Giudice di pace

Lucia Randazzo
08 Luglio 2015

Il rito dinanzi al giudice di pace nel processo penale è regolato dal d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274. Tale rito concerne un modello processuale naturalmente e giustamente semplificato, dato che per lo più riguarda reati di minore gravità.
Inquadramento

Bussola in fase di aggiornamento autorale

Il rito dinanzi al giudice di pace nel processo penale è regolato dal d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274. Tale rito concerne un modello processuale naturalmente e giustamente semplificato, dato che per lo più riguarda reati di minore gravità.

I punti salienti della disciplina

Gli aspetti più rilevanti del suddetto decreto legislativo concernono:

  • l'estensione della perseguibilità a querela;
  • l'esaltazione delle funzioni conciliative del giudice onorario;
  • il potenziamento delle funzioni della polizia giudiziaria;
  • la previsione del ricorso immediato della persona offesa dinanzi al giudice di pace (art. 21);
  • l'esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto ed estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie (istituti rispettivamente previsti dagli artt. 34 e 35 del d.lgs. 275/2000);
  • l'ampliamento dell'utilizzazione degli atti delle indagini preliminari – nel caso di consenso delle parti – per una massima semplificazione del procedimento;
  • la delega di funzioni del pubblico ministero ai sensi dell'art. 72 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12;
  • l'inappellabilità delle sentenze che applicano la sola pena pecuniaria e delle sentenze di proscioglimento per i reati che sono puniti con la sola pena pecuniaria e l'inappellabilità delle sentenze di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso;
  • la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale richiesto da privati per i reati attribuiti alla competenza del giudice di pace.

Aspetti processuali

L'art. 2 del d.lgs. 274/2000 sintetizza i principi generali del procedimento del giudice di pace per cui si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale e dei titoli I e II delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie previste dal d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 per tutto ciò che non è previsto dal decreto legislativo ad eccezione delle disposizioni relative:

a) all'incidente probatorio;

b) all'arresto in flagranza e al fermo di indiziato di delitto;

c) alle misure cautelari personali;

d) alla proroga del termine per le indagini;

e) all'udienza preliminare;

f) al giudizio abbreviato;

g) all'applicazione della pena su richiesta;

h) al giudizio direttissimo;

i) al giudizio immediato;

l) al decreto penale di condanna.

Non deve comunque essere dimenticata l'applicazione dei principi del giusto processo previsti dall'art. 111 della Costituzione.

Competenza

L'art. 15 della legge delega (l. 24 novembre 1999, n. 468) attribuisce la competenza al giudice di pace per alcuni delitti cosiddetti bagatellari. Il giudice di pace è competente per delitti che costituiscono l'espressione di una microconflittualità individuale delineati dall'art. 4 d.lgs. 274/2000.

Per quanto concerne il catalogo dei delitti previsti dall'art. 4, d.lgs. n. 274/2000 per cui è competente il giudice di pace, essi rispondono maggiormente alla funzione conciliativa affidata al giudice onorario. Si tratta di reati generalmente perseguibili a querela di parte, ad eccezione di alcuni, come ad esempio i reati di cui all'art. 593, comma 1, c.p. – omissione di soccorso – e all'art. 639, comma 2, c.p. – deturpamento e imbrattamento di cose altrui.

Ad esempio il giudice di pace è competente per i delitti consumati o tentati previsti dagli artt. 581, 582 (limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte, ad esclusione dei fatti commessi contro uno dei soggetti elencati dall'art. 577, comma 2, c.p. ovvero contro il convivente) e 590 c.p. (limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte ad esclusione delle fattispecie connesse alla colpa professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale quando, nei casi anzidetti, derivi una malattia di durata superiore a venti giorni).

Per quanto riguarda, invece, i reati di competenza del giudice di pace commessi dai minorenni la competenza rimane quella del tribunale per i minorenni.

In evidenza

I reati previsti dall'art. 4, d.lgs. 274/2000 possono suddividersi sulla base di tre indici cumulativi:

  1. reati puniti con la pena detentiva non superiore a quattro mesi o con pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena, con esclusione delle fattispecie che nelle ipotesi aggravate superino tale limite;
  2. reati che non siano di difficile accertamento in fatto e diritto e sui quali sia possibile l'eliminazione delle conseguenze dannose del reato;
  3. sono esclusi da queste categorie di reati finanziari e quelli attinenti alle materie indicate dall'art. 34, l. 24 novembre 1991 (legislazione ambientale, disciplina degli alimenti, diritto penale del lavoro, diritto penale del lavoro e normativa antinfortunistica, urbanistica, edilizia etc.).
La fase delle indagini

Il d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 si occupa al capo II delle indagini preliminari.

In questo rito ritroviamo la massima semplificazione del procedimento con esaltazione dei poteri della polizia giudiziaria e delega di funzioni da parte del pubblico ministero ai sensi dell'art. 72 dell'ordinamento giudiziario.

In evidenza

Ai sensi dell'art. 11, d.lgs. 274/2000, rubricato Attività di indagine, dopo aver acquisito la notizia di reato, la polizia giudiziaria compie di propria iniziativa tutti gli atti di indagine necessari per la ricostruzione del fatto e per l'individuazione del colpevole e ne riferisce al pubblico ministero entro il termine di quattro mesi con relazione scritta.

Nel caso in cui la notizia di reato risulti fondata la polizia giudiziaria, nella relazione scritta, enuncia il fatto in forma chiara e precisa, indicando gli articoli di legge che si assume siano stati violati, richiede l'autorizzazione a disporre la persona sottoposta ad indagini dinanzi al giudice di pace ed indica nella suddetta relazione il giorno e l'ora in cui ha acquisito la notizia.

L'art. 17, comma 1, lett. b), l. 24 novembre 1999, n. 468, attribuisce alla polizia giudiziaria di regola l'affidamento esclusivo dell'attività di indagine per i reati di competenza del giudice di pace.

La polizia giudiziaria acquisisce la notizia di reato e – a differenza del rito dinanzi al tribunale – può iniziare le indagini senza una preventiva iscrizione nel registro delle notizie di reato dell'indagato.

La polizia giudiziaria dispone di una grande autonomia nel compimento delle indagini nonostante il pubblico ministero non perda le sue prerogative di controllo, direzione e determinazione finale delle indagini preliminari.

In evidenza

L'art. 13, d.lgs. 274/2000 specifica gli atti per cui la polizia giudiziaria deve chiedere autorizzazione al pubblico ministero:

  • interrogatori e confronti;
  • sequestri e perquisizioni;
  • accertamenti tecnici irripetibili.

Nel caso in cui il pubblico ministero riceva la notizia di reato – direttamente dai privati o da pubblici ufficiali o da incaricati di pubblico servizio – potrebbe decidere:

  1. di richiedere l'archiviazione al giudice di pace circondariale;
  2. di disporre la citazione a giudizio dell'imputato;
  3. di svolgere indagini.

Il pubblico ministero richiede l'archiviazione nel caso in cui la notizia appaia oggettivamente infondata:

Ad esempio perché manca una condizione di procedibilità, quando il fatto non è previsto dalla legge come reato oppure quando esso sia estinto.

La relazione al decreto precisa che il caso in cui può essere richiesta l'archiviazione riguarda anche l'ipotesi regolata dall'art. 34 d.lgs. 274/2000, rubricato Esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità. Il pubblico ministero non chiederà l'archiviazione, invece, nei casi previsti dall'art. 125 delle disp. att. c.p.p. (ritenuta infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa di giudizio) ovvero perché è ignoto l'autore del reato. Nel caso in cui ritenga che siano necessarie (ulteriori) indagini per la ricostruzione del fatto o al fine di individuare il colpevole, il pubblico ministero trasmette gli atti alla polizia giudiziaria impartendo, se necessario, le relative direttive affinché si proceda ad effettuare le indagini a norma dell'art. 11, d.lgs. 274/2000 e a consegnare successivamente la relazione sulle stesse.

In evidenza

Il termine per la chiusura delle indagini preliminari, ai sensi dell'art. 16 d.lgs.274/2000, è di quattro mesi dall'iscrizione nel registro delle notizie di reato. Il termine di 4 mesi può essere prorogato nei casi di particolare complessità dal pubblico ministero con provvedimento motivato qualora siano necessarie ulteriori indagini preliminari per un tempo non superiore a due mesi, fissando così un termine massimo di sei mesi per la durata delle stesse.

Il controllo giurisdizionale sul provvedimento emanato de plano dal pubblico ministero è esercitato dal giudice di pace, al quale è immediatamente comunicato ai sensi dell'art. 5,comma 2,d.lgs. 274/2000. Il giudice di pace, se non ritiene sussistenti in tutto o in parte le ragioni esposte dal pubblico ministero, dichiara la chiusura delle indagini o riduce il termine delle indagini entro cinque giorni (art. 16, comma 2, d.lgs.274/2000). Il presupposto per la prosecuzione delle indagini rispetto al rito ordinario appare più rigoroso di quello previsto dal codice di rito ex art. 406, comma 1, c.p.p.; inoltre, non sono previste ulteriori proroghe.

L'art. 17,d.lgs. 274/2000 sancisce che il pubblico ministero presenti al giudice di pace richiesta di archiviazione, non solo quando la notitia criminis non è fondata ma anche nei casi previsti dagli articoli 411 c.p.p. (nel caso in cui manchi una condizione di procedibilità; quando il reato è estinto; quando il fatto non è previsto dalla legge come reato); art. 125 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 (quando gli elementi acquisiti nelle indagini non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio), nei casi di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 34,d.lgs.274/2000 (speciale tenuità) e nel caso in cui è rimasto ignoto l'autore del reato (art. 415 c.p.p.). Il pubblico ministero presenta la richiesta di archiviazione al giudice di pace "circondariale", cioè il giudice di pace del luogo ove ha sede il tribunale del circondario in cui è compreso il giudice territorialmente competente.

La richiesta di archiviazione deve essere notificata alla persona offesa che nella notizia di reato o successivamente abbia dichiarato di voler esserne informata e alla persona offesa che abbia presentato ricorso diretto. Con la notifica deve essere specificato che nel termine di dieci giorni la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari indicando nell'opposizione “a pena di inammissibilità, gli elementi di prova che giustificano il rigetto della richiesta o le ulteriori indagini necessarie” (art. 17, comma 2,d.lgs.274/2000).

In evidenza

A differenza del rito ordinario non interviene nel rito dinanzi al giudice di pace il giudice per le indagini preliminari ma esiste il giudice di pace “circondariale”. Nel procedimento penale davanti al giudice di pace, in caso di opposizione alla richiesta di archiviazione da parte della persona offesa, non è prevista, a differenza di quanto disposto dall'art. 410 c.p.p., la celebrazione di un'udienza camerale, perché il giudice di pace decide con decreto (ove disponga l'archiviazione) ovvero con ordinanza (ove restituisca gli atti al pubblico ministero), senza la preventiva audizione delle parti in udienza. Ne deriva che, quando il giudice di pace ha disposto l'archiviazione con decreto, ai sensi dell'art. 17, comma 4, ,d.lgs. 274/2000 il provvedimento è soggetto a ricorso per cassazione solo per motivi inerenti al contraddittorio, che, peraltro, non è ovviamente ravvisabile nell'omessa fissazione della (non prevista) udienza camerale, bensì nel fatto che sussiste pur sempre l'obbligo per il giudice di prendere in considerazione le ragioni addotte dalla persona offesa opponente.

Casistica

Potere del giudice di pace circondariale di formulare l'imputazione

È abnorme il provvedimento con il quale il giudice di pace, richiesto dal pubblico ministero dell'archiviazione nell'ambito di un procedimento a carico di ignoti, abbia, in accoglimento dell'opposizione della persona offesa, individuato i responsabili cui attribuire il reato ipotizzato ed invitato il pubblico ministero a formulare l'imputazione nei termini di legge. (La Corte ha precisato che il giudice di pace ha il potere di disporre la formulazione dell'imputazione solo nel caso di procedimento nei confronti di persone note). (Cass. pen., sez. IV, 21 dicembre 2010, n. 2634)

Potere del giudice di pace di restituzione degli atti al p.m. per accertare la volontà della persona offesa

Non è abnorme, invece, il provvedimento con cui il giudice di pace, investito della richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, restituisca gli atti al pubblico ministero “per accertare la volontà della persona offesa, trattandosi di attività, ex art. 17, comma 4, d.lgs. 274/2000, preordinata all'approfondimento delle indagini in ordine ad elementi rilevanti ai fini del corretto esercizio del potere di archiviare” (Cass. pen., sez. V, 12 ottobre 2010, n. 42238)

Nel caso in cui il pubblico ministero riceva direttamente la notizia di reato può:

  1. richiedere l'archiviazione al giudice di pace circondariale;
  2. disporre la citazione a giudizio dell'imputato;
  3. svolgere indagini.
La citazione in giudizio

Il pubblico ministero cita l'imputato dinanzi al giudice di pace. La citazione contiene:

a) le generalità dell'imputato e le altre indicazioni personali che valgono ad identificarlo;

b) l'indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata;

c) l'imputazione formulata dal pubblico ministero e l'indicazione delle fonti di prova di cui si chiede l'ammissione. Se viene chiesto l'esame di testimoni o consulenti tecnici, nell'atto devono essere indicate, a pena di inammissibilità, le circostanze su cui deve vertere l'esame;

d) l'indicazione del giudice competente per il giudizio, nonché del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia;

e) l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito da difensore di ufficio;

f) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato presso la segreteria del pubblico ministero e che le parti e loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia.

Non è prevista l'informazione di garanzia ai sensi dell'art. 369 c.p.p.

Non è previsto l'avviso di cui all'art. 415-bis c.p.p. di conclusione delle indagini preliminari.

Casistica

Emissione del decreto di citazione in difetto di istruttoria e di avviso di conclusione delle indagini

È manifestamente infondata la q.l.c., sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 20, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, nella parte in cui prevede che il decreto di citazione possa essere emesso in difetto di istruttoria e comunque di avviso della conclusione delle indagini preliminari ai sensi dell'art. 415-bis c.p.p. (In motivazione, la Corte ha ribadito che il procedimento penale davanti al G.d.P. configura un modello di giustizia autonomo, non comparabile con il procedimento per i reati di competenza del tribunale, in quanto ispirato a finalità di snellezza, semplificazione e rapidità). Corte Cost. 28 ottobre 2014, n.245.

La seconda innovativa tipologia di citazione a giudizio è costituita dal ricorso immediato al giudice di pace della persona offesa per i reati procedibili a querela.

In evidenza

La persona offesa dal reato può citare a giudizio dinanzi al giudice di pace la persona alla quale il reato è attribuito mediante la presentazione di un ricorso contenente i requisiti di cui all'art. 21 d.lgs. 274 del 2000.

Dibattimento e conciliazione

Per quanto concerne la fase del giudizio deve naturalmente tenersi conto dell'applicazione dell'art. 111 della Costituzione e, dunque, del contraddittorio nella formazione della prova e delle ipotesi tassative in cui eccezionalmente la prova non viene assunta in contraddittorio tra le parti.

Il rito dinanzi al giudice di pace non prevede l'udienza preliminare; si celebra direttamente l'udienza di comparizione dinanzi al giudice dibattimentale, il cui scopo principale è quello della conciliazione, ove possibile, nei casi di reati procedibili a querela.

L'art. 29 d.lgs. 274/2000 delinea l'udienza di comparizione prevedendo al primo comma che, almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione, il pubblico ministero o la persona offesa nel caso previsto dall'art. 21, depositino nella cancelleria del giudice di pace l'atto di citazione a giudizio con le relative notifiche. Al di fuori dei casi previsti dagli artt. 20 e 21 d.lgs. 274/2000 (il pubblico ministero e la persona offesa che formula ricorso immediato presentano le proprie liste testimoniali rispettivamente nella citazione diretta e nello stesso ricorso), le parti che intendono chiedere l'ammissione dei testimoni, periti, consulenti tecnici e delle persone imputate in un procedimento connesso devono, almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione, depositare in cancelleria le liste con l'indicazione delle circostanze su cui debba vertere l'esame, a pena inammissibilità (art. 29, comma 2, d.lgs. n. 274/2000). Nei casi in cui occorre rinnovare la convocazione o la citazione a giudizio ovvero le relative notificazioni, vi provvede il giudice di pace, anche d'ufficio (art. 29, comma 3, d.lgs. 274/2000).

Il deposito degli atti di indagine è evidentemente funzionale ad attuare la necessaria discovery probatoria, ed il relativo termine – analogo a quello previsto dall'articolo 555, comma 1, c.p.p. per l'udienza di comparizione a seguito di citazione diretta davanti al tribunale in composizione monocratica – appare idoneo a garantire l'esercizio del diritto di prova contraria.

Il quarto e il quinto comma dell'art. 29d.lgs. 274/2000 prevedono che il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, promuova la conciliazione tra le parti. In tal caso, qualora sia utile per favorire la conciliazione, il giudice può rinviare l'udienza per un periodo non superiore a due mesi e, ove occorra, può avvalersi anche dell'attività di mediazione di centri e strutture pubbliche o private presenti sul territorio. In ogni caso, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell'attività di conciliazione non possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della deliberazione. In caso di conciliazione è redatto processo verbale attestante la remissione di querela o la rinuncia al ricorso di cui all'art. 21 e la relativa accettazione. La rinuncia al ricorso produce gli stessi effetti della remissione della querela.

Per quel che concerne il tentativo di conciliazione, il comma 3 dell'art. 29 d.lgs. 274/2000 prevede che, qualora sia utile per favorire la conciliazione, il giudice di pace può rinviare l'udienza per un periodo non superiore a due mesi. Ove occorra, può avvalersi dell'aiuto di centri e strutture pubbliche e private.

Ha il carattere di un mero monito formale, alla luce delle osservazioni testé formulate, la previsione del comma 4 dell'art. 29,d.lgs. 274/2000, a mente del quale le dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell'attività di conciliazione non possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della deliberazione.

In caso di conciliazione il giudice redige un processo verbale che attesta la remissione della querela o la rinuncia al ricorso immediato e la relativa accettazione. Tale rinuncia ha gli stessi effetti della remissione della querela.

L'esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle parti private può essere condotto dal giudice sulla base delle domande e delle contestazioni proposte dal pubblico ministero e dai difensori su accordo delle parti.

Il verbale d'udienza, di regola, è redatto solo in forma riassuntiva. Il giudice di pace tenuto conto di esigenze dettate dalla particolarità complessità di taluni esami può decidere di ricorrere alla verbalizzazione integrale.