotesi rappresentate dall'induzione, dallo sfruttamento e dal favoreggiamento della prostituzione minorile nonché dalla fruizione di rapporti sessuali con minori con una cornice edittale più elevata per le ipotesi di cui al comma 1 della citta fattispecie legale tipica. Le descritte fattispecie sono accomunate, sotto il profilo soggettivo, dalla sufficienza del dolo generico giacché, come ha in più occasioni ribadito il giudice di legittimità, è sufficiente che il soggetto attivo abbia la mera consapevolezza degli elementi del fatto tipico e dell'età della vittima e in particolare, per ciò che concerne il reato di favoreggiamento della prostituzione minorile, ai fini della sua configurabilità neppure è necessaria l'esistenza di un lucro oggettivo che invece è elemento costitutivo del reato di sfruttamento. Dal punto di vista oggettivo, invece, partendo dalla definizione offerta da una recente sentenza della Sezione terza della Corte di cassazione (sentenza n.6821/2015) rientra nella nozione di prostituzione qualsivoglia attività sessuale posta in essere dietro corrispettivo di denaro ancorché priva di effettivo contatto fisico tra i due soggetti, essendo esclusivamente richiesta l'astratta possibilità che gli stessi possano interagire. Inoltre, per quanto riguarda il delitto di sfruttamento della prostituzione minorile, la giurisprudenza ha specificato che non si tratta di un reato abituale poiché anche un singolo episodio, rappresentato dal lucro posto in essere ai danni del fanciullo, è idoneo a integrare gli estremi della fattispecie penale. In secondo luogo è stato poi chiarito che anche il solo scambio preventivo di puntuali informazioni tra due soggetti, volto a facilitare gli incontri sessuali con minori residenti all'estero, è in grado di configurare la fattispecie penale di cui all'art. 600-bis, comma 1. n. 2 c.p. Per quanto riguarda la nozione di atti sessuali la giurisprudenza di legittimità ha definitivamente ribadito che le condotte rilevanti ai fini dell'applicazione dell'art. 609-bis c.p. ma anche dell'art. 600-bis dello stesso codice, ricomprendono oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che risolvendosi in un contatto corporeo tra soggetto attivo e soggetto passivo, ancorché fugace ed estemporaneo, possa concretamente apparire idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del minore nella sua sfera sessuale. Partendo da tale assunto la giurisprudenza ha chiarito che è sufficiente la concreta idoneità della condotta, esprimente l'impulso sessuale dell'agente, a compromettere la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale, mentre nessun rilievo decisivo si connette all'effettivo ottenimento del soddisfacimento del piacere sessuale dell'agente medesimo. Ne consegue che anche i palpeggiamenti, i toccamenti e gli sfregamenti corporei, posti in essere nella prospettiva del reo di soddisfare od eccitare il proprio istinto sessuale, in quanto coinvolgono la corporeità della vittima, possono costituire un'indebita intrusione nella sfera sessuale di quella” (da ultimo cfr. Cass. pen., Sez.unite, 14 aprile 2014, n. 1620). In estrema sintesi l'art 600-bis c.p. secondo comma prevede due elementi costitutivi: da un lato la sussistenza di atti sessuali con minori, dall'altro la promessa di un'utilità economica o di altre regalie, sicché il delitto è da ritenersi perfezionato allorché si verifichi l'atto sessuale, anche se concretamente manchi la controprestazione. Di converso si applica l'art. 56 c.p. (delitto tentato) quando stipulato il negozio con il minore l'atto sessuale non si realizzi. Brevi contributi giurisprudenziali e dottrinali
La disciplina del delitto di prostituzione minorile ed in particolare l'ambito di applicazione della fattispecie di cui al comma primo, ha suscitato un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale. In effetti, parte della giurisprudenza sin dal 2006 ha affermato il principio secondo il quale anche il mero pagamento della prestazione sessuale del minore da parte del cliente rappresenta di per sé una condotta di induzione alla prostituzione del minore medesimo e che come tale deve essere ricondotta alla previsione di cui al comma 1 n. 1 dell'art. 600-bis c.p. (in tal senso Cass. pen., Sez. III, 14 aprile 2010, n. 18315 e Cass. pen., Sez. III, 11 gennaio 2011, n. 4235). In altri termini, configurano il reato di induzione alla prostituzione minorile tutte quelle azioni finalisticamente orientate a vincere le resistenze di ordine morale che trattengono la vittima dal prostituirsi. Siffatta condotta può anche consistere nella semplice dazione di denaro che persuada il minore a consentire agli atti sessuali (Cass. pen., Sez. III, 3 giugno 2004, n. 36156). In tale ottica è stato poi dai giudici di legittimità affermato il principio secondo il quale anche gli atti sessuali a pagamento con minore, posti in essere in unica occasione con il solo autore del reato, possono integrare la fattispecie di induzione alla prostituzione (Cfr. Cass. pen., Sez. III, 4 luglio 2006, n. 33470). Nell'ambito di tale prospettiva il reato si configura anche nel caso in cui il minore compia atti sessuali a fronte di una controprestazione soltanto con chi l'abbia indotto a compiere i citati atti (Cass. pen., Sez. III, 14 aprile 2010, n. 18315). In altri termini secondo tale giurisprudenza, essendo sufficiente ad integrare il delitto di cui all'art. 600-bis, comma 1, c.p. la dazione o promessa di somma di denaro o altra utilità per “beneficiare” della cornice edittale meno gravosa il soggetto agente dovrà palesare una condotta sostanzialmente neutra rispetto alla determinazione del minore. La ratio di tale orientamento, come è stato dianzi sottolineato, era quello di garantire, tenuto conto della diversità del regime sanzionatorio previsto per le diverse fattispecie incriminatrici, una tutela allargata in caso di minori. La giurisprudenza di legittimità, però, aveva da sempre evidenziato che l'induzione deve concretarsi in un'attività positiva, idonea a rafforzare, convincere o persuadere un soggetto a prostituirsi non essendo sufficiente quindi, la sola dazione di denaro per il compimento di atti sessuali. Di qui parte della giurisprudenza e della dottrina maggioritaria partendo proprio da un'interpretazione maggiormente armonica al dato letterale della norma, aveva da tempo chiarito che sebbene la prostituzione rappresenti raramente il frutto di una scelta spontanea, essendo prevalentemente determinata da pressioni, sicché l'atto sessuale compiuto dal minore prostituito non può inquadrarsi in un'area di libertà, il disvalore di tale riprovevole condotta risulta, in effetti, già tipizzata dall'art. 600-bis, comma 2, c.p. trattandosi, in effetti, come ha chiarito lo stesso giudice di legittimità di fattispecie distinte, contraddistinte dalla diversa punizione dell'offerta (comma 1) e della domanda (comma 2) ove naturalmente soggetti passivi siano minori. A fronte delle plurime oscillazioni giurisprudenziali sono intervenute le Sezioni unite della Corte di Cassazione che hanno cristallizzato il principio di diritto secondo il quale La condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona minore di età ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui al comma secondo e non al comma primo dell'art. 600-bis del codice penale. Anche la condotta di induzione alla prostituzione minorile (...), per essere penalmente rilevante, deve essere sganciata dall'occasione nella quale l'agente è parte del rapporto sessuale e oggettivamente rivolta ad operare sulla prostituzione esercitata nei confronti di terzi. L'induzione del minore alla prostituzione prescinde dall'effettuazione diretta dell'atto sessuale con l'induttore e può riguardare soltanto chi determina, persuade o convince il soggetto passivo a concedere il proprio corpo per pratiche sessuali da tenere non esclusivamente con il persuasore con terzi, che possono consistere anche in una sola persona, a condizione però che questa non si identifichi nell'induttore. Secondo la Corte, infatti, ove mai si ritenesse punibile il mero fatto del cliente, ciò comporterebbe la sostanziale tacita abrogazione della fattispecie di cui al comma secondo proprio perché, come si evince dal tenore letterale della norma, essa presuppone la necessaria correlazione causale fra la dazione, la promessa di danaro o di altra utilità e la prestazione sessuale del minore. Soluzione altresì suggerita dalla stessa collocazione sistematica e dal diverso regime sanzionatorio previsto per le due ipotesi. In conclusione
In estrema sintesi il recente orientamento della Corte di cassazione ha dipanato i dubbi circa l'esatta interpretazione dell'art 600-bis c.p. seguendo la dottrina più accorta che da tempo auspicava ad un intervento chiarificatore affermando, tra l'altro, che l'induzione del minore alla prostituzione prescinde dall'effettuazione diretta dell'atto sessuale con l'induttore e può riguardare soltanto chi determina, persuade o convince il soggetto passivo a concedere il proprio corpo per pratiche sessuali da tenere non esclusivamente con il persuasore ma con terzi, che possono consistere anche in una sola persona, a condizione però che questa non si identifichi nell'induttore. La giurisprudenza di legittimità pertanto, pur ribadendo la necessità di mantenere un trattamento più rigoroso per ciò che concerne la posizione dei minori in tema di prostituzione, considerando la debolezza psicofisica di questi ultimi e l'assenza di una reale ed effettiva autodeterminazione, ha compiuto una interpretazione in grado di delineare con un tratto di penna preciso l'ambito di applicabilità delle diverse e descritte fattispecie incriminatrici. |