Archiviazione della notizia di reato. Le modifiche introdotte dalla Riforma della giustizia penale

Alessandro Leopizzi
11 Luglio 2017

L'art. 1 commi 31-35 della legge 103/2017 (cosiddetta Riforma Orlando) modifica in maniera significativa la disciplina procedurale in tema di archiviazione della notizia di reato, nell'ottica, duplice e in parte contraddittoria, di rafforzamento delle garanzie, soprattutto per la persona offesa e di riduzione dei tempi del procedimento.
Abstract

L'art. 1 commi 31-35 della legge 103/2017 (cosiddetta Riforma Orlando) modifica in maniera significativa la disciplina procedurale in tema di archiviazione della notizia di reato, nell'ottica, duplice e in parte contraddittoria, di rafforzamento delle garanzie, soprattutto per la persona offesa e di riduzione dei tempi del procedimento.

L'impianto complessivo della riforma e gli interventi in tema di archiviazione

Il 4 luglio 2017, è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale n. 154 la legge 103/2017, Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario (la cosiddetta Riforma Orlando, dal nome del Guardasigilli, primo proponente). La legge di riforma è strutturata con non cristallina tecnica normativa derivata dal contingentamento dei tempi in sede di discussione parlamentare, in un unico articolo ricomprendente 95 commi.

La modifica della legge fondamentale del processo penale è avvenimento tutt'altro che inedito o sorprendente. In questo caso, il primo dato che salta all'occhio è l'ambizione di un intervento con espresse finalità di decongestionamento giudiziario e contenimento della durata dei procedimenti, che ripensa complessivamente l'intervento statuale diretto alla repressione della criminalità, muovendo allo stesso tempo le leve del diritto sostanziale e di quello processuale, pur se in una certa confusione di obiettivi.

Restano infatti incisi dalla riforma, tra l'altro, le forbici edittali previste per alcuni delitti ed alcune ipotesi speciali di bilanciamento delle circostanze, la prescrizione, la procedibilità di non pochi reati, le misure di sicurezza personali, il casellario giudiziale, l'incapacità dell'imputato, le intercettazioni, i giudizi speciali e le impugnazioni. Si prevedono altresì nuovi istituti come la estinzione del reato per condotte riparatorie o se ne disciplinano altri sinora regolati soltanto per via giurisprudenziale, come le indagini tecniche mediante captatori informatici.

Per quel che concerne il procedimento di archiviazione, la legge di riforma delinea innanzitutto un inedito strumento procedimentale per l'accertamento della eventuale nullità del decreto o dell'ordinanza che accoglie la richiesta del pubblico ministero, in luogo del “paludato” ricorso per cassazione sino ad oggi vigente. I diritti della persona offesa risultano maggiormente tutelati altresì dall'estensione dei termini per presentare opposizione ex art. 408 c.p.p. Le esigenze di speditezza procedimentale emergono viceversa tramite le nuove norme che impongono precise scadenze temporali al giudice delle indagini preliminari (e al pubblico ministero, sia pure per quel che concerne i soli procedimenti contro ignoti).

L'avviso alla persona offesa ex art. 408 c.p.p.

La persona offesa può dichiarare (anche se non abbia presentato nessuna denuncia o querela) di volere essere informata in merito all'eventuale archiviazione della notizia di reato che la riguarda. In presenza di una valida espressione di volontà in tal senso, deve esserle dunque notificato, a cura del pubblico ministero, un avviso riguardante la richiesta di archiviazione, prima che quest'ultima sia trasmessa alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari (art. 408, comma 2, c.p.p.).

Nell'avviso, sino ad oggi, doveva essere precisato che, nel termine di dieci giorni, la persona offesa poteva prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari. Per i delitti commessi con violenza alla persona, il termine era invece di venti giorni (art. 408, commi 3 e 3-bis, c.p.p.). L'art. 1, comma 31 della legge di riforma rimodula questo spatium deliberandi, elevando il termine ordinario da dieci a venti giorni e quello per i delitti commessi con violenza alla persona da venti a trenta giorni.

Con una disposizione di non immediata necessità sistematica (ma intuibilmente legata all'attuale acceso dibattito politico e a forti prese di posizione di parte dell'opinione pubblica), ai delitti commessi con violenza alla persona vengono equiparati a questo fine anche il furto in abitazione e il furto con strappo previsti e puniti dall'art. 624-bis c.p.

Nella pendenza di questi termini dilatori, il pubblico ministero trattiene presso di sé il fascicolo delle indagini, a disposizione della persona offesa e del suo difensore. Il termine, di per sé congruo, a fortiori dopo la recente novellazione, può talora presentarsi come appena sufficiente ogni qualvolta gli atti da copiare e studiare (anche al fine di redigere un atto di opposizione) siano cospicui. In ogni caso, dopo la presentazione dell'opposizione della persona offesa ovvero dopo la infruttuosa scadenza del (nuovo) termine concesso a quest'ultima a tal fine, il pubblico ministero trasmette gli atti al giudice per le indagini preliminari (art. 126 disp. att.).

L'omissione dell'avviso alla persona offesa, quando doveroso, comportava, secondo l'opinione dominante in giurisprudenza, una nullità del successivo provvedimento definitorio, in conseguenza dell'inosservanza di un onere di integrazione del contraddittorio del pubblico ministero, non sanabile da parte del giudice (cfr., da ultimo, Cass. pen., Sez. III, 3 novembre 2016 n. 7946, PO in proc. c/ ignoti). Questa soluzione è stata recepita e formalizzata dal nuovo art. 410-bis, inserito dall'art. 1, comma 33, della legge 103/2017, secondo il quale il decreto di archiviazione è nullo, se è emesso in mancanza dell'avviso alla persona offesa ex art. 408, commi 2-3-bis,c.p.p. ovvero prima che i conseguenti termini dilatori concessi a quest'ultima siano scaduti senza che sia stato presentato l'atto di opposizione.

Il procedimento camerale conseguente al mancato accoglimento de plano della richiesta di archiviazione

L'art. 1, comma 32, legge 103/2017 ha interpolato il secondo e il quarto comma dell'art. 409 c.p.p., prevedendo l'introduzione di due distinti termini acceleratori, fissati per dare una scadenza (tendenzialmente) certa ai provvedimenti del giudice per le indagini preliminari che non intenda accogliere inaudita altera parte la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero.

Qualora non concordi con le considerazioni espresse dal magistrato inquirente e non accolga quindi de plano la sua richiesta, com'è noto, il Gip non può limitarsi a un semplice rigetto “cartolare” ma deve fissare la data di un'udienza in camera di consiglio in cui tutte le parti interessate (pubblico ministero, indagato se si procede a carico di soggetti noti, persona offesa se il reato offende anche interessi dei singoli) discuteranno davanti a lui le questioni rilevanti.

A mente del nuovo art. 409, comma 2, c.p.p., il giudice dovrà provvedere alla fissazione della camera di consiglio entro tre mesi (logicamente, dalla data in cui la richiesta di archiviazione è pervenuta alla sua cancelleria). Questo termine deve intendersi come meramente ordinatorio, nella totale assenza di esplicite conseguenze procedimentali a seguito del mancato rispetto di questo parametro temporale. Opinando altrimenti, peraltro, si giungerebbe all'illogica conclusione che sia preferibile per il giudice, anche al fine di scapolare eventuali profili di responsabilità disciplinare, decretare l'archiviazione della notizia di reato, seppure non convinto appieno dalle argomentazioni del pubblico ministero, ogni qualvolta siano passati più di novanta giorni dal deposito della richiesta.

D'altronde, la situazione di molti uffici giudiziari registra carichi di pendenze tali da rendere possibile ai magistrati in servizio presso gli uffici dei giudici per le indagini preliminari solo dopo molti mesi, e a volte dopo anni, dalla trasmissione della richiesta di archiviazione. Pare quindi in buona parte velleitario presumere che con un tratto di penna del Legislatore si possano annullare gli effetti di un arretrato così considerevole. Anche il buon senso conferma dunque che alla disposizione possa riconoscersi solo un carattere meramente sollecitatorio, diretto a regolare l'agenda del magistrato, indirizzandolo verso la maggior celerità possibile in concreto nella emissione del provvedimento, anche tenuto conto del contestuale decorrere della prescrizione.

All'esito della discussione nell'ambito dell'udienza camerale, il giudice, qualora non ritenga viceversa di dover indicare al magistrato inquirente le ulteriori indagini che ritiene necessarie (le cosiddette indagini coatte), deve provvedere sulla richiesta di archiviazione (e sulle altre eventuali richieste delle parti), entro il termine, anch'esso di natura manifestamente ordinatorio, di tre mesi a far data dall'udienza camerale (nuovo art. 409, comma 4, c.p.p.).

In altre parole, le ordinanze

- di archiviazione;

- di rigetto della richiesta di archiviazione, con contestuale ordine:

  • di formulare l'imputazione (cosiddetta imputazione coatta, ex art. 409, comma 5, c.p.p.)
  • ovvero di iscrivere nel registro delle notizie di reato il nominativo del soggetto a cui debba essere attribuito il reato per cui si procede (cosiddetta iscrizione coatta, ex art. 415, comma 2, c.p.p.),

devono – o dovrebbero … – intervenire al massimo entro sei mesi dal deposito presso la cancelleria Gip del fascicolo del pubblico ministero e della relativa richiesta di archiviazione.

Queste nuove norme, previste per il caso di richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato ex art. 408, comma 1, c.p.p. e di mancata opposizione della persona offesa, in conseguenza del rinvio “dinamico” a quanto disposto dall'art. 409 c.p.p. operato dai successivi art. 410, comma 3, e 411 c.p.p., si estendono anche

  • a tutti gli altri casi di archiviazione (mancanza di una condizione di procedibilità, estinzione del reato, fatto non previsto dalla legge come reato);
  • all'ipotesi di rituale presentazione di un'opposizione all'archiviazione.
L'iscrizione “coatta”

Secondo l'art. 415, comma 1, c.p.p., nei procedimenti contro ignoti, il pubblico ministero presenta al giudice richiesta di archiviazione, entro il nuovo termine previsto dal precedente art. 407, comma 3-bis, c.p.p. (tre mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini e comunque dalla scadenza dei termini di cui all'art. 415-bis, ex art. 1, comma 30, lett. a), l. 103/2017), in virtù del richiamo alla normativa ordinaria previsto dall'art. 415, comma 3, c.p.p.

Se il giudice ritiene però che il reato sia da attribuire a una persona già individuata, ordina che il nome di quest'ultima sia iscritto nel registro delle notizie di reato (cosiddetta iscrizione “coatta”) e, per effetto della modifica introdotta dall'art. 1, comma 35, l. 103/2017, dalla data di emissione dell'ordinanza del giudice (e non più dalla successiva, conseguente materiale iscrizione da parte del pubblico ministero) decorrono i nuovi termini di durata delle indagini a carico del soggetto così individuato (art. 415, commi 2 e 2-bis, c.p.p.).

La nullità del provvedimento di archiviazione

Secondo l'art. 409, comma 6,c.p.p. nella sua versione originaria, il provvedimento di archiviazione non era ordinariamente impugnabile, restando consentito il ricorso per cassazione soltanto per il mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contraddittorio nei casi di nullità previsti dall'articolo 127 comma 5 c.p.p. Doveva dunque qualificarsi come inammissibile ogni altra impugnazione proposta per dedurre la violazione di regole processuali da parte degli inquirenti durante l'espletamento di attività di indagine o per censurare errori cognitivi o giuridici da parte del giudice.

Il citato sesto comma dell'art. 409 c.p.p. è stato abrogato dalla legge 103/2017 (art. 1, comma 32), che al successivo comma 33 offre un assetto normativo del tutto nuovo. È stato infatti inserito un nuovo art. 410-bis c.p.p. che specifica nel dettaglio i presupposti, le conseguenze e i rimedi della nullità del provvedimento di archiviazione, distinguendo tra vizi del decreto de plano ai sensi dell'art. 409, comma 1, c.p.p. e dell'ordinanza camerale ai sensi dell'art. 409, comma 5, c.p.p.

Il decreto di archiviazione è nullo se è emesso:

  • in mancanza dell'avviso alla persona offesa di cui all'art. 408, commi 2-3-bis, c.p.p., quando dovuto;
  • in mancanza dell'avviso all'indagato e alla persona offesa di cui all'art. 411, comma 1-bis, c.p.p., in caso di richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto;
  • prima dell'integrale infruttuoso decorso del termine di venti giorni entro i quali la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari (art. 408, comma 3, c.p.p.) ovvero di trenta giorni nei procedimenti per i delitti commessi con violenza alla persona o per i reati di furto in abitazione o furto con strappo ex art. 624-bis c.p.;
  • omettendo di pronunciarsi sulla ammissibilità dell'opposizione effettivamente presentata;
  • dichiarando inammissibile l'opposizione (salvo quando l'opposizione non indichi l'oggetto della invocata investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova. Non sono invece mai suscettibili di scrutinio in sede di reclamo le valutazioni del giudicante sul merito delle questioni di ammissibilità).

L'ordinanza di archiviazione è nulla solo nei casi previsti dall'art. 127, comma 5,c.p.p. ovvero quando

  • non è stata previamente fissata la data dell'udienza camerale;
  • non è stato dato avviso della fissazione dell'udienza alle parti, alle altre persone interessate e ai difensori;
  • l'avviso non è stato comunque comunicato al pubblico ministero o notificato agli altri destinatari almeno dieci giorni prima della data dell'udienza;
  • all'imputato privo di difensore non ne è stato nominato uno di ufficio (poi ritualmente avvisato);
  • non sono stati sentiti il pubblico ministero, gli altri destinatari dell'avviso o i difensori, qualora comparsi;
  • non è stato sentito dal magistrato di sorveglianza territorialmente competente, prima del giorno dell'udienza, l'interessato detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice che ne abbia fatto tempestiva richiesta;
  • l'udienza non è stata rinviata pur in presenza di un legittimo impedimento dell'indagato che abbia chiesto di essere sentito personalmente e che non sia detenuto o internato in luogo diverso da quello in cui ha sede il giudice.

In luogo del ricorso per cassazione, connotato da tutte le limitazioni fisiologiche di un giudizio di legittimità, è stato introdotto un modello di gravame assai più agile (art. 410-bis, commi 3-4, c.p.p.). Nei suddetti casi di nullità, tassativamente indicati, l'interessato, entro quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento, può proporre reclamo – nome sinora sconosciuto al vocabolario del processo penale – al tribunale in composizione monocratica (cioè, secondo i criteri tabellari dei singoli uffici, a un altro magistrato della Sezione Gip/Gup ovvero delle Sezioni dibattimentali).

Il giudice dell'impugnazione provvede con ordinanza non impugnabile, emessa all'esito di un contraddittorio esclusivamente cartolare: seppure è prevista la formale fissazione di un'udienza per la decisione, essa di fatto si risolve nello studio degli atti, nella deliberazione e nella formalizzazione del provvedimento nella riservatezza della camera di consiglio, secondo il modello tratteggiato dall'art. 125, comma 4, c.p.p. Le parti interessate non hanno il diritto di intervenirvi personalmente o per mezzo dei loro difensori, ma devono semplicemente essere avvisate, almeno dieci giorni prima di questa peculiarissima “udienza fissata per la decisione”, e possono presentare memorie non oltre il quinto giorno precedente quest'ultima.

Non si prevede, peraltro, neppure un termine per il deposito dell'ordinanza: resterà dunque applicabile la disciplina generale dettata dall'art. 128 c.p.p. («gli originali dei provvedimenti del giudice sono depositati in cancelleria entro cinque giorni dalla deliberazione. Quando si tratta di provvedimenti impugnabili, l'avviso di deposito contenente l'indicazione del dispositivo è comunicato al pubblico ministero e notificato a tutti coloro cui la legge attribuisce il diritto di impugnazione»).

In parole povere, la nuova architettura procedimentale, sotto la veste formale di un'udienza camerale a cui però le parti non possono partecipare se non per iscritto, rivela la sostanza di un'ordinanza riservata, con concessione di un previo termine alle parti per il deposito di memorie e la produzione di documenti, ben conosciuta alla quotidianità processual-civilistica ma non del tutto estranea neppure alla prassi del procedimento penale.

Se il reclamo è fondato, il giudice annulla il provvedimento di archiviazione impugnato e ordina la restituzione degli atti al giudice che ha emesso il provvedimento. L'effetto rescindente del reclamo non ha alcun effetto precettivo nei confronti del primo giudice se non in merito alla necessità di lasciar dispiegare ritualmente il contraddittorio delle parti prima di assumere la nuova deliberazione sulla richiesta di archiviazione.

Altrimenti, al mancato accoglimento del reclamo consegue:

  • la conferma del provvedimento impugnato (quando non sussistono le ipotesi di nullità ventilate nel gravame)
  • o la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione (quando il reclamo è stato proposto al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge, da soggetto non legittimato ovvero oltre il termine di quindici giorni dalla conoscenza dell'atto).

Secondo lo schema già previsto per il ricorso per cassazione dall'art. 616 c.p.p., al rigetto consegue la condanna della parte privata proponente al pagamento delle spese del procedimento. La declaratoria di inammissibilità comporta, oltre alla rifusione delle spese suddette, anche il pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma da 258 a 2.065 euro.

La decisione sul reclamo non risulta expressis verbis impugnabile ulteriormente ma pare difficile escluderne la ricorribilità per cassazione, ex art. 127, comma 5, c.p.p., quale provvedimento camerale, in caso di una violazione del contraddittorio verificatasi durante il procedimento di gravame.

L'archiviazione per la particolare tenuità del fatto

Ordinariamente, la persona sottoposta ad indagini non ha alcun diritto al contraddittorio per quanto attiene alla definizione del procedimento mediante archiviazione della notizia di reato, trattandosi di un provvedimento che in nessun modo può pregiudicare i suoi interessi.

Quest'ultimo presupposto viene però meno nel caso di archiviazione per particolare tenuità del fatto. L'art. 3 lett. f), d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, prevede infatti l'iscrizione nel casellario giudiziale di tutti i provvedimenti giudiziari (ivi compresi i decreti o le ordinanze di archiviazione) «che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell'art. 131-bis c.p.»

L'unico diaframma tra un simile provvedimento, fortemente negativo per il destinatario e reso peraltro sulla base delle sole indagini preliminari e la violazione del principio del contraddittorio è la possibilità anche per gli indagati di interloquire sulla richiesta del pubblico ministero.

Allo stesso modo, la persona offesa da un reato che, seppure con esiti di minima offensività, comunque è stato perpetrato può vedersi privata della fase processuale, ipotizzata e magari data per certa.

Ai sensi dell'art. 411, comma 1-bis, c.p.p. allora, a prescindere da precedenti dichiarazioni di voler essere informati sull'esito del procedimento, il pubblico ministero deve darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa, con l'ulteriore precisazione che, nel termine di dieci giorni, possono prendere visione degli atti e presentare opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta.

La legge di riforma non ha toccato questa disposizione: il termine dilatorio di dieci giorni concesso all'indagato e alla persona offesa, originariamente parificato all'ipotesi ordinaria di pari durata, è rimasto inalterato a fronte della estensione a venti o trenta giorni prevista dall'art. 408, commi 3-3-bis, c.p.p. Questa dissimmetria, anche a prescindere dalla intenzione del Legislatore, risulta comunque agevolmente spiegabile a livello sistematico con la ridotta complessità che è lecito supporre in merito sia alla fattispecie astratta, sia alla vicenda concreta.

In questi casi, eccezionalmente, anche la persona sottoposta ad indagini sarà legittimata a proporre reclamo contro il provvedimento di archiviazione, ex art. 410-bis c.p.p.

Notiamo poi come il casellario giudiziale fosse, nell'intenzione del Legislatore del 2014, il primo strumento da utilizzare, accanto alla disamina della vicenda storica, per verificare la presenza dei requisiti soggettivi della fattispecie (in particolare l'abitualità della condotta criminosa). L'art. 1, comma 18, lett. c), l. 103/2017 ha però profondamente inciso questo sistema, delegando il governo ad adottare, entro un anno dalla sua entrata in vigore, decreti legislativi diretti ad eliminare la previsione dell'iscrizione nel casellario giudiziale dei provvedimenti applicativi della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto.

Per espressa indicazione del legislatore delegante, dovrà pertanto essere il pubblico ministero a verificare autonomamente che il fatto addebitato sia occasionale e darne adeguatamente conto nella propria richiesta di archiviazione.

In conclusione

L'impatto complessivo di questa legge ambiziosa è, allo stato, difficilmente calcolabile.

Il banco di prova non potrà che essere la quotidiana applicazione del diritto penale e processuale penale nelle aule di giustizia.

Quanto alle specifiche modifiche in tema di procedimento di archiviazione, possono esprimersi soltanto alcune rapidissime riflessioni, dirette a una valutazione prognostica delle conseguenze più immediate o più consistenti delle nuove disposizioni sulla concreta pratica giudiziaria.

a) Senza previsione di nuove risorse di uomini e di mezzi (il recente maxiconcorso per l'assunzione di personale amministrativo, ad oggi ancora in fase di svolgimento, è diretto a colmare lacune di organico ben precedenti i nuovi scenari delineati dalla Riforma), è facile ipotizzare un aumento degli incombenti spettanti anche al personale amministrativo degli uffici giudiziari. Ad esempio, in tema di notifiche ex art. 408 c.p.p. per il delitto di furto in abitazione, sino ad oggi non necessarie in difetto di apposita richiesta della persona offesa, l'equiparazione di quest'ultimo reato ai delitti commessi con violenza alla persona potrebbe lasciare intendere una parallela estensione della deroga alla disciplina generale, con conseguente obbligo dell'avviso. Nel caso previsto dall'art. 408, comma 3-bis,c.p.p., infatti, si prescinde da ogni eventuale richiesta dell'interessato e l'omissione dell'incombente comunicativo determina una violazione del contraddittorio ed è perciò causa di nullità, ex art. 127, comma 5, c.p.p. del decreto di archiviazione eventualmente emesso de plano (Cass. pen., Sez. unite, 29 gennaio 2016 n. 10959, PO in proc. C.). Facile prevedere l'aggravio per le segreterie delle procure se si ritenesse doveroso l'avviso anche per i numerosissimi fascicoli contro ignoti per furti in abitazione (con richiesta di archiviazione anche seriale, ex artt. 415, comma 4, c.p.p. e 107-bis disp. att., data l'enorme diffusione recente del fenomeno criminale). D'altronde, lo iato nella lettera della legge («per i delitti commessi con violenza alla persona e per il reato di cui all'articolo 624-bis del codice penale») lascia ampi spazi all'interprete, consentendogli di distinguere le diverse fattispecie e di limitare la comune portata normativa della disposizione interpolata alla sola maggiore durata del termine per prendere visione degli atti e proporre opposizione.

b) L'introduzione di uno schema cronologico per la definizione delle richieste di archiviazione (tre mesi più tre mesi) si pone di fatto in termini di pura e semplice moral suasion rispetto ai giudici delle indagini preliminari destinatari della norma, oberati da carichi di lavoro assolutamente consistenti e ad oggi mediamente molto lontani dalla velocità procedurale auspicata dalla norma. D'altronde, il secondo termine trimestrale è previsto solo per alcuni dei possibili esiti dell'udienza camerale (ordinanza di archiviazione, ordinanze che dispongono l'imputazione coatta o l'iscrizione coatta) ma – esplicitamente e con lettera non facilmente superabile in via interpretativa – non per l'ordinanza che dispone le nuove indagini.

c) In analoga direzione, sia pure in termini statisticamente molto più contenuti, deve essere letta la “pressione” indiretta esercitata sul dinamismo dei magistrati del pubblico ministero in caso di iscrizioni “coatte”, anticipando il decorso del nuovo termine per le indagini preliminari al momento del provvedimento del giudice (onerando al contempo la cancelleria di stringenti obblighi di diligenza, dal momento che una tardiva ri-trasmissione del fascicolo in procura pregiudicherebbe illegittimamente le prerogative dell'organo inquirente, giustificando in qualche modo richieste di provvedimenti restitutori).

d) La creazione del peculiarissimo reclamo ex art. 410-bis c.p.p., pure apprezzabile quanto a volontà di contenimento dei tempi, avrà la certa conseguenza di deflazionare, in termini di qualche consistenza, il carico della corte di cassazione, ma porterà ripercussioni di segno diametralmente opposto in primo grado, soprattutto nei tribunali di piccole dimensioni, restando ampiamente ipotizzabili usi defatiganti e strumentali della nuova impugnazione “a portata di mano”.

e) La tutela della persona offesa segue la tendenza evolutiva della legislazione recente, ampliandone le possibilità di intervento nella fase procedimentale (nuovi termini ex art. 408 c.p.p., procedimento di reclamo). La sensazione del pratico è che questa prospettiva sia suscettibile di essere (lecitamente) strumentalizzata per fini schiettamente risarcitori, con possibilità di attrito con i vecchi e nuovi istituti processuali diretti a stimolare soluzioni riparative e conciliative e comunque di effetti tutt'altro che deflattivi. D'altronde, come in altri istituti, questa tutela appare spesso solo superficialmente formale: ad esempio, resta sempre preclusa ogni doglianza relativa al merito dei provvedimenti di archiviazione.

f)Relativamente alle disposizioni in esame, manca una norma di diritto transitorio (al contrario, ad esempio di quanto previsto dall'art. 1, comma 36, della legge 103/2017 per i nuovi termini concessi al pubblico ministero per le proprie determinazioni sull'esercizio dell'azione penale). Vertendosi in materia inequivocabilmente processuale, non potrà che farsi applicazione del generale principio tempus regit actum.

Guida all'approfondimento

F. VARONE, L'archiviazione della notizia di reato. I diritti dell'indagato e della persona offesa, Giuffrè, Milano, 2015.

E. APRILE – P. SILVESTRI, Le indagini preliminari e l'archiviazione, Giuffrè, Milano, 2011.

M. SBEZZI, Le poche luci e le tante ombre della riforma Orlando, IlPenalista, 19 giugno 2017.

S. BELTRANI, E venne il giorno!, IlPenalista, 15 giugno 2017.

V. COMI, Archiviazione, IlPenalista, 5 agosto 2015.

A.L. MATTRELLA, Attuali equilibri fra poteri del Gip e funzioni del magistrato inquirente in tema di indagini coatte e imputazione coatta, in IlPenalista, 29 settembre 2015.

F. MANTOVANI, La non punibilità per particolare tenuità del fatto in La Giustizia Penale, 6-2015.

D. CARCANO (cur.), Depenalizzazione e particolare tenuità del fatto, Giuffrè, Milano, 2016.

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