Ricettazione: non è necessaria l’ingiustizia del profitto perseguito
26 Maggio 2016
Ai fini della configurabilità del reato di ricettazione disciplinato all'art. 648 c.p., sono del tutto irrilevanti le connotazioni del profitto perseguito dall'agente. L'ingiustizia del profitto perseguito assume rilievo al solo fine della qualificazione del reato ai sensi dell'art. 648, comma 2, c.p. nonché per la determinazione del trattamento sanzionatorio ex art. 133 c.p. Con tale motivazione la seconda Sezione penale della Cassazione ha accolto il ricorso proposto dal Procuratore generale ed ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, per un nuovo giudizio. Il caso alla base del ricorso riguardava la ricezione di file e dati già illegalmente intercettati e sottratti da sistemi informatici di una società e la loro successiva diffusione tramite supporto informatico. I giudici di legittimità, contrariamente a quanto affermato dall'imputato, hanno affermato che il supporto informatico, sul quale furono trasferiti i dati indebitamente carpiti mediante le illegittime intrusioni in altrui sistema informatico costituenti reati presupposto della contestata ricettazione, costituisce cosa proveniente dal delitto ai sensi dell'art. 615-ter c.p. rilevante ai fini dell'art. 648 c.p.p. “Cosa mobile”, si legge nella sentenza, è l'entità materiale su cui i beni immateriali (nel caso di specie i file diffusi) vengono trasfusi, anche se è il valore del bene trasfuso che conferisce alla fisicità della cosa la funzione strumentale che ne caratterizza la rilevanza penale. Incorporando il bene immateriale, tali entità materiali acquisiscono il valore di questo, diventando cose idonee a soddisfare quei particolari bisogni umani cui il bene e strumentale. |