Interrogatorio di garanzia

Daniele Caprara
10 Agosto 2017

L'archetipo dell'istituto, che ha codificato il diritto ad un tempestivo interrogatorio ad opera del giudice competente a favore di chi sia attinto da misura custodiale, è da ricercare nelle fonti sovranazionali (quali l'art. 5 n. 3 delle Convenzione europea dei diritti dell'uomo e l'art. 14 n. 3 del Patto internazionale sui diritti civili e politici) e nel precetto costituzionale dell'art. 13 Cost., che ha istituito l'inviolabilità della libertà personale, con ogni conseguente corollario. Esso ha, quale principale finalità, l'introduzione della garanzia di un pronto contatto tra il giudice e il destinatario della misura restrittiva: tale contatto si traduce, da un lato, nel potere dovere di esaminare l'imputato – posto nelle condizioni di conoscere le fonti dell'accusa e le ragioni che hanno determinato lo stato di privazione della libertà – con le modalità dell'interrogatorio ed i presidi ad esso correlati (artt. 64 e 65 c.p.p.), dall'altro nella valutazione circa la permanenza delle esigenze originariamente ravvisate e l'opportunità di mantenimento della misura.
Inquadramento

L'archetipo dell'istituto, che ha codificato il diritto ad un tempestivo interrogatorio ad opera del giudice competente a favore di chi sia attinto da misura custodiale, è da ricercare nelle fonti sovranazionali (quali l'art. 5 n. 3 delle Convenzione europea dei diritti dell'uomo e l'art. 14 n. 3 del Patto internazionale sui diritti civili e politici) e nel precetto costituzionale dell'art. 13 Cost., che ha istituito l'inviolabilità della libertà personale, con ogni conseguente corollario.

Esso ha, quale principale finalità, l'introduzione della garanzia di un pronto contatto tra il giudice e il destinatario della misura restrittiva: tale contatto si traduce, da un lato, nel potere dovere di esaminare l'imputato – posto nelle condizioni di conoscere le fonti dell'accusa e le ragioni che hanno determinato lo stato di privazione della libertà – con le modalità dell'interrogatorio ed i presidi ad esso correlati (artt. 64 e 65 c.p.p.), dall'altro nella valutazione circa la permanenza delle esigenze originariamente ravvisate e l'opportunità di mantenimento della misura.

Proprio le caratteristiche che contraddistinguono detto interrogatorio conferiscono ad esso una funzione di controllo e garanzia, qualificandolo come strumento indispensabile volto ad ottenere l'immediata verifica, sia rituale che sostanziale, tanto del provvedimento restrittivo quanto della permanenza delle esigenze ad esso sottese.

Detta funzione è stata altresì incrementata dall'art. 1 del d.lgs. 1 luglio 2014 n. 101, che ha introdotto, al comma 1-bis dell'art. 294 c.p.p., la previsione che «il giudice, anche di ufficio, verifica che all'imputato in stato di custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari sia stata data la comunicazione di cui all'art. 293 comma 1, o che comunque sia stato informato ai sensi del comma 1-bis dello stesso articolo, e provvede, se del caso, a dare o a completare la comunicazione o l'informazione ivi indicate».

Nessun dubbio che la prospettiva dell'interrogatorio sia eminentemente, se non esclusivamente, difensiva: non solo per la natura e le peculiarità che lo qualificano ma anche per la natura degli interventi legislativi che hanno fatto seguito alla sua istituzione, progressivamente delineandone in modo più netto e preciso la natura.

Si consideri, in tale prospettiva, quanto disposto dall'art. 11 della legge 332/1995, che esclude la possibilità al pubblico ministero di procedere al proprio interrogatorio prima del giudice; e ancora, la previsione della legge 60/2001 che ha istituito come obbligatoria la presenza del difensore, pena la nullità dell'atto.

Proprio in ragione della matrice garantistica dell'istituto, la verifica giudiziale da esso prevista deve avere uno spettro valutativo assai ampio che – anche alla luce degli elementi forniti dal prevenuto in sede di interrogatorio – garantisca un vaglio approfondito sulle esigenze cautelari, sulle condizioni generali di applicabilità, sulla sussistenza delle condizioni in relazione ai limiti di pena previsti.

Logico corollario, sempre a motivo delle finalità alle quali è destinato l'interrogatorio, come l'intervento del difensore abbia un ruolo fondamentale, sia con riferimento alla rivalutazione del quadro indiziario attribuito all'indagato, sia in relazione all'approfondimento dei temi correlati alla sussistenza delle esigenze cautelari, al rispetto dei parametri applicativi della misura, della adeguatezza e proporzionalità, in rapporto alle varie esigenze.

Il perimetro cronologico di applicazione dell'istituto

L'art. 294, al comma 1, c.p.p. prevede espressamente che l'istituto dell'interrogatorio trovi il proprio invalicabile barrage applicativo nella dichiarazione di apertura del dibattimento.

È escluso, pertanto, che sussista un obbligo di effettuare l'interrogatorio, ove la misura intervenga dopo l'apertura del dibattimento. Con essa, invero, si determina un mutamento dell'assetto del rito, al quale corrisponde l'inizio del contraddittorio processuale, che sostituisce il presidio di garanzia costituito dall'art. 294 c.p.p.: in altri termini, a partire dalla dichiarazione di apertura, le esigenze difensive dell'imputato si intendono adeguatamente soddisfatte in seno alla celebrazione del dibattimento: fase che consente all'interessato di prospettare in ogni momento e con la garanzia del contraddittorio, quanto ritiene utile alla propria difesa, anche con riferimento alla sussistenza dei presupposti per mantenere la custodia ed alla indispensabilità della medesima.

Il termine cronologico per il compimento dell'interrogatorio

Sotto il profilo cronologico, come già rilevato, l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere deve essere eseguito non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della stessa. Il termine è esteso a dieci giorni, ove la misura cautelare o coercitiva sia diversa e meno afflittiva di quella estrema.

Le misure cautelari perdono immediatamente efficacia ove il giudice non provveda all'interrogatorio nei termini prescritti dall'art. 294, comma 1 e 1-bis c.p.p., poiché la compressione della libertà personale esige che l'intervento giurisdizionale avvenga nel limite prescritto. La peculiare formulazione dell'art. 302 c.p.p., che dispone l'estinzione della custodia per omesso interrogatorio, ha destato qualche dubbio interpretativo circa la sorte delle misure diverse dalla custodia cautelare. Tuttavia, tale limitazione è stata ormai superata dall'intervento della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 302 c.p.p., nella parte in cui non prevede che le misure cautelari coercitive diverse dalla custodia cautelare, e quelle interdittive, perdono immediatamente efficacia se il giudice non procede all'interrogatorio entro il termine previsto dall'art. 294, comma 1-bis, c.p.p. (cfr. Corte cost. 4 aprile 2001, n. 95).

Analogamente, si è determinata una divergenza interpretativa circa l'ipotesi di reiterazione di ordinanze custodiali: invero si è ritenuto che la caducazione della misura restrittiva per l'omesso interrogatorio, renda nulla l'eventuale ulteriore ordinanza custodiale allorquando essa sia disposta senza la preventiva ed effettiva liberazione dell'indagato (cfr. Cass. pen., Sez. V, 12 gennaio 2006, n. 7809).

Si è tuttavia altresì affermato che, ai fini del ripristino della misura l'art. 302 c.p.p., si esige unicamente che il titolo caducato non sia più operante al momento dell'interrogatorio, non richiedendosi che quest'ultimo avvenga dopo la liberazione di fatto dell'interessato (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 23 maggio 2007, n. 28110).

Peraltro l'obbligo del previo interrogatorio dell'indagato scarcerato per la caducazione del precedente titolo si riferisce esclusivamente all'ordinanza del giudice richiesto del ripristino della misura e non anche a quello di fermo eventualmente disposto dal pubblico ministero dopo la scarcerazione (Cass. pen., Sez. IV, 25 maggio 2007, n. 36897).

Con riferimento ai criteri di computo dei termini, rispettivamente di cinque e dieci giorni, nell'ambito dei quali effettuare l'interrogatorio, appare condivisa l'interpretazione secondo la quale il termine deve essere calcolato nel rispetto della regola generale di cui all'art. 172, comma 4, c.p.p., e cioè non tenendo conto del dies a quo ma soltanto del dies ad quem.

Minoritario l'orientamento secondo il quale il computo del termine avrebbe dovuto rispecchiare il parametro istituito dall'art. 297, comma 1, c.p.p. (secondo il quale «gli effetti della custodia cautelare decorrono dalla cattura, dall'arresto o dal fermo», quindi tenendo conto anche del giorno in cui il soggetto è privato della libertà), poiché esso riguarda, in particolare, gli effetti della custodia cautelare; diversamente dall'art. 294 c.p.p. che invece regolamenta l'attività del giudice (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 17 novembre 1999, n. 3778; conforme: Cass. pen., Sez. V, 17 dicembre 2010, n. 15225).

In ottemperanza ai princìpi generali in materia, laddove la scadenza del termine intervenga in un giorno festivo l'interrogatorio può essere svolto legittimamente il primo giorno non festivo successivo ad esso.

Esiste tuttavia un'ipotesi di differimento, nel caso in cui la persona in stato di custodia sia assolutamente impedita. Il giudice dovrà motivare il proprio provvedimento con decreto, nel quale rappresenterà la sussistenza e l'entità dell'impedimento. Alla mancanza di tale provvedimento consegue la perdita di efficacia della misura ex art. 302 c.p.p. (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 29 aprile 1999, n. 1327).

Detto decreto è inoppugnabile (in base al principio di tassatività dei mezzi di gravame), considerato che la previsione di un decreto motivato è finalizzata a istituire un regime di controllo interno, volto a verificare se il giudice abbia esercitato correttamente il proprio potere discrezionale (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 9 ottobre 2012, n. 42532).

Tra le ipotesi di assoluto impedimento, peculiare è quella della mancata conoscenza della lingua italiana: invero, laddove la mancata conoscenza della lingua, non preventivamente nota, emerga nel corso dell'interrogatorio di garanzia, tale situazione deve essere equiparata a quella di assoluto impedimento, regolata dall'art. 294, comma 2, c.p.p.: sicché il giudice deve disporre la traduzione del provvedimento applicativo in un termine congruo, a partire dal quale decorre nuovamente il termine per l'espletamento dell'interrogatorio (cfr. Cass. pen., Sez. III, 18 febbraio 2015, n. 14990; difforme Cass. pen., Sez. II, 11 dicembre 2013, n. 2244).

L'interrogatorio di garanzia in rapporto alle ipotesi di misure precautelari

In ordine al perimetro dell'art. 294 c.p.p., occorre altresì rilevare come alcuni limiti operativi trovino ragion d'essere non solo con riferimento alla fase processuale ma altresì alla genesi e al contesto applicativo del provvedimento di restrizione.

L'interrogatorio di garanzia, invero, è riferibile esclusivamente all'ipotesi in cui l'indagato sia attinto da un provvedimento coercitivo del giudice e non anche nei casi di misura applicata in seguito ad arresto in flagranza o fermo.

Ciò in quanto lo svolgimento di interrogatorio in sede di convalida è ritenuto equipollente e quindi idonea garanzia, escludendo così che successivamente ad esso debba farsi luogo ad un ulteriore riscontro ex art. 294 c.p.p. (Cass. pen., Sez. III, 12 gennaio 2010 n. 6281).

Tuttavia, nell'ipotesi in cui all'arresto o al fermo non faccia seguito un provvedimento di convalida (a motivo dell'omesso interrogatorio dell'indagato, ovvero quando l'arrestato o il fermato si sia rifiutato di sottoporsi all'audizione), ma faccia comunque seguito l'applicazione di una misura cautelare, il giudice dovrà effettuare l'interrogatorio ex art. 294 c.p.p., nel termine decorrente dal momento in cui è iniziata la misura cautelare, pena la perdita di efficacia della misura ex art. 302 c.p.p. (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 27 giugno 2012, n. 31589).

Si consideri, peraltro, che l'eventuale nullità dell'interrogatorio per convalida dell'arresto in flagranza, determinata dal difetto di notificazione al difensore dell'avviso di udienza, non comporterà l'immediata nullità dell'ordinanza applicativa di misure cautelari disposta all'esito della procedura di convalida, che invece è destinata a perdere efficacia soltanto alla scadenza infruttuosa del termine per procedere all'interrogatorio ex art. 294 c.p.p. (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 21 giugno 2005, n. 38006).

Analogamente, nell'ipotesi di arresto o fermo non convalidato, la contestazione, nel corso dell'udienza camerale, di reati diversi da quelli per i quali è avvenuto l'arresto o il fermo, e la conseguente emissione di ordinanza di custodia cautelare solo per questi ultimi, rende necessario un apposito interrogatorio di garanzia, non potendosi ritenere idoneo a soddisfare le esigenze difensive l'interrogatorio in occasione dell'udienza di convalida (Cass. pen. , Sez. II, 26 aprile 2001 n. 22539).

Simile l'approccio esegetico del provvedimento che ha affermato come l'interrogatorio effettuato dal giudice della convalida del fermo, incompetente territorialmente ai sensi dell'art. 390, comma 1, c.p.p., non possa essere considerato valido ed efficace quale interrogatorio di garanzia ex art. 294 c.p.p, per il mantenimento o rinnovazione della misura cautelare da parte del giudice competente in ordine alla stessa (cfr. Cass. pen., Sez. III, 11 marzo 1999, n. 1018).

Sempre con riferimento all'ipotesi di applicazione di una misura precautelare, pare opportuno annotare come l'orientamento interpretativo prevalente ritenga che rispetto ad essa non debba applicarsi la limitazione prevista dall'art. 294, comma 6 c.p.p., in virtù della quale l'interrogatorio della persona in custodia cautelare da parte del pubblico ministero non può precedere l'interrogatorio del giudice. L'art. 11 legge 332/1995, infatti, ha modificato esclusivamente il comma 6 dell'art. 294 c.p.p. senza intervenire nella disciplina dettata dall'art. 388 c.p.p. riguardante l'interrogatorio dell'arrestato o del fermato (cfr. Cass. pen., Sez. I, 1 dicembre 1995, n. 6230, vedi anche Corte cost. 14 ottobre 1996 n. 384).

La misura adottata dal giudice territorialmente incompetente

Qualora il giudice, che ha ricevuto gli atti da altro collega dichiaratosi territorialmente incompetente, rinnovi ai sensi dell'art. 27 c.p.p. l'ordinanza cautelare precedentemente emessa, egli non ha l'obbligo di interrogare nuovamente l'indagato a meno che non intenda contestare elementi nuovi (cfr. Cass. pen., Sez. unite, 26 settembre 2001, n. 39618).

In tema di misure cautelari, infatti, non è necessario procedere ad un nuovo interrogatorio di garanzia qualora la misura disposta dal giudice incompetente sia rinnovata nei termini di legge, in quanto l'art. 27 c.p.p. prevede che l'estinzione della misura si determini solo nel caso in cui il giudice competente non abbia provveduto ad emettere una nuova ordinanza ex art. 292 c.p.p. nel termine di venti giorni dall'ordinanza di trasmissione degli atti.

Di conseguenza, conserva piena efficacia l'interrogatorio di garanzia ex art. 294 c.p.p., in relazione al quale la legge designa a provvedervi il giudice che ha disposto la misura, e non anche quello competente per il merito, tanto è vero che l'articolo 27 c.p.p. richiama solo l'art. 292 c.p.p., e non anche gli art. 294 e 302 c.p.p. (cfr. Cass. pen., Sez. V, 27 ottobre 2009 n. 3399, conforme Cass. pen., Sez. II, 10 luglio 2013 n. 44680, nella quale la Suprema Corte richiama anche, più in generale, all'applicazione del principio di conservazione degli atti compiuti dal giudice incompetente).

Sotto diverso profilo, l'omesso svolgimento dell'interrogatorio da parte del giudice dichiaratosi incompetente ai sensi dell'art. 27 c.p.p. non spiega alcun effetto sulla nuova misura cautelare adottata da quello competente, che abbia invece provveduto all'interrogatorio della persona sottoposta a cautela (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 30 ottobre 2008, n. 41685).

Alla regola generale fa eccezione l'ipotesi in cui, alla misura disposta dal giudice dichiaratosi contestualmente o successivamente incompetente, faccia seguito un'ordinanza del giudice territorialmente competente, che rilevi fatti nuovi, ovvero radichi il proprio provvedimento su indizi o esigenze in tutto o in parte diversi rispetto a quelli posti a fondamento dell'ordinanza emessa dal giudice incompetente. In tal caso si rende necessario un nuovo interrogatorio di garanzia (cfr. Cass. pen., Sez. unite, 26 settembre 2001, n. 39618, cfr. anche Cass. pen., Sez. III, 6 novembre 2008 n. 46029).

Di conseguenza, laddove il giudice non abbia garantito, anche sugli aspetti nuovi o diversi, il diritto di difesa, la misura custodiale perderà efficacia, limitatamente alle parti in oggetto, cioè quelle diverse o nuove.

L'applicazione provvisoria di misure di sicurezza

In materia di applicazione provvisoria di misure di sicurezza, l'interrogatorio del prevenuto deve essere espletato solo nel caso in cui a tale adempimento non si sia provveduto in precedenza, trattandosi di un atto preordinato alle medesime finalità di garanzia previste per le misure cautelari, e non invece alla verifica della pericolosità sociale della persona sottoposta a misura di sicurezza, accertamento che deve precedere la misura, costituendone un indefettibile presupposto (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 10 marzo 2008 n. 15503, vedi anche Cass. pen., Sez. I, 8 maggio 2003 n. 24061, secondo la quale l'interrogatorio ex art. 313 c.p.p. è funzionale solo alla verifica della attualità della pericolosità del soggetto e della permanenza delle condizioni che ne giustificano la misura e non può essere surrogato dall'interrogatorio sul merito dei fatti contestati, con la conseguenza che, in forza del rinvio all'art. 294 c.p.p., la sua omissione comporta l'inefficacia del provvedimento impositivo).

Il mandato di arresto europeo

In tema di mandato di arresto europeo, è previsto che l'interrogatorio dinanzi al Presidente della Corte d'appello o di un magistrato da lui delegato avvenga entro il termine di cinque giorni, decorrente dal momento della consegna alle autorità nazionali (momento nel quale l'indagato è posto a disposizione dell'autorità giudiziaria procedente). Tale audizione esclude la necessità di un nuovo interrogatorio di garanzia ex art. 294 c.p.p., il cui espletamento è da ritenere incompatibile con il sistema processuale speciale, atteso che la funzione dell'audizione della persona arrestata, oltre a quella di verificare la sussistenza dei presupposti per l'arresto, è anche quello di consentire una prima difesa davanti all'autorità giudiziaria in ordine alla convalida ed al giudizio cautelare (cfr. Cass. pen., Sez. II, 11 dicembre 2014 n. 1960; Cass. pen., Sez. VI, 23 giugno 2011, n. 25708).

L'interrogatorio delegato

L'art. 294, comma 5, c.p.p. prevede che per gli interrogatori da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il giudice qualora ritenga di non procedere personalmente, richieda che il compimento dell'atto sia affidato al giudice per le indagini preliminari del luogo.

L'interrogatorio effettuato dal giudice per le indagini preliminari delegato non richiede la trasmissione a quest'ultimo del fascicolo procedimentale, a condizione che l'interrogatorio sia stato preceduto dal deposito degli atti presso la cancelleria del giudice che ha disposto la misura. Limitati la funzione e l'ambito di operatività del giudice delegato: egli nell'adempimento del proprio mandato entro i limiti normativamente previsti, non può che limitarsi a contestare le ipotesi di reato e gli elementi di prova indicati nell'ordinanza cautelare, senza tuttavia provvedere agli adempimenti espressamente individuati al comma terzo dell'art. 294 c.p.p., che rimangono di competenza del giudice delegante.

Avviso del compimento dell'atto al P.M. e al difensore

L'art. 294, comma 4, c.p.p. dispone che al pubblico ministero e al difensore, che ha l'obbligo di intervenire, sia dato tempestivo avviso del compimento dell'atto.

L'avviso può essere effettuato con ogni mezzo di comunicazione.

A tale proposito, gli strumenti attraverso i quali effettuare la notificazione sono stati ulteriormente arricchiti dalla previsione dell'art. 16, comma 4, d.l.18 ottobre 2012, n. 179, (convertito in l 17 dicembre 2012, n. 221), che prevede la possibilità di effettuare notificazioni per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata nei confronti di persone diverse dall'imputato a norma degli artt. 148, comma 2-bis, 149, 150, 151, comma 2, c.p.p. (disposizione che ha acquisito efficacia a decorrere dal 15 dicembre 2014).

Il regolare funzionamento delle attrezzature telematiche (tanto la posta elettronica, quanto il telefax) idonee a ricevere le comunicazioni provenienti dagli uffici pubblici, anche in contesti cronologici nei quali gli studi professionali non sono “aperti”, può indurre qualche riflessione con riferimento al concetto di tempestività (a tale proposito cfr. Cass. pen., Sez. II, 18 febbraio 2015, n. 21439), che rischia di trasformarsi in un concetto vuoto e insensibile alla originaria finalità dell'istituto.

Tuttavia è ritenuto legittimo l'avviso al difensore trasmesso a mezzo telefax, così come l'avviso dato attraverso un colloquio telefonico, nel rispetto di quanto codificato all'art. 149 c.p.p.

In tale ottica non è mancato chi abbia ritenuto sufficiente anche la comunicazione registrata sulla segreteria telefonica del difensore, nonostante tale strumento non offra alcuna garanzia in termini di certezza di avvenuta memorizzazione del messaggio. Peraltro occorre, sul piano esegetico, osservare come il codice di rito utilizzi due diverse locuzioni circa gli avvisi che possono essere dati o notificati. Il ricorso all'espressione dare avviso è rapportato a una situazione di urgenza, in relazione alla quale è sufficiente offrire al destinatario la conoscenza della notizia anche con forme diverse da quelle prescritte per le notificazioni: tale è il motivo per il quale è stato ritenuto non necessaria la spedizione di telegramma di conferma nell'ipotesi di avviso telefonico (Cass. pen., Sez. VI, 9 dicembre 1994; vedi anche Cass. pen., Sez. VI, 3 febbraio 1994, Cass. pen., Sez. II, 19 novembre 1993).

Non sono mancate tuttavia pronunce di segno contrario, che hanno ritenuto nulla la notificazione urgente non seguita da una conferma mediante telegramma in ragione del fatto che essa è specificamente prevista dalla legge come condizione di validità della notificazione stessa. Si tratta tuttavia di pronunce risalenti nel tempo.

Affinché l'avviso sia tempestivo è necessario che siano rispettate modalità idonee a consentire in concreto al difensore di essere presente fisicamente e partecipare al compimento dell'atto svolgendo una adeguata assistenza difensiva.

Di conseguenza, laddove non siano rispettati i presidi minimi di tempestività, l'interrogatorio è da considerarsi viziato per l'inosservanza del precetto dell'art. 294, comma 4, c.p.p.; vizio che consequenzialmente travolge la successiva ordinanza di custodia cautelare (cfr Cass. pen., Sez. V, 17 ottobre 2013, n. 2253).

La indefinitezza dei confini del concetto di tempestività ha determinato interpretazioni non del tutto omogenee tra loro.

È possibile tuttavia individuare, come minimo comune denominatore degli arresti giurisprudenziali in materia, la considerazione che, perché l'avviso possa essere considerato tempestivo, è necessario che esso sia effettuato nel termine utile a consentire l'intervento del difensore, anche a mezzo di un sostituto o comunque richiedere che l'atto sia ritardato per il tempo strettamente necessario ad assicurare la sua presenza.

La valutazione di adeguatezza del mezzo prescelto non può essere formulata in astratto, ma caso per caso, con specifico riferimento alla singole situazioni concrete, tenendo conto dei caratteri di urgenza della procedura, dei tempi disponibili, del luogo nel quale deve essere garantita la presenza del difensore e di ogni ulteriore dato che consenta di contemperare l'urgenza con l'effettivo esercizio del diritto costituzionalmente garantito alla difesa (cfr. Cass. pen., Sez. VI 14 marzo 2012, n. 12854, conforme Cass. pen., Sez. IV 18 luglio 2013, n. 31450). Ne consegue che, in tale prospettiva, dovranno essere considerati fattori tra loro eterogenei quali la distanza, la rapidità dei mezzi di comunicazione ma anche i tempi necessari per l'esame degli atti processuali (in tal senso Cass. pen., Sez. V 17 ottobre 2013, n. 2253).

Circa l'efficacia della dichiarazione della nomina di fiducia ad opera della persona detenuta con atto ricevuto dal direttore dell'istituto ex art. 123 c.p.p., essa ha efficacia immediata, come se fosse stata ricevuta dall'autorità procedente, alla quale peraltro è immediatamente trasmessa. Sicché integra una nullità di ordine generale a regime intermedio, ex art. 178, lett.c) c.p.p., il mancato avviso al difensore di fiducia tempestivamente nominato: detta nullità, se ritualmente dedotta, comporta la declaratoria di invalidità dell'atto e l'immediata perdita di efficacia della misura custodiale , a mente dell'art. 302 c.p.p. (Cass. pen., Sez. Unite,26 marzo 1997, n. 2).

Occorre peraltro considerare come, qualora la persona sottoposta a misura cautelare, affidata all'assistenza di un difensore di ufficio, indichi un difensore di fiducia contestualmente all'interrogatorio di garanzia, il giudice non è tenuto a sospendere l'interrogatorio per avvisare il difensore nominato, atteso che tale obbligo sussiste solo ove la designazione intervenga in tempo utile e non anche contestualmente al compimento dell'atto (cfr. Cass. pen., Sez. III, 17 gennaio 2013 n. 9585; vedi anche Cass. pen., Sez. unite, 6 luglio 1990, n. 8).

Tanto premesso l'omessa notifica al difensore di fiducia dell'avviso di fissazione dell'udienza di convalida dell'arresto integra una nullità di ordine generale a regime intermedio, che è sanata ai sensi dell'art. 182, comma 2, c.p.p. qualora né l'indagato né il difensore designato di ufficio la eccepiscano tempestivamente (in tal senso cfr. Cass. pen., Sez. V, 6 ottobre 2014, n. 47374, conforme Cass. pen., Sez. V, 13 febbraio 2014, n. 11417).

Analogamente, con riferimento all'ipotesi in cui la comunicazione debba essere effettuata a due diversi difensori entrambi nominati di fiducia: anche in tale ipotesi l'eventuale omesso avviso della data di interrogatorio ex art. 294 c.p.p. sarà sanata ove la parte o il difensore presente all'atto non la eccepiscano prima del suo compimento.

Le modalità

Il quarto comma dell'art. 294 prevede che l'interrogatorio sia condotto dal giudice.

Giudice competente è il medesimo che ha deciso in ordine all'applicazione della misura cautelare e tale rimane fino all'apertura dell'istruttoria dibattimentale.

Ne consegue, in forza di tale prorogatio competentiae, che – per le misure applicate nella fase delle indagini o dell'udienza preliminare, ma eseguite dopo l'avvenuta trasmissione degli atti al giudice dibattimentale, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento – legittimamente procede all'interrogatorio di garanzia il giudice per le indagini preliminari che ha emesso la misura (cfr. Cass. pen.,Sez. I, 17 dicembre 2002, n. 2011).

Il giudice dovrà osservare le modalità di documentazione individuate dall'art. 141-bis c.p.p.: sicché l'interrogatorio dovrà essere documentato integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Occorre tuttavia precisare che l'inutilizzabilità derivante dal mancato rispetto delle modalità previste di documentazione dell'atto, non determina l'estinzione della misura cautelare per l'inutile decorso del termine previsto dal comma 1 dello stesso art. 294 c.p.p. L'inutilizzabilità, invero, riguarda gli effetti probatori, ferme restando l'esistenza e la validità dell'interrogatorio e degli effetti che ad esso si ricollegano (Cass. pen., Sez. I, 17 novembre 1995, n. 5912). Esso quindi non potrà essere utilizzato come mezzo di prova nei confronti dello stesso indagato o di altri, ma non inficia la validità dell'interrogatorio stesso.

Il giudice dovrà osservare le regole dettate dagli artt. 64 e 65 c.p.p.: pertanto l'interrogatorio dovrà essere preceduto dalla enunciazione in forma chiara e precisa del fatto che è attribuito e degli elementi di prova a carico; dalle fonti e dagli avvisi previsti dal comma 3 dell'art. 64 c.p.p..

L'inosservanza delle disposizioni previste dall'art. 64, comma 3, lett. a) e b) c.p.p. renderà inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona interrogata, come previsto dall'art. 64, comma 3-bis, c.p.p.; anche le eventuali dichiarazioni etero-accusatorie non saranno utilizzabili e in rapporto ad esse il soggetto interrogato non potrà assumere l'ufficio di testimone.

Le disposizioni che regolano le modalità dell'interrogatorio, peraltro, non pongono alcun limite cronologico rispetto all'esercizio della facoltà di non rispondere, sicché la preventiva manifestazione della volontà di non rispondere esaurisce ogni ulteriore formalità.

Da ciò discende che, ove il prevenuto affermi di non voler rispondere alle domande che gli saranno rivolte, non sussiste alcun obbligo in capo al giudice di procedere alla contestazione del fatto evidenziando le fonti di prova (cfr. Cass. pen., Sez. I, 10 aprile 2001, n. 24811).

L'interrogatorio di garanzia nell'ipotesi di aggravamento della misura cautelare

In ordine alla necessità di procedere all'interrogatorio di garanzia nell'ipotesi in cui sia stata aggravata la misura cautelare in conseguenza della violazione delle prescrizioni imposte, le divergenze interpretative tra chi riteneva necessario lo stesso e chi invece escludeva l'obbligo di procedervi, hanno trovato sintesi nell'affermazione delle Sezioni unite, secondo le quali il giudice non deve procedere all'interrogatorio di garanzia nei casi contemplati dall'art. 276, commi 1 e 1-ter c.p.p. (cfr. Cass. pen., Sez. unite, 18 dicembre 2008, n. 4932; sul punto, vedi anche Corte cost., 31 ottobre 2008 n. 359; Cass. pen., Sez. VI, 29 maggio 2009 n. 41025)

I sostenitori di tale orientamento, già in precedenza avevano rilevato come l'obbligo di interrogatorio previsto dall'art. 294 sia previsto esclusivamente in relazione alla misura cautelare originariamente applicata e non anche a quella imposta in sostituzione, in ragione delle particolari finalità che caratterizzano il primo interrogatorio dell'indagato sottoposto a misura . Ciò in quanto le medesime esigenze difensive non riguardano invece le vicende eventuali e successive, che intervengono in un quadro indiziario già definito, nel quale altrettanto ben delineate sono le esigenze di tutela (cfr. Cass. pen.,Sez. IV 26 giugno 2007 n. 42696).

Sulla scorta di tale orientamento, ormai condiviso, si è più di recente affermato che nell'ipotesi di esecuzione di un'ordinanza di custodia in carcere in sostituzione di una misura non detentiva a causa della violazione delle prescrizioni da parte dell'imputato, l'avviso dato a un difensore di ufficio diverso da quello originariamente designato non determina alcuna nullità, non essendo necessario in tale ipotesi procedere all'interrogatorio di garanzia (Cass. pen., Sez. VI 14 gennaio 2014 n. 5162).

Pur ormai superato il contrasto giurisprudenziale, non pare peregrino evidenziare ancora in questa sede le ragioni degli interpreti favorevoli alla reiterazione dell'interrogatorio di garanzia in caso di aggravamento della misura cautelare causato dalla violazione delle prescrizioni imposte. Assolutamente attuale è l'osservazione secondo la quale comunque l'interessato deve poter rappresentare dati di fatto o considerazioni giuridiche in merito alla sussistenza della contestata trasgressione, alla sua reale entità, alle condizioni oggettive e ai motivi soggettivi che l'hanno determinata (cfr. Cass. pen.,Sez. IV, 28 settembre 2007 n. 39861).

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