Il garante nazionale dei detenuti, fra passi in avanti e criticità irrisolte

24 Aprile 2017

Il presente contributo nasce dall'esigenza di passare in rassegna l'attività del Garante nazionale per i diritti dei detenuti ad una anno dal suo insediamento analizzando i punti di forza e le criticità degli interventi che il legislatore nazionale ha introdotto nel nostro ordinamento per porre rimedio al drammatico fenomeno del sovraffollamento carcerario.
Abstract

Il presente contributo nasce dall'esigenza di passare in rassegna l'attività del Garante nazionale per i diritti dei detenuti ad una anno dal suo insediamento analizzando i punti di forza e le criticità degli interventi che il legislatore nazionale ha introdotto nel nostro ordinamento per porre rimedio al drammatico fenomeno del sovraffollamento carcerario.

Premessa

Il Garante Nazionale delle persone detenute o private della libertà personale, di recente istituzione in Italia, si inserisce in un quadro internazionale sempre più attento alla prevenzione di situazioni che possano evolvere in mancata tutela dei diritti delle persone ristrette piuttosto che alla pur imprescindibile reazione a comportamenti lesivi già verificatisi. La sua istituzione completa un sistema di protezione multi-livello attraverso la rete di organismi di monitoraggio e prevenzione in ambito globale, europeo e nazionale.

L'istituzione del Garante risale alla fine del 2013 ma la nomina del Collegio, guidato dal professor Mauro Palma e la costituzione dell'Ufficio sono avvenuti solo nel 2016. Il Garante Nazionale è un'autorità collegiale indipendente di garanzia dei diritti delle persone private dalla libertà che discende da quella dell'Ombudsman, una sorta di progenitore di tutti gli organismi di garanzia dei cittadini rispetto a disfunzioni o abusi attribuibili alle pubbliche amministrazioni.

L'Italia è giunta all'istituzione del Garante nazionale al termine di un percorso avviato fin dal 1997, di cui le tappe cruciali sono state innanzitutto l'avvio dell'esperienza locale di figure di promozione, sollecitazione e controllo, denominate Garanti territoriali, via via definite anche da leggi regionali, in secondo luogo il Piano d'Azione elaborato in risposta alla sentenza pilota della Corte di Strasburgo nel caso Torreggiani e altri c. Italia (emessa l'8 gennaio 2013, pochi mesi prima dell'istituzione del Garante), infine la ratifica italiana, nel 2012 del Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura delle Nazioni unite che obbliga ogni stato parte a istituire un meccanismo interno indipendente di monitoraggio dei luoghi di privazione della libertà con funzioni di prevenzione di maltrattamenti o condizioni detentive inumane.

La relazione presentata al Parlamento il 21 marzo 2017 ad un anno dal primo insediamento si apre introducendo il meccanismo di funzionamento del Garante. Quest'ultimo infatti vigila affinché l'esecuzione della custodia delle persone detenute in carcere e degli internati sia conforme a principi e norme nazionali ed internazionali ed interviene sulle criticità a carattere generale o su questioni che richiedono un'immediata azione visitando gli istituti penitenziari, gli O.P.G. e le strutture destinate ad accogliere le persone sottoposte a misure di sicurezza detentive, le comunità terapeutiche e di accoglienza, gli istituti penali per i minori. Più in generale il Garante apre un dialogo con l'amministrazione interessata sollecitando e proponendo interventi di carattere amministrativo o politico che consentano di risolvere i problemi riscontrati.

Le aree tematiche affrontate: penalità e libertà, migrazione e libertà, sicurezza e libertà, salute e libertà

La relazione analizza quattro specifiche aree tematiche cosi suddivise: penalità e libertà, migrazione e libertà, sicurezza e libertà, salute e libertà.

Per quel che concerne la prima area, l'intervento del Legislatore è stato rivolto a rispondere alle censure mosse dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nelle sentenza Torregiani in merito al sovraffollamento carcerario attraverso la previsione di nuove misure alternative alla detenzione, la rimozione dei principali ostacoli all'accesso ad esse anche da parte di soggetti che non rispondono di reati di particolare gravità, la limitazione più rigorosa alla custodia cautelare e la previsione di forme di depenalizzazione, quantunque minime.

In primo luogo si è reso necessario l'abolizione o rimodulazione di due norme che avevano effetti afflittivi sul numero dei detenuti: la norma che prevedeva la quasi impossibilità di accesso alle misure alternative dei recidivi qualificati, qualunque fosse il reato da essi commesso, con la conseguente forte presenza in carcere di autori di reati di strada, seriali connotati da forte marginalità sociale e più bisognosi di interventi alternativi alla secca esclusione e in secondo luogo la norma che prevedeva le detenzione per permanenza illecita nel territorio nazionale, sostituita con la pena pecuniaria dopo la prima sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea che l'aveva giudicata in contrapposizione con la direttiva europea. La terza rimodulazione in attuazione di quanto richiesto dalla Corte Edu ha interessato la disciplina sulla stupefacenti con la modifica dell'ipotesi di lieve entità prevista ex art. 73, comma 5 del d.P.R. 309/1990, comprensiva di una importante riduzione dei termini edittali di pena, e nel recepimento della sentenza della Corte Costituzionale del febbraio 2014 che dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme che avevano abolito la distinzione tra le diverse categorie di sostante stupefacenti, con la conseguenza del ripristino dei rispettivi diversi trattamenti sanzionatori previsti nella precedente legge Jervolino- Vassalli.

Va poi evidenziato che gli effetti di tali misure adottate anno inciso sulla riduzione della popolazione carceraria. Dopo un periodo di progressiva riduzione successivo alla sentenza Torreggiani di condanna per l'Italia, il numero di ingressi in carcere è risalito nell'ultimo anno: nel 2016 al 31 dicembre le presenze erano pari a 54.553 alla data del 14 febbraio 2017 le presenze risultavano essere 55.713 con un incremento dunque di 1000 unità.

Altro tema affrontato dal Garante nella relazione presentata al Parlamento è quello relativo alla tutela dei legami familiari e dei rapporti genitoriali all'interno degli istituti di pena, Negli ultimi anni l'attenzione per la genitorialità delle persone detenute è andata crescendo e modificandosi tanto che nel settembre 2016 il Ministero della Giustizia ha rinnovato il Protocollo – Carta dei diritti dei figli di genitori detenuti. Se da una parte sono stati notevoli i passi fatti in termini di gestione quotidiana dei rapporti con i figli minori, dall'altra sono ancora molti gli istituti nei quali le sale colloqui sono luoghi del tutto inospitali e respingenti privi di un seppur piccolo spazio attrezzato per i bambini e ancor più privi di un'area verde per i colloqui con le famiglie.

Il Garante inoltre pone un attenzione particolare nei confronti di quel microcosmo di minoranze sociali che vivono all'interno del carcere individuate nelle persone LGBTQ, affrontando la questione nello specifico delle persone transessuali. La violenza sessuale dietro le sbarre, purtroppo, non è un fatto raro e i detenuti LGBTQ hanno maggiori probabilità di esserne vittime – anche se non è possibile dire esattamente in che misura, perché non ci sono dati ufficiali sul numero di stupri e su altri casi di violenze sessuali nelle carceri italiane. La creazione di sezioni protette in carcere, però, non può essere considerata la soluzione a tali pericoli: i detenuti ubicati in queste sezioni si troveranno a scontare la propria pena in condizioni ancora più dure. Proseguendo nel discorso sulle questioni di genere il Garante osserva come le donne rappresentino una piccola percentuale della popolazione detenuta. Alla data del 31 gennaio 2017erano 2.338, su un totale di55.381, cioè il 4.2%. Ma la minore capacità criminale, lungi dall'essere un fattore valorizzato, al contrario si trasforma spesso in un elemento penalizzante. Le sezioni femminili negli istituti maschili rischiano di essere, ancora una volta per la loro esiguità numerica, dei reparti marginali, in cui le donne hanno meno spazio vitale, meno locali comuni, meno strutture e minori opportunità rispetto agli uomini. Altro tema affrontano concerne la ristrutturazione e la creazione di nuovi edifici ove collocare i detenuti. Diverse strutture penitenziarie nel corso del tempo sono state sottoposte a continue modifiche strutturali che in alcuni casi ne hanno sconvolto l'impianto originario, secondo scelte progettuali e tecnologiche spesso particolarmente rigide e poste in essere sulla spinta della necessità di procurare rapidamente posti nuovi. I progetti per i nuovi Istituti in contesti di vita attiva, devono quindi necessariamente rielaborare la questione del perimetro murario, degli accessi, delle relazioni fisiche con i contesto, privilegiando l'aggancio al territorio urbano e il superamento del carattere separato e isolato degli edifici in città.

Quanto alla seconda area tematica, quella relativa all'immigrazione, il Garante nazionale ha visitato tutti i Cie attualmente operanti, tutti i 4 hotspot fissi, le strutture miste e d ha monitorato sei dei voli charter partiti da Fiumicino con i quali sono stati rimpatriati forzatamente 177 persone.

Le criticità maggiori sono state riscontrate in ordine alla questione dei minori non accompagnati. Secondo i dati dell'Alto Commissario Onu per i rifugiati (UNHCR), nel 2016 sono arrivati sul territorio italiano 25.846 minori stranieri non accompagnati (nella dilagante prassi degli acronimi, indicati con MSNA). Oltre 70 al giorno, quasi il 14% degli arrivi complessivi. Un numero rilevante in assoluto e come valore tendenziale, visto che l'anno precedente ne erano giunti 12.360, cioè il 7% dei complessivi arrivi. Il loro aumento è apparso evidente fin dai primi mesi dell'anno ma i picchi si sono verificati nei mesi di giugno (3.515 arrivi) e di ottobre (3.771 arrivi). Quest'ultimo è stato il mese che ha registrato il più alto numero di arrivi di MSNA degli ultimi quattro anni.

I minori provengono in gran parte dall'Eritrea (3.714, con un incremento del 24% rispetto al 2015),dal Gambia (3119) e dalla Nigeria (2932). Ma è tra gli egiziani che la percentuali di MSNA è la più alta, raggiungendo il 58% degli arrivi.

Contrariamente a quanto accade in altri Paesi, in Italia i minorenni stranieri non accompagnati non possono essere espulsi, tranne che per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato e salvo il caso in cui il ricongiungimento alla famiglia di origine sia da privilegiare quale loro interesse prioritario. In nome della Convenzione per i diritti dell'infanzia (1989) e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che come è noto ha ora lo stesso rango dei Trattati dell'Unione, il nostro Paese li considera persone vulnerabili e da tutelare. Per loro è prevista l'ospitalità nei Centri di prima e di seconda accoglienza, specificatamente per minori (indicati in questo paragrafo come “Centri” ma da non confondere con le varie strutture per adulti), per accompagnarli verso la maggiore età. I dati del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ci dicono che in Italia nel mese di novembre 2016 i MSNA segnalati nei Centri erano 17.245, il doppio dell'anno precedente. Ciò ha comportato una saturazione dei Centri, con la difficoltà di alloggiare i minori che arrivano ogni giorno sul nostro territorio. Ne deriva il frequente prolungamento della loro presenza negli hotspot, in attesa che sia individuato un posto in un Centro: una situazione comprensibile, ma non accettabile, che richiede soluzioni rapide, nell'ottica di un problema che non può essere definito emergenziale.

I luoghi di trattenimento delle persone in stato di fermo o di arresto rientrano anch'essi nel compito di analisi e verifica del Garante Nazionale dei detenuti, questo l'oggetto della quarta area tematica, sicurezza e libertà, che affronta la problematica relativa all'adeguatezza delle camere di sicurezza che ospitano le persone arrestate o fermate, in relazione agli standard internazionali e la verifica all'accesso ai diritti fondamentali in termini di diritti di difesa: nomina del difensore di fiducia, informazione in merito all'accusa elevata a proprio carico, accesso all'assistenza medica di urgenza, diritto di essere informato in una lingua comprensibile dei propri diritti.

Infine, in merito all'ultima area di analisi, salute e sicurezza sono stati analizzati due profili di interesse uno relativo il trattamento sanitario obbligatorio e l'altro riguardante le strutture di ricovero per anziani e disabili. In merito al primo gli ultimi dati, risalenti al 2015, indicano che 10.882 pazienti sono stati dimessi da T.S.O. Un numero di persone significativo anche se parziale. Il Garante vista la delicatezza della materia chiede al Parlamento una modifica normativa della materia in cui in parallelo alla notifica al Giudice tutelare i T.S.O. vengano comunicati anche al Garante , in modo da poter effettuare controlli a campione. In merito alle strutture di ricovero per anziani e i disabili il focus del Garante si è indirizzato nella verifica degli standard di organizzazione della struttura, sul trattamento e cure nonché sulla rilevazione di eventuali maltrattamenti ed abusi.

In conclusione

Il richiamo della Corte di Strasburgo del 2013, che ha imposto all'Italia un cambio di rotta sulle carceri, “è stato declinato in positivo“, la sentenza non è stataarchiviata”, ma ha suscitato una serie di riflessioni e di interventi che hanno consistentemente ridotto i numeri delle presenze e aumentato quelli dell'accesso alle misure alternative alla detenzione. Permangono però come evidenziato nella relazione del garante non poche criticità.

Criticità legate in particolare alla problematica del sovraffollamento ed alla questione non ancora affrontata della “qualità” della pena detentiva. In tale direzione, il ruolo del Garante Nazionale, così come di quelli regionali, diventa quanto mai necessario e prezioso per la sua funzione di vigilanza e di garanzia del rispetto dei diritti non solo dei detenuti ma di tutte le persone private della libertà personale: quelle affidate alla custodia nei luoghi di polizia, nei Centri di identificazione e di espulsione; quelle che si trovano nei cosiddetti hotspot, quelle che sono nelle residenze in esecuzione delle misure di sicurezza psichiatriche, o sottoposte a trattamenti sanitari obbligatori. Un intervento che si rende quanto mai necessario al fine di ridurre i casi di violazione dei diritti umani che costantemente si verificano all'interno degli istituti penitenziari.

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