Gli interessi di mora ed il rispetto del tasso di usura
15 Luglio 2015
Usura
La scelta di inserire o meno gli interessi di mora tra le voci di costo del credito, al fine di calcolare il superamento del tasso soglia in materia di usura è divenuto uno dei temi di maggiore rilevanza con riguardo alla ravvisabilità dell'ipotesi di usura c.d. “bancaria”.
La natura degli interessi di mora
Se il problema dell'inclusione e del calcolo della commissione di massimo scoperto ai fini dell'osservanza del rispetto delle soglie di usura ha costituito il tema di maggior interesse del recente passato - come risulta della decisioni della S.C. che si sono occupate del problema - è altamente verosimile che, nei medesimi problematici termini la questione potrà riproporsi, nell'immediato futuro, per gli interessi di mora. Molti argomenti, logicamente rispettabili, sono stati proposti per “differenziare” gli interessi di mora da quelli corrispettivi. Indubbiamente nel disciplinare il reato di usura l'art. 644 c.p. parla della promessa o dazione di interessi “in corrispettivo” di una somma di denaro o di altra utilità, laddove gli interessi di mora non costituirebbero una remunerazione del prestito, risultando funzionali a predeterminare l'entità della liquidazione del danno in caso di mancato pagamento delle rate di rimborso.
Sul punto si è sostenuto che applicandosi gli interessi di mora a rapporti deteriorati, l'inclusione determinerebbe un innalzamento del tasso medio (da cui ricavare il tasso soglia) con possibili effetti distorsivi rispetto ai rapporti ordinari e la creazione di spazi per indebiti aumenti dei tassi applicati alla clientela (cfr. Banca d'Italia, Chiarimenti in materia di applicazione della legge antiusura, 3 luglio 2013, www.bancaditalia.it).
Interessi di mora e calcolo dal tasso soglia
In realtà, sul piano della logica generale di sistema ed in osservanza alla inequivoche indicazioni del codice penale, non vi sono ragioni per escludere gli interessi moratori dal calcolo degli interessi applicati all'erogazione del credito per la verifica della loro usurarietà. La formula utilizzata dal legislatore nell'art. 644, comma 4, c.p. (“remunerazioni a qualsiasi titolo”) non lascia dubbi al riguardo. Se è vero che la mora non è una forma di retribuzione in corrispettivo del prestito, quanto una forma anticipata di calcolo per il risarcimento di un danno, è altrettanto vero che si tratta di una somma forfettariamente inserita nell'accodo sul prestito per la “compensazione “ di un rischio. In questo senso, per il soggetto obbligato a versare tale somma la stessa rappresenta indubbiamente una voce di costo, certamente collegata all'erogazione del credito, e spesso di non poco conto. Sul piano pratico, l'interprete deve tuttavia affrontare una differente, anche se non nuova - criticità: le Istruzioni della Banca d'Italia non hanno specificamente considerato la voce interessi di mora nel calcolo del TEGM (anche se con i chiarimenti del 3 luglio 2013 Banca d'Italia ha dovuto riconoscere che “in ogni caso anche gli interessi di mora sono soggetti alla normativa anti-usura”) e conseguentemente gli istituti di credito, esattamente come avvenuto per la commissione di massimo scoperto, potrebbero non aver tenuto conto di tale voce all'atto delle verifica, nei rapporti con i singoli clienti, del rispetto del tasso soglia. Allo stato, tuttavia, la giurisprudenza ha riconosciuto la computabilità della mora ai fini dell'art. 644 e dell' art. 1815, comma 2, c.c., ancora una volta sulla base della semplice osservazione in base alla quale le Istruzioni menzionate non possono derogare alla legge: l'art. 644, comma 4, c.p. richiede il rilevamento di “remunerazioni a qualsiasi titolo” del prestito e lo stesso art. 1, d.l. 394/2000, conv. l. 24/2001, parla di interessi promessi o convenuti “a qualsiasi titolo”.
Non vi è dubbio che lo “sfasamento” tra la base di calcolo oggettiva, ricostruibile sulla base delle indicazione della S.C. - così come avvenuto per la CMS - e la percezione “soggettiva” del calcolo da parte degli operatori bancari potrà determinare per gli anni a venire il concreto superamento degli importi di legge senza che necessariamente a ciò si accompagni una piena prova della penale responsabilità, esattamente come avvenuto per la CMS. È altrettanto certo, tuttavia, che il processo di progressivo “adeguamento” tra valutazione , anche su questo punto, dell'elemento soggettivo e di quello oggettivo del reato deve essere (ed è stato) avviato. Ciò anche tenendo conto della verosimile obiezione che potrà essere mossa, in relazione alla ipotizzata incongruenza derivante dal raffronto di dati disomogenei. Il problema è stato affrontato, sul piano logico generale, dalla giurisprudenza e si pone per qualsiasi voce che si assume non esser estata “considerata” in concreto nel calcolo dei tassi applicati ai clienti. Il criterio - espresso, con riguardo al costo della polizza assicurativa ma estensibile anche agli interessi di mora – da almeno una parte della giurisprudenza è quello per il quale l'unico termine di paragone al quale raffrontare il TEG è costituito dal tasso soglia pubblicato nei periodici decreti ministeriali, i quali sono certamente frutto dei rilevamenti operati dalla Banca d'Italia in base ai criteri dalla stessa stabiliti, ma che non ne rappresentano la traduzione automatica, sia perché nella procedura di cui all'art. 2, l. 108/1996 l'Organo di Vigilanza interviene soltanto in veste consultiva (“Il Ministro …, sentiti la Banca d'Italia..”) sia perché i valori rilevati vengono corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento. (In questo senso Corte app. Torino, Sez. I civile, 20 dicembre 2013) .
Sul tema degli interessi di mora, le Istruzioni della Banca d'Italia dell'agosto 2009, al punto C4, così recitano: “Il calcolo del tasso deve tenere conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito e sostenute dal cliente, di cui il soggetto finanziatore è a conoscenza, anche tenuto conto della normativa in materia di trasparenza. […]. Sono esclusi: […] d) gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo”.
Sul tema dell'usura, ed in particolare se gli interessi di mora rientrino o meno nelle voci da includere nel TEG, molto si è discusso. La Banca d'Italia, con la Comunicazione del 3 luglio 2013, ha precisato la questione nei seguenti termini: “ […] I TEG medi rilevati dalla Banca d'Italia includono, oltre al tasso nominale, tutti gli oneri connessi all'erogazione del credito. Gli interessi di mora sono esclusi dal calcolo del TEG, perché non sono dovuti dal momento dell'erogazione del credito ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente. L'esclusione evita di considerare nella media operazioni con andamento anomalo. Infatti, essendo gli interessi moratori più alti, per compensare la banca del mancato adempimento, se inclusi nel TEG medio potrebbero determinare un eccessivo innalzamento delle soglie, in danno della clientela. Tale impostazione è coerente con la disciplina comunitaria sul credito al consumo che esclude dal calcolo del TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) le somme pagate per l'inadempimento di un qualsiasi obbligo contrattuale, inclusi gli interessi di mora. L'esclusione degli interessi di mora dalle soglie è sottolineata nei Decreti trimestrali del Ministero dell'Economia e delle Finanze i quali specificano che “i tassi effettivi globali medi (...) non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento”. In ogni caso, anche gli interessi di mora sono soggetti alla normativa anti-usura. Per evitare il confronto tra tassi disomogenei (TEG applicato al singolo cliente, comprensivo della mora effettivamente pagata, e tasso soglia che esclude la mora), i Decreti trimestrali riportano i risultati di un'indagine per cui “la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali”. In assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori, la Banca d'Italia adotta, nei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, il criterio in base al quale i TEG medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo (cfr. paragrafo 1).”
L'art. 644, al comma 1, definisce usurari gli oneri (tra cui, nel caso di specie, gli interessi) dati o promessi “in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità”, e al comma 4, prevede che, per la determinazione del tasso usurario, si tenga conto di tutti gli oneri e spese “collegate all'erogazione del prestito”. Le indicazioni sopra riportate della Banca d'Italia sembrano avvalorare la tesi per cui gli interessi di mora non costituirebbero un corrispettivo di una prestazione di denaro, bensì hanno una natura “sanzionatoria e risarcitoria” per l'inadempimento di un'obbligazione pecuniaria. Gli stessi non sarebbero dovuti all'atto dell'erogazione del prestito, bensì unicamente al verificarsi del mancato adempimento contrattuale. In prospettiva, tuttavia, viste le indicazioni della S.C. sia in sede civile- specificamente sul tema- che di carattere generale in sede penale) - è verosimile che anche tali interessi dovranno essere computati in relazione al rispetto del tasso soglia previsto dalla legge.
Il calcolo in relazione al tasso soglia
Il tasso d'interesse moratorio deve essere considerato singolarmente e applicato sugli importi scaduti e non pagati, in sostituzione degli interessi corrispettivi, e non sommato a questi ultimi. Infatti, se si effettuasse tale operazione, il tasso corrispettivo verrebbe erroneamente computato due volte. Non è il tasso di mora (maggiore del tasso corrispettivo, posto la natura risarcitoria) che va sommato al tasso corrispettivo, ma la maggiorazione contrattualmente prevista che va sommata al tasso corrispettivo per ottenere il tasso di mora. I due tassi si succedono, ma non si sommano: come conseguenza dell'inadempimento non vi è alcun cumulo, sono dovuti soltanto gli interessi di mora.
Molta chiare in tal senso le indicazioni di carattere generale fornite sul tema degli interessi di mora dalla S.C., in sede civile (Cass. civ., sez. I, 9 gennaio 2013, n. 350).
Per altro, la citata sentenza si limita ad affermare che anche gli interessi moratori rilevano ai fini dell'usurarietà. Diverse sentenze di merito sono concordi nel sancire che, in caso di inadempimento, non si debbano sommare gli interessi corrispettivi a quelli moratori, in quanto il tasso moratorio trova applicazione in via sostitutiva di quello corrispettivo e non in via cumulativa (Trib. Verona, Sez. III civ., 30 aprile 2014, sent.; Trib. Milano, Sez. III civ., ord., 22 maggio 2014; Trib. Padova, 27 gennaio 2015.)
Nella problematica della mora, una corretta impostazione della verifica dell'usura e della correlata sussistenza (o meno) degli interessi prevista dall'art. 1815 c.c., coordinata con l'art. 1419 c.c., non può trascurare che l'art. 644 c.p. coglie il momento della pattuizione ed è riferito al credito erogato. Il d.l. 29 dicembre 2000 n. 394 di interpretazione della l. 7 marzo 1996 n. 108 riporta chiaramente: “ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815, comma 2, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualsiasi titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”. Di riflesso, la verifica dell'usura dovrà essere effettuata con riferimento alle condizioni contrattuali e all'entità del credito erogato disposte inizialmente; alla scadenza, nella rata rimasta impagata, non si configura alcuna nuova pattuizione né alcuna erogazione, ma semplicemente una modifica del piano di rimborso, a condizioni di tasso modificate. Con la previsione delle condizioni di mora, il mutuante offre al mutuatario, di fatto, piani di ammortamento alternativi di ripianamento del finanziamento, che necessariamente devono sottostare al rispetto delle soglie d'usura. Occorre inoltre osservare che, per qualsiasi finanziamento, il parametro che più compiutamente esprime il costo per il mutuatario e il ricavo per il mutuante è il rendimento effettivo annuo. Con tale parametro viene usualmente misurato dall'intermediario il costo della provvista. Allo stesso parametro sono riferite sia la soglia d'usura nei termini e modalità fissati dalla l. 7 marzo 1996 n. 108, sia, con le modifiche introdotte, le corrispondenti ‘Istruzioni' della Banca d'Italia per la rilevazione del tasso medio di mercato.
Ne deriva che gli interessi di mora non possono essere enucleati e rapportati all'importo eventualmente insoluto, ma, congiuntamente agli interessi corrispettivi, vanno riferiti al capitale di credito previsto contrattualmente, secondo il piano di ammortamento che risulta modificato dall'eventuale inadempimento della rata o del capitale a scadenza. In conclusione
R. Marcelli, Gli interessi di mora e le soglie d'usura, in ww.altalex.it, 23 aprile 2015 F. Civale. Usura e interessi di mora: dalla computabilità alla rilevanza, in www.dirittobancario.it, febbraio 2014 F. Concio, Usura e cumulo di interessi corrispettivi e di mora: il punto di vista del Tribunale di Bologna, in www.dirittobancario.it, 2 marzo 2015 |