Violazione di domicilio: esercizio dello ius excludendi da parte dell'occupante abusivo

Ciro Iorio
14 Settembre 2016

Una questione particolarmente dibattuta nella dottrina penalistica è quella relativa alla legittimità dell'esercizio dello ius excludendi da parte del soggetto passivo del reato di violazione di domicilio, nei confronti di chi si sia introdotto e trattenuto in un luogo indicato nell'art. 614 c.p. contro la sua volontà.
Abstract

Una questione particolarmente dibattuta nella dottrina penalistica è quella relativa alla legittimità dell'esercizio dello ius excludendi da parte del soggetto passivo del reato di violazione di domicilio, nei confronti di chi si sia introdotto e trattenuto in un luogo indicato nell'art. 614 c.p. contro la sua volontà, dopo averlo a sua volta occupato senza il consenso del titolare del diritto di proprietà ovvero abusivamente.

Il quadro normativo

Il reato di violazione di domicilio, disciplinato dall'art. 614 c.p., è incluso dal Legislatore nell'ambito dei delitti contro la inviolabilità del domicilio. Con tale fattispecie incriminatrice, il Legislatore intende punire, con la reclusione da sei mesi a tre anni, chiunque s'introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle pertinenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero s'introduce nei medesimi luoghi clandestinamente o con l'inganno.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, mentre si procede d'ufficio se il fatto è commesso con violenza sulle cose o alle persone ovvero se il colpevole è palesemente armato.

Una ipotesi particolare di violazione di domicilio è prevista dall'art. 615 c.p. che punisce la condotta del pubblico ufficiale che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, s'introduce o si trattiene nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle pertinenze di essi.

Esercizio dello ius excludendi da parte del occupante abusivo

Il soggetto passivo del reato di violazione di domicilio va individuato in chi ha la titolarità del diritto di vietare a terzi l'ingresso o la permanenza in uno dei luoghi presi in considerazione dall'art. 614 c.p.

Il titolare del diritto di esclusione deve essere individuato, secondo gli insegnamenti della dottrina penalistica, in colui che attualmente e legittimamente abita o dimora in un certo luogo o chi lo rappresenta in caso di impedimento.

Tale corrente di pensiero sembra trovare conforto anche nella giurisprudenza della suprema Corte secondo cui la tutela predisposta dall'art. 614 c.p., presuppone la legittimità del titolo in virtù del quale si instaura il rapporto di relazione tra un soggetto e la sua abitazione o altro luogo ad essa equiparabile (Cass. pen., Sez. V, n. 10601/2013).

Conseguentemente, le vicende del titolo che giustifica la proprietà, il possesso o la detenzione dell'immobile incidono sul diritto all'inviolabilità del domicilio, che non può mai essere invocato ogniqualvolta sia venuto meno legittimamente il titolo che giustifica la relazione instaurata tra il soggetto e la res (Cass. pen., sez. V, n. 2257/1999).

Inoltre il legittimo esercizio dello ius excludendi, proprio in ragione della definizione di domicilio quale luogo di privata dimora dove si esplica liberamente la personalità del singolo, presuppone necessariamente l'esistenza di una reale situazione di fatto che colleghi in maniera sufficientemente stabile il soggetto allo spazio fisico in cui si esplica la sua personalità, secondo l'ottica, fatta propria, peraltro, dal costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, di privilegiare l'effettivo rapporto tra il soggetto ed il luogo dove si esplica la sua personalità (Cass. pen., Sez. V., n. 47500/2012).

In buona sostanza ciò che rileva nella ricostruzione della nozione del diritto alla inviolabilità del domicilio è l'effettivo rapporto che si instaura tra il soggetto ed il luogo in cui si esplica la sua personalità.

Di conseguenza le modalità di acquisizione della disponibilità del luogo destinato ad abitazione e, dunque, l'eventuale originaria illegittimità della immissione in possesso del bene non escludono di per sé l'esercizio dello ius excludendi, nei confronti dei terzi da parte di chi di tale illegittima immissione sia stato protagonista.

In conclusione

L'origine illegittima del rapporto tra il soggetto e la res e, dunque, l'originaria occupazione abusiva di un immobile destinato ad abitazione non esclude la possibilità di esercitare lo ius excludendi nei confronti dei terzi estranei.

Diritto di esclusione dei terzi che competerebbe al legittimo proprietario, detentore o possessore dei beni.

Come, infatti, evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, ciò che rileva, secondo una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 614 c.p., alla luce della previsione contenuta nell'art. 14 Cost., è l'effettivo rapporto che si instaura tra il soggetto e il luogo in cui si esplica la sua personalità.

Di conseguenza il contenuto del diritto alla inviolabilità del domicilio varia in ragione dell'effettivo atteggiarsi della relazione tra il soggetto ed il bene scelto come abitazione o luogo ad essa equiparabile.

Si ritiene, infatti, che la originaria illegittimità che connota il momento costitutivo della relazione con il bene possa ritenersi “sanata”, in virtù del concorso di uno o più fattori che consentano di qualificare il bene come effettiva proiezione della personalità del soggetto agente, ovvero come domicilio, ai sensi e per gli effetti dell'art. 614 c.p. (Cass. pen., Sez. V, n. 42806/2014).

In altri termini un determinato luogo può considerarsi domicilio effettivo di un soggetto, pur nel caso in cui la relativa disponibilità materiale sia stata da quest'ultimo acquisita abusivamente, in presenza di un particolare atteggiarsi del rapporto tra il soggetto stesso e il bene, quale può ritenersi ad esempio la tolleranza della presenza del soggetto non legittimato da parte del titolare del legittimo diritto di disponibilità del bene, così come eventualmente accertato dal giudice di merito a cui compete la relativa indagine.

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