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Errore giudiziario

Fabrizio Galluzzo
24 Luglio 2015

L'errore giudiziario, derivante dalla celebrazione del processo penale, è conseguenza possibile e, di fatto, ineludibile, di ciascun percorso processuale che si conclude necessariamente con una decisione.
Inquadramento

L'errore giudiziario, derivante dalla celebrazione del processo penale, è conseguenza possibile e, di fatto, ineludibile, di ciascun percorso processuale che si conclude necessariamente con una decisione.

Nel processo penale l'eventuale errore giudiziario che scaturisca da una decisione ingiusta, tanto perché derivante dal mancato rispetto di regole procedurali, quanto perché la ricostruzione del merito non corrisponde alla realtà dei fatti (o alla diversa realtà emersa da un secondo giudizio), assume un peso di particolare rilevanza, atteso che la sentenza di condanna (provvedimento che ha maggiore capacità di incidere negativamente sull'esistenza dell'imputato) è in grado di incidere significativamente sulla libertà personale, sull'immagine, sulla capacità lavorativa e altri significativi aspetti della vita privata dell'imputato.

Attesa l'impossibilità, in qualsiasi sistema processuale, di eliminare radicalmente l'errore giuridico, ciascun ordinamento è tenuto a dotarsi, in primis, di meccanismi procedurali che ne prevengano la produzione ed, in secondo luogo, a predisporre rimedi riparatori idonei a garantire ex post un ristoro a chi abbia subito l'errore giudiziario.

Dopo un lungo percorso legislativo e giurisprudenziale, il nostro ordinamento riconosce oggi la riparazione dell'errore giudiziario emerso in seguito alla revisione di una sentenza di condanna (art. 643-647 c.p.p.) e la riparazione per l'ingiusta detenzione, finalmente disciplinata dagli artt. 314-315 c.p.p., quale derivazione del diritto riconosciuto dall'art. 24, comma 4, Cost.

I presupposti

Limitandoci alla disamina dei presupposti per la riparazione dell'errore giudiziario emerso in seguito alla celebrazione del procedimento di revisione, è evidente che la condizione indispensabile per avviare il sub-procedimento per la riparazione del danno è rappresentata da qualunque delle forme di proscioglimento di cui agli artt. 529, 530 e 531 c.p.p.

Sentenze che abbiano, in buona sostanza, riconosciuto l'errore giudiziario contenuto in una sentenza di condanna emessa all'esito di giudizio ordinario o rito alternativo (ivi incluso il patteggiamento) o in un decreto penale di condanna, provvedimenti tutti divenuti irrevocabili.

In evidenza

La riparazione dell'errore giudiziario non è, in ogni caso, esclusa neanche nel caso di proscioglimento per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova, ai sensi dell'art. 530, comma 2, c.p.p. (Cass. pen., Sez. IV, 30 marzo 2004, n. 22924), né nel caso di proscioglimento fondato su una causa di giustificazione o di non punibilità, anche se ritenuta sussistente in forma dubitativa.

È, invece, esclusa la riparazione:

a) Per la parte di pena computata nella determinazione della pena da espiare per un reato diverso, ex art. 657, comma 2, c.p.p. (art. 643, comma 3, c.p.p.);

b) Per il proscioglimento per non imputabilità o non punibilità per “altra ragione”, ex art. 530 c.p.p.;

c) Per le ipotesi di mancanza di condizione di procedibilità o proseguibilità dell'azione, ex art. 529 c.p.p.;

d) Per l'ipotesi di estinzione del reato, ex art. 531 c.p.p.

Secondo parte della dottrina (TROISI P.) nell'alveo degli errori giudiziari suscettibili di riparazione dovrebbe rientrare l'errore di fatto che sia stato riconosciuto all'esito di un giudizio instaurato, per l'appunto, con ricorso straordinario per errore di materiale o di fatto ex art. 625-bis c.p.p., trattandosi, analogamente ai casi che legittimano la richiesta di revisione, di erronee affermazioni di responsabilità.

Nel caso del procedimento ex art. art. 625-bis c.p.p., inoltre, l'esito del giudizio potrebbe anche consistere nella diminuzione della pena inflitta al condannato per effetto dell'errore di fatto successivamente riparato, con la conseguenza che, a differenza del procedimento di revisione, anche una modifica della sentenza di condanna potrebbe legittimare una richiesta di riparazione in riferimento al periodo di pena scontato illegittimamente.

La cause di esclusione

La riparazione per l'errore giudiziario è, tuttavia, condizionata alla mancanza di un presupposto “negativo”: pur in presenza del riconoscimento dell'errore, infatti, occorre che il condannato non abbia dato causa per dolo o colpa grave all'errore giudiziario.

Il concetto di dolo, in tale sede, è stato ricostruito in riferimento alla diversa funzione che l' elemento psicologico assume per la valutazione della meritevolezza della riparazione rispetto all'accezione di dolo tipizzata ai fini dell'accertamento della responsabilità penale.

Si tratta, allora, di un dolo apprezzabile secondo i criteri della teoria generale del negozio giuridico e consiste quindi in qualunque comportamento, anche omissivo, volto, con artifici e raggiri, ad ingannare ed alterare il quadro degli elementi valutabili dal giudice ai fini della decisione; si tratta, quindi, di una condotta che ha avuto un'incidenza causale rilevante per la determinazione dell'errore giudiziario (Cass. pen., Sez. IV, 24 settembre 1998, n. 2569).

La colpa grave, invece, secondo consolidata giurisprudenza (a partire da Cass. pen., Sez. IV, 27 novembre 1992, n. 1366) formatasi a breve distanza dall'entrata in vigore della norma, è individuabile nella condotta caratterizzata da noncuranza, negligenza, incuria e indifferenza per le conseguenze dei propri atti ai fini penali; disinteresse per le vicende del proprio processo; astensione dal fornire spiegazioni all'autorità giudiziaria; condotte tutte che, nella generalità delle persone di ordinaria esperienza, sono tali da rendere prevedibile per l'autore delle stesse, una sentenza di condanna.

Va rilevato che, a differenza della disciplina inerente la riparazione per l'ingiusta detenzione, nella quale viene valorizzato anche il concorso di colpa dell'indagato/imputato nella realizzazione dell'errore giudiziario, per la riparazione dell'errore emerso in seguito a revisione il Legislatore ha ristretto il campo delle cause di esclusione, probabilmente in ragione della diversità dei due istituti, l'uno riferito a situazioni fluide, in quanto legate alle esigenze cautelari, l'altro derivante da un accertamento di merito completo (In senso favorevole, SCOMPARIN; in senso contrario, COPPETTA).

Le modalità di riparazione

Nel caso in cui sia riconosciuto l'errore giudiziario in seguito all'accoglimento della domanda di revisione, al prosciolto spettano, in primo luogo, le restituzioni delle somme specificate nell'art. 639 c.p.p. che, evidentemente, derivavano a vario titolo dalla sentenza di condanna travolta dalla revisione.

Nel dettaglio si tratta delle somme pagate:

  • per le pene pecuniarie in esecuzione della condanna;
  • per le misure di sicurezza patrimoniali;
  • per le spese processuali e di mantenimento in carcere;
  • per il risarcimento dei danni alla parte civile (citata per il giudizio di revisione).

Vengono, altresì, restituite le cose che sono state confiscate, ad eccezione di quelle previste nell'art. 240, comma 2, n. 2, c.p.

Accanto alle restituzioni in senso tecnico, il codice di procedura prevede, in sostanza, due forme di riparazione finalizzate a fornire un ristoro a chi abbia subito una condanna ingiusta, con le conseguenze patrimoniali e di reputazione che ne conseguono.

Quanto al primo aspetto, in favore del prosciolto (o, come si vedrà infra, dei parenti, in caso di morte dell'interessato) sono previste, alternativamente, le seguenti misure:

  • pagamento di una somma di denaro commisurata, ex art. 643, commi 1 e 2, alla durata della eventuale espiazione della pena e alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna;
  • costituzione di una rendita vitalizia, in considerazione delle condizioni dell'avente diritto e della natura del danno;
  • accoglimento dell'avente diritto, a sua richiesta, in un istituto a spese dello Stato.

Per quanto concerne, invece, il recupero della dignità e reputazione del prosciolto, è previsto il meccanismo riparatorio della pubblicazione, a spese dello Stato, di un estratto della sentenza di accoglimento della richiesta di revisione del processo che, a richiesta dell'interessato, deve essere pubblicata nel Comune in cui la sentenza di condanna era stata pronunciata ed in quello di ultima residenza del condannato, nonché su un giornale indicato dal richiedente.

Aspetti processuali

La procedura per richiedere la riparazione dell'errore giudiziario è inserita nel corpo del codice di procedura penale (artt. 645-646) ma, atteso che la domanda introduttiva ha necessariamente connotati di natura civilistica, essendo tesa ad ottenere un ristoro essenzialmente patrimoniale, dottrina e giurisprudenza si sono nel tempo soffermate sull'individuazione della disciplina applicabile al procedimento in esame.

Se, infatti, una prima impostazione delle Sezioni unite (Cass. pen., Sez. un., 13 gennaio 1995, n. 1) riteneva applicabili le norme del codice di procedura civile in ogni caso in cui la disciplina penalistica non regolamentasse uno specifico aspetto, la tendenza della giurisprudenza successiva e di parte della dottrina (COPPETTA) ha virato sul riconoscimento della connotazione pubblicistica della tutela giurisdizionale riparatoria, come tale da assoggettare al codice di procedura penale.

Legittimati attivi a presentare la domanda di riparazione sono:

  • il soggetto prosciolto in seguito a revisione;
  • il procuratore speciale della parte;
  • in caso di morte del condannato, anche prima del procedimento di prevenzione, sono legittimati il coniuge, i discendenti e ascendenti, i fratelli e le sorelle, gli affini entro il primo grado e le persone adottate dal soggetto deceduto; tali soggetti possono presentare la domanda anche tramite il curatore che sia stato nominato, ex art. 638 c.p.p., dal Presidente della Corte di appello nel caso di morte del condannato dopo la domanda di revisione.

In evidenza

Un problema pratico si è posto, in giurisprudenza, in riferimento al deposito della domanda di riparazione che, come visto, è atto personale della parte o del suo procuratore speciale: è sufficiente la procura ad litem per effettuare il deposito presso la cancelleria della Corte di appello competente o, al contrario, è necessaria una procura speciale ad hoc?

A risolvere il contrasto giurisprudenziale tra un filone prevalente, peraltro già avallato da un intervento delle Sezione unite (Cass. pen, Sez. un., n. 27/1994), che aderiva alla prima soluzione ed un filone minoritario, a sua volta sostenuto da un intervento delle Sezioni Unite (Cass. pen., Sez. un., 26 novembre 1997, n. 14) che propendeva per l'interpretazione restrittiva, un ultimo intervento delle stesse Sezioni unite (Cass. pen., Sez. un., 12 marzo 1999, n. 8), ha sancito che il deposito della domanda di riparazione, sottoscritta dalla parte o dal procuratore speciale, può essere effettuata, senza bisogno di ulteriori formalità, da parte del difensore munito di procura alle liti, peraltro nelle forme di cui all'art. 122 c.p.p. e non secondo impostazioni civilistiche.

Per Cass. pen., Sez. IV, n. 23137/2003, inoltre, la domanda può essere depositata anche da altro soggetto, delegato dal procuratore speciale.

La domanda di riparazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, entro due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di revisione che ha disposto il proscioglimento; deve essere depositata presso la cancelleria della Corte di appello che ha pronunciato la sentenza di revisione, giudice competente per la domanda di riparazione dell'errore giudiziario.

Alla domanda di riparazione devono essere allegati i “documenti ritenuti utili”, secondo il dettato dell'art. 645, comma 1, c.p.p.: la locuzione, che sottintende un margine di discrezionalità nella scelta dei documenti da allegare da parte dell'interessato, ha aperto il campo ad alcune divergenze, derivanti ancora una volta dalla querelle circa la natura privatistica o pubblicistica del procedimento in esame, quanto ai confini dell'onere della prova che incombe sul richiedente.

Superando una iniziale impostazione che poneva a carico dell'interessato l'onere della prova circa petitum e causa petendi e attribuiva all'amministrazione convenuta la prova di eventuali cause di esclusione della riparazione attribuibili a condotte dolose o gravemente colpose del richiedente, si è andata imponendo una concezione più prettamente pubblicistica, secondo la quale la parte è tenuta ad un mero onere di allegazione, colmabile dall'iniziativa d'ufficio del giudice, se del caso consistente nell'indicazione alla parte, a pena di rigetto della domanda, dei documenti specifici con i quali integrare la richiesta incompleta (Cass. pen., Sez. IV, 24 maggio 2000, n. 3042).

La Corte di appello decide in camera di consiglio osservando le forme previste dall'art. 127 c.p.p., come da rinvio operato dall'art. 646, comma 1, c.p.p.

È interessante notare come la domanda e il provvedimento che fissa l'udienza, oltre ad essere comunicata al pubblico ministero e notificata al Ministro del tesoro (presso l'Avvocatura dello Stato che ha sede nel distretto della Corte) deve essere notificata a tutti gli interessati, compresi gli aventi diritto che non hanno proposto la domanda: costoro, infatti, possono giovarsi della domanda presentata da un altro avente diritto, presentando le proprie richieste nel termine di cinque giorni prima dell'udienza, in ossequio all'art. 127, comma 2, c.p.p.

Analogamente avviene nel caso in cui l'istante muoia prima della relativa udienza: il decreto che fissa l'udienza deve essere notificato agli aventi diritto per valutare se presentare richieste di riparazione: la mancata proposizione della domanda nell'ambito del procedimento già fissato comporta la decadenza dal presentare nuove domande di riparazione per lo stesso errore giudiziario successivamente alla chiusura del procedimento.

In ogni caso la Corte di appello provvede con ordinanza, con la quale può dichiarare l'inammissibilità, l'accoglimento (ed, in tal caso, accordare una provvisionale a titolo di alimenti se il soggetto versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al suo mantenimento) o il rigetto della domanda; ordinanza che è comunicata al pubblico ministero e notificata agli interessati al fine dell'eventuale proposizione del ricorso per Cassazione.

Casistica

Cause di esclusione della riparazione: colpa grave

Non sono riconducibili alla nozione di colpa grave causativa dell'errore giudiziario, e pertanto impeditiva del correlato diritto alla riparazione, le inefficienze e gli errori della difesa tecnica (nella specie, la mancata richiesta, nel giudizio d'appello, di prova poi risultata determinante ai fini della revisione), che non siano riconducibili direttamente alla condotta dell'imputato. (Cass. pen., Sez. III, 10 marzo 2001, n. 13739).

La colpa grave è ostativa al diritto alla riparazione dell'errore giudiziario quando abbia dato causa all'errore medesimo e non anche quando si sia limitata ad essere una delle cause concorrenti, come, al contrario, è sufficiente ai fini dell'esclusione del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione. (Fattispecie nella quale il diritto alla riparazione dell'errore giudiziario era stato escluso in considerazione del reiterato mendacio dell'imputato circa il proprio alibi, valutato, peraltro, come condotta meramente concorrente alla causazione dell'errore giudiziario). (Cass. pen., Sez. IV, 4 febbraio 2010, n. 9213/2010).

Integra il profilo di colpa grave ostativo al diritto alla riparazione dell'errore giudiziario l'aver tenuto nel corso del processo una condotta caratterizzata da incuria o indifferenza, senza fornire tempestivamente all'autorità giudiziaria elementi a sua disposizione utili per evitare l'errore. (Fattispecie di ritenuta ravvisabilità della predetta colpa per non avere l'interessato sottoposto, ai giudici dei vari gradi del processo, gli argomenti difensivi poi risultati idonei a determinare la sua assoluzione nel giudizio di revisione). (Cass. pen., Sez. III, 12 febbraio 2009, n. 15725).

Colpa grave: tale deve riconoscersi la condotta di colui il quale, dopo avere acceso diversi conti correnti bancari, benché giovanissimo, si allontani dalla sua residenza per adempiere al servizio militare di leva, lasciando in atto i rapporti bancari e consentendone l'utilizzo al genitore che sia dedito a commettere reati contro il patrimonio e la fede pubblica proprio attraverso, tra altro, la spregiudicata gestione di rapporti bancari, rimanendo, poi, contumace nel procedimento penale instaurato a seguito della negoziazione, sui conti da lui accesi, di assegni di illecita provenienza portanti false firme di girata a suo nome, abilmente contraffatte dal padre. (Cass. pen., Sez. IV, n. 1366/1999).

Modalità di riparazione

In sede di riconoscimento di un indennizzo per riparazione dell'errore giudiziario l'ordinamento concede al giudice la facoltà di liquidare una somma di denaro o di costituire una rendita vitalizia (oltre a quella, su richiesta della parte interessata, di disporne il ricovero in un istituto a spese dello Stato). Le due forme sono tra loro alternative e non cumulabili e deve perciò essere annullata con rinvio per una nuova decisione l'ordinanza che abbia riconosciuto e quantificato il diritto ad entrambe. (Cass. pen., Sez. IV, 16 aprile 1996, n. 1114).

Aspetti processuali: giudice incompetente

Per la presentazione della domanda di riparazione dell'errore giudiziario o di equa riparazione a giudice incompetente non è prevista la sanzione dell'inammissibilità con la conseguenza che la Corte d'appello, ove si ritenga incompetente, applicherà i principi sulla competenza e sulla giurisdizione di cui agli artt. 22 e seguenti c.p.p. e, quindi, rilevata la propria incompetenza, disporrà la trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente. (Cass. pen., Sez. IV, 29 gennaio 1999, n. 271).

Contra, in riferimento alla riparazione per ingiusta detenzione, ma estensibile alla disciplina dell'errore giudiziario:

In tema di procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione, la presentazione della domanda nella cancelleria di una Corte di appello diversa da quella che ha emesso il giudicato presupposto o nel cui distretto si trovi il giudice che tale sentenza ha pronunciato, determina l'inammissibilità della domanda, ai sensi dell'art. 645 c.p.p. in tema di riparazione dell'errore giudiziario, richiamato dal terzo comma dell'art. 315 stesso codice. (Cass. pen., Sez. IV, 9 luglio 1999, n. 2334).

Aspetti processuali: il deposito della domanda di riparazione

L'istanza di riparazione per ingiusta detenzione può essere trasmessa a mezzo del servizio postale, non essendo tassativamente prevista alcuna ragione di inammissibilità, purché ne siano certe la provenienza e la tempestività, quest'ultima valutata con riferimento al momento della ricezione del plico postale e non a quello della data della spedizione. (Cass. pen., Sez. IV, 6 ottobre 2011, n. 2103).

Aspetti processuali: sottoscrizione del ricorso per Cassazione

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione [disciplina applicabile anche alla riparazione del'errore giudiziario], è inammissibile il ricorso per cassazione proposto con atto sottoscritto dalla parte senza la rappresentanza di un avvocato iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione a norma dell'art.613 c.p.p., giacché l'unica deroga a tale disposizione generale è quella prevista dall'art.571, comma primo, c.p.p. che riconosce al solo imputato la facoltà di proporre personalmente l'impugnazione. (Cass. pen., Sez. un., 27 giugno 2001, n. 219613).

Guida all'approfondimento

COPPETTA, La condotta dolosa o gravemente colposa in materia di riparazione per ingiusta detenzione, in Riv. it. dir. proc. pen., 1994, 1167.

SCOMPARIN, Riparazione dell'errore giudiziario, in Dig. Pen., XII, Torino, 1997, 319;

TROISI P., La riparazione dell'errore giudiziario, in DALIA-TROISI P.-TROISI R., I rimedi al danno da processo, Milano, 2013, 13 ss.

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