Tra occultamento di scritture contabili e bancarotta c’è concorso: niente bis in idem
07 Luglio 2017
Il reato di bancarotta fraudolenta documentale e quello di occultamento delle scritture contabili possono concorrere senza che vi sia violazione del ne bis in idem. Lo ha affermato la Cassazione Penale, nella sentenza n. 32367 depositata il 5 luglio. Il caso. Il socio accomandatario di una s.a.s. fallita veniva condannato per il reato di bancarotta fraudolenta documentale e impugnava per cassazione la sentenza, confermativa, della Corte d'Appello. Sosteneva, in particolare, che tale sentenza avesse violato il principio del ne bis in idem, essendo egli già stato condannato, per i medesimi fatti, in relazione al reato di cui all'art. 10 D.Lgs. n. 74/2000. Ne bis in idem e identità del fatto. La S.C. torna a pronunciarsi sul rapporto intercorrente tra i reati di occultamento di scritture contabili e bancarotta documentale, anche alla luce dei principi consolidatisi nella giurisprudenza nazionale e sovrannazionale in materia di bis in idem. Le sentenze CEDU Grande Stevens (4 marzo 2013) e A e B c/ Norvegia (15 novembre 2016) devono, ormai, essere lette in relazione ai principi espressi dalla sentenza n. 200/2016 della Corte Costituzionale, secondo cui in tema di bis in idem va escluso che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato, con sentenza divenuta irrevocabile, e quello per cui è iniziato il nuovo procedimento penale. Idem factum e non idem legale. Ciò che assume rilevanza, in relazione all'art. 4 protocollo 7 CEDU, è dunque il concetto di idem factum, rispetto alla più restrittiva nozione di “idem legale”: l'identità del fatto si configura quando vi sia corrispondenza storico-naturalista nella configurazione del reato considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (così: Cass. Pen., n. 34655/2005). Bancarotta e occultamento di documenti. La S.C. esclude che sussista un'identità di fatto tra i reati controversi nella vicenda in esame: l'art. 10 D.Lgs. n. 74/2000 punisce la condotta di occultamento, o distruzione di scritture e documenti contabili, al fine di evadere le imposte; l'art. 216, comma 1, n. 2 l. fall. punisce, invece, condotte riconducibili (anche) alla sottrazione o alla distruzione di libri e scritture contabili, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o arrecare pregiudizio ai creditori. Senza dimenticare che il reato di bancarotta fraudolenta può ricorrere solo quando vi sia stato un fallimento, essendo la sentenza dichiarativa una condizione obiettiva di punibilità (così, da ultimo: Cass. Pen. n. 13910/2017, in questo portale, con nota di Bertolini Clerici, Dichiarazione di fallimento: la Cassazione riconosce la funzione di condizione oggettiva di punibilità). I due reati, dunque, possono concorrere tra loro, senza violazione del principio di ne bis in idem. |