Omicidio colposo (e omicidio stradale)

Annamaria Peccioli
29 Aprile 2016

Il delitto di omicidio colposo è previsto nell'art. 589 c.p. ed incrimina chiunque cagioni per colpa la morte di un uomo. Accanto a tale figura, la l. 23 marzo 2016, n. 41 ha introdotto il delitto di omicidio colposo stradale (art. 589-bis c.p.) e quello di fuga del conducente (art. 589-ter c.p.), che, nel caso di cui all'articolo 589-bis c.p., prevede un aumento di pena da un terzo a due terzi. Gli elementi di maggior rilievo inerenti la fattispecie di omicidio colposo ed affrontati dalla giurisprudenza riguardano l'elemento soggettivo (con particolare riguardo alla problematica distinzione rispetto all'omicidio imputabile a titolo di dolo eventuale e alla c.d. colpa grave nella responsabilità colposa professionale) e l'accertamento del profilo della causalità (con particolare riguardo alla responsabilità penale del sanitario in caso di condotta omissiva colposa).
Inquadramento

Il delitto di omicidio colposo è previsto nell'art. 589 c.p. ed incrimina chiunque cagioni per colpa la morte di un uomo. Accanto a tale figura, la l. 23 marzo 2016, n. 41 ha introdotto il delitto di omicidio colposo stradale (art. 589-bis c.p.) e quello di fuga del conducente (art. 589-ter c.p.) che, nel caso di cui all'articolo 589-bis c.p., prevede un aumento di pena da un terzo a due terzi.
Gli elementi di maggior rilievo inerenti la fattispecie di omicidio colposo ed affrontati dalla giurisprudenza riguardano l'elemento soggettivo (con particolare riguardo alla problematica distinzione rispetto all'omicidio imputabile a titolo di dolo eventuale e alla c.d. colpa grave nella responsabilità colposa professionale) e l'accertamento del profilo della causalità (con particolare riguardo alla responsabilità penale del sanitario in caso di condotta omissiva colposa)

Problematica distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente. 1. La responsabilità da contagio da virus HIV

La problematica distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente è emersa prevalentemente in due situazione: responsabilità in caso di contagio da virus HIV e nell'ambito dell'infortunistica stradale.

La responsabilità da contagio da virus HIV. La problematica distinzione tra omicidio sorretto da dolo eventuale e omicidio colposo si è posta in evidenza nell'ambito della vicenda relativa alla trasmissione del virus HIV in caso di rapporti sessuali non protetti, senza che l'agente riveli al partner la sua condizione di sieropositività. La giurisprudenza, richiamandosi al c.d. accettazione del rischio, ha affermato che ciò che distingue il dolo eventuale dalla colpa cosciente è l'accettazione del rischio che si verifichi l'evento lesivo del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice: si ha dolo eventuale, quando il soggetto agente ponendo in essere una condotta diretta verso un certo scopo, si rappresenta però la possibilità che dalla propria azione possa derivare una diversa conseguenza criminosa e, nonostante ciò, agisca accettando appunto il rischio di cagionarla. La giurisprudenza ha, pertanto, affermato la responsabilità, a titolo di dolo nel caso di un soggetto che, consapevole di essere affetto da sindrome di HIV, aveva ciò nonostante intrattenuto per lunghi anni rapporti sessuali con il proprio partner, senza avvertirlo del pericolo e così finendo per trasmettergli il virus della suddetta malattia (Cass. pen., Sez. V, 17 settembre 2008,n. 44712 )

(Segue). 2. Responsabilità penale in caso di incidenti stradali. L'introduzione del delitto di omicidio stradale.

Tradizionalmente la responsabilità per le ipotesi di verificazione di morte nell'ambito della circolazione stradale è stata inquadrata dalla giurisprudenza nella sfera di applicazione dell'omicidio colposo. In giurisprudenza sul finire degli anni Duemila per la prima volta in sede di legittimità venne riconosciuto sussistente l'omicidio doloso in caso di vicende particolarmente gravi attraverso una valorizzazione della categoria del dolo eventuale (nei casi di attraversamento di incroci con il semaforo rosso o di repentine inversioni di marcia, v. Cass. pen., Sez. feriale, 31 ottobre 2008, n. 40878). Linea interpretativa confermata da successiva giurisprudenza di legittimità, seppur in un procedimento di riesame di misura cautelare, che ritenne riconducibile all'omicidio doloso alla luce della tradizionale ricostruzione del dolo eventuale, l'aver cagionato la morte di alcune persone a seguito della collisione avvenuta per aver percorso contro mano, a elevata velocità e in stato di ebbrezza alcolica un tratto autostradale. Tale inquadramento consentiva, in effetti, di qualificare come dolosi alcuni comportamenti di rilevantissima gravità, riconducendo alle ipotesi colpose dei previgenti artt. 589 e 590 c.p. la maggioranza degli incidenti stradali. Fattispecie per i quali il legislatore aveva previsto un innalzamento del trattamento sanzionatorio ed una parziale blindatura del giudizio di bilanciamento. La nuova linea interpretativa giurisprudenziale in tema di dolo eventuale (caso Thyssen Krupp, Cass. pen., Sez. un., n. 38343/2014) volta a destrutturare la figura del dolo eventuale si è riflessa anche nella giurisprudenza in materia di incidenti stradali, che recentemente (Cass. pen., Sez. IV, 10 aprile 2014, n. 24612; Cass. pen., Sez. I, 11 marzo 2015, n. 18220) ha ricondotto ipotesi (anche di particolare gravità come incidenti dovute a spericolate manovre di sorpasso in curva o di inserimento in contromano in autostrada) nuovamente al delitto di omicidio colposo. L'introduzione di autonome fattispecie – che non appare giustificata dall'eliminazione dei rischi inerenti la vanificazione dell'aumento di pena in sede di giudizio di bilanciamento, in quanto le previgenti circostanze aggravanti erano blindate ex art. 589-bis c.p. previgente – oltre ad essere tipica espressione di scelte politiche criminali della sicurezza (in cui si assiste ad un utilizzo simbolico del diritto penale), risponde probabilmente alla consapevolezza dell'atteggiamento di estrema diffidenza della giurisprudenza verso la categoria del dolo eventuale.

La legge 23 marzo 2016, n. 41, ha introdotto i delitti di omicidio colposo stradale (art. 589 -bisc.p.) e di fuga (art. 589-ter c.p.), il quale prevede un aumento di pena da un terzo a due terzi nel caso in cui il conducente si dia alla fuga. Ipotesi per la cui configurabilità rimane, comunque, preliminare alla configurabilità delle nuove ipotesi colpose (sia l'omicidio sia le lesioni personali gravi) escludere la sussistenza di profili di responsabilità dolosa (dolo eventuale).

Il primo comma dell'art. 589-bis c.p. incrimina chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (reclusione da due a sette anni). Si tratta dell'ipotesi base caratterizzata necessariamente da profili di colpa specifica, rappresentati dalla violazione di norme del codice della strada, residuali rispetto a quelle che costituiscono elemento costitutivo delle circostanze aggravanti dei commi successivi. In caso di incidenti stradali cagionati per colpa generica rimane, comunque, configurabile l'ipotesi dell'art. 589 c.p.
I commi successivi prevedono una serie di circostanze aggravanti blindate (a cui l'art. 590-quater c.p.accorda un particolare privilegio nel giudizio di bilanciamento, in virtù del quale le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 c.p., non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni si operano sulla quantità di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti), in cui il rafforzamento del trattamento sanzionatorio è legato alla violazione di specifiche disposizioni del codice della strada, relative allo stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, alla velocità o a particolari modalità di realizzazione dell'incidente.

Il secondo comma prevede la reclusione da otto a dodici anni per chi ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi rispettivamente degli articoli 186, comma 2, lettera c) cod. strada (tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l)), e art. 187 cod. strada, cagioni per colpa la morte di una persona, è punito con la reclusione da otto a dodici anni. Analoga sanzione si applica al conducente di un veicolo a motore di cui all'articolo 186-bis, comma 1, lettere b), c) e d), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il quale, in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera b), (tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro (g/l)) del medesimo decreto legislativo n. 285 del 1992, cagioni per colpa la morte di una persona.
Il quarto comma prevede una circostanza aggravante (residuale rispetto a quella del terzo comma e per cui è prevista la pena della reclusione da cinque a dieci anni) per chi ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera b), cod. strada, cagioni per colpa la morte di una persona.

Si potrà porre un problema interpretativo in ordine al possibile concorso tra le contravvenzioni di cui agli artt. 186 e 187 codice della strada (così come affermava la giurisprudenza sotto la vigenza della precedente disciplina) o alla configurabilità di un reato complesso (soluzione preferibile, ritenendo l'omicidio stradale in grado di assorbire l'intero disvalore del fatto alla luce della più grave sanzione applicabile.).

Il quinto comma delinea tre diverse ipotesi circostanziali (per cui è prevista la pena della reclusione da cinque a dieci anni):

1) al conducente di un veicolo a motore che, procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una velocita' superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita, cagioni per colpa la morte di una persona;

2) al conducente di un veicolo a motore che, attraversando un'intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero circolando contromano, cagioni per colpa la morte di una persona;

3) al conducente di un veicolo a motore che, a seguito di manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o a seguito di sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua, cagioni per colpa la morte di una persona.

Tali circostanze aggravanti (con particolare riguardo a quelle indicate nei numeri 2 e 3) esemplificano le ipotesi che la giurisprudenza, precedente alla riforma del 2016, riconduceva nell'alveo applicativo dell'omicidio con dolo eventuale. Rimane, pertanto, preliminare alla configurabilità delle nuove ipotesi colpose (sia l'omicidio sia le lesioni personali gravi) escludere la sussistenza di profili di responsabilità dolosa (dolo eventuale).
Il sesto comma prevede una circostanza aggravante ad effetto comune se il fatto è commesso da persona non munita di patente di guida o con patente sospesa o revocata, ovvero nel caso in cui il veicolo a motore sia di proprietà dell'autore del fatto e tale veicolo sia sprovvisto di assicurazione obbligatoria.
Il settimo comma contiene l'unica circostanza attenuante speciale: nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole, la pena è diminuita fino alla metà. L'ultimo comma prevede che qualora il conducente cagioni la morte di più persone, ovvero la morte di una o più persone e lesioni a una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo ma la pena non può superare gli anni diciotto.

Completano il catalogo delle circostanze aggravanti gli artt. 589-ter e 590-terc.p. che prevedono un aumento di pena da un terzo a due terzi (non inferiore a cinque anni in caso di omicidio e a tre anni in caso di lesioni gravi e gravissime) nel caso in cui il conducente si dia alla fuga.

La legge 23 marzo 2016, n. 41 ha previsto, altresì, riformando il comma 8 dell'art. 189 del codice della strada che solo nel caso in cui dall'incidenti derivi il delitto di lesioni personali colpose, il conducente che si fermi e, occorrendo, presti assistenza a coloro che hanno subito danni alla persona, mettendosi immediatamente a disposizione degli organi di polizia giudiziaria, non possa essere soggetto all'arresto stabilito per il caso di flagranza di reato.

La riforma prevede, che alla condanna, ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale consegue la revoca della patente di guida. La disposizione del quarto periodo si applica anche nel caso in cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena (art. 222, comma 2, cod. strada). Nel caso di applicazione della sanzione accessoria per i reati di cui all'articolo 589-bis, commi 2, 3 e 4, del codice penale, l'interessato non può conseguire una nuova patente prima che siano decorsi quindici anni dalla revoca; per il reato di cui all'articolo 589-bis, comma 5, del codice penale, l'interessato non può conseguire una nuova patente prima che siano decorsi dieci anni dalla revoca. Tale termine è elevato a venti anni nel caso in cui l'interessato sia stato in precedenza condannato per i reati di cui all'articolo 186, commi 2, lettere b) e c), e 2-bis, cod. strada ovvero di cui all'articolo 187, commi 1 e 1-bis, del presente codice. Il termine è ulteriormente aumentato sino a trenta anni nel caso in cui l'interessato non abbia ottemperato agli obblighi di cui all'articolo 189, comma 1, cod. strada e si sia dato alla fuga.

Nel caso di applicazione della sanzione accessoria per i reati di cui agli articoli 589-bis, comma 1, e 590-bis del codice penale, l'interessato non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca. Tale termine è raddoppiato nel caso in cui l'interessato sia stato in precedenza condannato per i reati di cui all'articolo 186, commi 2, lettere b) e c), e 2-bis, ovvero di cui all'articolo 187, commi 1 e 1-bis, del presente codice. Il termine è ulteriormente aumentato sino a dodici anni nel caso in cui l'interessato non abbia ottemperato agli obblighi di cui all'articolo 189, comma 1, cod. strada e si sia dato alla fuga.

(Segue). 3. La responsabilità del sanitario

La responsabilità penale dell'operatore sanitario poteva rilevare, in primo luogo, sul piano dell'accertamento del nesso di causalità tra la condotta omissiva colposa e l'evento morte. In giurisprudenza vi erano due indirizzi interpretativi: ad uno più rigoroso, in base al quale anche poche possibilità di esito favorevole erano sufficienti per ritenere sussistente il rapporto di causalità (quantificato anche nel 30% v. Cass. pen., Sez. IV, 12 luglio 1991) si contrapponeva uno diverso che riteneva, invece, necessaria una forte probabilità di successo (Cass. pen., Sez. IV, 28 novembre 2000; Cass. pen., Sez. IV, 28 settembre 2000). A dirimere il contrasto intervennero le Sezioni unite (Cass. pen., Sez. un., 10 luglio 2002, n. 30328) in base alle quali il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica – si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell'evento hic et nunc, questo non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. La colposa omissione, da parte del medico, di interventi terapeutici può considerarsi causa della morte del paziente soltanto se, ove l'intervento fosse stato tempestivamente effettuato, possa ragionevolmente ritenersi che l'evento lesivo non si sarebbe verificato. Tale giudizio tuttavia non va compiuto sulla base di meri calcoli probabilistici, ma in base a regole di esperienza o leggi scientifiche.

Orientamenti a confronto. Responsabilità penale in caso di incidenti stradali

Orientamento 1

In materia di responsabilità per colpa medica omissiva, nella ricerca del nesso di causalità fra la condotta e l'evento, al criterio della certezza degli effetti è possibile sostituire quello della probabilità – anche limitata (nel caso di specie, il 30%) – e della idoneità a produrli. L'opera del sanitario è, quindi, causa del decesso allorché, se fosse stata tempestiva e correttamente svolta, avrebbe avuto serie ed apprezzabili possibilità di successo, tali che la vita del paziente sarebbe stata con una certa probabilità salvata (Cass. pen., Sez. IV, 12 luglio 1991).

Orientamento 2

In tema di responsabilità medica, il rapporto di causalità deve essere accertato avvalendosi di una legge di copertura, scientifica o statistica, che consenta di ritenere che la condotta omissiva, con una probabilità vicina alla certezza, sia stata causa di un determinato evento (Cass. pen., Sez. IV, 28 novembre 2000)

Intervento delle Sezioni unite

La colposa omissione, da parte del medico, di interventi terapeutici può considerarsi causa della morte del paziente soltanto se, ove l'intervento fosse stato tempestivamente effettuato, possa ragionevolmente ritenersi che l'evento lesivo non si sarebbe verificato. Tale giudizio tuttavia non va compiuto sulla base di meri calcoli probabilistici, ma in base a regole di esperienza o leggi scientifiche . (Cass. pen., Sez. un., 10 luglio 2002, n. 30328).

Giurisprudenza successiva

In tema di responsabilità del sanitario per condotte omissive in fase diagnostica, ai fini dell'accertamento della sussistenza del nesso di causalità, occorre far ricorso ad un giudizio controfattuale meramente ipotetico, al fine di accertare, dando per verificato il comportamento invece omesso, se quest'ultimo avrebbe, con un alto grado di probabilità logica, impedito o significativamente ritardato il verificarsi dell'evento o comunque ridotto l'intensità lesiva dello stesso. (Cass. pen., Sez. fer, 25 agosto 2015, n, 41158)

Un secondo elemento problematico riguardava il caso dell'intervento chirurgico con esito infausto od eseguito in assenza del consenso del paziente.
Nel passato (Cass. pen., 21 aprile 1992) il trattamento chirurgico con esito infausto veniva inquadrata nella sfera di applicazione dell'omicidio preterintenzionale, in virtù dell'inquadramento nell'ambito delle lesioni dolose dell'intervento eseguito in assenza di consenso al di fuori di condizioni di necessità ed urgenza. Successivamente la giurisprudenza (Cass. pen., 9 marzo 2001) ha affermato che nel caso in cui sopravvenga la morte del malato, l'intervento chirurgico eseguito senza il consenso del paziente, ed in assenza di ragioni di urgenza, integrasse a carico del medico, ricorrevano le condizioni, il delitto di omicidio colposo e non quello di omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.) e ciò perché nella condotta del sanitario mancano gli estremi degli atti diretti a commettere il delitto di lesioni personali volontarie a danno del paziente. In alcuni casi (Cass. 29 maggio 2002), con un ricostruzione più discutibile della natura del presupposto di liceità dell'attività medico chirurgica si afferma la piena legittimazione del chirurgo ad effettuare il trattamento terapeutico giudicato necessario per la salvaguardia della salute del paziente affidato alle sue cure, anche in mancanza di esplicito consenso, dovendosi invece ritenere insuperabile l'espresso, libero e consapevole rifiuto eventualmente manifestato dal medesimo paziente, ancorché l'omissione dell'intervento possa cagionare il pericolo di un aggravamento dello stato di salute dell'infermo e, persino, la sua morte; in tale ultima ipotesi, qualora il medico effettui ugualmente il trattamento rifiutato, potrà profilarsi a suo carico il reato di violenza privata ma non - nel caso in cui il trattamento comporti lesioni chirurgiche ed il paziente muoia - il diverso e più grave reato di omicidio preterintenzionale, non potendosi ritenere che le lesioni chirurgiche, strumentali all'intervento terapeutico, possano rientrare nella previsione di cui all'art. 582 c.p. A dirimere il contrasto giurisprudenziale sono intervenute le Sezioni unite della Corte di Cassazione (Cass. pen., Sez.un., 18 dicembre 2008, n. 2437) che, dopo una rassegna degli orientamenti in materia, hanno escluso la rilevanza penale della condotta del medico sia sotto il profilo della violenza privata sia sotto il profilo della lesione. Nel caso in cui l'intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis, si sia concluso con esito fausto, essendo da esso derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute del paziente, in riferimento anche alle eventuali alternative ipotizzabili e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte dello stesso. L'attività medico-chirurgica si legittima grazie al consenso informato del paziente, secondo quanto desumibile dagli art. 2, 13 e 32, comma 2, Cost. Allo stato della legislazione penale esistente, tuttavia, non è riconoscibile alcuna rilevanza penale alla condotta del medico che effettui un intervento operatorio in assenza del consenso del paziente o che modifichi l'intervento in riferimento al quale originariamente il consenso era stato prestato, se l'intervento si conclude con esito fausto. Esclusa la configurabilità di altre ipotesi criminose, sarà pertanto configurabile il delitto di omicidio colposo nel caso di intervento chirurgico con esito infausto.

In relazione all'eventuale responsabilità colposa del sanitario la giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., 23 marzo 1995; Cass. pen., 14 aprile 1983), inizialmente aveva interpretato in un'ottica favorevole la colpa professionale del sanitario: in corso di attività sanitarie comportanti difficoltà tecniche si sostenne l'applicabilità dell'art. 2236 c. c., che sancisce che se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave. Tale applicazione era giustificata dalla necessità di coerenza sistematica dell'ordinamento, per evitare che comportamenti non riconducibili ad un illecito civile avessero rilevanza penale. Successivamente la giurisprudenza (Cass. pen., 17 gennaio 2012, n. 6981; Cass., 14 ottobre 2009, n. 43446) adottò un'interpretazione più restrittiva finalizzata ad ancorare la responsabilità per attività sanitarie di particolare complessità all'art. 43 c.p. Con l'art. 3, comma 1, del d.l. 13 settembre 2012, n.158, conv. nella l.189/2012 (c.d. Legge Balduzzi), si prevede che l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attivita' si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunita' scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile.

Si tratta, come evidenziato dalla giurisprudenza (Cass. pen., 29 gennaio 2013, n. 16237; Cass. pen., 15 ottobre 2013, n. 46753), di una delimitazione dell'area della rilevanza penale in ambito medico, stabilendo che la condotta del sanitario, quando conforme alle linee guida e alle buone pratiche operative accredidate dalla comunità scientifica, non è più punibile per colpa lieve ma solo per colpa grave: trattasi, infatti, di una parziale abrogazione delle fattispecie colpose con colpa lieve. Già prima dell'introduzione della c.d. Legge Balduzzi la giurisprudenza aveva ribadito che le linee guida non potevano avere carattere prescrittivo ma meramente orientativo per la condotta del medico e per la sua valutazione da parte del giudice. L'osservanza delle linee guida non esclude la responsabilità penale, potendo in alcuni casi essere più opportuno discostarsene a favore di scelte cliniche

Aspetti processuali

L'art. 157, comma 6, c.p. prevede il raddoppio dei termini di prescrizione del reato nell'ipotesi di cui al secondo dell'art. 589 c.p. e per l'ipotesi di omicidio stradale. L'art. 406, comma 2-ter c.p.p. prevede che la proroga del termine per le indagini preliminari non possa essere concessa una seconda volta per nell'ipotesi di cui al secondo dell'art. 589 c.p. e per l'ipotesi di omicidio stradale. Per le medesime fattispecie si prevede che la richiesta di rinvio a giudizio debba essere depositata entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari (art. 416 , comma 2-bis c.p.p.) e che tra la data del decreto che dispone il giudizio e la data fissata per il giudizio non può intercorrere un termine superiore a sessanta giorni (art. 429, comma 3-bis c.p.p.).

La l. 23 marzo 2016, n. 41 ha previsto, che nelle ipotesi in cui si proceda per taluni dei reati previsti dagli articoli 590, comma 3, e 590-bis c.p. il decreto di citazione a giudizio deve essere emesso entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari e la data di comparizione di cui al comma 1, lettera d), dell'art. 552 c.p.p. è fissata non oltre novanta giorni dalla emissione del decreto (art. 552 , commi 1-bis e 1-ter c.p.p.)

La l. 41/2016 ha aggiunto anche il comma 3-bis all'art. 359-bis c.p.p. in base al quale nei casi di cui agli articoli 589-bis, qualora il conducente si rifiuti di sottoporsi agli accertamenti dello stato di ebbrezza alcolica ovvero di alterazione correlata all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, se vi e' fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, il decreto di cui al comma 2 e gli ulteriori provvedimenti ivi previsti possono, nei casi di urgenza, essere adottati anche oralmente e successivamente confermati per iscritto. Gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono all'accompagnamento dell'interessato presso il più vicino presidio ospedaliero al fine di sottoporlo al necessario prelievo o accertamento e si procede all'esecuzione coattiva delle operazioni se la persona rifiuta di sottoporvisi. Del decreto e delle operazioni da compiersi e' data tempestivamente notizia al difensore dell'interessato, che ha facoltà di assistervi, senza che ciò possa comportare pregiudizio nel compimento delle operazioni. Si applicano altresì le previsioni di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 365 c.p.p.
Entro le quarantotto ore successive, il pubblico ministero richiede la convalida del decreto e degli eventuali ulteriori provvedimenti al giudice per le indagini preliminari, che provvede al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive, dandone immediato avviso al pubblico ministero e al difensore. Le operazioni devono sempre svolgersi nel rispetto delle condizioni previste dai commi 4 e 5 dell'articolo 224-bis c.p.p.

La riforma del 2016 ha previsto alcune modifiche a norme del codice della strada relative alla revoca e alla sospensione della patente di guida. Come già detto, ai sensi dell'art. 222, comma 2,cod. strada è previsto che alla condanna, ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale consegue la revoca della patente di guida. La disposizione del quarto periodo si applica anche nel caso in cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena. Il cancelliere del giudice che ha pronunciato la sentenza divenuta irrevocabile ai sensi dell'articolo 648 del codice di procedura penale, nel termine di quindici giorni, ne trasmette copia autentica al prefetto competente per il luogo della commessa violazione, che emette provvedimento di revoca della patente e di inibizione alla guida sul territorio nazionale, per un periodo corrispondente a quello per il quale si applica la revoca della patente, nei confronti del soggetto contro cui e' stata pronunciata la sentenza. I successivi commi 3-bis, 3-ter e 3-quater dell'art. 222 cod. strada prevedono rigorosi limiti per il conseguimento di una nuova patente.

La riforma del 2016 ha modificato l'art. 224-bis, comma 1, c.p.p. prevedendo che qualora la sospensione della patente, sia disposta nei confronti di titolare di patente di guida rilasciata da uno Stato estero, il prefetto del luogo della commessa violazione, ricevuti gli atti, nei quindici giorni successivi emette un provvedimento di inibizione alla guida sul territorio nazionale valido per il medesimo periodo previsto dal comma 2, quarto periodo. L'inibizione alla guida sul territorio nazionale e' annotata nell'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida di cui all'articolo 225 c.p.p. per il tramite del collegamento informatico integrato di cui al comma 7 dell'articolo 403 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495

Completano il trattamento sanzionatorio delle nuove figure di omicidio e di lesioni colpose stradali le disposizioni processuali in ordine all'arresto obbligatorio in flagranza (art. 380, comma 2 , lett. m-quater) c.p.p.) per il delitto di omicidio colposo stradale previsto dall'articolo 589-bis, commi 2 e 3, del codice penale e all'arresto facoltativo in flagranza (art. 381, comma 2, lett. m-qunquies) c.p.p.) per il delitto di lesioni colpose stradali gravi o gravissime previsto dall'articolo 590-bis, commi 2, 3 , 4, 5, del codice penale.

Casistica

Responsabilità colposa in caso di incidenti stradali

In materia di incidenti da circolazione stradale, l'accertata sussistenza di una condotta antigiuridica di uno degli utenti della strada con violazione di specifiche norme di legge o di precetti generali di comune prudenza non può di per sé far presumere l'esistenza della causalità tra il suo comportamento e l'evento dannoso, che occorre sempre provare e che si deve escludere quando sia dimostrato che l'incidente si sarebbe ugualmente verificato senza quella condotta o è stato, comunque, determinato esclusivamente da una causa diversa: ciò perché, per poter affermare la responsabilità, occorre non solo la causalità materiale tra la condotta e l'evento dannoso, ma anche la cosiddetta causalità della colpa ossia la dimostrazione del nesso in concreto tra la condotta violatrice e l'evento (Cass. pen.,Sez. IV, 18 maggio 2011, n. 27735; Cass. pen., Sez. I, 11 marzo 2015, n. 18220).

Responsabilità colposa in caso di trasmissione del virus HIV

La giurisprudenza ha, pertanto, affermato la responsabilità, a titolo di dolo nel caso di un soggetto che, consapevole di essere affetto da sindrome di HIV, aveva ciò nonostante intrattenuto per lunghi anni rapporti sessuali con il proprio partner, senza avvertirlo del pericolo e così finendo per trasmettergli il virus della suddetta malattia) (Cass. pen., Sez. V, 17 settembre 2008,n. 44712).

Responsabilità colposa del sanitario

Il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica – si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell'evento hic et nunc, questo non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. La colposa omissione, da parte del medico, di interventi terapeutici può considerarsi causa della morte del paziente soltanto se, ove l'intervento fosse stato tempestivamente effettuato, possa ragionevolmente ritenersi che l'evento lesivo non si sarebbe verificato. Tale giudizio tuttavia non va compiuto sulla base di meri calcoli probabilistici, ma in base a regole di esperienza o leggi scientifiche (Cass. pen., Sez. un., 10 luglio 2002, n.30328).

In tema di responsabilità del sanitario per condotte omissive in fase diagnostica, ai fini dell'accertamento della sussistenza del nesso di causalità, occorre far ricorso ad un giudizio controfattuale meramente ipotetico, al fine di accertare, dando per verificato il comportamento invece omesso, se quest'ultimo avrebbe, con un alto grado di probabilità logica, impedito o significativamente ritardato il verificarsi dell'evento o comunque ridotto l'intensità lesiva dello stesso. (Cass. pen., Sez. fer, 25 agosto 2015, n, 41158 Fattispecie in cui è stata esclusa la responsabilità degli imputati, non essendo stata raggiunta la prova che, ove questi avessero ripetuto determinati esami strumentali, sarebbero pervenuti con certezza od elevata probabilità od una diagnosi differenziale di quella formulata, che avrebbe consentito di compiere l'intervento chirurgico necessario per impedire il decesso del paziente).

In tema di responsabilità professionale del medico, la normativa introdotta dall'articolo 3 della legge 8 novembre 2012 n. 189, secondo cui l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve, pur trovando terreno di elezione nell'ambito dell'imperizia, può tuttavia venire in rilievo anche quando il parametro valutativo della condotta dell'agente sia quello della diligenza, come nel caso in cui siano richieste prestazioni che riguardino più la sfera della accuratezza di compiti magari particolarmente qualificanti, che quella della adeguatezza professionale (Cass. pen., Sez. fer., 1 luglio 2015, n. 45527)

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