Sull’applicazione del “nuovo” istituto della tenuità del fatto in Cassazione

13 Ottobre 2015

Il d.lgs. 28 del 2015, emanato in ottemperanza all' art. 1, comma 1, lett. m) della legge delega n. 67 del 2014, ha introdotto la nuova causa di non punibilità della c.d. particolare tenuità del fatto. L'istituto configurato quale causa di esenzione della pena lascia ferma la sussistenza del fatto di reato e la sua assegnazione a carico dell'imputato. L'art. 131-bis c.p. introduce una nuova causa di non punibilità operante quando il fatto di reato – sicuramente sussistente nei suoi profili oggettivi e soggettivi – presenti profili di particolare tenuità.
Abstract

Il d.lgs. 28 del 2015, emanato in ottemperanza all' art. 1, comma 1, lett. m) della legge delega n. 67 del 2014, ha introdotto la nuova causa di non punibilità della c.d. particolare tenuità del fatto. L'istituto configurato quale causa di esenzione della pena lascia ferma la sussistenza del fatto di reato e la sua assegnazione a carico dell'imputato. L'art. 131-bis c.p. introduce una nuova causa di non punibilità operante quando il fatto di reato – sicuramente sussistente nei suoi profili oggettivi e soggettivi – presenti profili di particolare tenuità. In particolare, secondo il primo comma della citata disposizione, tale valutazione va operata quando per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, comma 1, c.p., l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale; tale provvedimento non può essere assunto laddove il reato sia punito con la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni, quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona, quando l'autore del fatto sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

Aspetti processuali

Sommaria e lacunosa appare la disciplina processuale. Alla declaratoria di non punibilità per la particolare tenuità del fatto può procedersi sia nel corso delle indagini preliminari, sia dopo l'esercizio dell'azione penale. Nel primo caso, provvede con ordinanza o decreto di archiviazione il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero all'esito di una sequenza archiviativa “garantita”(art. 411, commi 1 e 1-bis, c.p.p.); nel secondo caso, a provvedere con sentenza è il giudice, o prima del dibattimento nella ricorrenza dei presupposti di cui all'articolo 469 c.p.p. ovvero all'esito del giudizio.

In particolare, in sede dibattimentale, il giudice può rilevare la tenuità del fatto all'esito dell'istruttoria dibattimentale: in tale ipotesi, deve trovare applicazione il nuovo art. 651-bis c.p.p. giusto il quale la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale. Analoga efficacia è riconosciuta alla sentenza irrevocabile emessa a norma dell'art. 442 c.p.p., salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato.

Comprensibili le ragioni che hanno portato all'adozione di tale disciplina: una volta giudizialmente accertati i profili della vicenda ed individuate le responsabilità dell'imputato, il quale non merita una sanzione in sede penale solo per l'irrisorietà del danno arrecato, rimanendo comunque dimostrata la fondatezza delle pretese della persona offesa, nessun motivo osta alla previsione dell'utilizzabilità in altra sede giurisdizionale di tali acquisizioni probatorie, non influendo certo sulla correttezza della ricostruzione giudiziale dell'accaduto la circostanza che i fatti sia andati esenti da punizione in ragione della tenuità del fatto.

Nulla viene indicato per i successivi gradi del giudizio né, si badi, la previsione è stata collocata in seno all'art. 129 c.p.p. che pur è rubricato “Cause di immediata declaratoria di non punibilità” in ragione delle differenti valutazioni sui diversi aspetti che la nuova causa contempla e che mal si adattano con la regola processuale.

I primi punti fermi. L'applicabilità in sede di legittimità: condizioni

Le tematiche connesse all'applicazione della causa di non punibilità hanno interessato anche il giudice di legittimità chiamato a pronunciarsi su aspetti diversificati.

Invero, subito dopo l'entrata in vigore del testo, la Sez. III della Corte di cassazione, con distinte ordinanze deliberate il 7 maggio 2015, ha rimesso, fra l'altro, alle Sezioni unite la questione se in sede di legittimità possa essere dedotta per la prima volta la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis c.p. introdotto con normativa successiva alla presentazione del ricorso e se, in caso di ritenuta ammissibilità della nuova prospettazione in sede di legittimità, rientri nei poteri della Corte la valutazione di meritevolezza ai fini dell'applicabilità dell'istituto o debba, in ogni caso, disporsi l'annullamento con rinvio, allo scopo di consentire che l'apprezzamento circa il merito della questione sia condotto dalla giurisdizione territoriale.

Posta, tuttavia, l'insussistenza di un contrasto sul punto, quale condizione legittimante la rimessione al collegio riunito (art. 172 disp. att. c.p.p.), il primo presidente della Cassazione ha restituito gli atti alla sezione di provenienza.

Al di là di quanto appena indicato, si è posta innanzitutto la questione circa la possibilità che la declaratoria de qua vada applicata anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore e quindi anche a quelli pendenti in Cassazione. Considerata la natura sostanziale della causa, la Corte (Cass. pen., Sez. IV, 17 aprile 2015, n. 22381) ha riconosciuto la possibilità che la nuova disciplina in tema di non punibilità per la speciale tenuità del fatto trovi applicazione anche nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. 28 del 2015, ivi compresi quelli pendenti in sede di legittimità, nei quali la suprema Corte può rilevare di ufficio ex art. 609, comma 2, c.p.p. la sussistenza delle condizioni di applicabilità del predetto istituto, fondandosi su quanto emerge dalle risultanze processuali e dalla motivazione della decisione impugnata.

In tale evenienza, si è precisato, la Corte di legittimità deve in primo luogo verificare l'astratta applicabilità dell'istituto avendo riguardo ai limiti edittali di pena del reato; in secondo luogo deve verificare la ricorrenza congiunta della particolare tenuità dell'offesa e della non abitualità del reato. Nell'effettuare questo secondo apprezzamento, il giudice di legittimità non potrà che basarsi su quanto emerso nel corso del giudizio di merito, tenendo conto, in modo particolare, dell'eventuale presenza, nella motivazione del provvedimento impugnato, di giudizi già espressi che abbiano pacificamente escluso la particolare tenuità del fatto (Cass. pen., Sez. III, 8 aprile 2015, n. 15449).

Così, sulla scorta di tale premessa, la Corte ha escluso l'esistenza dei presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilità, rilevando dalla sentenza impugnata elementi indicativi della gravità dei fatti addebitati all'imputato, incompatibili con un giudizio di particolare tenuità degli stessi (ancora, Cass. pen., Sez. IV, 17 aprile 2015, n. 22381) e, in altra successiva occasione, ha escluso l'esistenza dei presupposti necessari per la configurabilità della causa di non punibilità, rilevando che l'omesso versamento all'Erario di una considerevole somma di denaro era incompatibile con un giudizio di particolare tenuità del fatto (Cass. pen., Sez. III, 22 aprile 2015, n. 21474).

In una differente ipotesi, invece, posta l'indicazione da parte del difensore di specifici elementi dai quali poteva trarsi la possibile applicazione della nuova disciplina, la Cassazione ha disposto l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato (Cass. Sez. III, 1 luglio 2015, J.M., inedita).

Particolare tenuità del fatto e prescrizione del reato

Il possibile concorso fra l'ipotesi estintiva del reato per intervenuta prescrizione e la richiesta d'istanza della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p. formulata in sede di legittimità è stato risolto dalla Cassazione (Cass. pen., Sez. III. 26 maggio 2015, n. 27055) nel senso della prevalenza della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.

Il risalto che impone tale ipotesi di proscioglimento rispetto alla condizione prevista all'art. 131-bisc.p. è dovuto al fatto che diverse sono le conseguenze che scaturiscono dai due istituti: se il primo estingue il reato, il secondo lascia inalterato l'illecito penale nella sua materialità storica e giuridica. La decisione è stata emessa dalla Corte chiamata a decidere della validità del rigore del trattamento sanzionatorio irrogato dal tribunale ad un soggetto condannato per aver violato le norme antisismiche. Essendo il Tribunale venuto meno all'obbligo di motivazione impostogli nel caso in cui la pena edittale applicata in concreto si discosti in modo eccessivo dal minimo, la Corte suprema avrebbe dovuto, infatti, annullare la sentenza (in parte qua) con rinvio al tribunale affinché ottemperasse alla specifica motivazione sul punto. Tuttavia, ragioni di economia processuale hanno imposto l'annullamento senza rinvio per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione maturata medio tempore. Ciò posto, nel caso di specie, il difensore aveva depositato ai sensi dell'art. 121 c.p.p. una memoria nella quale si chiedeva l'applicabilità dell'art. 131-bis c.p. come introdotto dall'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28 (declaratoria di non punibilità per la particolare tenuità del fatto). Ebbene, la Cassazione dopo aver accertato che la domanda è stata tardivamente presentata afferma che l'istanza è, ad ogni modo, preclusa essendo il reato in esame prescritto: l'impossibilità da parte della Corte suprema di esaminare la questione è collegata alla particolare struttura della causa di non punibilità non rientrante, come detto, nel novero delle ipotesi contemplate dall'art. 129 c.p.p. che prevedono un proscioglimento dell'imputato secondo una delle formule enunciate nel detto articolo, estranee al giudizio della Corte. È indubitabile, infatti, che nel caso previsto dall'art. 131-bis c.p. il fatto viene pur sempre qualificato come "reato" (si richiamano i contenuti dell'art. 651-bis c.p.p. citato, sicché la causa di non punibilità di cui si discute, pur qualificata come atipica, non può essere accertata dalla Corte, tanto in riferimento alla condotta ed alle sue conseguenze sul piano del grado dell'offesa, quanto alle modalità della condotta ed alla sussistenza di determinati requisiti soggettivi in capo all'autore del fatto, richiesti dalla norma di favore. La prescrizione prevale in ogni caso su una declaratoria di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, sia in relazione alle diverse conseguenze scaturenti dalle due pronunce, sia in relazione al fatto che con la declaratoria di prescrizione il reato si estingue, laddove la declaratoria di non punibilità per la particolare tenuità del fatto lascia del tutto intatto il reato nella sua esistenza sia storica che giuridica.

Inammissibilità del ricorso e particolare tenuità del fatto: la sentenza della Cassazione n. 34932/2015

In questo panorama giuridico è intervenuta, da ultimo, la decisione n. 34932/2015 nella quale la Suprema Corte affronta il quesito se, a fronte di un ricorso da dichiarare inammissibile per manifesta infondatezza, possa essere presa in considerazione dalla Corte di legittimità la (proposta) questione circa la non punibilità del fatto per particolare tenuità ex art. 131-bis c.p.

Ripresa la natura atipica di esclusione della punibilità, avente natura sostanziale, non rientrante nelle previsioni normative di cui all'art. 129 c.p.p. anche per le particolari conseguenze nascenti dall'eventuale applicazione dell'art. 131-bisc.p. come indicate, seguendo il suo costante orientamento in punto di ricorso inammissibile quale fatto che rende inidoneo a costituire il rapporto giuridico processuale di impugnazione, la Corte afferma che lo ius superveniens, per quanto più favorevole, non può essere rilevabile. Ciò coerentemente con la costante ed univoca giurisprudenza ribadita, anche a Sezioni uUnite, per la quale l'inammissibilità (originaria) del ricorso per cassazione dovuta anche alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione (cfr., ex multis, Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32; Sez. un., 2 marzo 2005, n. 23428 e Sez. un., 28 febbraio 2008, n. 19601; in ultimo Sez. II, 8 maggio 2013, n. 28848). All'assunto fa eccezione il solo caso in cui il nuovo istituto introduca una forma di abolitio criminis, come tale rilevabile anche davanti al giudice dell'esecuzione ex art. 673 c.p.p., ma quella in esame si risolve, più semplicemente, in una, semplice, successione di leggi penali.

Sotto tale aspetto, non può, infatti, trascurarsi il fatto che, qualora ricorrono i presupposti dell'istituto previsto dall'art. 131-bis c.p., il fatto è pur sempre qualificabile - e qualificato dalla legge - come "reato" e come ricordato l'art. 651-bis c.p.p. attribuisce efficacia di giudicato nei giudizi civili e amministrativi alla sentenza dibattimentale di proscioglimento per particolare tenuità del fatto anche "quanto all'accertamento della sua illiceità penale".

In conclusione

Le prime decisioni di legittimità appaiono lineari e conforme alla lucida lettura del nuovo istituto. La Cassazione nelle sue prime statuizioni recupera ampiamente gli orientamenti giurisprudenziali già invalsi rispetto ai casi di inammissibilità del gravame, da un lato, ovvero alla possibile concorrenza tra ipotesi proscioglitive, dall'altro lato, dando, peraltro, priorità a quella più favorevole al soggetto.

È chiaro, tuttavia, che al difensore è fatto impegno di prospettare correttamente, nel ricorso per cassazione, gli elementi ed indici dai quali la Corte possa ricavare la possibile ricorrenza della causa de qua. Inoltre, al legale spetta vagliare se sia opportuno o meno nella situazione concreta avanzare la domanda.

Guida all'approfondimento

In dottrina sul tema:

R. Aprati, le regole processuali della dichiarazione di “particolare tenuità del fatto”, in Cass. pen., 2015, 1317 ss.;

P. Gaeta - A. Macchia, tra nobili assiologie costituzionali e delicate criticità applicative: riflessioni sparse sulla non punibilità per “particolare tenuità del fatto”, in Cass. pen., 2015, 2595 ss.;

A. Marandola, I “ragionevoli dubbi” sulla disciplina processuale della particolare tenuità del fatto, in Dir. pen. e proc., 2015, 792 ss.