Antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo: il decreto legislativo 90/2017

Alice Falconi
31 Luglio 2017

Il provvedimento qui commentato interviene in attuazione della direttiva Ue 2015/849, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, c.d. IV direttiva antiriciclaggio (2015/849/Ue).
Abstract

Il provvedimento qui commentato interviene in attuazione della direttiva Ue 2015/849, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, c.d. IV direttiva antiriciclaggio (2015/849/Ue).

Il quadro normativo

Il d.lgs. 90 del 25 maggio 2017, recante modifiche alla normativa italiana in materia di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo, è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 19 giugno ed è entrato in vigore il 4 luglio. Le principali novità contenute nel nuovo testo hanno inciso, da un lato, sul d.lgs. 231 del 2007, di attuazione della c.d. III direttiva antiriciclaggio (2005/60/Ce) e, dall'altro, sul d.lgs. 109 del 2007, concernente le misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l'attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale.

La ratio

Il filo conduttore di tutta la direttiva e, di conseguenza, dell'atto interno di recepimento della stessa, è rappresentato dall'esigenza di adottare delle misure a livello europeo, finalizzate ad arginare i fenomeni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, che sovente si verificano a livello internazionale.

Per queste ragioni, il Legislatore europeo ha ritenuto che le misure adottate esclusivamente a livello nazionale o anche dall'Unione, in assenza di un coordinamento e di una cooperazione internazionali, avrebbero effetti molto limitati, da qui l'esigenza di creare un corpus di norme comuni applicabili a tutti gli Stati membri.

È stato osservato, peraltro, che le misure adottate individualmente dagli Stati membri per tutelare il sistema finanziario potrebbero non essere coerenti con il funzionamento del mercato interno e con le regole dello stato di diritto e dell'ordine pubblico dell'Unione.

Le principali modifiche apportate al d.lgs. 231 del 2007. L'ampliamento della categoria delle “persone politicamente esposte”

La prima nota di rilievo si incontra già all'art. 1, comma 2, lett. dd), laddove viene esteso il novero delle Persone politicamente esposte (PEPs), ovvero quelle persone che ricoprono o hanno cessato di occupare da meno di un anno cariche pubbliche, nei confronti delle quali vanno effettuati controlli maggiormente approfonditi.

Tra queste, sono state ricomprese, oltre a quelle già menzionate nella disposizione previgente, anche:

a) gli assessori regionali,
b) i sindaci di città metropolitane,
c) i sindaci di comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti,
d) i parlamentari europei,
e) gli esponenti di imprese controllate, anche direttamente in misura prevalente o totalitaria da comuni di capoluoghi di provincia e città metropolitane e da comuni con popolazione complessivamente non inferiore a 15.000 abitanti,
f) i direttori generali di Asl e di aziende ospedaliere universitarie e degli altri enti del servizio sanitario nazionale.

L'ambito di applicazione del decreto: le definizioni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo

Il decreto si cura di identificare nel dettaglio le operazioni che integrano la condotta di riciclaggio, annoverando:

a) la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l'origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni;

b) l'occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;

c) l'acquisto, la detenzione o l'utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;

d) la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere a), b) e c), l'associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterlo o il fatto di agevolarne l'esecuzione.

Il riciclaggio è considerato tale anche se le attività che hanno generato i beni da riciclare si sono svolte fuori dai confini nazionali.

L'aspetto che colpisce maggiormente delle definizioni sopra riportate è il costante richiamo alla necessità di una consapevolezza della provenienza illecita dei beni, in capo all'agente; tuttavia, la norma chiarisce, successivamente, che la conoscenza, l'intenzione o la finalità, che debbono costituire un elemento delle azioni di cui al comma 4, possono essere dedotte da circostanze di fatto obiettive.

Questa specifica, a parere di chi scrive, vanificherebbe, nella sostanza, la stessa previsione della necessaria consapevolezza in capo al soggetto, atteso che la norma – così vaga e priva di definizioni chiare – si presta ad ogni più ampia interpretazione.

Da ultimo, il decreto precisa che per finanziamento del terrorismo deve intendersi qualsiasi attività diretta, con ogni mezzo, alla fornitura, alla raccolta, alla provvista, all'intermediazione, al deposito, alla custodia o all'erogazione, in qualunque modo realizzate, di fondi e risorse economiche, direttamente o indirettamente, in tutto o in parte, utilizzabili per il compimento di una o più condotte, con finalità di terrorismo secondo quanto previsto dalle leggi penali, indipendentemente dall'effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione delle condotte anzidette.

L'individuazione dei soggetti obbligati all'adeguata verifica della clientela e alla segnalazione delle operazioni sospette

Il catalogo dei soggetti obbligati alla normativa antiriciclaggio conta una estesa platea di categorie professionali e soggetti, persone fisiche e giuridiche, cui sono dirette le norme antiriciclaggio.

Tra questi è possibile annoverare gli intermediari finanziari e bancari, i revisori legali, gli operatori finanziari che esercitano le attività di commercio di cose antiche, case d'asta, gallerie d'arte, commercio di oro, agenti immobiliari, mediatori civili, esercenti l'attività di recupero stragiudiziale dei crediti e custodia nonché trasporto di denaro contante.

Scompare, rispetto al testo previgente, la distinzione fra gli obblighi di adeguata verifica richiesti agli intermediari finanziari piuttosto che ai professionisti o ai revisori, poiché il nuovo art. 17 reca disposizioni generali per tutti i soggetti obbligati.

Degna di approfondimento è poi la categoria dei professionisti, tra cui rientrano dottori commercialisti, esperti contabili, consulenti del lavoro, periti nonché avvocati e notai, per i quali è prevista una disciplina particolare.

A mente della lettera c) del comma 4, invero, i predetti professionisti rientrano nella categoria dei soggetti obbligati unicamente «quando, in nome o per conto dei propri clienti, compiono qualsiasi operazioni di natura finanziaria o immobiliare e quando assistono i propri clienti nella predisposizione o nella realizzazione di operazioni riguardanti:

  1. il trasferimento a qualsiasi titolo di diritti reali su beni immobili o attività economiche;
  2. la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni,
  3. l'apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;
  4. l'organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all'amministrazione di società;
  5. la costituzione, la gestione o l'amministrazione di società, enti, trust o soggetti giuridici analoghi».
Gli obblighi di adeguata verifica della clientela

L'art. 17 del provvedimento legislativo in commento prevede gli obblighi di adeguata verifica della clientela e del titolare effettivo, in capo ai soggetti di cui al paragrafo che precede, con riferimento ai rapporti e alle operazioni inerenti allo svolgimento dell'attività istituzionale o professionale, in occasione dell'instaurazione di un rapporto continuativo o del conferimento dell'incarico per l'esecuzione di una prestazione professionale.

Rispetto al passato adesso è la stessa legge, e non più un allegato tecnico, che indica i criteri per l'individuazione del titolare effettivo diverso dalla persona fisica e cioè la persona fisica cui è attribuibile, in ultima istanza, la proprietà diretta o indiretta dell'ente ovvero il controllo.

In particolare, la proprietà diretta è riferita alla titolarità di una partecipazione superiore al 25% del capitale del cliente, detenuta da una persona fisica; mentre la proprietà indiretta è riferita alla titolarità di una percentuale di partecipazione superiore al 25% del capitale posseduto per il tramite di una società controllante, una fiduciaria o per interposta persona.

La disposizione citata risponde all'esigenza, fortemente avvertita dal Legislatore comunitario ed esplicitata nella direttiva, di identificare le persone fisiche che sono titolari ovvero esercitano il controllo di soggetti giuridici, al fine di garantire la massima trasparenza.

I predetti obblighi incombono anche in occasione dell'esecuzione di un'operazione occasionale disposta dal cliente, quando questa comporti la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15.000 euro, indipendentemente dal fatto che sia effettuata con un'unica operazione o con più operazioni frazionate che appaiano collegate.

Al comma secondo è prescritto che, a prescindere dal verificarsi delle condizioni sopra indicate, è fatto obbligo di verifica quando vi è il sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo e quando vi sono dubbi in ordine alla veridicità o adeguatezza dei dati in precedenza ottenuti ai fini dell'identificazione.

Gli obblighi di adeguata verifica si attuano attraverso:

a) l'identificazione del cliente e la verifica della sua identità, attraverso riscontro di un documento di identità o altro documento di riconoscimento equipollente, nonché sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente;

b) l'identificazione del titolare effettivo e la verifica della sua identità, attraverso l'adozione di misure proporzionate al rischio;

c) l'acquisizione e la valutazione di informazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale;

d) il controllo costante del rapporto con il cliente, attraverso l'esame della complessiva operatività dello stesso, la verifica e l'aggiornamento dei dati e delle informazioni acquisite.

Meritevole di segnalazione è la deroga prevista, agli obblighi di cui sopra, per i professionisti, limitatamente ai casi in cui esaminano la posizione giuridica del loro cliente o espletano compiti di difesa o di rappresentanza del cliente in un procedimento dinnanzi ad un'autorità giudiziaria o in relazione a tale procedimento, anche tramite una convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati, compresa la consulenza sull'eventualità di intentarlo o evitarlo, fino al conferimento dell'incarico.

È previsto, in alternativa, un obbligo di adozione di misure di adeguamento e verifica della clientela semplificato, sotto il profilo dell'estensione e della frequenza degli adempimenti sopra previsti, in presenza di un basso rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

Viceversa, in presenza di un elevato rischio, i soggetti obbligati devono adottare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela, acquisendo informazioni aggiuntive sul cliente e sul titolare effettivo, approfondendo gli elementi posti a fondamento delle valutazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto, intensificando, altresì, la frequenza dell'applicazione delle procedure finalizzate a garantire il controllo costante nel corso del rapporto continuativo o della prestazione professionale.

In sostanza, rispetto alle previsioni normative precedenti, viene riconfermata la distinzione tra adeguata verifica semplificata, ordinaria e rafforzata, tuttavia viene esteso il concetto di approccio basato sul rischio, rafforzato l'obbligo di verifica semplificata, come conseguenza dell'allargamento delle casistiche in cui sia possibile provvedere attraverso tale modalità, e ampliato il campo operativo dell'adeguata verifica rafforzata.

Viene infine riconfermato l'obbligo di collaborazione attiva del cliente, previsto all'art. 22, secondo cui lo stesso è obbligato a fornire al destinatario e per iscritto tutti i dati e le informazioni necessarie per permettere a questo di adempiere all'obbligo di adeguata verifica.

La novità è rappresentata dall'introduzione, al comma 2, dell'obbligo per le persone giuridiche di acquisire e conservare, per un periodo non inferiore a cinque anni, informazioni adeguate, accurate e aggiornate sulla propria titolarità effettiva e di fornirle ai soggetti obbligati.

Obblighi di conservazione

Scompare la previsione, all'art. 31, dell'obbligo di tenuta del Registro antiriciclaggio, sia esso cartaceo che in forma di archivio unico informatico e, conseguentemente, vengono meno gli obblighi di registrazione e le relative sanzioni di omessa, tardiva o incompleta registrazione.

Viene, invece, rafforzato l'obbligo di conservazione che ha ad oggetto tutti i dati, i documenti e le informazioni utili a prevenire, individuare o accertare eventuali attività di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo e a consentire lo svolgimento delle analisi effettuate, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, dalla Uif o da altra Autorità competente.

Obblighi di segnalazione delle operazioni sospette

Il cuore del decreto è racchiuso nelle disposizioni che verranno richiamate, in merito agli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette.

È previsto, a tale proposito, che prima di compiere l'operazione, i soggetti obbligati inviano senza ritardo all'Unità di informazione finanziaria per l'Italia, organo autonomo e operativamente indipendente, istituito presso la Banca d'Italia, una segnalazione di operazione sospetta.

Pertanto, a differenza di quanto previsto dalla previgente normativa, che sanciva l'obbligo di inoltrare la segnalazione senza ritardo e ove possibile prima di eseguire l'operazione, in virtù delle nuove disposizioni la segnalazione dovrà avvenire tassativamente prima di compiere l'operazione.

L'obbligo scatta in capo al soggetto quando sa o sospetta che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa.

Il sospetto, chiarisce la norma, è desunto «dalle caratteristiche, dall'entità, dalla natura delle operazioni, dal loro collegamento o frazionamento o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta, in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui è riferita, in base agli elementi acquisti».

Costituisce un elemento di sospetto codificato, il ricorso frequente o ingiustificato ad operazioni in contante e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante di importi non coerenti con il profilo di rischio del cliente.

Il d.lgs. 231 del 2007 considerava già il contante come elemento di sospetto ma con specifico riferimento a prelievi o versamenti in contanti con intermediari finanziari di importo pari o superiore a 15.000 euro. Oggi scompare il dato quantitativo e resta solo il riferimento all'uso del contante, ampliando dunque la sfera di operatività della previsione.

In presenza di tali “campanelli d'allarme”, dunque, il soggetto obbligato non compie l'operazione fino a quando non sia stata effettuata la segnalazione di operazione sospetta, potendo derogare a tale previsione unicamente allorquando l'operazione debba essere eseguita senza ritardi, sussistendo un obbligo di legge di ricevere l'atto, oppure quando l'operazione non possa essere differita o quando, infine, il ritardo pregiudicherebbe l'esito delle indagini.

In questo caso, il soggetto obbligato, immediatamente dopo aver ricevuto l'atto o eseguito l'operazione, ne informa la Uif.

Di rilevantissimo interesse è l'esonero dall'obbligo di segnalare le operazioni sospette, per i professionisti, avuto riguardo le informazioni assunte dal proprio cliente nel corso dell'esame della posizione giuridica o dell'espletamento dei propri compiti difensivi o di rappresentanza dinnanzi ad una autorità giudiziaria.

Le sanzioni penali

Gli artt. 55 e ss. del decreto legislativo in commento, si occupano di elencare le sanzioni penali ed amministrative conseguenti all'inosservanza delle norme stabilite nello stesso.

In particolare, sono previste cinque diverse fattispecie incriminatrici che ricalcano, in parte, quanto già stabilito nel d.lgs. 231 del 2007, con l'introduzione, però, della punibilità delle condotte di falsificazione, utilizzo, acquisizione e conservazione dei dati e delle informazioni falsi.

Le nuove disposizioni hanno, poi, previsto, un aggravamento del trattamento sanzionatorio per alcuni dei reati elencati nel catalogo.

Andando con ordine, la prima ipotesi delittuosa, di nuovo conio, sanziona «con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 10.000 euro a 30.000 euro», chiunque, essendo tenuto all'osservanza degli obblighi di adeguata verifica, «falsifica i dati e le informazioni relative al cliente, al titolare effettivo, all'esecutore, allo scopo e alla natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale e all'operazione».

Alla medesima pena soggiace chiunque essendo tenuto all'osservanza degli obblighi di adeguata verifica, in occasione dell'adempimento dei predetti obblighi, «utilizza dati e informazioni falsi relativi al cliente, al titolare effettivo, all'esecutore, allo scopo e alla natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale e all'operazione».

La stessa pena si applica anche a chi, essendo tenuto all'osservanza degli obblighi di conservazione ai sensi del presente decreto, «acquisisce o conserva dati falsi o informazioni non veritiere sul cliente, sul titolare effettivo, sull'esecutore, sullo scopo e sulla natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale e sull'operazione ovvero si avvale di mezzi fraudolenti al fine di pregiudicare la corretta conservazione dei predetti dati e informazioni».

Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito, con la stessa pena di cui sopra, inoltre chiunque essendo obbligato, ai sensi del presente decreto, a fornire i dati e le informazioni necessarie ai fini dell'adeguata verifica della clientela, fornisce dati falsi o informazioni non veritiere.

È prevista, poi, la sanzione dell'arresto da sei mesi a un anno e dell'ammenda da 5.000 euro a 30.000 euro, per chi viola il divieto di comunicazioni inerenti le segnalazioni sospette, previsto dall'art. 39 del decreto in commento.

È punito, altresì, «chiunque al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro.

Alla stessa pena soggiace chi, «al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi».

Scompare, come già anticipato, la sanzione per l'omessa, tardiva o incompleta registrazione, essendo stato eliminato il relativo obbligo di procedere alla stessa.

Con riferimento alle ultime due fattispecie penali citate, è prevista, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quella per equivalente.

Le sanzioni amministrative

Parallelamente alla previsione di fattispecie criminose, il legislatore ha riordinato altresì il sistema sanzionatorio amministrativo, prevedendo, dagli artt. 56 a 64 del d.lgs. 231 del 2007, sanzioni pecuniarie pari a 2.000 euro in caso di inosservanza degli obblighi di adeguata verifica, dell'obbligo di astensione nonché dell'obbligo di conservazione e graduando il sistema in funzione della gravità delle sanzioni.

A tale proposito, è stato sancito che il trattamento sanzionatorio risulta aggravato, con la previsione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 50.000 euro, quando ricorrono violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime.

Ai fini del presente decreto, la gravità della violazione è determinata tenendo conto:

a) dell'intensità e del grado dell'elemento soggettivo, anche avuto riguardo all'ascrivibilità, in tutto o in parte, della violazione alla carenza, all'incompletezza o alla non adeguata diffusione di prassi operative e procedure di controllo interno;

b) del grado di collaborazione con le autorità di cui all'articolo 21, comma 2, lettera a);

c) della rilevanza ed evidenza dei motivi del sospetto, anche avuto riguardo al valore dell'operazione e alla loro incoerenza rispetto alle caratteristiche del cliente e del relativo rapporto;

d) della reiterazione e diffusione dei comportamenti, anche in relazione alle dimensioni, alla complessità organizzativa e all'operatività del soggetto obbligato.

È punito, inoltre, con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 3.000 euro, chi viola le disposizioni relative all'obbligo di segnalazione delle operazioni sospette. Anche per tale disposizione è previsto un aggravamento di pena da 30.000 euro a 300.000 quando ricorrono le condizioni già sopra esposte.

Viene introdotta, altresì, una nuova aggravante, che si configura allorquando le violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime producono un vantaggio economico, per cui l'importo massimo della sanzione già aggravata (300.000 euro):

a) è elevato fino al doppio dell'ammontare del vantaggio medesimo, qualora detto vantaggio sia determinato o determinabile e, comunque, non sia inferiore a 450.000 euro;

b) è elevato fino ad un milione di euro, qualora il predetto vantaggio non sia determinato o determinabile.

Il comma 5 dell'art. 58 d.lgs. 231/2001, in un'ottica di mitigazione del trattamento sanzionatorio da adottare nei confronti di un soggetto resosi responsabile di più violazioni, prevede che i soggetti obbligati che, con una o più azioni od omissioni, commettono, anche in tempi diversi, una o più violazioni della stessa o di diverse norme previste dal presente decreto in materia di adeguata verifica della clientela e di conservazione da cui derivi, come conseguenza immediata e diretta, l'inosservanza dell'obbligo di segnalazione di operazione sospetta, si applicano unicamente le sanzioni previste dall'articolo 58 d.lgs. 231/2001 (Inosservanza delle disposizioni relative all'obbligo di segnalazione delle operazioni sospette).

Da ultimo, dagli artt. 59 a 64 d.lgs. 231/2001 ulteriori sanzioni amministrative vengono previste per l'inosservanza degli obblighi di comunicazione da parte dei componenti degli organi di controllo dei soggetti obbligati, per l'inosservanza degli obblighi informativi nei riguardi dell'Unità di informazione finanziaria e degli ispettori del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'inosservanza delle disposizioni specifiche in materia di soggetti convenzionati e agenti di prestatori di servizi di pagamento e istituti emittenti moneta elettronica, per soggetti obbligati vigilati, per inosservanza delle disposizioni relative alle limitazione dell'uso del contante e dei titoli al portatore nonché delle disposizioni per i prestatori di servizi di gioco.

La definizione dei criteri per l'applicazione delle sanzioni e l'applicazione in misura ridotta

Viene ora stabilito che nell'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie e delle sanzioni accessorie, il Ministero dell'Economia e delle Finanze e le Autorità di Vigilanza di settore, ciascuno per i profili di propria competenza, considerano ogni circostanza rilevante e, in particolare, i criteri individuati dall'art. 67, segnatamente:

a) la gravità e la durata della violazione;

b) il grado di responsabilità della persona fisica o giuridica;

c) la capacità finanziaria della persona fisica o giuridica;

d) l'entità del vantaggio ottenuto o delle perdite evitate per effetto della violazione;

e) l'entità del pregiudizio cagionato a terzi;

f) il livello di cooperazione con le Autorità prestato;

g) l'adozione di adeguate procedure di valutazione e mitigazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo;

h) le precedenti violazioni.

A fronte di violazioni ritenute di minore gravità, la sanzione amministrativa pecuniaria, prevista per l'inosservanza degli obblighi di adeguata verifica e di astensione nonché degli obblighi di conservazione, può essere ridotta da un terzo a due terzi.

L'art. 68 disciplina la facoltà per il soggetto nei cui confronti è stata irrogata una sanzione, prima della scadenza del termine previsto per l'impugnazione del relativo decreto, di chiedere di essere ammesso al pagamento della sanzione in misura ridotta di un terzo dell'entità della sanzione irrogata, salvo che il soggetto non si sia già avvalso, nei cinque anni precedenti, della stessa facoltà.

Nei trenta giorni successivi alla ricezione della relativa richiesta, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, comunica il provvedimento di accoglimento o rigetto della richiesta.

L'art. 69 introduce il principio dell'irretroattività della norma più sfavorevole e l'applicazione del favor rei, prevedendo che per le violazioni commesse anteriormente all'entrata in vigore del decreto, sanzionate in via amministrativa, si applica la legge vigente all'epoca della commessa violazione, se più favorevole.

Le modifiche apportate al sistema sanzionatorio degli illeciti amministrativi dipendenti da reato e al codice penale in tema di confisca. La dubbia eliminazione del riferimento all'autoriciclaggio

Meritevole di segnalazione è la modifica dell'art. 25-octies, del d.lgs. 231 del 2001, rubricato Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.

La norma prevede che in relazione ai reati citati in rubrica, di cui agli artt. 648, 648-bis e 648-terc.p., si applica all'ente la sanzione pecuniaria da 200 a 800 quote, aumentata da 400 a 1000 quote nel caso in cui il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni, nonché le sanzioni interdittive di cui all'art. 9, comma 2, d.lgs 231/2001 per una durata fino a due anni.

Rispetto alla previgente formulazione è stato, sorprendentemente, rimosso, dall'elenco dei reati per cui è prevista tale sanzione, l'art. 648-ter.1 c.p.

Analogamente, il riferimento al reato di autoriciclaggio è stato eliminato dall'art. 648-quater c.p., che prevede, per i reati di cui agli artt. 648-bis e 648-terc.p., la confisca dei beni che ne costituiscono il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persone estranee al reato, e in caso di impossibilità di applicare la predetta misura, la confisca delle somme di denaro, dei beni o delle altre utilità delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato, solo, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti.

L'assenza della fattispecie delittuosa dell'autoriciclaggio, ex art. 648-ter.1 c.p., nelle commentate disposizioni, è stata sin da subito letta come una macroscopica svista, anziché come una precisa volontà legislativa.

Tale considerazione ha trovato conferma nel provvedimento di rettifica pubblicato il 28 giugno 2017, sulla Gazzetta ufficiale, alla luce del quale il reato di autoriciclaggio tornerebbe ad essere fonte della responsabilità amministrativa dell'ente e in caso di condanna o patteggiamento per lo stesso, seguiterebbe a trovare applicazione la confisca obbligatoria diretta o per equivalente.

Sennonché il provvedimento presenta dei potenziali profili di illegittimità per mancanza dei presupposti necessari per l'esercizio del potere di rettifica, oltreché per la previsione di effetti in malam partem.

A tale proposito, è opportuno ricordare che secondo il d.P.R. 1092 del 1985, sull'approvazione del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sulla emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, solo gli errori e le omissioni, che consistono in meri errori di stampa che non incidono sul contenuto normativo degli atti pubblicati o le mere difformità tra testo di un atto promulgato e quello effettivamente approvato dal Parlamento, vengono rettificati nei casi e secondo le modalità previsti dal regolamento di esecuzione del citato testo unico.

Pertanto, nel caso di specie, non pare, a chi scrive, che vi fossero i presupposti per l'adozione di un provvedimento di rettifica.

Modifiche al d.lgs. 109 del 2007, concernente le misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l'attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale

Benché meno significative, pur sempre degne di nota sono le modifiche introdotte al fine di prevenire l'uso del sistema finanziario a scopo di finanziamento del terrorismo e del finanziamento della proliferazione delle armi di distruzione di massa.

La misura che appare maggiormente interessante è quella introdotta dall'art. 4-bis del citato decreto, rappresentata dal congelamento dei fondi.

A mente di tale previsione, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, su proposta del Comitato, dispone con proprio decreto, per un periodo di sei mesi rinnovabili fino a quando ne permangano le condizioni, il congelamento dei fondi e delle risorse economiche detenuti, anche per interposta persona fisica o giuridica, da persone fisiche o giuridiche che pongono in essere o tentano di porre in essere delle condotte con finalità di terrorismo, secondo la definizione data dalla legge penale, o che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, oppure delle condotte volte al finanziamento dei programmi di proliferazione delle armi.

Gli effetti della misura consistono nell'impossibilità che i fondi e le risorse economiche “congelati” costituiscano oggetto di atti di trasferimento, disposizione o utilizzo, sanzionando con la nullità gli atti che siano posti in essere di violazione di tale divieto.

Coerentemente è fatto divieto di mettere a disposizione fondi o risorse economiche dei soggetti designati nelle liste “nere” di cui agli artt. 4-ter e ss., nonché partecipare consapevolmente e deliberatamente ad attività aventi l'obiettivo o il risultato, diretto o indiretto, di aggirare le misure di congelamento.

Non subiscono alcun pregiudizio, invece, gli effetti di eventuali provvedimenti di sequestro o confisca, adottati nell'ambito di procedimenti penali o amministrativi, aventi ad oggetto i medesimi fondi o le medesime risorse economiche.

L'art. 13 prevede che, salvo il fatto non costituisca più grave reato, la violazione delle disposizioni sopra richiamate è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 500.000 euro.

Con la medesima sanzione è punita qualsiasi violazione delle disposizioni restrittive previste dai regolamenti comunitari di cui all'art. 1, comma 1, lettera g) del presente decreto, nonché qualsiasi violazione degli obblighi di notifica o di richiesta di autorizzazione all'Autorità competente di ciascuno Stato Membro.

Dopo l'art. 13, sono inseriti gli artt. 13-bis, 13-ter e 13-quater concernenti le misure sanzionatorie ulteriori, l'indicazione dei criteri per l'applicazione delle sanzioni e il procedimento sanzionatorio.

Quanto alle prime, è previsto che nei casi di violazioni gravi o ripetute o sistematiche ovvero plurime, è data pubblicità, mediante pubblicazione sul sito web del Ministero dell'Economia e delle Finanze, del decreto che irroga la sanzione, salvo il caso in cui possa aversi un pregiudizio per la stabilità dei mercati finanziari o per lo svolgimento di un'indagine in corso.

In conclusione

La IV direttiva in tema di antiriciclaggio, per l'attuazione della quale è stato approvato il d.lgs. 90 del 2017 oggetto del presente commento, si è resa necessaria, tra l'altro, per prevenire l'uso del sistema finanziario dell'Unione per fini di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo.

La libera circolazione dei capitali, la libertà di prestare servizi finanziari nonché il mercato finanziario integrato dell'Unione, se da un lato sono stati una conquista rilevante per gli Stati Membri, dall'altro si prestano facilmente ad essere manovrati dalla criminalità per esercitare più facilmente le proprie attività illecite.

La direttiva, pertanto, e cosi la normativa di attuazione, si prefiggono l'obbiettivo di trovare un equilibrio, per il bilanciamento degli interessi in gioco della protezione della società dalla criminalità, da un lato, e della salvaguardia della stabilità e dell'integrità del sistema finanziario dell'Unione, dall'altro.

Proprio da qui è sorta l'esigenza di creare un ambiente normativo, come quello adottato, caratterizzato dal rafforzamento della valutazione del rischio di riciclaggio sovranazionale, nazionale e dei singoli soggetti obbligati, dell'attività e dei poteri delle unità di informazione finanziaria, della trasparenza delle informazioni riguardanti la titolarità effettiva di società nonché della garanzia di riservatezza dei dati.

L'obiettivo promosso dalla normativa in commento giustifica, inoltre, anche la previsione di un ampio spettro di sanzioni, per lo più amministrative, che mirano ad avere efficacia dissuasiva rispetto alle violazioni degli obblighi fondamentali in tema di adeguata verifica della clientela, di conservazione dei documenti, di segnalazioni di operazioni sospette e di controlli interni dei soggetti obbligati.

All'esito della disamina di questo corpus di norme, sembrano potersi ritenere raggiunti i due obiettivi individuati dalla normativa di delega in base alla quale era stato predisposto lo schema di decreto legislativo, segnatamente orientare e gestire efficacemente le politiche di contrasto dell'utilizzo del sistema economico e finanziario per fini illegali e graduare i controlli e le procedure strumentali in funzione del rischio, per non incorrere in una paralisi ingiustificata e nociva del funzionamento del mercato integrato.

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