Il vaglio di determinatezza dell’imputazione in sede di udienza preliminare

24 Luglio 2015

A fronte di un dato normativo abbastanza elastico su quale debba essere il contenuto del capo di imputazione, la cui redazione è rimessa in buona misura al discrezionale apprezzamento del pubblico ministero che lo redige, il primo momento di vaglio sulla corretta redazione dello stesso è, per i processi che transitano dall'udienza preliminare, proprio quello effettuato dal giudice dell'udienza Preliminare.
Abstract

A fronte di un dato normativo abbastanza elastico su quale debba essere il contenuto del capo di imputazione, la cui redazione è rimessa in buona misura al discrezionale apprezzamento del pubblico ministero che lo redige, il primo momento di vaglio sulla corretta redazione dello stesso è, per i processi che transitano dall'udienza preliminare, proprio quello effettuato dal giudice dell'udienza Preliminare. È sorto un contrasto sui poteri effettivamente spettanti a tale giudice, risolto dalla Sezioni Unite, con condivisibile sentenza, nel senso che il giudice dell'udienza preliminare abbia il potere di dichiarare la nullità della richiesta di rinvio a giudizio, ove ritenga lo stesso indeterminato, ma solo dopo avere sollecitato infruttuosamente il Pubblico Ministero a provvedere all'integrazione dello stesso.

Il quadro normativo

Il Pubblico Ministero con la richiesta di rinvio a giudizio deve indicare (art. 417 c.p.p.) l'enunciazione in forma chiara e precisa del fatto, delle circostanze aggravanti e dei quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge.

Identica indicazione dovrà contenere il decreto di rinvio a giudizio emesso dal Giudice dell'Udienza Preliminare ai sensi dell'art. 429 c.p.p.

Manca una disciplina espressa sulla condotta che il giudice dell'udienza preliminare debba tenere nel caso in cui il difensore dell'imputato o lo stesso Giudice ravvisino una non sufficienza determinatezza del capo di imputazione.

Il contrasto giurisprudenziale

Sul punto si sono formati orientamenti di pensiero del tutto contrastanti.

Secondo un primo orientamento (Cass., Sez. V, 12 dicembre 1991; Cass. Sez. VI, 5 maggio 1992; Cass. Sez. II, 9 gennaio 1996; Cass. Sez. II, 6 febbraio 1996; Cass. Sez. I, 18 dicembre 1996; Cass. Sez. I, 17 dicembre 1998; Cass. Sez. I, 7 novembre 2001, n. 45698; Cass. Sez. I, 4 aprile 2003, n. 28987; Cass. Sez. VI, 7 ottobre 2004, n. 42011; Cass. Sez. VI, 10 novembre 2004, n. 4869; Cass. Sez. VI, 29 settembre 2004, n. 42534; Cass. Sez. VI, 25 novembre 2004, n. 2567) la mancata, generica o insufficiente enunciazione del fatto, che pure costituisce uno dei requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio ai sensi dell'art. 417,lett. b)c.p.p., non costituisce nullità; ai sensi dell'art. 423 c.p.p. è consentito al P.M. di procedere alle necessarie modifiche ed integrazioni dell'imputazione indeterminata nel corso dell'udienza preliminare, imponendosi però l'eventuale proscioglimento dell'imputato ove ciò non avvenga: con la conseguenza che l'ordinanza del G.u.p. dichiarativa della nullità della richiesta di rinvio a giudizio e/o restitutoria degli atti al P.M. determinerebbe un'indebita e patologica regressione del procedimento, in violazione del principio d'irretrattabilità dell'azione penale.

Secondo un secondo orientamento (Cass. Sez. I, 5 maggio 2000; Cass. Sez. V, 11 luglio 2001, n. 36009; Cass. Sez. I, 24 ottobre 2003, n. 1334; Cass.Sez. V, 20 maggio 2004 n. 27990; Cass.Sez. IV, 3 giugno 2004 n. 39472; Cass. Sez. IV, 14 ottobre 2005 n. 46271) rientra nei poteri del G.U.P., a garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa dell'imputato, verificare l'adempimento da parte del P.M. dell'obbligo di procedere, nell'atto di esercizio dell'azione penale, all'enunciazione in forma chiara e precisa del fatto, sicché non è da ritenersi abnorme l'ordinanza del G.U.P. dichiarativa della nullità della richiesta di rinvio a giudizio e/o restitutoria degli atti al P.M.

Vi sono stati tuttavia due significativi interventi della Corte Costituzionale.

In una prima occasione, la Corte costituzionale, con sentenza n. 88 del 1994, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 424 c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice possa, all'esito dell'udienza preliminare, trasmettere gli atti al Pubblico Ministero per descrivere il fatto diversamente da come ipotizzato nella richiesta di rinvio a giudizio, ritenendo parimenti compatibili, a tal fine, tanto il meccanismo di adeguamento delle imputazioni contemplato dall'art. 423 c.p.p., per la diversità del fatto e ritenuto idoneo a sanare l'erroneità o l'incompletezza originaria dell'imputazione, quanto il ricorso all'applicazione analogica dell'art. 521, comma 2, c.p.p. .

In una seconda occasione, la Corte Costituzionale con ordinanza n. 131 del 1995, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 417 c.p.p., nella parte in cui non prevede alcuna sanzione per la richiesta di rinvio a giudizio difforme dal modello legale, siccome generica nella formulazione del capo d'imputazione e nell'indicazione delle fonti di prova, ribadendo quanto già affermato con la sentenza n. 88 del 1994, sul rilievo che non è precluso al giudice dell'udienza preliminare sollecitare il pubblico ministero a procedere alle necessarie integrazioni e precisazioni dell'imputazione inadeguata, anche mediante un provvedimento di trasmissione degli atti che intervenga dopo la chiusura della discussione.

Dopo i menzionati interventi della Corte costituzionale, due sono stati sostanzialmente gli schemi procedurali elaborati nella prassi di merito dai giudici per porre il pubblico ministero in condizione di adeguare l'imputazione contestata in modo generico (oltre alle soluzioni più radicali dell'espianto dell'atto imputativo attraverso la declaratoria di nullità o del diretto intervento del giudice sul profilo dell'imputazione): uno, "interno" alla fase, che si risolve nell'invito o sollecitazione interlocutoria del giudice al titolare dell'azione penale ad esercitare nell'udienza preliminare i poteri attribuitigli dall'art. 423 c.p.p. per precisare gli estremi del fatto contestato, l'altro "esterno" alla fase, che consiste nella trasmissione degli atti al Pubblico Ministero all'esito dell'udienza preliminare perché eserciti nuovamente l'azione penale, in applicazione analogica dell'art. 521,comma 2,c.p.p., norma dettata per l'accertamento della diversità del fatto all'esito del dibattimento.

Per tali ragioni dunque la questione approdava al vaglio delle Sezioni Unite.

La sentenza della Cassazione n. 530/2007

Come rilevato nella sentenza in esame, dall'esame dei lavori preparatori della legge 15 dicembre 1999n. 479, modificativa dell'art. 417 c.p.p., si ricava l'espunzione nel testo di legge varato dal Parlamento della originaria proposta di sanzionare con la nullità la violazione dell'obbligo di enunciazione in forma chiara e precisa dell'imputazione.

Nullità che, invece, è espressamente stabilita dall'art. 416 c.p.p., come modificato dalla citata l. n. 479 del 1999, nei casi in cui la richiesta di rinvio a giudizio non sia stata preceduta dall'avviso ex art. 415-bis c.p.p. e dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'art. 375 c.p.p..

Analoga sanzione di nullità è prescritta dall'art. 429 c.p.p., come modificato dalla citata l. n. 479 del 1999, art. 18, comma 2, per la descrizione del fatto contenuta nel decreto che dispone il giudizio. Si tratta in questo caso di nullità da inquadrarsi ex art. 181 c.p.p tra quelle relative, che vanno eccepite entro il termine previsto dall'art. 491,comma 1,c.p.p., ed al cui accertamento da parte del giudice del dibattimento consegue, ai sensi dell'art. 185,comma 3,c.p.p., l'immediata regressione del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto l'atto nullo, ovvero all'udienza preliminare, nel corso della quale, per rimuovere la causa della nullità, il Pubblico Ministero dovrà necessariamente procedere al corretto adeguamento dell'ipotesi accusatoria deficitaria o imprecisa, mediante l'esaustiva ridescrizione del fatto, sulla base degli elementi di fatto e delle ragioni giuridiche indicati nell'ordinanza del giudice del dibattimento.

A questo punto si impone una rimeditazione riguardo alla struttura e alle funzioni dell'udienza preliminare, nel senso che si deve intendere che detta udienza non sia finalizzata al solo mero controllo dell'azione penale promossa dal P.M. in vista dell'apertura della fase del giudizio, ma sia un momento procedimentale in cui, per la completezza del quadro probatorio di cui il giudice dispone, per il potenziamento dei poteri riconosciuti alle parti in materia di prova e per l'obiettivo arricchimento, qualitativo e quantitativo, dell'orizzonte prospettico del giudice rispetto all'epilogo decisionale, può e deve effettuarsi una valutazione del "merito" circa la consistenza dell'accusa, in base ad una prognosi sulla possibilità di successo nella fase dibattimentale.

Il Giudice dell'Udienza Preliminare, dopo aver dunque sollecitato il Pubblico Ministero nel corso dell'udienza preliminare ad integrare l'atto imputativo senza che quest'ultimo abbia adempiuto al dovere di provvedervi, può dichiarare la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e determinare la regressione del procedimento onde consentire il nuovo esercizio dell'azione penale in modo aderente alle effettive risultanze d'indagine.

Nel silenzio del legislatore in ordine alle conseguenze dell'inosservanza del requisito contenutistico della richiesta di rinvio a giudizio, si deve dunque ritenere, secondo le Sezioni Unite della cassazione, che l'udienza preliminare si configuri come il luogo privilegiato di stabilizzazione dell'accusa e che il progressivo consolidamento dell'imputazione debba essere realizzato, in primis, all'interno della fase, mediante il meccanismo d'integrazione e specificazione predisposto per la diversità del fatto dall'art. 423, comma 1,c.p.p. nella lettura estensiva che di tale disposizione normativa offre - come si è detto - la giurisprudenza costituzionale.

Il giudice dell'udienza preliminare, dal momento della presentazione dell'atto introduttivo fino all'esito della discussione nel confronto dialettico fra le parti, ancor prima dell'adozione dei tipici provvedimenti conclusivi della fase ex art. 424 c.p.p., qualora ravvisi nell'atto di imputazione l'assenza del contenuto minimo indispensabile o la sua imperfezione e inadeguatezza per difetto di chiarezza e precisione dei fatti storici contestati, ha il potere- dovere di attivare i meccanismi correttivi nel corso dell'attività fisiologica della medesima udienza, rappresentando, con ordinanza motivata e interlocutoria, gli elementi di fatto e le ragioni giuridiche del vizio d'imputazione e richiedendo espressamente al pubblico ministero di provvedere, di conseguenza, alle opportune precisazioni e integrazioni, secondo il paradigma contestativo dettato dall'art. 423, comma 1, c.p.p. .

Solo come extrema ratio si configura il potere del giudice dell'udienza preliminare di trasmettere gli atti al Pubblico Ministero per il nuovo esercizio dell'azione penale, qualora quest'ultimo rimanga inerte pur di fronte allo specifico provvedimento ordinatorio dello stesso giudice che abbia richiesto la revisione dell'imputazione, secondo il modulo contestativo - endofasico - predisposto dall'art. 423 c.p.p..

Si tratta di razionale e doveroso - seppure residuale - epilogo decisionale in rito, con il quale il giudice, in virtù dell'applicazione analogica dell'art. 521, comma 2, c.p.p., , e in coerenza con le esigenze di legalità del processo, attesta il vizio dell'atto imputativo (considerato nella sua centralità e proiezione funzionale), consistente nella non corrispondenza fra il fatto storico emergente dagli atti processuali e la descrizione dello stesso nella richiesta di rinvio a giudizio. Siamo cioè in presenza in un vizio che, non essendo stato sanato all'esito del percorso fisiologico interno alla fase mediante l'attivazione dei normali meccanismi correttivi, comporta la regressione del processo alla fase delle indagini preliminari, ai fini del necessario adeguamento dell'imputazione da parte del titolare dell'azione penale

In conclusione

Deve in effetti convenirsi che l'intervento del giudice per assicurare la costante corrispondenza dell'imputazione a quanto emerge dagli atti costituisca un atto doveroso e un'esigenza insopprimibile, non solo a garanzia del diritto di difesa dell'imputato e dell'effettività del contraddittorio, ma anche al fine di consentire che il controllo giurisdizionale sul corretto esercizio dell'azione penale si svolga in piena autonomia e si concluda eventualmente con una decisione di rinvio a giudizio che, nel fissare il thema decidendum, abbia ad oggetto un'imputazione riscontrabile negli atti processuali e sia supportata da specifiche fonti di prova in ordine ai fatti storici contestati con chiarezza e precisione, anziché un'imputazione priva di concreto contenuto materiale, inidonea a reggere l'urto della verifica preliminare di validità nella fase introduttiva del dibattimento.

Guida all'approfondimento

In dottrina sul tema:

CASSIBBA, L'udienza preliminare, in Trattato di procedura penale, diretto da Ubertis-Voena, Giuffrè, p. 119 ss;

CESARI, Modifica dell'imputazione e poteri del giudice dell'udienza preliminare, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1994, p. 292;

DI BITONTO, Richiesta di rinvio a giudizio con capi d'imputazione generici, in Dir. pen. proc., 1999, p. 1021;

FRIGO, Commento all'art. 417 c.p.p., in Commento al nuovo codice di procedura penale, a cura di Chiavario, vol. IV, Utet, 1990, p. 586 ss.;

GARUTI, La verifica dell'accusa nell'udienza preliminare, Cedam, 1996, 263;

GARUTI, La nuova fisionomia dell'udienza preliminare, in Il processo penale dopo la riforma del giudice unico, a cura di Peroni, Cedam, 2000, p. 358);

GRIFFO, I poteri del giudice dell'udienza preliminare in caso di richiesta di rinvio a giudizio non determinata quanto alla descrizione del fatto oggetto di imputazione, in Cass. Pen. , 2006, p. 3784;

GROSSO, L'udienza preliminare, Giuffrè, 1991, p. 90 ss. ;

RAMAJOLI, Chiusura delle indagini preliminari e udienza preliminare, Cedam, 1992, p. 67;

RAFARACI, Le nuove contestazioni nel processo penale, Giuffrè, 1996, p. 499;

A.M. ROMANO, Declaratoria di nullità della richiesta di rinvio a giudizio: un problema di abnormità, in Giur. it., 1993, II, c. 707;

PISTORELLI, imputazione generica o indeterminata e poteri del giudice dell'udienza preliminare nell'interpretazione delle sezioni unite della cassazione, in Cass. pen., 2008, pag. 2318

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