Operazioni infragruppo dubbie: il sindaco inerte ne risponde

La Redazione
23 Giugno 2014

Il fallimento di una s.p.a. conviene in giudizio alcuni componenti del collegio sindacale nonché gli amministratori, affinché vengano condannati al risarcimento del danno arrecato alla società per aver mancato agli obblighi, loro spettanti, di informativa e di controllo sugli atti compiuti dagli amministratori i quali sarebbero la causa del depauperamento dell'attivo.

Il fallimento di una s.p.a. conviene in giudizio alcuni componenti del collegio sindacale nonché gli amministratori, affinché vengano condannati al risarcimento del danno arrecato alla società per aver mancato agli obblighi, loro spettanti, di informativa e di controllo sugli atti compiuti dagli amministratori i quali sarebbero la causa del depauperamento dell'attivo. Tali condotte si sono realizzate attraverso bonifici di cifre consistenti, da parte delle due società in cui i convenuti svolgevano le funzioni di sindaco, appartenenti a medesimo gruppo, nei confronti della capogruppo.
Il Tribunale condanna i sindaci al risarcimento del danno in solido con gli amministratori in relazione al pregiudizio subito dalla società determinato nella somma delle due operazioni contestate. La condanna viene confermata in secondo grado. I sindaci presentano ricorso in Cassazione.

La prima sezione civile della Corte di Cassazione dichiara infondati tutti i motivi presentati.
Rientra infatti nel dovere di vigilanza, di cui sono detentori i sindaci, segnalare all'assemblea o al PM, qualsiasi operazione posta in essere dagli amministratori che desti dei dubbi circa la sua legittimità e regolarità. Qualora, in presenza di simili atti, i sindaci non abbiano alcuna reazione risponderanno, in solido con gli amministratori, di mala gestio, in quanto se i sindaci avessero vigilato nel rispetto dei principi di diligenza, correttezza e buona fede richiesti dall'incarico, il danno subito dal patrimonio sociale si sarebbe evitato. Secondo quanto dispone l'art. 2407 c.c. essi sono tenuti a un controllo di legalità sull'attività sociale che non sia solo formale ma si estenda al contenuto sostanziale dell'operato degli amministratori che deve sempre essere coerente coi dettami della buona amministrazione.

Affermano, infatti, i Giudici di legittimità che è sufficiente, affinché possa considerarsi sussistente il mancato rispetto di un dovere di vigilanza, che i componenti dell'organo di controllo non abbiano rilevato una macroscopica violazione ovvero a fronte di atti di dubbia legittimità e regolarità non sia seguita alcuna reazione. Non è necessario che vi sia l'individuazione di specifici comportamenti che si pongano in contrasto col suddetto dovere di vigilanza.

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