Approvate alla Camera le modifiche al giudizio abbreviato: prime riflessioni

Fabrizio Galluzzo
12 Ottobre 2015

Il 23 settembre 2015, la Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge governativo c.d. Orlando (disegno di legge n. 2798), recante modifiche al codice penale e al codice di procedura penale ed in particolare, per quanto qui di interesse, alla disciplina del giudizio abbreviato, recependo alcune delle proposte di riforma elaborate, negli scorsi anni, dapprima dalla “Commissione Riccio” del 2006 e poi dalla recente “Commissione Canzio” del 2013 ma apportando anche ulteriori innovazioni che qui di seguito si analizzeranno nel dettaglio.
Abstract

Il 23 settembre 2015, la Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge governativo c.d. Orlando (disegno di legge n. 2798), recante modifiche al codice penale e al codice di procedura penale ed in particolare, per quanto qui di interesse alla disciplina del giudizio abbreviato, recependo alcune delle proposte di riforma elaborate, negli scorsi anni, dapprima dalla “Commissione Riccio” del 2006 (Commissione di studio per la riforma del codice di procedura penale, presieduta dal Prof. Giuseppe Riccio, istituita con d.l. 27 giugno 2006) e poi dalla recente “Commissione Canzio” del 2013 ma apportando anche ulteriori innovazioni che qui di seguito si analizzeranno nel dettaglio.

In evidenza

La Commissione (presidente dott. Giovanni Canzio, vicepresidente prof. Giorgio Spangher) è stata istituita con decreto del 10 giugno 2013 presso l'Ufficio Legislativo del Ministero della giustizia "per elaborare una proposta di interventi in tema di processo penale" ed ha concluso i propri lavori in data 30 novembre 2013. In materia di misure cautelari, procedimenti alternativi ed impugnazioni, la Commissione aveva già presentato al Ministero della giustizia proposte urgenti in data 22 luglio 2013.

Vedi gli altri focus sulla riforma Orlando

Le investigazioni difensive

Una delle modifiche più rilevanti, soprattutto dal punto di vista del difensore e delle strategie processuali che ne conseguono, è quella (disciplinata dal primo comma dell'art. 15 del testo in esame) inerente le c.d. investigazioni difensive “a sorpresa”, espressione con la quale ci si riferisce alla indagini difensive depositate appena prima della formulazione della richiesta di accesso al rito abbreviato, al fine di far confluire in extremis nel fascicolo del giudizio gli elementi raccolti in favore dell'imputato, così impedendo al pubblico ministero di contrastare le nuove risultanze con altra attività di indagine.

Con la modifica in corso di definizione, come vedremo nel dettaglio, si circoscrive temporalmente l'ambito operativo del deposito e si attribuiscono ulteriori spazi di indagine al pubblico ministero con la finalità dichiarata di riequilibrare il “gioco delle parti”.

Già la “Commissione Riccio”, ancor prima degli interventi della Corte costituzionale che avevano legittimato tale prassi (Corte cost., 22 giugno 2009, n. 184; Corte Cost., 4 aprile 2011, n. 117), non rinvenendo in essa alcun contrasto con la Costituzione, accennava alla necessità di introdurre un termine più specifico entro il quale la difesa avrebbe l'onere di depositare le risultanze delle investigazioni svolte.

La Consulta, al contrario, partendo dalla premessa della costruzione del processo penale su una fisiologica disparità di armi derivante dalle finalità ordinamentali sottese alla celebrazione dello stesso che, necessariamente, portano ad una differenziazione dei poteri, non aveva trovato difficoltà nel legittimare facoltà difensive che consentissero, appunto, di riequilibrare la posizione dell'imputato rispetto a quella del pubblico ministero, anche mediante il deposito del materiale raccolto appena prima della richiesta di giudizio abbreviato, anche sulla base dell'interpretazione a vantaggio dell'imputato della deroga alla formazione della prova nel contraddittorio delle parti di cui all'art. 111, comma 5, Cost.

Il disegno di legge in esame opera senz'altro un revirement rispetto a questa interpretazione, seguendo, invece, l'impostazione opposta, quella scelta dai giudici rimettenti delle questioni decise nelle ordinanze della Consulta richiamate (Corte cost., 22 giugno 2009, n. 184, cit.; Corte cost., 4 aprile 2011, n. 117, cit.).

In ossequio alla riforma, l'art. 438, comma 4, c.p.p., che attualmente recita “sulla richiesta [di accesso al giudizio abbreviato] il giudice provvede con ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato”, verrebbe integrato con la seguente aggiunta: “Quando l'imputato chiede il giudizio abbreviato immediatamente dopo il deposito dei risultati delle indagini difensive, il giudice provvede solo dopo che sia decorso il termine non superiore a sessanta giorni, eventualmente richiesto dal pubblico ministero, per lo svolgimento di indagini suppletive. In tal caso l'imputato ha facoltà di revocare la richiesta”.

In altre parole si propone di conferire al pubblico ministero, a sua richiesta, un ulteriore spazio di indagine nel caso in cui la difesa richieda il giudizio abbreviato “immediatamente dopo il deposito dei risultati delle indagini difensive”.

Una modifica che rappresenta un ritorno al passato nella battaglia per la “parità delle armi” tra le parti che il legislatore si prefiggeva di realizzare anche con l'introduzione delle investigazioni difensive e della loro piena ed incondizionata utilizzabilità.

Con l'intervento legislativo de quo si attribuisce un'ulteriore chance investigativa al pubblico ministero, considerando che, ai fini della decisione all'esito di giudizio abbreviato, ai sensi dell'art. 442, comma 1-bis, c.p.p., sono già utilizzati gli atti trasmessi dal p.m. ex art. 416, comma 2, c.p.p., quelli inerenti le indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio (art. 419, comma 3, c.p.p.), oltre alle prove in ipotesi formatesi in giudizio anche con la partecipazione della pubblica accusa (prove acquisite nell'abbreviato condizionato ed anche alle prove assunte nel corso dell'udienza preliminare ex artt. 421-bis e 422).

Al tempo stesso si condiziona l'attività difensiva con un termine assai indeterminato, “immediatamente dopo il deposito dei risultati delle indagini difensive”, che attribuisce al giudice margini di discrezionalità troppo ampi nella valutazione della tempestività del deposito, valutazione ardua da contrastare con l'eventuale impugnazione del provvedimento che abbia giudicato anche sul punto.

Evidente poi che l'indeterminatezza del termine non consentirebbe all'imputato di valutare, con ragionevole probabilità, il risultato processuale conseguibile con il deposito delle investigazioni difensive.

Esempi possono essere rappresentati dalle sommarie informazioni ex art. 391-bis e ss. che sia stato possibile assumere, per cause indipendenti dalla difesa, soltanto in prossimità dell'udienza; o di prova sopravvenuta in termini ristretti.

Appare improbabile il parallelo con la disciplina del giudizio abbreviato condizionato nella quale, a differenza dell'ipotesi in esame, è comprensibile che l'alterazione del quadro probatorio iniziale, costituito dal solo materiale di indagine, mediante l'integrazione, sia compensata conferendo al pubblico ministero il diritto alla prova contraria.

Le richieste subordinate di riti alternativi

Una seconda novità di assoluto rilievo è quella prevista dal secondo comma dell'art. 15 (che in tal senso recepisce pienamente le indicazioni della “Commissione Canzio”) che prevede la possibilità di presentare domande di ammissione al rito abbreviato subordinate, tanto tra rito abbreviato condizionato o “secco”, tanto tra uno dei due modelli di rito abbreviato e il patteggiamento.

Nel corpo dell'art. 438 c.p.p., sarebbe aggiunto il seguente comma 5-bis: “Con la richiesta presentata ai sensi del comma 5 può essere proposta in via subordinata, per il caso del suo mancato accoglimento, anche la richiesta di cui al comma 1 ovvero quella di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444”.

La collocazione del nuovo comma appare significativa, essendo posizionato tra il comma 5 che regola l'ipotesi della richiesta di giudizio abbreviato condizionato ed il comma 6 che prevede che “in caso di rigetto ai sensi del comma 5, la richiesta può essere riproposta fino al termine previsto dal comma 2”.

Giurisprudenza e dottrina avevano nel tempo interpretato il richiamato comma 6, secondo l'impostazione maggioritaria, nel senso che soltanto il rito abbreviato condizionato potesse essere riproposto, nei termini consueti, dopo un primo rigetto; per quanto in dottrina vi era chi (v. Spangher) non scorgeva alcun ostacolo normativo nella richiesta di giudizio abbreviato ordinario che seguisse il rigetto della richiesta condizionata all'integrazione probatoria.

La richiesta di cui all'innovativo comma 5-bis rappresenterebbe, quindi, una domanda con la quale si subordina la richiesta di giudizio abbreviato “secco” o la richiesta di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. alla mancata concessione del rito abbreviato condizionato, richiesto in prima istanza.

La residua previsione di cui al comma 6 continuerebbe a rappresentare un'ipotesi di richiesta di giudizio abbreviato successiva ad un primo rigetto che, a prescindere dalle precedenti interpretazioni, non potrebbe che intendersi sia nel senso di rinnovazione della richiesta del giudizio abbreviato condizionato già rigettata, sia nel senso di richiesta di abbreviato “secco” che segua quella di abbreviato condizionato rigettata.

Non sarebbe, infatti, logico consentire di fare una domanda gradata con un'unica richiesta e vietare di richiedere in momenti successivi, magari dettati da un cambio di strategia difensiva, i due modelli di rito.

Nell'ambito della richiesta subordinata proposta appare di non poco rilievo, in particolare, la possibilità di richiedere il patteggiamento in subordine alla concessione del giudizio abbreviato condizionato.

La novella garantisce sicuramente la speditezza processuale e si sposa con l'esigenza di garantire all'imputato un ampio ventaglio di strumenti difensivi.

Di fronte al rigetto dell'integrazione probatoria e quindi in mancanza dell'acquisizione al processo di prove ritenute utili ai fini di un'assoluzione, l'imputato potrebbe ben decidere di rifugiarsi nel patteggiamento, con il quale potrebbe pervenire alla stessa pena che avrebbe potuto definire il giudizio abbreviato o, addirittura, ad una inferiore, per effetto dell'accordo col pubblico ministero sul quale non può influire l'esito della fase precedente.

Dal punto di vista strategico, piuttosto, il dubbio risiede nella convenienza per il difensore di sottoporre al giudice una domanda subordinata di patteggiamento, così da renderlo edotto dell'opzione alternativa, cui l'imputato avrebbe già aderito, di richiedere l'applicazione della pena su richiesta delle parti nel caso di diniego di accesso al rito abbreviato.

Domanda subordinata che, a voler essere maliziosi, potrebbe indurre il giudice ad evitare la celebrazione del procedimento, verificata la scarsa convinzione dell'imputato nella richiesta di integrazione probatoria da lui avanzata.

Deducibilità delle nullità e delle inutilizzabilità

Altro intento del disegno di legge governativo è quello di sancire, espressamente, l'impossibilità di rilevare nel corso del giudizio abbreviato nullità diverse da quelle assolute e delle inutilizzabilità, “salvo quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio”.

Partendo dalle inutilizzabilità, è evidente che l'inciso vuole rappresentare una preclusione rispetto alle inutilizzabilità non patologiche, se è vero che la predetta forma di inutilizzabilità ai fini del decidere appare ormai sancita dal sistema, secondo l'impostazione delle Sezioni unite (Cass., Sez. un., 21 giugno 2000, n. 16).

In riferimento ad entrambe le patologie, la ratio dell'intervento normativo è teso a porre fine all'annosa questione dei limiti della sanatoria derivante dalla scelta del giudizio abbreviato.

Se, infatti, era considerato da tempo pressoché pacifico che con la richiesta di giudizio abbreviato l'imputato accetta l'utilizzazione a fini decisori di tutte le risultanze contenute nel fascicolo del pubblico ministero, precludendosi la possibilità di eccepire nullità diverse da quelle assolute (che, naturalmente, devono comunque essere rilevate d'ufficio, a prescindere dalla scelta del rito da parte dell'imputato), si era successivamente esteso il principio anche all'inutilizzabilità, rispetto alla quale, tuttavia, era sorto un contrasto giurisprudenziale inerente il termine per la proposizione della relativa eccezione, da sollevare preliminarmente alla richiesta di accesso al rito alternativo (Cass., 6 novembre 2000, n. 663, Palena) o rilevabile anche nel corso del giudizio (Cass., 25 ottobre 2007, n. 39407; Cass., 4 aprile 2007, n. 14099; Cass., 8 ottobre 2004, n. 42559, Calabrese).

Le Sezioni unite della Corte di Cassazione (Sez. Un., 21 giugno 2000. Conformi, successivamente, ex plurimis: Cass., 25 ottobre 2007, n. 39407, cit.; Cass., 4 aprile 2007, n. 14099, cit.), già da tempo, avevano risolto il contrasto affermando che l'eccezione di inutilizzabilità può essere proposta dall'imputato, nel corso del giudizio abbreviato, “anche successivamente alla richiesta di accesso al rito semplificato, alla quale non può essere attribuita alcuna efficacia sanante”.

La proposta di modifica esaminata, dunque, non fa altro che recepire un orientamento giurisprudenziale conclamato, codificandolo espressamente.

La competenza territoriale

Il comma 3 dell'art. 15, oltre alla questione delle nullità e delle inutilizzabilità, disciplina in termini molto chiari anche il tema della rilevabilità dell'incompetenza territoriale in sede di giudizio abbreviato: il nuovo comma 6-bis dell'art. 438, seconda parte, c.p.p., prevedrebbe che la richiesta di giudizio abbreviato proposta in udienza preliminare “preclude altresì ogni questione sulla competenza per territorio del giudice”.

La formulazione sul punto della “Commissione Canzio”, invero, era più articolata, proponendo l'inserimento nell'art. 441 c.p.p. di un comma 6-ter del seguente tenore: “Dopo che il giudice ha disposto il giudizio abbreviato, non può essere proposta o eccepita l'incompetenza per territorio né può essere riproposta l'eccezione di incompetenza precedentemente respinta”.

Tale diversa proposta si proponeva di disciplinare, vietandola, anche la possibilità di reiterare l'eccezione di incompetenza, già proposta e rigettata in udienza preliminare, negli atti iniziali del giudizio abbreviato richiesto nel corso della stessa udienza preliminare, possibilità che era stata invece avallata dalle Sezioni unite, contrariamente all'orientamento maggioritario che, al contrario, riteneva inammissibile la reiterazione di un'eccezione già proposta.

La lettera della legge, così come formulata, lascia invece trasparire una residua possibilità di sollevare la questione di incompetenza territoriale anche dinanzi al giudice dell'abbreviato, fino a quando questi non abbia dichiarato instaurato il rito.

La riduzione della pena

Ultima novità introdotta dal disegno di legge è quella inerente l'entità della pena irrogabile all'esito del giudizio di abbreviato che si concluda con una sentenza di condanna: ai sensi del quarto comma dell'art. 15, l'art. 442, comma 2, c.p.p. sarebbe modificato nel senso di prevedere una diminuzione della pena fino alla metà se si procede per una contravvenzione, ferma restando la classica riduzione di un terzo in riferimento ai delitti.

Modifica abbastanza deludente perché inidonea a risolvere effettivamente i problemi che la legge si proponeva di risolvere, in primis il carico dei processi.

Il progetto della “Commissione Canzio” era assai più ampio sul punto, prevedendo, infatti, in primo luogo un aumento della riduzione di pena, della metà, non solo in riferimento alle contravvenzioni ma anche ad altri reati ritenuti di minore allarme sociale, quali i delitti per i quali è prevista la reclusione non superiore nel massimo a cinque anni o la multa.

Tale proposta era finalizzata a favorire l'accesso al rito da parte dell'imputato accusato di reati per i quali non è prevista una pena particolarmente elevata, con la prospettiva di mantenere l'eventuale pena nei limiti che consentono l'accesso ai benefici previsti dalla legge.

Possibile rovescio della medaglia, sempre nell'ottica della deflazione, la diminuzione dei patteggiamenti, laddove l'imputato, confidando nella diminuzione della metà della pena difficilmente sceglierebbe di non giocarsi la partita in giudizio, laddove abbia delle carte da usare ai fini del proscioglimento.

Il progetto prevedeva, inoltre, la delimitazione della riduzione di un terzo della pena per i soli delitti per i quali è prevista la reclusione non superiore nel massimo a quindici anni e il contestuale ridimensionamento ad un quarto della pena per i delitti per i quali è prevista la reclusione superiore nel massimo a quindici anni.

La ratio di questo intervento risiedeva da un lato nel tentativo di assottigliare il numero di processi ordinari per reati di gravità bassa o media, con riduzioni della pena gradate, ma anche di inasprire le pene per i reati di maggiore gravità secondo le legittime e sempre più frequenti spinte provenienti dalla società civile.

In conclusione

L'intervento del legislatore, mosso dall'apprezzabile fine di ridurre il carico dei processi attraverso una durata ragionevole degli stessi, nelle intenzioni favorita dall'agevolazione all'accesso al giudizio abbreviato, ancora una volta non appare concretamente risolutivo.

Al di là della codificazione di alcuni principi oramai già affermati (nullità ed inutilizzabilità) o che incidono limitatamente sui tempi processuali (competenza territoriale) o sono risibili quanto alle percentuali concrete di applicazione (riduzione della metà della pena per le contravvenzioni), si tratta di una “riforma” che non sposta granché ed anzi – il pensiero va all'unico aspetto che è stato toccato con maggiore approfondimento, quello inerente le investigazioni difensive depositate a “sorpresa” – quanto al diritto di difesa rappresenta un arretramento delle garanzie.

Guida all'approfondimento

F. GALLUZZO, Il giudizio abbreviato, in MARANDOLA-LA REGINA-APRATI (a cura di), Verso un processo penale acceleratoRiflessioni intorno alla l. 67/2014, al d. lgs. 28/2015 e al d.l. 2798/2014, Napoli, 2015, 91 ss.

G. SPANGHER, Indagini difensive e giudizio abbreviato in Giur. cost., 2009, 3, p. 2039

G. TODARO, Investigazioni difensive e giudizio abbreviato: principio del contraddittorio e pluralità di leges probatoriae nel sistema processuale penale in Cass. pen., 2012, p. 1680

G. SPANGHER, I procedimenti speciali tra razionalizzazione e modifiche di sistema, in Aa.Vv., Il nuovo processo penale davanti al giudice unico, Assago, 2000, p. 167.

G. CANZIO, Giudizio abbreviato, IV, Giuffrè, 2000, p. 627.

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