Il giudizio abbreviato dopo la Riforma Orlando

Viviana Torreggiani
13 Luglio 2017

La Riforma Orlando, legge 23 giugno 2017, n. 103, è intervenuta anche sulla disciplina del giudizio abbreviato (artt. 438, commi 4, 5-bis, 6-bis, e 442, comma 2,c.p.p.). È stato previsto che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria formulata dall'imputato nell'udienza preliminare, questi possa ugualmente chiedere la celebrazione del rito abbreviato (c.d. secco) ed eventualmente formulare, sin da subito, tale richiesta in via subordinata, alternativamente al patteggiamento (art. 438, comma 5-bis, c.p.p.). Dalla richiesta di giudizio abbreviato in udienza preliminare deriverà la sanatoria delle eventuali nullità (escluse quelle assolute) e la non rilevabilità ...
Abstract

La Riforma Orlando, legge 23 giugno 2017, n. 103, è intervenuta anche sulla disciplina del giudizio abbreviato (artt. 438, commi 4, 5-bis, 6-bis, e 442, comma 2,c.p.p.).

È stato previsto che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria formulata dall'imputato nell'udienza preliminare, questi possa ugualmente chiedere la celebrazione del rito abbreviato (c.d. secco) ed eventualmente formulare, sin da subito, tale richiesta in via subordinata, alternativamente al patteggiamento (art. 438, comma 5-bis, c.p.p.). Dalla richiesta di giudizio abbreviato in udienza preliminare deriverà la sanatoria delle eventuali nullità (escluse quelle assolute) e la non rilevabilità delle inutilizzabilità (salvo quelle derivanti da divieti probatori), nonché la preclusione a sollevare ogni questione sulla competenza territoriale del giudice (art. 438, comma 6-bis, c.p.p.). Il novellato comma 4 dell'art. 438 c.p.p., prevede che nel caso in cui la richiesta di giudizio abbreviato avvenga immediatamente dopo il deposito dei risultati delle indagini svolte dalla difesa (artt. 327-bis, 391-bis e ss. c.p.p.), il giudice possa provvedere ad ammettere il rito solo decorso l'eventuale termine “a prova contraria” richiesto dal P.M., che non potrà superare sessanta giorni. All'esito delle indagini suppletive richieste e svolte dal P.M., l'imputato potrà revocare la propria richiesta. La modifica introdotta al comma 2 dell'art. 442 c.p.p. prevede che la pena concretamente determinata dal giudice sia diminuita della metà se si procede per un reato contravvenzionale, mentre resta confermata la riduzione di un terzo nel caso di delitto.

Il quadro normativo

Art. 438 c.p.p. - testo previgente

Art. 438 c.p.p. - testo vigente

1. L'imputato può chiedere che il processo sia definito all'udienza preliminare allo stato degli atti, salve le disposizioni di cui al comma 5 del presente articolo e all'articolo 441, comma 5.

1. L'imputato può chiedere che il processo sia definito all'udienza preliminare allo stato degli atti, salve le disposizioni di cui al comma 5 del presente articolo e all'articolo 441, comma 5.

2. La richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422.

2. La richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422.

3. La volontà dell'imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall'articolo 583, comma 3.

3. La volontà dell'imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall'articolo 583, comma 3.

4. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato.

4. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato. Quando l'imputato chiede il giudizio abbreviato immediatamente dopo il deposito dei risultati delle indagini difensive, il giudice provvede solo dopo che sia decorso il termine non superiore a sessanta giorni, eventualmente richiesto dal pubblico ministero, per lo svolgimento di indagini suppletive limitatamente ai temi introdotti dalla difesa. In tal caso, l'imputato ha facoltà di revocare la richiesta.

5. L'imputato, ferma restando la utilizzabilità ai fini della prova degli atti indicati nell'articolo 422, comma 1 – bis, può subordinare la richiesta ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione. Il giudice dispone il giudizio abbreviato se l'integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili. In tal caso il pubblico ministero può chiedere l'ammissione di prova contraria. Resta salva l'applicabilità dell'art. 423.

5. L'imputato, ferma restando la utilizzabilità ai fini della prova degli atti indicati nell'articolo 422, comma 1 – bis, può subordinare la richiesta ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione. Il giudice dispone il giudizio abbreviato se l'integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili. In tal caso il pubblico ministero può chiedere l'ammissione di prova contraria. Resta salva l'applicabilità dell'art. 423.

5-bis. Con la richiesta presentata ai sensi del comma 5 può essere proposta, subordinatamente al suo rigetto, la richiesta di cui al comma 1, oppure quella di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444.

6. In caso di rigetto ai sensi del comma 5, la richiesta può essere riproposta fino al termine previsto dal comma 2.

6. In caso di rigetto ai sensi del comma 5, la richiesta può essere riproposta fino al termine previsto dal comma 2.

6-bis. La richiesta di giudizio abbreviato proposta all'udienza preliminare determina la sanatoria delle nullità, sempre che non siano assolute, e la non rilevabilità delle inutilizzabilità, salvo quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio. Essa preclude, altresì, ogni questione sulla competenza per territorio del giudice.

All'udienza preliminare, come sappiamo, l'imputato può scegliere, strategicamente, se formulare richiesta di giudizio “abbreviato allo stato degli atti” o se subordinare la propria richiesta ad una integrazione probatoria. In entrambi i casi il termine ultimo per la proposizione della relativa istanza è, e resta, quello indicato nel comma 2 dell'art. 438: fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422.
Nella prima ipotesi il giudice dovrà ammettere l'imputato al rito, utilizzando ai fini della decisione gli atti contenuti nel fascicolo trasmessogli del pubblico ministero (art. 416, comma 2, c.p.p.), le indagini eventualmente svolte dalle parti dopo la richiesta di rinvio a giudizio (art. 131 disp. att.) e le prove assunte durante l'udienza preliminare (art. 422, comma 1, c.p.p.).
Nella seconda ipotesi, l'imputato potrà essere giudicato secondo il rito abbreviato solo se il giudice riterrà l'integrazione probatoria richiesta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili. Nel caso in cui il giudice ammetta l'integrazione probatoria richiesta dall'imputato, il P.M. avrà diritto all'ammissione di prova contraria. Se a seguito della prova contraria introdotta dal P.M., questi provveda alla modifica del capo d'imputazione, l'imputato potrà revocare la propria richiesta di giudizio abbreviato chiedendo che si proceda con rito ordinario (art. 423 c.p.p.). La facoltà di revoca spetta all'imputato anche nel caso in cui il giudice, ritenendo di non poter decidere allo stato degli atti, assuma, anche d'ufficio, gli elementi ritenuti necessari al fine della decisone (art. 441, comma 5, c.p.p.).
La riforma in commento è intervenuta disciplinando l'utilizzo delle indagini difensive nell'ambito dell'udienza preliminare finalizzato alla richiesta di giudizio abbreviato. Come è noto, le indagini difensive possono essere svolte dalla difesa in ogni stato e grado del procedimento (artt. 327-bis, 391-bis e ss. c.p.p.), quindi anche dopo la richiesta di rinvio a giudizio. Il difensore può decidere di presentare in udienza preliminare, prima dell'inizio della discussione (Corte cost. 7 aprile 2011, n. 117), i relativi atti e documenti che il giudice deve valutare se «ammettere» (art. 421, comma 3, c.p.p.).
Sino ad oggi, il difensore dell'imputato poteva tempestivamente produrre, nell'ambito dell'udienza preliminare, la documentazione relativa alle indagini difensive formulando contestualmente richiesta di giudizio abbreviato “non condizionato”. In ossequio al disposto dell'art. 421, comma 3, c.p.p. il giudice doveva unicamente valutare se ammettere, o meno tale documentazione. L'esercizio della facoltà di produzione documentale riconosciuta alle parti dall'art. 421, comma 3, c.p.p. non determina, infatti, la trasformazione della richiesta di giudizio abbreviato da incondizionata a condizionata (Cass. pen., Sez. V, 9. settembre 2015, n. 41174; Corte cost., 26 giugno 2009, n. 184), pertanto, non versandosi in ipotesi di giudizio abbreviato condizionato non era normativamente previsto per il pubblico ministero né la concessione di un termine per esame della documentazione prodotta dalla difesa, né il diritto di chiedere prova contraria. Sia parte della dottrina che la giurisprudenza avevano, tuttavia, evidenziato (contrariamente a quanto affermato dalla Corte cost. nella sentenza n. 184/2009 cit.) lo squilibrio che tale eventualità veniva a creare tra le parti ammettendo che il giudice non potesse immediatamente disporre il giudizio abbreviato trascurando la possibilità d'interlocuzione del pubblico ministero (esclusivamente) in ordine alla richiesta di un termine per esame e per lo svolgimento di ulteriore eventuale attività d'indagine. La questione è stata anche portata all' attenzione della Corte costituzionale la quale, tuttavia, ha ritenuto manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 438, comma 5, c.p.p., sollevata in riferimento all'art. 111, comma 2, Cost., nella parte in cui non prevede il diritto del pubblico ministero di chiedere l'ammissione della prova contraria, nell'ipotesi in cui l'imputato depositi il fascicolo delle investigazioni difensive e contestualmente richieda l'instaurazione del giudizio abbreviato. Secondo il giudice delle leggi, l'organo rimettente non aveva esplorato la possibilità di interpretare la norma impugnata alla stregua del principio – immanente al nostro ordinamento – secondo cui a ciascuna delle parti va comunque assicurato il diritto di esercitare il contraddittorio sulle prove addotte a sorpresa dalla controparte anche attraverso differimenti delle udienze, congrui rispetto alle singole concrete fattispecie, in modo da contemperare l'esigenza di celerità con la garanzia dell'effettività del contraddittorio (Corte cost., 25 giugno 2005, n. 245). Il giudice dell'udienza preliminare, pertanto, avrebbe potuto/dovuto sempre concedere al pubblico ministero, che ne avesse fatto richiesta, un congruo termine per l'esame della documentazione difensiva ammessa, rinviando l'udienza ad altra data (Cass. pen., Sez. VI, 31 marzo 2008, n. 31683; Cass. pen., Sez. III, 11 febbraio 2009, n. 15236). La questione pare definitivamente superata dal novellato disposto del comma 4 dell'art. 438 c.p.p., che è intervenuto a colmare il vuoto legislativo recependo l'orientamento giurisprudenziale maggioritario citato e prevedendo che il P.M., nel caso in cui l'imputato chieda il giudizio abbreviato immediatamente dopo il deposito dei risultati delle indagini difensive, abbia sempre diritto, se lo richiede, alla concessione di un termine, non superiore a sessanta giorni, per lo svolgimento di indagini suppletive limitatamente ai temi introdotti dalla difesa. Il giudice non potrà provvedere all'ammissione del rito prima del decorso di tale termine. Tuttavia, poiché all'esito dell'integrazione probatoria concessa al P.M. l'imputato potrà trovarsi di fronte ad un quadro probatorio non più favorevole alla propria strategia difensiva, è stata prevista la possibilità di revoca della richiesta.
Il Legislatore ha recepito anche la prassi delle richieste subordinate superando il contrasto giurisprudenziale formatosi in materia, specificando che in caso di rigetto della richiesta di abbreviato condizionato l'imputato possa validamente e tempestivamente ripresentare l'istanza o richiedere il giudizio abbreviato non condizionato o il patteggiamento. Alla luce della riforma l'imputato potrà:

  1. chiedere il giudizio abbreviato condizionato e, in caso di rigetto, riproporre l'istanza (condizionata o meno), fino a che non siano formulate le conclusioni nel corso della discussione dell'udienza preliminare (art. 438, comma 6, c.p.p.);
  2. chiedere il giudizio abbreviato condizionato e (anche) contestualmente chiedere che, in caso di rigetto, venga subordinatamente accolta la richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione della pena su richiesta (art. 438, comma 5-bis, c.p.p.).

In linea con il sistema delineatosi a seguito della sentenza delle Sezioni unite Tammaro (21 giugno 2000, n. 16), secondo cui nel giudizio abbreviato sono rilevabili e deducibili solo le nullità di carattere assoluto e le inutilizzabilità c.d. patologiche (con la conseguenza che l'eventuale irritualità dell'acquisizione dell'atto probatorio è neutralizzata dalla scelta negoziale delle parti di tipo abdicativo, che fa assurgere a dignità di prova gli atti di indagine compiuti senza il rispetto delle forme di rito: Cass. pen., Sez. V, 16 giugno 2012, n. 46406; Cass. pen., Sez. II, 16 aprile 2013, n. 19483; Cass. pen., Sez. VI, 25 novembre 2014, n. 53734), il nuovo comma 6-bis dell'art. 438 c.p.p. prevede che la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell'udienza preliminare determini la sanatoria delle nullità diverse da quelle assolute e la non rilevabilità delle inutilizzabilità che non derivino da divieti probatori (art. 191 c.p.p.). Per l'individuazione delle nullità assolute occorrerà fare riferimento agli artt. 178 e 179 c.p.p. Per quanto riguarda l'individuazione delle inutilizzabilità derivanti da divieti probatori si dovrà fare riferimento, come detto, alle inutilizzabilità c.d. patologiche, cioè a quelle che colpiscono le prove assunte contra legem, ossia in violazione di un divieto probatorio posto a tutela di interessi processuali e extraprocessuali, dei diritti fondamentali della persona (come il diritto di difesa dell'imputato), o dei principi fondamentali dell'ordinamento (Cass. pen., Sez. II, 24 gennaio 2006, n. 4906). La categoria comprende tanto le prove oggettivamente vietate, quanto le prove formate o acquisite in violazione – o con modalità lesive – dei diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzione e, perciò, assoluti ed irrinunciabili, a prescindere dall'esistenza di un espresso o tacito divieto al loro impiego nel procedimento contenuto nella legge processuale (Cass. pen., Sez. V, 3 marzo 2006, n. 7664). I divieti che operano come regole di esclusione della prova (il giudice non può basare la decisione su detta prova) sono essenzialmente riferiti all'an dell'operazione probatoria (Cass. pen., Sez. VI, 8 ottobre 2008) anche se non mancano divieti probatori inerenti il quomodo, ovvero alle modalità di assunzione della prova (artt. 64, comma 2, e 188 c.p.p.); in quest'ultimo caso è sempre necessaria una previsione specifica dell'inutilizzabilità mentre in relazione ai primi la sanzione deriva dall'art. 191, comma 1, c.p.p. Nella medesima disposizione è stata inserita anche la preclusione dell'eccezione d'incompetenza territoriale. Anche in quest'ultimo caso si è voluto dirimere un contrasto giurisprudenziale superando quanto statuito dalle Sezioni unite nella sentenza Forcelli (29 marzo 2012, n. 27996) che, recependo l'orientamento giurisprudenziale minoritario e maggiormente garantista, avevano invece ammesso che l'eccezione di incompetenza territoriale fosse proponibile sia in limine ai giudizio abbreviato che non fosse stato preceduto dalla udienza preliminare (c.d. atipico: disposto a seguito di giudizio immediato o ad opposizione a decreto penale di condanna), sia in limine al giudizio abbreviato preceduto dalla udienza preliminare (c.d. tipico) a condizione che la relativa eccezione fosse già stata proposta (e rigettata) in sede di udienza preliminare.

Osservazioni

L'attuale riforma, che ha recepito solo parzialmente le modifiche elaborate dalla Commissione Ministeriale Canzio, sembra aver voluto semplificare lo svolgimento del giudizio abbreviato tipico, risolvendo normativamente alcune delle più dibattute questioni affrontate dalla giurisprudenza all'evidente scopo deflattivo di ridurre in futuro le possibilità di impugnazione su tali questioni. I vari interventi legislativi susseguitisi negli anni, anche a seguito delle intervenute pronunce d'illegittimità costituzionale, sino all'odierna riforma hanno profondamente trasformato,in parte snaturandolo, il giudizio abbreviato, così come concepito nel codice del 1988, rendendolo sempre meno “appetibile” quale opzione difensiva. Nella prassi, non è risultato incentivante neppure il “teorico” sconto di pena previsto, stante la resistenza dei giudici nel determinare in concreto sanzioni sostanzialmente più lievi rispetto a quelle applicabili all'esito del dibattimento. La riforma ha mancato anche su questo fronte prevedendo un maggiore sconto di pena (la metà) solo per i reati contravvenzionali senza intervenire anche su alcuni delitti di minore gravità. Il giudizio abbreviato era stato concepito quale rito caratterizzato dalla rinuncia al contraddittorio sulla formazione della prova e si è trasformato in una sorta di “procedimento a legalità degradata”. Decidere di accedere a tale rito significa non solo accettare il giudizio cartolare, basato sugli atti formati fuori dal contraddittorio (ad eccezione delle ipotesi di abbreviato condizionato e all'integrazione disposta dal giudice) ma rinunciare implicitamente alle garanzie processuali riguardanti gli atti introduttivi del giudizio, la competenza territoriale e l procedimento probatorio in senso ampio. Difficile pensare, poi, che le questioni relative, soprattutto, all'inutilizzabilità possano ritenersi risolte dal momento che non sempre si è assistito a pronunce concordi nell'individuazione dell'ambito delle inutilizzabilità patologiche rispetto a quella fisiologiche. In alcuni casi la giurisprudenza ha, infatti, ristretto tale ambito ricomprendendovi la sola prova incostituzionale, intesa come prova “illecita” in senso stretto o alla prova contrastante con i principi fondamentali dell'ordinamento (Cass. pen., Sez. III, 9 marzo 2010, n. 9248). Resta, in ogni caso, aperta la questione relativa alla preclusione o meno della deducibilità delle nullità, delle inutilizzabilità e dell'incompetenza territoriale in sede di udienza preliminare, ovvero prima della richiesta di accesso al rito abbreviato (richiesta sempre possibile entro il termine indicato nell'art. 438, comma 2) anche se la giurisprudenza ha già avuto modo di escludere che il giudice sia tenuto a decidere anticipatamente, rispetto alla trattazione del merito, le questioni riguardanti l'utilizzabilità degli atti (Cass. pen., Sez. VI, 16 novembre 2016, n. 52603). Per quanto riguarda la codificazione del diritto del pubblico ministero alla prova contraria in caso di deposito dei risultati delle indagini difensive, già ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza, non mancheranno interpretazioni in merito al significato da attribuire al termine “immediatamente” inserito nel comma 4 dell'art. 438 c.p.p. Resta, comunque, apprezzabile il tentativo di uniformare l'ambito di esercizio di tale diritto, sia con riferimento al termine massimo concedibile al pubblico ministero (in ossequio “alle finalità di economia processuale proprie del procedimento” e nonostante il termine non sia stato qualificato come perentorio) che ai limiti delle indagini suppletive, individuati nei soli temi introdotti dalla difesa.

Guida all'approfodimento

Corte Cost. 25 giugno 2005, n. 245, con nota adesiva di VARRASO, Indagini difensive, giudizio abbreviato e diritto alla prova contraria, in CP 2006, 435,

Corte Cost. 26 giugno 2009, n. 184.

Corte Cost. 7 aprile 2011, n. 117, con nota di CASSIBBA, La Corte costituzionale fa chiarezza sul regime di ammissione di atti e documenti nell'udienza preliminare, in Dir. pen. cont.;

Cass. pen., VI, 16 novembre 2016, n. 52603, con nota di GIORDANO Udienza preliminare. Nessuna decisone anticipata sull'utilizzabilità degli atti ai fini della scelta del rito, in ilPenalista.

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