Inammissibilità del ricorso per cassazione

15 Luglio 2015

Per le impugnazioni in genere, l'art. 591 c.p.p. detta un elenco delle condizioni il cui rispetto rende l'atto inidoneo ad instaurare il gravame; ulteriori situazioni che possono determinare l'inammissibilità sono rinvenibili nelle norme che riguardano il giudizio di legittimità sub art. 606, comma 3, c.p.p. La causa di inammissibilità può esistere sin dall'inizio (causa originaria) ma può anche sopravvenire successivamente (es. per rinuncia all'impugnazione); nei casi di inammissibilità originaria però al giudice è preclusa la possibilità di rilevare e dichiarare eventuali cause di non punibilità o la prescrizione del reato.
Abstract

Per le impugnazioni in genere, l'art. 591 c.p.p. detta un elenco delle condizioni il cui rispetto rende l'atto inidoneo ad instaurare il gravame; ulteriori situazioni che possono determinare l'inammissibilità sono rinvenibili nelle norme che riguardano il giudizio di legittimità sub art. 606, comma 3, c.p.p. La causa di inammissibilità può esistere sin dall'inizio (causa originaria) ma può anche sopravvenire successivamente (es. per rinuncia all'impugnazione); nei casi di inammissibilità originaria però al giudice è preclusa la possibilità di rilevare e dichiarare eventuali cause di non punibilità o la prescrizione del reato.

Inammissibilità del ricorso per cassazione.

Occorre tener presente che – secondo i dati statistici ufficiali dell'anno 2013 - il settore penale della Suprema Corte di cassazione introita oltre 50.000 ricorsi all'anno e che questi, per la maggior parte (in percentuale di circa il 42%) risultano pendenti in settima Sezione, competente appunto a decidere sulla loro inammissibilità, quando rilevata in via preliminare a norma dell'art. 610, comma 1, c.p.p. Il dato più significativo, sempre riferito al 2013, è però che la percentuale dei ricorsi dichiarati inammissibili, sul totale di quelli definiti, è stata addirittura del 64,3%.

Ciò conduce ad inevitabili riflessioni sulla necessità di porre massima attenzione all'analisi delle condizioni che possono condurre ad una valutazione di inammissibilità.

L'accesso al giudizio di cassazione trova regolamentazione nell'art. 606, comma 1, c.p.p., norma che fissa, in positivo, un'indicazione tassativa dei possibili casi di ricorso, tutti elencati nei cinque motivi contenuti nei paragrafi dalla lettera a) alla lettera e) del primo comma della norma in esame. L'elencazione dei motivi deducibili è sancita, a pena di inammissibilità, dall'ultimo comma del medesimo articolo. Tale disposizione, e cioè l'art. 606, comma 3, c.p.p., pone un limite di ordine generale alla proponibilità del ricorso, oltre al già indicato caso di ricorso proposto per motivi diversi da quelli consentiti, anche ove il ricorso sia proposto per motivi “manifestamente infondati”, ovvero per motivi che non siano stati dedotti in appello (oppure che, anche se dedotti in appello, siano stati in seguito rinunciati).

Peraltro, e proprio quanto ai motivi che invece siano già stati dedotti in appello, occorre sottolineare che è un dato acquisito nella giurisprudenza della Suprema Corte il fatto che debba essere ritenuto inammissibile, per vizio di aspecificità (ex art. 581c.p.p.), il ricorso per cassazione che contenga motivi meramente riproduttivi delle ragioni già discusse e ritenute infondate in appello; la mancanza di specificità dei motivi è infatti rilevabile non solo in caso di motivi generici, ma anche quando le ragioni poste a fondamento dell'impugnazione della decisione del giudice del gravame, ignorino o eludano le spiegazioni da lui fornite (ex pluribus Cass. pen, Sez. V, 15 febbraio 2013, n. 28011).

Come noto, a far data dalla promulgazione del vigente codice processuale, il ricorso per cassazione fondato sulla critica alla motivazione della decisione impugnata era regolato dall'art. 606, comma 1, lett e), c.p.p., che, nella sua formulazione originaria, consentiva di dedurre tale vizio unicamente dal testo del provvedimento impugnato, al fine di limitare il potere di cognitivo della Suprema Corte escludendo una sua possibilità di controllo sul fatto sulla base degli atti processuali. Tale situazione si rivelò ben presto inadeguata, sollevando anche dubbi di legittimità costituzionale della norma, rispetto a situazioni in cui motivazioni ineccepibili sul piano formale, potevano essere smentite dalle risultanze probatorie, sicché l'eventuale travisamento del fatto poteva essere oggetto di doglianza ammissibile solo se emergeva dal testo del provvedimento impugnato. Con la l. 20 febbraio 2006, n. 46, è quindi intervenuta la modifica dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., nel senso che il vizio della motivazione può ora risultare, oltre che dal provvedimento impugnato, anche “da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”, con allargamento della possibilità di sollevare il vizio di motivazione anche con riguardo alla ritenuta sua contraddittorietà. La specifica indicazione di cui parla il testo novellato della norma in parola, pone un preciso onere al ricorrente, attuabile liberamente (ad es. mediante allegazione in copia dell'atto processuale o di una sua parte di specifico interesse, ovvero attraverso la sua fedele riproduzione nell'ambito del testo del ricorso) la cui trasgressione diviene causa di inammissibilità del ricorso, atteso che la Corte Suprema mantiene il suo ruolo di giudice di legittimità e in quanto tale non può essere costretta ad una rilettura integrale degli atti. Un'ulteriore causa di inammissibilità si rinviene nell'art. 613, comma 1, c.p.p., in base al quale il ricorso può essere sottoscritto, per non incorrere in tale sanzione, esclusivamente dall'imputato personalmente (possibilità che concorre sensibilmente all'estensione crescente del numero dei ricorsi in cassazione), ovvero da difensori iscritti nell'albo speciale della Corte di cassazione. Altrettanto inammissibili saranno considerati i ricorsi proposti o depositati senza il rispetto dei termini stabiliti dalla legge processuale.

Come noto, il superamento del preliminare vaglio di ammissibilità non garantisce però alcunché, posto che la dichiarazione di inammissibilità può intervenire, e di fatto in larga misura interviene, anche all'esito della trattazione del ricorso, vuoi in camera di consiglio ovvero in pubblica udienza, nella fase successiva agli atti preliminari ed alla loro assegnazione alle singole sezioni della Suprema Corte; il vigente sistema processuale infatti non pone alcun limite al giudizio di inammissibilità, nemmeno in considerazione della previsione del filtro preliminare e nemmeno nel caso in cui in concreto la settima Sezione, all'esito della specifica procedura di verifica instauratasi ai sensi del primo comma dell'art. 610 c.p.p., abbia ritenuto il ricorso ammissibile. In tale ultima evenienza, tutt'altro che infrequente, la facoltà di dichiarare l'inammissibilità del ricorso ad opera del Collegio giudicante, dopo che l'apposito vaglio effettuato dai giudici della settima Sezione (“apposita sezione”) aveva sortito una valutazione diametralmente opposta, appare una soluzione tecnicamente criticabile, tanto più perché svincolata anche da un qualsiasi riferimento al contrasto di giudizio che in ciò si evidenzia e che finisce con l'apparire semplicemente superato dall'elemento cronologico dell'ultima parola.

Ammissibilità ed inammissibilità del ricorso per cassazione
  • Ammissibile il ricorso per cassazione fondato unicamente su una questione di legittimità costituzionale di una norma applicabile nel procedimento: Cass. pen., Sez. un., 24 marzo 1984, n. 2958.
  • Inammissibile il ricorso per cassazione fondato unicamente su una questione di legittimità costituzionale di una norma applicabile nel procedimento: In quanto difetta la contemporanea impugnazione del capo o punto della decisione regolati dalla norma di cui si contesta la legittimità costituzionale (Cass. pen., Sez. I, 17 dicembre 2008, n. 8434; Cass. pen., Sez. I, 7 dicembre 2004, n. 543).
Il controllo sull'ammissibilità dei ricorsi

In prima battuta il vaglio di ammissibilità del ricorso per cassazione è rimesso, dall'ordinamento processuale, alla valutazione del presidente della Corte di cassazione, secondo la sequenza procedimentale fissata per l'esame del ricorso e per la dichiarazione di inammissibilità nella fase degli atti preliminari dall'art. 610, comma 1, c.p.p., in conformità alla previsione contenuta nell'art. 2, direttiva n. 89, legge delega, che imponeva la: “previsione dei casi di dichiarazione in camera di consiglio dell'inammissibilità del ricorso per cassazione anche per manifesta infondatezza con adeguate garanzie per la difesa”. E quindi, qualora in tale fase venga ravvisata una causa di inammissibilità del ricorso, la presidenza della Suprema Corte provvede alla sua assegnazione alla settima Sezione; sarà poi il presidente di tale sezione a fissare la data per la decisione in camera di consiglio dandone comunicazione al procuratore generale ed ai difensori, con apposito avviso che contiene anche l'enunciazione della causa di inammissibilità rilevata. Poiché si applicano le forme della camera di consiglio come stabilite dall'art. 611 c.p.p., (c.d. camera di consiglio non partecipata, in deroga a quanto previsto dall'art. 127 c.p.p.) le garanzie difensive sono assicurate nelle forme di un contraddittorio cartolare.

Conseguenze delle declaratoria di inammissibilità

La dichiarazione di inammissibilità non è priva di ulteriori conseguenze negative: infatti, a mente dell'art. 616 c.p.p., essa comporta non solo l'usuale condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ma anche – ove la Corte ritenga di ravvisare (ma persino “di non escludere”...) profili di colpa nella proposizione dell'impugnazione (sic dopo l'intervento di Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di questo articolo nella parte in cui non prevedeva che la Corte di cassazione, in caso di inammissibilità del ricorso, possa non pronunciare la condanna alla sanzione pecuniaria in parola, a carico della parte che abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, come ad es. si può verificare nel caso di dichiarazione di inammissibilità dichiarata in seguito a rinuncia del ricorso proposto da un parte civile determinata da sopravvenuta carenza di interesse per essere stata risarcita nelle more tra il ricorso e la sua trattazione) – al versamento in favore della cassa delle ammende di una somma da 258 a 2.065 euro.

Aspetti processuali

Nell'ambito del proprio ricorso l'avvocato è opportuno che evidenzi, unitamente all'esposizione dei motivi di impugnazione anche la figura motivazionale, nella quale essi vanno inquadrati (ad es.: I Motivo – Mancata assunzione di prova decisiva di cui era stata fatta rituale richiesta, ex art. 606, comma 1, lett. d), c.p.p.); naturalmente se il motivo sia complesso e contenga molteplici censure andranno scrupolosamente menzionati tutti i casi di ricorso coinvolti.

L'indicazione e il richiamo, in posizione evidente, di precedenti giurisprudenziali di legittimità particolarmente attinenti al motivo di ricorso, è consigliabile al fine di prevenire soprattutto valutazioni negative in sede di preliminare vaglio di ammissibilità ex art. 610, comma 1, c.p.p.

Qualora – nonostante tutto - venga rilevata negli atti preliminari l'inammissibilità del ricorso, una volta ricevuta la comunicazione dell'avviso di fissazione della udienza in camera di consiglio avanti la VII Sezione (contenente anche l'enunciazione della causa di inammissibilità rilevata), è opportuno depositare, nei termini di cui all'art. 611 c.p.p., una memoria difensiva a sostegno della infondatezza della richiesta di inammissibilità; la diligenza del difensore dovrà però spingersi anche ad attivarsi per esaminare gli atti e depositare memorie anche nel caso in cui l'avviso ometta di enunciare la causa di inammissibilità rilevata, posto che è stato stabilito che l'omessa enunciazione nell'avviso della cancelleria di cui all'art. 610, comma 1, c.p.p. della causa di inammissibilità rilevata dal Presidente della Corte di cassazione non è sanzionata dalla legge a pena di nullità né è riconducibile nell'ambito delle nullità previste dall'art. 178, lett. c), c.p.p. (Cass. pen, Sez. VI, 9 gennaio 2003, n. 25679).

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