La rescissione del giudicato: le modifiche introdotte con la Riforma penale

Ciro Iorio
19 Luglio 2017

Il Legislatore con la legge 103/2017 ha provveduto ad abrogare l'art. 625-ter del codice di rito, a sua volta aggiunto solo di recente dall'art. 11 l. 8 aprile 2014 n. 67, contestualmente al superamento del giudizio contumaciale inserendo la nuova previsione normativa di cui all'art. 629-bis c.p.p. che, a differenza della precedente e abrogata previsione normativa, trasferisce la cognizione sulle richieste di rescissione del giudicato alla Corte di Appello chiamata a provvedere con le forme del giudizio camerale ai sensi dell'art. 127 c.p.p.
Abstract

Con la riforma del processo penale, legge 103/2017, il Legislatore ha elaborato un intervento normativo articolato e spaziante in molteplici settori dell'ordinamento sostanziale e processuale introducendo, tra le altre cose, importanti novità anche in tema di rescissione del giudicato.

Il Legislatore, infatti, ha provveduto ad abrogare l'art. 625-ter del codice di rito, a sua volta aggiunto solo di recente dall'art. 11 l. 8 aprile 2014 n. 67, contestualmente al superamento del giudizio contumaciale, inserendo la nuova previsione normativa di cui all'art. 629-bis c.p.p. che, a differenza della precedente e abrogata previsione normativa, trasferisce la cognizione sulle richieste di rescissione del giudicato alla Corte di Appello chiamata a provvedere con le forme del giudizio camerale ai sensi dell'art. 127 c.p.p.

Il quadro normativo

La legge 103/2017, recante Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario, introduce all'interno del codice di rito il nuovo art. 629-bis che sostituisce la precedente previsione normativa in tema di rescissione del giudicato dettata dall'ormai abrogato art. 625-ter c.p.p., introdotta solo di recente nell'ordinamento processuale penale con la l. 67 del 2014, contestualmente al superamento del giudizio contumaciale.

Ai procedimenti contumaciali trattati secondo la normativa antecedente alla entrata in vigore della legge 28 aprile 2014, n. 67, continua ad applicarsi la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall'art. 175, comma 2, c.p.p.

La novella legislativa si differenzia dalla previgente previsione normativa nella parte in cui trasferisce la cognizione sulle richieste di rescissione del giudicato alla Corte di appello.

Il primo comma dell'art. 629-bis c.p.p., analogamente alla previgente disposizione, stabilisce che «il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può chiedere la rescissione del giudicato qualora provi che l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo».

Con tale previsione si vuole in sostanza rimediare all'errore consistito nell'aver svolto il processo in assenza dell'imputato pur quando non v'erano le ragioni per procedere oltre, come previsto dalla l. 67 del 2014, con riferimento alla sospensione del processo nei confronti degli imputati irreperibili.

Come anticipato, differenze si rinvengono in merito all'Autorità giudiziaria competente a provvedere sulle richieste.

In buona sostanza il Legislatore prevede che la richiesta di rescissione del giudicato possa essere presentata, a pena di inammissibilità, personalmente dall'interessato o da un difensore munito di procura speciale autenticata nelle forme di cui all'articolo 583, comma 3, c.p.p., entro trenata giorni dal momento dell'avvenuta conoscenza del procedimento alla Corte di appello nel cui distretto ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento.

La richiesta di rescissione del giudicato, avendo natura di mezzo di impugnazione straordinaria, si deposita nella cancelleria del giudice di merito la cui sentenza è stata posta in esecuzione.

La Corte di appello, non più la Corte di cassazione, provvede per espressa previsione normativa a norma dell'art. 127 c.p.p. e, se accoglie la richiesta, revoca la sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice di primo grado.

Si applica l'art. 489, comma 2, c.p.p.

Il nuovo art. 629-bis c.p.p., a differenza del previgente 625-ter c.p.p., prevede espressamente che la Corte di appello debba provvedere ai sensi dell'art. 127 c.p.p. e, dunque, con le forme del procedimento in camera di consiglio.

Tale previsione sembra introdurre maggiori garanzie difensive rispetto al passato, ove non era espressamente previsto il richiamo all'art. 127 c.p.p.

Infatti le Sezioni unite della Cassazione, con sentenza del 17 luglio 2014 n. 36848, chiarirono che «sulla richiesta di rescissione del giudicato, di cui all'art. 625-ter c.p.p., la Corte di cassazione delibera secondo la procedura camerale non partecipata di cui all'art. 611 c.p.p.».

Il presupposto della rescissione del giudicato

L'istituto della rescissione del giudicato disciplinato dal nuovo art 629-bis c.p.p. si applica solo ai procedimenti penali nei quali sia stata dichiarata l'assenza dell'imputato a norma dell'art. 420-bis c.p.p., come modificato dalla legge 28 aprile 2014, n. 67.

I presupposti affinché l'imputato o il sottoposto ad una misura di sicurezza possano richiedere la rescissione del giudicato sono essenzialmente due:

  1. sentenza di condanna passata in giudicato;
  2. assenza dell'imputato per tutta la durata del processo dovuta ad incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.

Si ritiene che sussista una mancata conoscenza incolpevole del processo nella ipotesi in cui l'imputato non abbia ricevuto notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare o del decreto di citazione diretta a giudizio.

Si ritiene invece che sussista colpa evidente nella mancata conoscenza della celebrazione del processo, preclusiva al ricorso del rimedio previsto dall'art. 629-bis c.p.p., quando la persona sottoposta alle indagini, o imputata, dopo aver nominato un difensore di fiducia in un procedimento penale, non si attivi autonomamente per mantenere con lo stesso i contatti periodici per la conoscenza dello sviluppo di tale procedimento (Cass. pen., 1 aprile 2015, n. 15932).

Così come è specifico dovere deontologico del difensore il coinvolgimento dell'assistito nelle contingenti scelte nel procedimento e nella fase propriamente processuale (tra tutte, Cass. pen., Sez. unite, 22242/2011 Scibé; Cass. pen., Sez. VI, 6/2010; Cass. pen., Sez. VI,5332/2011, Cass. pen., Sez. VI, 5169/2014, Cass. pen., Sez.V, 24707/2010), è onere proprio dell'imputato (sorretto da ragioni di logica elementare) l'attivazione per il contatto con il difensore.

La richiesta di rescissione del giudicato va presentata entro trenta giorni dal momento dell'avvenuta conoscenza del procedimento.

Sul punto si evidenzia come il Legislatore preveda quale presupposto per il ricorso al rimedio previsto dall'art. 629-bis c.p.p. la mancata incolpevole conoscenza della celebrazione del processo, mentre la richiesta deve essere comunque presentata, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dall'avvenuta conoscenza del procedimento.

Il mantenimento di tale distinzione, anche nell'ambito della nuova formulazione normativa, potrebbe indurre ad incertezze interpretative dal momento che il processo e il procedimento hanno notoriamente differenti ambiti normativi.

Per quanto concerne la prova della mancata incolpevole conoscenza della celebrazione del processo,quindi dell'assenza incolpevole, si ritiene che sussista un onere probatorio in capo al richiedente il quale deve necessariamente allegare alla richiesta di rescissione del giudicato la documentazione a sostegno.

In ogni caso non è inibita alla Corte di appello destinataria della richiesta l'acquisizione, eventualmente anche in sede di esame preliminare, di documentazione integrativa, potendo essere necessario chiarire aspetti ambigui o colmare possibili lacune o verificare la rispondenza della documentazione esibita alla realtà processuale.

Dunque, diversamente dalla disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione di cui all'art. 175 c.p.p. – come novellata nell'anno 2005 a seguito delle ripetute condanne della Corte Edu (per tutte, sent. 10 novembre 2004, Sejdovic c. Italia) – in questo nuovo rimedio a favore del condannato grava sullo stesso l'onere di provare la mancata conoscenza del processo a suo carico.

La previsione appare avere una sua plausibilità, in ragione degli specifici accertamenti ora demandati al giudice ai fini della verifica dei presupposti per la dichiarazione di assenza di cui al novellato art. 420-bis c.p.p.

In conclusione

A giudizio di chi scrive le novità introdotte dal Legislatore penale in tema di rescissione del giudicato possono essere valutate positivamente.

Come è stato innanzi evidenziato, con l'introduzione del nuovo art. 629-bis c.p.p., in sostituzione dell'ormai abrogato art. 625-ter c.p.p., con il quale è stato introdotto per la prima volta nell'ordinamento penale l'istituto della rescissione del giudicato, contestualmente al superamento del giudizio contumaciale, il Legislatore ha modificato in sostanza due aspetti rispetto alla vecchia formulazione codicistica.

In primo luogo la novella legislativa trasferisce la cognizione sulle richieste di rescissione del giudicato alla Corte di appello che sembra più adatta a decidere su questioni esclusivamente di merito.

La Corte di appello deve, inoltre, provvedere ai sensi dell'art. 127 c.p.p. e, dunque, con le forme del procedimento in camera di consiglio.

Tale ultimo aspetto sembra assolutamente positivo, rafforzando le garanzie difensive del richiedente.

L'abrogato art. 625-ter c.p.p. non conteneva, infatti, alcuna specificazione normativa in merito alla forma del procedimento da adottare per la cognizione sulle richieste di rescissione del giudicato.

Si riteneva, pertanto, che in mancanza di specificazioni normative, la Corte di cassazione, competente a provvedere sulle richieste di rescissione del giudicato sotto la vigenza dell'abrogata norma di cui all'art. 625-ter c.p.p., dovesse decidere in camera di consiglio senza intervento delle parti, ex art. 611 c.p.p., esclusa dunque la forma camerale partecipata ex art. 127 c.p.p. e, tanto più, quella della udienza pubblica (Cass. pen., Sez. unite, 36848/2014).

Con il trasferimento alla Corte di appello della cognizione sulle richieste di rescissione del giudicato, il legislatore ha espressamente previsto che la stessa debba decidere con le forme del procedimento in camera di consiglio ai sensi dell'art. 127 c.p.p. e, quindi, con la partecipazione delle parti seppure facoltativa.

La Corte di appello, se accoglie la richiesta, revoca la sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice di primo grado; può, inoltre, disporre, con ordinanza, la sospensione dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza (art. 635 c.p.p).

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