Revisione inammissibile se la condanna attiene alle sole statuizioni civili
26 Gennaio 2017
La Corte di cassazione, Sez. II, con sentenza n. 2656, depositata il 19 gennaio 2017, ha espresso il principio di diritto secondo cui: poiché la revisione è un mezzo, ancorché straordinario, di impugnazione, anche per essa vale il principio di tassatività di cui all'art. 568, primo comma, c.p.p. Ne consegue che, riguardando l'art. 629 c.p.p. soltanto le sentenze di condanna e tenuto conto delle complessive disposizioni che disciplinano l'istituto della revisione, le sentenze che dichiarano la prescrizione non sono assoggettabili a revisione, e ciò anche quando la Corte d'appello o la Corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione, abbia confermato le statuizioni civili della precedente sentenza, giacché anche in tal caso non si ha una condanna penale. Pur consapevoli del diverso orientamento giurisprudenziale il quale ha dichiarato ammissibile la richiesta di revisione contro la sentenza del giudice d'appello che abbia prosciolto l'imputato per intervenuta prescrizione del reato e contestualmente condannato l'imputato al risarcimento del danno, sulla base del fatto che la soccombenza dell'imputato nei confronti della parte civile sia veicolata da una pronuncia di condanna che presuppone l'accertamento della colpevolezza dell'imputato (Cass. pen., Sez. V, 3 ottobre 2016, n. 46707, vedi Ammissibile la revisione della sentenza assolutoria ma non pienamente liberatoria) i giudici di legittimità ritengono tali conclusioni non condivisibili. L'art. 631 c.p.p. – richiamando i presupposti indefettibili della stessa a pena di inammissibilità ex art. 634 c.p.p. – è chiaro nello stabilire che gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono essere tali da dimostrare, se riscontrati, che il condannato deve essere prosciolto a norma degli artt. 529, 530 e 531 c.p.p. |