Riforma penale: il limite temporale al potere di veto dell'indagato allo svolgimento dell'incidente probatorio
03 Luglio 2017
Abstract
Con la Riforma Orlando, il Legislatore interviene finalmente sulla disciplina della riserva di incidente probatorio, opponibile dall'imputato al pubblico ministero che intenda disporre accertamenti tecnici non ripetibili.
La disiciplina previgente
Per un migliore inquadramento delle novità introdotte con i commi 28 e 29 della legge approvata dalla Camera, giova rammentare che, secondo il combinato disposto degli artt. 359 e 360 del codice di rito, il pubblico ministero può disporre gli accertamenti tecnici non ripetibili a mezzo di un proprio consulente tecnico, in tutti i casi in cui si presenti la necessità assicurare al procedimento elementi di prova concernenti persone, cose o luoghi suscettibili di modificazione, id est allorquando sussista il rischio che, in tempi brevi, possa disperdersi la valenza probatoria in relazione ai fatti oggetto di indagini e di eventuale futuro giudizio. A tale fine, il P.M. è tenuto a comunicare, senza ritardo, alla persona sottoposta alle indagini, alla persona offesa ed ai difensori, la data, l'ora ed il luogo fissati per il conferimento dell'incarico, con l'avviso della facoltà di nominare loro consulenti tecnici. Occorre notare che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il concetto di accertamento non comprende la constatazione o la raccolta dei dati materiali pertinenti al reato o alla sua prova – i quali si esauriscono in semplici rilievi – ma riguarda piuttosto lo studio e l'elaborazione critica dei medesimi rilievi, la sottoposizione di quei dati alle operazioni necessarie al conseguimento di risultati attendibili, in vista dello scopo proprio del processo che è quello di pervenire con ragionevole approssimazione alla verità (Cass. pen., Sez. I, 3 giugno 1994, n. 10893, Nappi). Il comma 4 dell'art. 360 prevede che, «prima del conferimento dell'incarico», l'indagato possa formulare la riserva di incidente probatorio, espressa la quale l'inquirente è tenuto a soprassedere dagli accertamenti tecnici disposti salvo che, «se differiti, non possano più essere utilmente compiuti». La riserva di incidente probatorio introduce nel procedimento un ostacolo processuale allo svolgimento dell'accertamento tecnico che non presenti connotati di indifferibilità, realizzando un riequilibrio a favore dell'indagato che non intenda abdicare alla garanzia giurisdizionale offerta dall'istituto disciplinato dagli artt. 392 e seguenti c.p.p. (Aprile – Silvestri, Le indagini preliminari e l'archiviazione, Milano, 2004, 311). Come chiarito nella Relazione al codice di rito, il Legislatore ha inteso riconoscere all'indagato una sorta di diritto di veto all'acquisizione del dato conoscitivo in assenza di contraddittorio, veto che non può ovviamente operare qualora si tratti di atti non utilmente rinviabili (D'Ambrosio, Sub artt. 359-360, in Comm Chiavario IV, 173). In presenza di una riserva d'incidente probatorio, il P.M. può dunque legittimamente disporre l'immediata esecuzione dell'indagine tecnica soltanto se sussista l'oggettiva necessità di procedervi, cioè se ricorra una situazione di impossibilità assoluta di effettuarla, con identiche prospettive di risultato, in un momento successivo (Cass. pen., Sez. V, 24 settembre 2013, n. 43413, Fasano e altri; nella sentenza la Cassazione ha ritenuto inutilizzabili degli esami sclerometrici eseguiti per accertare la compromissione della statica di alcuni manufatti, in quanto compiuti su materiali non deperibili nel breve periodo). Nell'ambito del genus più ampio degli accertamenti non ripetibili su bene suscettibile di modifica non rimandabili alla fase del giudizio senza pregiudizio della genuinità del contributo conoscitivo, il Legislatore ha isolato la species degli atti "non differibili", id est non utilmente rinviabili – in altre parole urgentissimi –, concernenti una situazione di fatto soggetta ad una modificazione così rapida da impedire l'attesa dei tempi tecnici per attivare le garanzie del contraddittorio e procedere all'accertamento in incidente probatorio (sul concetto di accertamento indifferibile, v. Bassi, Alcune riflessioni in tema di atti irripetibili alla luce della novella n. 356/1992, CP 1994, 6, 2112; D'Andria, Un tentativo di definizione degli atti irripetibili, CP 1992, 1350). D'altronde, l'art. 117 disp. att. c.p.p. riconduce alla categoria degli atti irripetibili ex art. 360 c.p.p. anche quegli accertamenti tecnici che determinano, di per sé, «modificazioni delle cose, dei luoghi e delle persone tali da rendere l'atto non ripetibile», accertamenti che non sono necessariamente urgenti. Va precisato come la giurisprudenza abbia escluso dal novero degli accertamenti tecnici non rinviabili ai sensi dell'art. 360 c.p.p. i prelievi di polvere da sparo (c.d. tampone a freddo), atteso che – quantunque prodromici all'effettuazione di accertamenti tecnici – non sono tuttavia identificabili con questi ultimi, per cui, pur essendo irripetibili, non richiedono alcuna partecipazione difensiva (Cass. pen., Sez. I, 30 novembre 2005, n. 45437, Fummo). Alla disposizione del comma 4 si correla quella contenuta nel comma successivo, alla stregua del quale, qualora l'indagato abbia formulato la riserva d'incidente probatorio ma l'inquirente dia comunque corso al conferimento dell'incarico al proprio consulente tecnico in relazione ad accertamenti non indifferibili, i relativi risultati «non possono essere utilizzati nel dibattimento». Secondo il consolidato insegnamento delle Sezioni unite della Cassazione (Sez. unite, n. 16 del 21 giugno 2000, Tammaro), l'espressa delimitazione della rilevanza del vizio alla sola fase dibattimentale rende l'inutilizzabilità soltanto “relativa” – appunto alla fase del dibattimento –, con la conseguenza che l'esito dell'accertamento tecnico espletato dal P.M. malgrado la riserva e la rinviabilità potrà comunque essere utilizzato ai fini dell'adozione di misure cautelari nonché nel giudizio abbreviato (Cass. pen., Sez. I, 23 maggio 2007, n. 23939, Narcisio). D'altra parte, costituisce principio di diritto ormai pacifico che l'eccezione di inutilizzabilità dell'accertamento tecnico disposto dal P.M., sotto il profilo della mancanza del presupposto della non ripetibilità dell'atto, non è deducibile dall'imputato che non abbia tempestivamente formulato riserva di promuovere incidente probatorio ai sensi dell'art. 360, comma 4, c.p.p. (Cass. pen., Sez. II, 11 novembre 2010, n. 43726, Paglino; Cass. pen., Sez. I, 29 novembre 2007, n. 47502, Talat). Si è dunque affermata per via giurisprudenziale la regola processuale secondo la quale dalla mancata formulazione della riserva d'incidente probatorio discende la decadenza dell'indagato dalla facoltà di eccepire l'inutilizzabilità ex art. 360, comma 5, comportando l'accettazione – per facta concludentia – della valutazione in termini di non rinviabilità dell'atto stesso compiuta dall'inquirente che abbia dato corso all'accertamento tecnico. La Corte di legittimità ha aggiunto che l'atto qualificato come accertamento tecnico non ripetibile, in assenza della riserva dell'indagato di promuovere incidente probatorio ai sensi del comma 4 dell'art. 360 c.p.p., deve essere inserito nel fascicolo per il dibattimento ex art. 431, comma 1, lett. c) e che, da tale inserimento dovuto, deriva l'utilizzabilità dell'atto a norma dell'art. 511, comma 1, indipendentemente dall'audizione in udienza dell'estensore della relazione tecnica richiesta dagli artt. 511, comma 3, c.p.p. (Cass. pen., Sez. I, 4 maggio 1995, n. 7324, P.M. in proc. Mellei ed altri; Cass. pen., Sez. VI, 19 aprile 1996, n. 6031, Gomez). La novella
La Riforma del 2017 interviene finalmente sul tema della delimitazione dell'ambito temporale della riserva di incidente probatorio formulata dalla persona sottoposta alle indagini, dunque del potere di veto allo svolgimento dell'accertamento tecnico non ripetibile da parte dell'inquirente. Da più parti in dottrina si era difatti denunciato come – in considerazione della mancata previsione di un termine entro cui dare corso alla richiesta di incidente probatorio oggetto della riserva –l'indagato potesse disporre di un'arma formidabile per paralizzare arbitrariamente e per un tempo indefinito le indagini o quantomeno il compimento di quello specifico accertamento (D'ambrosio, cit. 190; Galasso, Accertamenti tecnici non ripetibili e limiti di operatività, GM 1991, II, 1143; Tranchina, Le indagini preliminari, in Siracusano-Galati-Tranchina-Zappalà DirPP5 II, 127). Rischio di paralisi sine die cui, nella prassi, le Procure – nel difetto dei requisiti di indifferibilità dell'accertamento – erano solite ovviare, provvedendo direttamente alla presentazione della richiesta di incidente probatorio. Ora, nel comma 4-bis di nuovo conio, il Legislatore ha previsto che la riserva di incidente probatorio perda efficacia e non possa più essere rinnovata allorquando, nei dieci giorni dalla formulazione della riserva stessa, ad essa non faccia seguito la richiesta di incidente probatorio. Si tratta di un termine acceleratorio a carattere perentorio, trascorso il quale si producono, per un verso, la caducazione de iure della riserva e, dunque, della preclusione all'accertamento tecnico del P.M.; per altro verso, lo sbarramento processuale alla riproposizione di una nuova riserva. La ratio della disposizione è netta nel sanzionare e, dunque, nello scongiurare comportamenti dilatori, di natura meramente ostruzionistica, della difesa. Dalla innovazione introdotta nel comma 4-bis discende, quale naturale corollario, la modifica del comma successivo, nel cui incipt il legislatore ha inserito una clausola di riserva tesa a delimitare il raggio di copertura della sanzione di inutilizzabilità ivi prevista. Secondo l'attuale enunciazione del comma 5 dell'art. 360 c.p.p., l'inutilizzabilità degli esiti dell'accertamento tecnico disposto dal P.M. nonostante la riserva e l'assenza dei presupposti di indifferibilità dell'atto discende a condizione che la persona sottoposta alle indagini abbia presentato la richiesta di incidente probatorio entro dieci giorni dalla formulazione della riserva. In altri termini, l'inutilizzabilità dell'accertamento disposto dall'inquirente nonostante la riserva – vizio processuale che, si rammenta, ha natura “relativa”, cioè limitata al solo giudizio dibattimentale – si produce soltanto nel caso in cui l'indagato abbia dato un seguito – e dunque una ragione d'essere - alla riserva, avanzando tempestivamente la richiesta di incidente probatorio. Giova rimarcare come sia rimasta – di contro – inevasa un'altra sollecitazione proveniente dalla dottrina, quella concernente le modalità con le quali la riserva d'incidente probatorio debba essere formalizzata da parte dell'indagato per produrre l'effetto preclusivo e, conseguentemente, fissare il dies a quo di decorrenza del termine per la successiva presentazione della richiesta ex artt. 392 e seguenti c.p.p. Non può sottacersi come tale profilo risulti oggi tanto più rilevante alla luce della prevista perentorietà del termine per formulare la richiesta di incidente probatorio. Nonostante il silenzio del legislatore sul punto – là dove la norma si limita a prevedere che l'indagato “formuli” la riserva senza nulla aggiungere –, pare indubbio che la riserva di incidente probatorio sia improntata, sul piano dei contenuti, all'informalità e che l'atto debba, pertanto, ritenersi valido qualora lasci chiaramente emergere la volontà dell'indagato di presentare la richiesta ex artt. 392 e seguenti c.p.p. Più problematica è la questione concernente le forme con le quali detta riserva debba essere presentata e l'autorità cui essa debba essere indirizzata. Il dato sistematico ed una lettura della disposizione ispirata a ragionevolezza inducono nondimeno a concludere che la riserva debba essere necessariamente formulata con atto scritto depositato nella segreteria del pubblico ministero. Ed invero, per quanto si è sopra chiarito, la riserva vale ad introdurre un vero e proprio sbarramento all'espletamento di un atto d'indagine dell'organo dell'accusa, sicchè risulta conforme a logica inferire che, perché possa produrre l'effetto processuale suo proprio, il veto debba essere comunicato all'autorità che si apprestava a compierlo: la formulazione della riserva costituisce una “risposta processuale” della persona indagata alla comunicazione della data, dell'ora e del luogo di conferimento dell'incarico al consulente tecnico del P.M., sicchè risponde a razionalità che a quest'ultimo debba essere indirizzata perché possa ritenersi valida e produttiva dell'effetto preclusivo. Deve pertanto escludersi la validità della riserva che sia formulata dall'indagato oralmente - ad esempio, con una dichiarazione resa alla P.G. in sede di esecuzione di una perquisizione sebbene verbalizzata - ovvero con un atto inoltrato al giudice delle indagini preliminari. Fa eccezione il caso in cui si tratti di persona sottoposta a custodia cautelare o agli arresti domiciliari, nel quale – giusta la previsione dell'art. 123 c.p.p. – le dichiarazioni rispettivamente rese al direttore dell'istituto penitenziario (o alla persona da questi incaricata) ed all'ufficiale di polizia giudiziaria, «hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria». Resta solo da precisare che, anche qualora alla riserva di incidente probatorio faccia seguito una rituale e tempestiva richiesta di incidente probatorio da parte dell'indagato, rimane – ovviamente – salva la valutazione del giudice delle indagini preliminari in merito alla ricorrenza delle condizioni per la relativa ammissione ai sensi degli artt. 392 c.p.p. In conclusione
Tirando le fila delle considerazioni sopra svolte, l'intervento riformatore in tema di riserva di incidente probatorio deve essere salutato con favore, là dove pone un freno ad un uso distorto, meramente ostruzionistico, dello strumento da parte della difesa. Nondimeno, rimangono ancora delle zone d'ombra, in relazione alle formalità di presentazione della riserva, che dovranno essere illuminate dalla giurisprudenza. |